Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, approfondimenti: Don Concezio Chiaretti. Intervista di Marco Petrelli a Pietro Cappellari
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Don Concezio Chiaretti. Intervista di Marco Petrelli a Pietro Cappellari

L’equivoco del prete partigiano di Leonessa e dei caduti fascisti sulla lapide della “Gramsci”

Se si analizza tutto quello che avvenne a Leonessa tra il Settembre 1943 e l’Aprile 1944, se si osservano senza faziosità i comportanti di Don Concezio, le conclusioni sono del tutto in contraddizione con quanto sostiene la vulgata antifascista e anti-italiana da oltre mezzo secolo”.
Così il ricercatore storico Pietro Cappellari commenta la vicenda di don Concezio Chiaretti, sacerdote di Leonessa (RI) che da oltre settant’anni è ricordato come caduto della resistenza umbro-laziale. Forse un equivoco, al quale tuttavia se ne aggiunge un altro, ben più eclatante: quello di noti fascisti leonessani, come Ugo Tavani maggiore della GNR, i cui nomi sono scolpiti sulla lapide dei caduti della Brigata garibaldina “Antonio Gramsci”, sulla facciata di Palazzo Farini a Terni.

Dottor Cappellari cosa non la convince della definizione di Don Concezio Chiaretti “partigiano combattente”?

Essenzialmente la mancanza di chiarezza nelle varie testimonianze – emblematicamente tutte di fonte partigiana – sull’effettiva militanza nella Resistenza di questo giovane Sacerdote. Analizzando queste “memorie” si entra in un ginepraio di contraddizioni dal quale è impossibile uscire, almeno che non si usino i documenti e la logica, oltre che la serenità che sempre è mancata ha chi ha voluto speculare sui morti. Ebbene, se si esaminano i documenti a nostra disposizione, se si analizza tutto quello che avvenne a Leonessa tra il Settembre 1943 e l’Aprile 1944, se si osservano senza faziosità i comportanti di Don Concezio, le conclusioni sono del tutto in contraddizione con quanto sostiene la vulgata antifascista e anti-italiana da oltre mezzo secolo”.

Don Concezio prete e partigiano: il suo nome non compare inciso anche sulla lapide della “Gramsci”?

Ovviamente. Ma la lapide commemorativa i caduti della Brigata “Gramsci” di Terni non è un documento storico, ma un manufatto di propaganda politica. La maggior parte dei cosiddetti “caduti partigiani”, mai lo erano stati e – addirittura – si è arrivati ad inserire tra i caduti i nomi di coloro che, sebbene fascisti, caddero fucilati dai tedeschi nei giorni delle terribili stragi di Leonessa. Un modo di procedere tipico di chi ha il solo interesse di sfruttare i morti per fini politici. E in questo contesto la figura di un Sacerdote “partigiano combattente” non poteva mancare. Era una sorta di legittimazione della stessa “Resistenza di popolo”. Si metteva in sordina la violenza partigiana, si cancellava l’ideologia comunista di stampo stalinista propria dei ribelli, e si inseriva un personaggio rassicurante. Un gioco che fece comodo a tutti. Fece comodo al PCI per “stemperare” la realtà di una scomoda guerriglia ideologica di partito; e alla DC, ai cattolici, che sebbene in larga parte estranei alla Resistenza, trovarono così un posto” al “tavolo” della Storia, facendo dimenticare così il loro attivo sostegno al Regime fascista espresso anche da figure di primo piano come Giuseppe Dossetti ed Aldo Moro – solo per fare dei nomi – che si stavano presentando nell’Italia del dopoguerra in tutt’altre vesti”.

Sacerdote, nipote del vescovo di Perugia, cappellano militare: cosa ci fa un uomo di Chiesa tra i “garibaldini”?

