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La conquista dell’Italia

Subito dopo la fondazione della Repubblica, i Romani si videro costretti a doverla difendere dai tentativi posti in atto dall’ex re etrusco Lucio Tarquinio il Superbo, al fine di riprendersi il trono abbandonato in precedenza a seguito della rivolta popolare che lo scacciò dalla città. Dapprima egli cercò l’appoggio del partito etrusco a Roma, ma fallito il tentativo di colpo di stato, si appellò al re etrusco di Chiusi Porsenna, che aderendo alla sua richiesta di aiuto, pose la città sotto assedio. Dopo vari tentativi, vista la tenace resistenza dei romani, Porsenna si ritirò nuovamente nei suoi territori ed il pericolo di una nuova occupazione etrusca svanì. Cessato il pericolo etrusco, altre minacce alla libertà di Roma vennero dai popoli vicini: primi fra tutti i Latini. La guerra contro questo popolo fu il primo grande successo romano; dopo averli sconfitti, Roma stipulò con i Latini un trattato di alleanza: il Foedus Cassianum. Vennero poi le guerre vittoriose contro i Volsci e gli Equi. Più duro fu lo scontro con gli etruschi di Veio. I Veienti opposero infatti una strenua resistenza contro i romani guidati dal dittatore Furio Camillo, che nel 396 a.C. riuscì a conquistare e distruggere Veio, costringendo così i difensori alla resa. Pochi anni dopo questi eventi, i Galli, popolazione di origini celtiche che da tempo si era stanziata nella valle del Po, iniziarono una discesa lungo la penisola saccheggiando le ricche città etrusche e minacciando Roma stessa. Per i romani, paralizzati dal terrore, non fu possibile organizzare una valida resistenza e la città venne conquistata e saccheggiata. Di questa difficile situazione approfittarono le città latine per ribellarsi. Dopo lunga lotta i Romani riuscirono nuovamente a sottometterle in modo definitivo legandole a se con dei trattati separati contenenti clausole diverse a seconda dei casi, in modo tale che non fosse più possibile che potessero allearsi tra loro contro Roma. Fu questo il primo caso nel quale venne applicato il principio romano del divide et impera, che consisteva nel dividere i nemici per poterli controllare meglio. Dopo aver conquistato l’Italia centrale, Roma iniziò la sua espansione verso il mezzogiorno, ma qui si trovò di fronte un ostacolo imprevisto: i Sanniti. Questo popolo di rudi montanari occupava il territorio compreso tra gli Appennini abruzzese e campano; in inverno erano costretti, a causa della rigidità del clima, a scendere nella pianura campana per trovare pascoli dove nutrire i loro greggi, spostamento questo che spesso causava contrasti con le popolazioni locali che si sentivano minacciate dalla loro presenza. Capua, per difendersi dalle scorrerie dei Sanniti, chiese aiuto a Roma, la quale inviò un esercito in soccorso alla città. Ebbero così inizio le Guerre Sannitiche, che si protrassero per oltre cinquant’anni. In un primo tempo la vittoria arrise ai Sanniti, che sconfissero i Romani alle Forche Caudine nel 321 a.C.; i prigionieri vennero costretti a passare sotto un giogo composto da tre aste. La reazione di Roma a questa umiliazione non tardò e nel 304 a.C. i soldati Romani sconfissero prima i soli Sanniti nella battaglia di Boviano, e in seguito gli eserciti uniti dei Sanniti, degli Etruschi, dei Galli e dei Sabini nella battaglia di Sentino. Dopo essersi impadronita dei territori appartenuti ai Sanniti ed ai Campani, a Roma mancava solo più il possesso della Magna Grecia per essere padrona di tutta l’Italia peninsulare. Il suo prestigio era così grande che, non potendosi più appellare alla madrepatria in piena decadenza politica, le città della Magna Grecia si rivolgevano ai romani per chiedere aiuto contro le incursioni dei popoli vicini. Questi appelli non venivano mai lasciati cadere nel vuoto e Roma inviava il proprio esercito quando richiesto, desiderosa di diventare padrona di tutto il meridione d’Italia. La città di Taranto, preoccupata per questa espansione che minacciava anche la sua indipendenza, chiese l’aiuto di Pirro, il re dell’Epiro. Questi giunse in Italia con un grande esercito comprendente anche alcuni elefanti che seminarono lo scompiglio tra le fila romane. Pirro ottenne subito due vittorie: la prima ad Eraclea e la seconda ad Ascoli Satriano. Tuttavia queste vittorie erano costate all’esercito di Pirro gravissime perdite; egli inviò quindi un ambasciatore a Roma per trattare la pace con il Senato. La risposta dei senatori fu che Roma avrebbe concesso la pace solo quando Pirro si fosse ritirato dall’Italia. Nel frattempo il re si era recato in Sicilia per portare soccorso ad alcune colonie greche in lotta con Cartagine. Ritornato in Italia, nel 275 a.C. si scontrò a Benevento con l’esercito romano e subì una grave sconfitta, in seguito alla quale abbandonò la penisola e tornò in Epiro. Rimasti padroni della situazione, i Romani assediarono Taranto che venne conquistata tre anni più tardi. Davanti all’evidenza tutte le altre città della Magna Grecia si sottomisero alla potenza di Roma accettando la sua supremazia. A questo punto tutta la penisola italica apparteneva ai Romani.


Nell'immagine, Pirro, re dell'Epiro che giunse in Italia per portare soccorso alla città di Taranto. Documento inserito il: 21/12/2014
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