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Il processo di formazione del genere umano

del Prof. Giovanni Pellegrino


In questo articolo ci interesseremo del processo di ominazione cioè di formazione del genere umano.
Questo processo viene ricostruito dagli scienziati tenendo conto della teoria dell’evoluzione naturale esposta da Darwin nella metà dell’800. Secondo questa teoria il mondo vivente è il risultato di un processo di trasformazione dei caratteri di ciascuna specie per adattarsi all’ambiente e garantire la sopravvivenza della specie stessa.

Alcuni individui, grazie alla mutazione di determinati loro caratteri, riescono a dare una risposta migliore ai problemi posti dall’ambiente (fenomeno dell’adattamento), ossia sviluppano una maggiore capacità di appropriarsi delle scarse risorse disponibili e di riprodursi.
La popolazione si arricchirà sempre più della variante dotata di maggiori capacità riproduttive e la specie subirà così un progressivo mutamento. In definitiva il rapporto uomo-ambiente è la chiave fondamentale per comprendere questa fase di evoluzione nella vita dell’umanità.
Gli attuali esseri umani appartengono a una specie classificata dagli scienziati come Homo sapiens, che fa parte dell’ordine dei primati ed è il prodotto di un’evoluzione durata milioni di anni.
L’ordine dei primati si differenziò all’interno della classe dei mammiferi circa 65 milioni di anni fa.
All’interno di quest'ordine si differenziarono diversi tipi di scimmie tra cui le scimmie antropomorfe appartenenti alla famiglia degli ominidi.
Le scimmie antropomorfe vivevano nelle grandi foreste dell’Africa centrale. Intorno a 15-20 milioni di anni fa, questo ambiente geografico fu interessato da un grande cambiamento: la formazione di una lunga e profonda frattura della crosta terrestre detta Great Rift Valley. Tale profonda frattura della crosta terrestre si estende lungo una linea che va grosso modo, dal mar Rosso (attuale Eritrea) verso sud-ovest sino all’attuale Mozambico.
La formazione della Rift Valley (lunga circa 6000 km e profonda sino a 1200 metri) modificò in maniera rilevante le condizioni climatiche e ambientali dell’Africa centrale.
A ovest della Rift Valley il clima si mantenne caldo e umido e pertanto adatto alle grandi foreste fluviali. Dobbiamo mettere in evidenza che tali foreste pluviali offrivano alle scimmie lo spazio fisico necessario a vivere e riprodursi.
Molto diverse invece erano le condizioni climatiche ed ambientali ad est. Infatti ad est, dove le perturbazioni atlantiche arrivavano con più fatica e si incanalavano i venti secchi da nord, il clima si fece sempre più asciutto.
Per questo motivo si formò un ambiente diverso dominato dalla savana, caratterizzata da estese e assolate praterie con una rada e bassa vegetazione di boscaglie.
Fu in questo contesto ambientale che in un periodo di tempo compresa tra i 4 e 12 milioni di anni fa comparve un particolare tipo di ominide. Gli studiosi hanno chiamato questo ominide australopiteco, ovvero scimmia del sud, dal momento che i suoi primi resti sonno stati trovati nell’Africa australe.
Ma quali erano le caratteristiche dell’australopiteco?
Le caratteristiche che contraddistinguevano questo ominide erano il bipedismo e la postura eretta, che furono una risposta vincente alla sfida di un ambiente costituito da boscaglie e assolate praterie. Queste caratteristiche davano all'australopiteco un migliore controllo del territorio, ampliando l’orizzonte al di sopra dell’erba alta. Inoltre lasciavano libere le mani per afferrare, trascinare, lanciare e manipolare. Infine, il bipedismo e la postura eretta aumentavano la mobilità e riducevano la superficie corporea esposta alla luce del sole tropicale ed equatoriale. Esse sono da considerarsi una svolta decisiva nella storia dell’evoluzione umana.
La svolta successiva fu rappresentata dalla costruzione di utensili, ovvero gli strumenti utilizzabili per compiere operazioni e per fabbricare oggetti, ed è documentata dai fossili di ominidi databili a due milioni e mezzo di anni fa ritrovati nell’Africa orientale. Questi resti sono spesso associati a pietre lavorate e affilate.
Per questo insieme di ragioni gli studiosi hanno pensato di trovarsi di fronte ad un nuovo genere di Homo, battezzato Homo Habilis a causa della sua capacità di lavorare la pietra.
La comparsa dell'Homo Habilis è spiegata dagli studiosi con i mutamenti climatici che interessarono l’intera Africa due milioni e mezzo di anni fa. All'epoca, una grande glaciazione sottraendo un enorme quantità di acqua al ciclo naturale, provocò l’inaridimento del clima, la diminuzione della foresta, nonché l’espansione della savana.
L'Homo Habilis, che era piuttosto gracile, privo di unghioni e di denti affilati, fu in grado di adattarsi al nuovo ambiente.
Mentre l’australopiteco utilizzava strumenti reperibili in natura (bastoni di legno, corna e ossa di animali, pietre particolarmente taglienti), il nuovo ominide fu capace non solo di fabbricare strumenti, ma anche di perfezionarli continuamente e di trasmettere ai suoi discendenti le tecniche di lavorazione.
Dobbiamo dire che molti animali fanno uso di strumenti, ma solo l’essere umano riesce a utilizzare un utensile per fabbricare uno strumento. Infatti, un conto è usare una pietra per rompere una noce di cocco come fanno gli scimpanzé, un altro è percuotere una pietra per scheggiarla in modo che diventi affilata.
Dunque l'Homo Habilis segnò una netta separazione tra l’uomo e il mondo animale.
Derivò forse per evoluzione da Homo Habilis un'altra specie di ominide, denominata dagli studiosi Homo Erectus.
I resti fossili di questa specie di ominide furono rinvenuti soprattutto in Asia e risalgono a 1 milione e mezzo di anni fa. L'Homo Erectus aveva una postura ormai definitivamente ed esclusivamente eretta, l’andatura sciolta, ed una scatola cranica decisamente più sviluppata di quella dei suoi antenati.
Ma anche altre sono le acquisizioni evolutivamente importanti di Homo Erectus. Questo ominide perfezionò la lavorazione della pietra fabbricando utensili bifacciali, cioè lavorati su entrambe le facce, ed imparò a controllare e ad accendere il fuoco, cosa che gli consentì di riscaldarsi, di cuocere la carne, di tenere lontani gli animali feroci.
Infine, l'Homo Erectus iniziò ad abitare in ripari non occasionali come grotte, ma anche capanne fatte di rami, sterpi e pelli.
Concludiamo questo articolo mettendo in evidenza che l'Homo Erectus fu il primo ominide a uscire dall’Africa dal momento che ne sono stati ritrovati i resti in Europa, nel vicino Oriente e nell’Asia sud-orientale.


Nell'immagine, Cranio di Homo Erectus.

Documento inserito il: 06/11/2023
  • TAG: australopiteco, homus erectus homo abilis, Rift Valley

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