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L’Impero carolingio: civiltà e fine

Carlo Magno era riuscito a creare un Impero amministrativamente superiore ai vari regni barbarici, quindi nel determinarne le istituzioni prese ispirazione da ideali che sopravvissero per tutto il periodo medioevale. L’Imperatore capì la grande importanza rivestita dalla cultura e cercò di favorirne la diffusione con ogni mezzo, reintroducendo lo studio in modo da elevare il livello d’istruzione tra i popoli dell’Impero. Molte scuole pubbliche vennero aperte presso sedi vescovili e monasteri; in esse si insegnavano la lettura e la scrittura. In un secondo tempo gli studenti apprendevano la grammatica, la retorica e la dialettica; gli studi proseguivano poi con l’apprendimento dell’aritmetica, della geometria, della musica e dell’astronomia. Questo ordinamento degli studi portò l’Impero a dotarsi di una classe di burocrati colti e molto efficienti; tale ordinamento rimase in vigore fino agli inizi dell’età moderna. Sotto Carlo Magno, si assistette ad una rifioritura della lingua latina, divenuta lingua ufficiale dell’Impero, che veniva studiata sia su testi sacri che sulle opere di scrittori dell’epoca classica, trascritti in codici dai copisti dei monasteri. Il centro trainante di questa rinascita culturale fu l’Accademia Palatina di Aquisgrana, situata direttamente nel palazzo imperiale e fortemente voluta da Carlo Magno. Si trattava di una scuola superiore, molto simile ad un’università, nella quale insegnarono alcuni fra gli uomini più dotti del periodo, tra i quali il monaco di origine irlandese Alcuino, che ne fu anche direttore; il sassone Eginardo, che fu segretario e biografo dell’Imperatore; lo storico longobardo Paolo Diacono. Gli allievi di questa scuola erano destinati a ricoprire in seguito alte cariche sia religiose che politiche. Fra le arti vi fu un particolare sviluppo nella scultura, nell’oreficeria e nell’architettura; specialmente in quest’ultimo settore vi furono notevoli progressi. Ancora oggi si possono ammirare la splendida abbazia di Lorsch in Renania e la Cappella Palatina nella Cattedrale di Aquisgrana, che testimoniano la capacità tecnica e creativa raggiunta dagli architetti carolingi. L’economia era principalmente di tipo agrario; purtroppo gli scambi commerciali rimasero ristretti a pochi territori, dato che l’Impero aveva pochi affacci al mare, estendendosi all’interno verso l’Europa centro-orientale, in modo tale che i trasporti risultavano più difficili, lenti e costosi. I sudditi di Carlo Magno erano in prevalenza contadini e pastori; le terre erano divise in grandi tenute chiamate ville ed erano di proprietà di nobili, dignitari ecclesiastici o del sovrano stesso. Ognuna di queste tenute viveva autonomamente, producendo tutto ciò che neccessitava al sostentamento della comunità. Si venne così a creare un’economia già presente nel secolo precedente, limitata al fondo agricolo. Sui mercati venivano acquistati esclusivamente quei prodotti introvabili o non producibili nella villa: l’olio, i metalli ed il sale. Gli scambi commerciali avvenivano ancora con il vecchio sistema del baratto, nonostante durante il regno carolingio fossero state coniate monete d’argento e fosse stato unificato il sistema dei pesi e delle misure. In Italia il Regno dei Franchi non cambiò le condizioni di vita degli abitanti; gli ultimi re longobardi erano riusciti a dare una discreta efficenza all’organizzazione del regno e Carlo Magno si limitò a sostituire i funzionari ed i duchi longobardi con dignitari franchi. La scomparsa di uno Stato forte e di un centro politico attivo com’era Pavia, sommati allo spostamento dell’asse dell’Impero nella valle del Reno, ebbe conseguenze molto negative per l’Italia. La conseguenza più immediata fu il tracollo del commercio marittimo; le città che già avevano perso la loro importanza durante il regno longobardo, si immiserirono ancor di più con l’arrivo dei Franchi. Solo a Roma e nei centri bizantini di Napoli, Bari e Salerno restava una parvenza di vita culturale ed economica. Alla morte di Carlo Magno, il suo unico figlio Ludovico il Pio, non fu in grado di continuare l’opera del padre e l’Impero finì con l’essere diviso tra lui ed i suoi eredi, determinando una serie di guerre sanguinose che la diversità tra le varie etnie che componevano il regno aggravò. Nell’843, il Trattato di Verdun sancì lo smembramento del grande Impero carolingio in tre diversi Stati: Francia, Germania e Lotaringia, ciascuno governato da un proprio re. L’italia entrò a far parte con la Renania e la Borgogna, del regno di Lotaringia. Ad affrettare la fine dell’Impero, concorsero anche i conti ed i marchesi, che tendevano sempre più a comportarsi da signori assoluti delle terre che dovevano amministrare, cercando di sottrarsi all’autorità regia. A tutto ciò si assommavano le frequenti incursioni dal mare dei Saraceni, Normanni e Vichinghi, che penetravano sempre più spesso nei territori interni, distruggendo le città, le grandi tenute rurali e le abbazie. L’ultimo sovrano del Sacro Romano Impero, Carlo il Grosso, venne deposto nel 887 decretando di fatto la fine dell’Impero. Dai suoi frammenti si formarono diversi regni indipendenti fra i quali Francia, Italia e Germania. Dal momento della loro formazione, i popoli di questi tre Stati svilupparono forme proprie di vita e cultura, che portarono in seguito alla formazione delle caratteristiche nazionali di ciascuno di essi.


Nell'immagine, la Cattedrale di Aquisgrana con al centro l'ottagonale Cappella Palatina.

Documento inserito il: 21/12/2014
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