Ecco, basterebbe porsi questa domanda per cominciare a parlare seriamente di storia. Ma mai nessuno ha obiettato nulla su quanto, nei primi anni del dopoguerra, sostenevano i vari Comandanti partigiani (spesso contraddicendosi a vicenda, sia detto!). Nessuno ha mai parlato chiaramente di cosa don Concezio facesse tra i ribelli: chi lo ignora del tutto; chi lo dipinge come informatore; chi come cappellano di brigata (di una formazione comunista?); chi membro di un fantomatico CLN di Leonessa (per conto della DC, partito costituito in paese solo nell’Autunno 1944!).
Pensare a confessioni, Sante Messe, apostolato presso partigiani comunisti come quelli ternanti e slavi, connotati da un forte estremismo ideologico, appare alquanto maldestro (e, infatti, nessuno ne parla). Ma, allora, quale era il ruolo di questo giovane Sacerdote? Ovviamente, non imbracciò mai un arma e, quindi, anche il ruolo “combattente” viene meno. Allora fu organizzatore? Un informatore? Di cosa?
Ecco che allora la figura di Don Concezio si delinea più chiaramente. Pochi ricordano la vera attività del Sacerdote durante la RSI, un’attività documentabile e non certo ricostruita attraverso “memoriali politici” dai fini ben evidenti. Come spiegare l’assistenza che prestò disinteressatamente a tutti? Anche ai fascisti! Così come riuscì a far liberare tre Militi della GNR sequestrati a Leonessa, fornendo poi tutti i dettagli del caso al locale Distaccamento della Guardia Nazionale Repubblicana. Fu il primo a correre a pregare sul corpo del Commissario del Capo della Provincia in Leonessa Francesco Pietramico ucciso senza pietà dai ribelli. Si distinse durante i suoi funerali tanto da ricevere un attestato di stima da parte delle Autorità della RSI. Ma non solo! Cercò di impedire che i partigiani occupassero il paese e, poi, fallita questa intenzione collaborò con loro perché non commettessero violenze (salvando la vita a un Milite sorpreso a scattare fotografie ai ribelli e riuscendo a far liberare sette leonessani di simpatie fasciste portati a Cascia per un giudizio sommario). Insomma, ben strano comportamento per un partigiano. Non pare?
Sospetto è il fatto che quando Leonessa venne occupata dai reparti italo-tedeschi (senza sparare un colpo sia detto!), Don Concezio – sul suo capo, stando a quanto riferisce la vulgata, dovevano pendere numerosi capi di accusa per attività partigiana – non venne minimamente molestato, mentre altri Sacerdoti, sebbene estranei alla Resistenza, vennero fermati e condotti a Rieti per un interrogatorio. Molto strano. Non sembra?


Tra i caduti partigiani di Leonessa figurerebbero anche due iscritti al PFR. E’ vero?

Ma certamente. Non solo due, però! Le stragi germaniche furono indiscriminate, colpirono cioè principalmente dei disgraziati che furono denunciati da una compaesana per mera vendetta personale e niente affatto politica. Nessuno venne fucilato per una specifica attività antifascista, ma solo perché indicato – falsamente – come “comunista” dalla sciagurata di turno. E nel mucchio finirono certamente anche giovani partigiani – che avevano da tempo deposto le armi e non avevano mai fatto nulla per la guerriglia –, ma anche fascisti repubblicani, ex-fascisti, addirittura squadristi di Leonessa, tutti poi reclutati post mortem nella Brigata “Gramsci” ”.

Quindi la vicenda di Don Concezio potrebbe essere vittima di un equivoco storico?

Parlare di “equivoco” non rende bene l’idea di cosa sia avvenuto in questi decenni per colpa di improvvisati storici e giornalisti, senza voler scomodare dalle loro “dorate cattedre” i “cattivi maestri”, la cui malafede è addirittura superiore alla loro tracotanza e supponenza. La condanna morale, in questi casi, viene prima di una giusta revisione storica”.

Cosa domanderebbe a chi parla di Don Concezio come un “partigiano combattente”?

Semplicemente di documentare quello che si afferma. Se Don Concezio fosse stato veramente un partigiano, per noi non cambierebbe nulla, si avrebbe solo un tassello di chiarezza in più per comprendere la Resistenza in tutti i suoi aspetti e analizzare con maggiori documenti la storia della Repubblica Sociale Italiana. Ma se tutto quanto è stato affermato fino ad ora è stato il frutto di “avventatezza” e speculazione, allora molte candide carriere accademiche dovrebbero essere messe in discussione.
Noi amiamo lo studio della storia, non facciamo manipolazione politica. Per questo consideriamo ogni contributo – da qualsiasi parte provenga – che ci permetta di approfondire la conoscenza della storia della nostra Patria degno di interesse, in quanto alimenta la nostra passione e ci aiuta a ricostruire con maggiore precisione la nostra visione del passato. Pretendiamo, però, che il contributo sia coerente con le fonti storiche, con la realtà storica, con la logicità di una ricostruzione storica. Ecco, questo in Italia non è ancora possibile. Il romanzo sconfina troppo spesso nella commedia…


di Marco PetrelliDocumento inserito il: 29/01/2015
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