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Riflessioni sul livello culturale di Costantino

del Prof. Giovanni Pellegrino e della Prof.ssa Ermelinda Calabria


In questo articolo affronteremo una questione molto discussa e controversa ovverosia il livello culturale e intellettuale raggiunto da Costantino nel corso del suo impero. Sono stati versati fiumi di inchiostro per approfondire i rapporti di Costantino col mondo della cultura soprattutto con quello di matrice pagana alfine di stabilire in maniera più sistematica i rapporti di Costantino con gli intellettuali pagani e cristiani del suo tempo. Tuttavia, bisogna tener conto che Costantino favoriva il mondo della cultura non solo attraverso generici attestati di stima ma anche conferendo agli intellettuali concreti privilegi che riguardavano in particolare gli ambienti accademici legati alla vita cittadina i quali erano in quell’epoca ancora in massima parte pagani. Dobbiamo mettere in evidenza che Costantino aveva un livello culturale intellettuale superiore a quello dei suoi immediati predecessori fatto che veniva ammesso in maniera esplicita sia dagli intellettuali cristiani sia da quelli pagani quali ad esempio Eutropio. Tuttavia, non bastano queste fonti pagane e cristiane per tracciare un quadro preciso del livello culturale di Costantino sebbene esse possano dimostrare che egli fu un uomo molto ben disposto nei riguardi dei bisogni degli intellettuali. Per rendere merito a Costantino prenderemo in considerazione un discorso composto dallo stesso imperatore e da lui dedicato alla chiesa di Dio e che comunemente noto col titolo di “Oratio ad sanctorum coetum. “. L’Oratio è esplicitamente ricordata nel libro quattro della vita di Eusebio essa dimostra in maniera inconfutabile che Costantino non era un uomo rozzo ma era dotato di un buon livello culturale. In estrema sintesi l’Oratio è un documento di particolar significato che ci dà conferma non solo dei profondi legami culturali di Costantino con gli intellettuali cristiani ,ma dimostra altresì che l’imperatore faceva una netta distinzione tra il paganesimo politeista tradizionale romano e il paganesimo monoteista che seguendo le dottrine della filosofia platonica riconosceva l’esistenza di un Dio unico e trascendentale.
Già nel capitolo primo che è il suo discorso, dopo aver sottolineato i molteplici benefici apportati agli uomini dalla venuta di Cristo sulla terra, Costantino attacca con durezza “la superstitio” dei pagani politeistici. Egli infatti ricorda con disprezzo lo sforzo di costoro di rigettare la grazia di Dio e di mandare in rovina quella Chiesa che era stata costituita per la salvezza di tutti gli uomini allo scopo di sostituirvi la propria superstitio. Costantino col termine di superstitio intende non questa o quella religione falsa, ma propriamente la religione politeistica pagana nel suo complesso. Egli nel quarto capitolo condanna con fermezza le credenze errate di coloro che adorano gli idoli e ritengono veritiere credenze false ed oscene come quella secondo cui divinità ritenute immortali possano sposare e procreare figli.
Costantino dichiara a chiare lettere che i pagani politeistici sono persone stolte che offrono onori e sacrifici a esseri i quali non sono stati in realtà altro che uomini soggetti come tutti alla morte.
Dopo questa condanna iniziale del politeismo e l’acritica rivolta nel sesto capitolo a coloro che credono nella fortuna e nel destino, Costantino affronta le teorie dei filosofi pagani. Verso di esse egli non si pone in atteggiamento di completo rifiuto ma anzi ne sottolinea più volte gli aspetti positivi: in particolare egli sofferma la sua attenzione sulle dottrine di Platone che Costantino considera il più nobile e raffinato dei filosofi. Secondo l’ imperatore Platone per primo si sforzò di attrarre le menti degli uomini dalla realtà materiale alla realtà eterna spingendo gli uomini ad impegnarsi nelle speculazioni filosofiche. Costantino afferma che giustamente Platone aveva ammesso l’esistenza di un primo Dio sopra ogni sostanza e vi aveva poi aggiunto una seconda divinità (il Logos). Secondo Platone entrambe le divinità possiedono la stessa perfezione. Mentre il primo Dio era il creatore e il controllore dell’universo il secondo come obbediente esecutore dei suoi comandi attribuiva la creazione di ogni cosa a lui come alla causa. Costantino afferma che anche Platone era caduto in errori e si era allontanato dalla verità allorché aveva rappresentato più dei e aveva attribuito loro forme diverse. Secondo Costantino anche un ingegno eccellente come quello di Platone aveva mescolato verità degne della lode di tutti con errori comunque clamorosi. Costantino vuole giustificare Platone affermando che il filosofo greco nonostante la sua grandezza non poteva cogliere la verità nella sua totalità proprio perché non aveva mai conosciuto la religione cristiana. Tuttavia, Costantino giudica anche degni di ammirazione e utili quegli insegnamenti di Platone secondo i quali dopo la morte le anime dei buoni andavano nelle bellissime regioni del cielo e quelle dei malvagi venivano gettate nei flutti dell’ Acheronte.
Dopo le lodi al pensiero platonico nel decimo capitolo Costantino torna a condannare i pagani che adoravano gli idoli e a distinguerli da quelli monoteistici. Egli contrappone alle sapienti intuizioni della filosofia pagana l’ ignoranza di quei pagani che rifiutavano gli stessi insegnamenti dei filosofi loro corregionali e credevano nelle favole e nei miti del politeismo tradizionale.
Quindi negli ultimi capitoli del suo discorso Costantino sottolinea un altro punto di grande importanza: egli sostiene che l’avvento di Cristo è stato predetto non solo dai profeti ebraici ma anche dagli stessi pagani quando essi hanno abbandonato la loro superstizione e si sono lasciati ispirare docilmente dalla vera divinità. Per dimostrare questa tesi Costantino cita come esempi la Sibilla Eritrea e Virgilio. La Sibilla avrebbe, a detta di Costantino, proclamato in versi profetici i futuri disegni di Dio: ella avrebbe indicato esplicitamente l’avvento di Cristo attraverso le lettere iniziali di versi che formavano un acrostico in queste parole: Gesù Cristo Figlio di Dio, Salvatore, Croce. A sua volta Virgilio nella quarta Egloga avrebbe anche egli profetato l’incarnazione e la redenzione sebbene i governanti del tempo gli avessero impedito di rendere ancora più chiara questa profezia. Appare evidente che nel ricollegare in tal modo il cristianesimo al maggior poeta latino l’imperatore voleva sottolineare ai suoi sudditi pagani la continuità tra la nuova fede religiosa da lui appoggiata e le intuizioni dei più grandi esponenti del mondo romano.
Appare evidente anche che l’Oratio è ricca di testimonianze rilevanti riguardanti il sofisticato livello culturale dell’imperatore. L’ Oratio è altresì assai utile per meglio definire lo sfondo ideologico e culturale nel quale maturava il dialogo del regno di Costantino con intellettuali pagani. Mentre da un lato Costantino condannava con severità il paganesimo politeistico romano egli lodava le dottrine di Platone riguardanti il dio padre ed il Logos suo figlio. In estrema sintesi Costantino voleva sottolineare la conciliabilità delle migliori dottrine platoniche col cristianesimo.
In conclusione, riteniamo di aver dimostrato in questo articolo il sofisticato livello intellettuale raggiunto dall’Imperatore romano che voleva dimostrare che le idee religiose e filosofiche della parte migliore del mondo pagano erano conciliabili col cristianesimo.
Documento inserito il: 24/04/2020
  • TAG: impero romano, costantino, paganesimo, cristianesimo

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