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Codici barocchi del XVII secolo: seicentine lombarde e veneziane tra storia del libro e della cultura

di Davide Arecco


Storico della stampa e dell’editoria, docente universitario, editore, uomo di cultura e curatore di mostre, Andrea Sisti si segnala ormai da molti anni nel panorama culturale italiano per la sua notevole e davvero poliedrica attività, svolta su molteplici fronti (è anche storico dell’arte e della letteratura), in maniera versatile ed inesausta. La sua ultima fatica è un preziosissimo e brillante studio, dal titolo Edizioni lombarde e veneziane del Seicento. Una proposta di catalogo, apparso nel 2024, per Sagep di Genova.
Si tratta di un bellissimo libro – di quasi cento pagine, splendidamente illustrato – che chiude e corona, insieme, un trentennio di studi e ricerche, sui codici a stampa conservati nel Fondo Antico della Biblioteca Civica di Novi Ligure: materiali librari acquisiti nel XIX secolo, dalla provenienza conventuale, e nello specifico cappuccina. Moltissimi di questi testi erano libri d’uso, impiegati dai religiosi: opere pie e devote, teologiche e morali. Non mancano – affatto, anzi – libri barocchi assai pregevoli, sul versante della storia, tanto tipografica, quanto intellettuale. In effetti, il Fondo Antico della Civica novese custodisce, da circa due secoli, volumi – riscoperti e valorizzati, per la prima volta, da Sisti – che rimandano alla cultura (religiosa e non solo) del nostro Seicento, con libri rari e importanti da più punti di vista, la cui rilevanza Sisti ha sottolineato già in diverse occasioni, prima ancora di giungere a questa necessaria e meritoria pubblicazione.
Il volume di Sisti combina rigore scientifico e valorizzazione del patrimonio librario – locale, e non soltanto – avanzando una proposta di catalogazione delle seicentine lombarde e veneziane del centro bibliotecario novese: una raccolta molto importante, e di ragguardevole valore, formatasi nel corso della seconda metà dell’Ottocento. Il volume è, da un lato, un utilissimo strumento di lavoro e dall’altro un contributo la cui qualità complessiva va ben al di là delle ricerche storico-librarie dei bibliotecari e dei bibliografi, concorrendo a meglio delineare e quindi a conoscere l’arte tipografica seicentesca in area lombardo-veneta, non senza poi squadernare ulteriori e vasti ambiti di sviluppo e campi d’indagine, particolarmente in relazione alla storia delle attività editoriali negli antichi Stati italiani di epoca barocca e pre-illuministica.
Il regesto delle seicentine conservate a Novi riserva numerose e piacevoli sorprese. Abbiamo due Aristotele – il che non stupisce, visto che lo Stagirita era l’autore di riferimento, per la cultura religiosa contro-riformistica e post-tridentina – storici della Roma antica (Livio e Tacito), la lirica di età augustea (Ovidio), la metafisica medievale (Duns Scoto), la filologia umanistica (Manuzio), gli atti conciliari trentini e la grande letteratura controversistica italiana (Segneri, Aresi ed il Cardinale Bellarmino), nonché – altra presenza libraria caratteristica di una biblioteca di origine conventuale – naturalmente i Gesuiti: lo spagnolo Francisco Suarez, il ferrarese Daniello Bartoli, il felsineo Gian Battista Riccioli (il massimo astronomo di fede geostatica e tolemaica, nel nostro Seicento), nonché Emanuele Tesauro (campione e simbolo insieme del Barocco piemontese, autore del celeberrimo Il cannocchiale aristotelico).
Il Fondo Antico della Biblioteca di Novi custodisce altresì due esemplari di Tasso, le opere di Agostino Mascardi e Tassoni. La demonologia e le scienze occulte sono degnamente rappresentate dall’esorcismario di Zaccaria Visconti, le arti ed i mestieri (legati al mondo delle tecniche, allora in forte ascesa) dalle due stampe (del 1610 e del 1665) de La piazza universale di tutte le professioni del mondo di Tommaso Garzoni, mentre la geografia storica dalla basilare Introductio in universam geographiam (nell’edizione del 1646) del polacco Philip Cluver, che fu maestro di Luca Holstenius, nella Roma barberiniana dopo i Lincei e appena prima delle esperienze accademiche protette presso la corte pontificia da Alessandro VII e Cristina di Svezia, la quale fu, come noto, appassionata sia di architettura sia di alchimia e protettrice della Accademia fisico-matematica di Monsignor Ciampini, a sua volta astronomo d’osservazione e costruttore di telescopi e tubi ottici, tra i maestri del futuro newtoniano veronese Francesco Bianchini (viaggiatore e in Olanda e in Inghilterra, nel gennaio del 1713).
Anche la cultura contro-corrente e ribelle, eterodossa ed irregolare, è presente tra i libri della Civica novese: abbiamo infatti La Mothe Le Vayer (una tarda impressione a stampa, del 1697), che fu grande esponente del libertinismo erudito e del pirronismo storico, erede francese di Machiavelli ed ispiratore di Voltaire. Il Seicento si conclude in Italia, anche tra i libri della Biblioteca di Novi, con Muratori (la prima stampa degli Anecdota, del 1697) e con gli scritti storici e politico-militari di Apostolo Zeno: saranno proprio loro due, con gli amici e collaboratori Maffei e Vallisneri, a creare e animare tra il 1710 e il 1740 a Venezia il Giornale de’ letterati d’Italia, periodico di orientamento galileiano e moderno, che svecchierà i quadri intellettuali della nostra penisola aprendoli alle grandi novità oltremontane uscite dalla crisi della coscienza europea – la categoria storiografica del grande Paul Hazard tiene tutto sommato ancora – ed accogliendo tra le proprie firme quelle di dotti, storici, teologi, uomini di scienza e di legge, tra cui il bolognese Eustachio Manfredi (matematico e fautore del newtonianesimo), Giambattista Morgagni (il padre nel Settecento della anatomia patologica), lo stesso Vico (portavoce a Napoli dei veteres, assieme al neo-platonico e neo-pitagorico Paolo Mattia Doria) e Bernardino Ramazzini (il fondatore della odierna medicina del lavoro): un gruppo, ricco ed eterogeneo, guidato e coordinato appunto da Muratori, e in particolare da Zeno, allora poeta cesareo a Vienna e qui capofila del nutritissimo partito culturale italiano presso gli Asburgo (su cui urge, da tempo ormai, un saggio monografico complessivo).
In definitiva, lo studio di Sisti ha fra gli altri il grandissimo merito di mettere a disposizione di dotti ed eruditi (ma non solo) un catalogo di libri che sono e fonti per la storia della circolazione del sapere nella prima età moderna e documenti, dallo spessore rimarchevole. Libri, storia e territorio si incontrano così molto felicemente nelle circostanziate e precise pagine di questo testo. Microstoria e macrostoria, del resto, non possono andare separate e l’oggetto-libro – con la sua scrittura, stampa e diffusione socio-culturale – ne costituisce un’ulteriore e probante conferma. Il libro è voce e motore della storia, non meno degli accadimenti bellici e dinastici: chi resta ancora legato alla storia di tipo puramente e solo evenemenziale dovrebbe riflettervi sopra con la dovuta cura e attenzione.


Nell'immagine, la copertina del volume di Andrea Sisti, Edizioni lombarde e veneziane del Seicento. Una proposta di catalogo.

Documento inserito il: 31/05/2025
  • TAG: storia della stampa, età moderna, storia della cultura, Seicento, storia religiosa, biblioteconomia, storia dell’editoria, Barocco, età della Controriforma, Concilio di Trento

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