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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Quarantasettesima puntata

di Alberto Sigona


La Prima Guerra Mondiale
[Appendice]


L'Italia e la Grande Guerra - Domande e Risposte

1) Perchè l'Italia, che alla vigilia della Grande guerra era alleata degli imperi centrali, nel 1915 decise di cambiar schieramento e di entrare in guerra al fianco dell'Intesa, schierandosi contro l'Austria?

A “disporre” fu l'evoluzione della politica di Vienna. Fino al 1860 l'Impero asburgico aveva riservato ai suoi sudditi italiani un trattamento dignitoso, sicuramente migliore di quello che veniva riservato agli slavi. Ma dopo la perdita del Lombardo-Veneto le cose erano cambiate in peggio, specialmente in Istria e Dalmazia, dove la situazione delle comunità italiane si faceva sempre più drammatica per l'incalzare delle masse slave e per la politica discriminatoria che le autorità governative praticavano. Lo Stato italiano perciò intendeva sottrarre agli austriaci le terre che non era ancora riuscito a conquistare, quelle che in sostanza mancavano per completare l'unità nazionale(1) (Trentino, Alto Adige, ecc...). Se ci pensiamo bene, la Prima Guerra Mondiale si presentò come una sorta di quarta guerra d'indipendenza. Ricordiamo comunque che l'alleanza che inizialmente legava l'Italia ad austriaci e compagnia era puramente difensiva e quindi non contemplava l'intervento in caso d'attacco. Ecco perchè quando scoppiarono le ostilità, iniziate proprio dagli austriaci, l'Italia optò per la neutralità, consentendo al nostro governo di temporeggiare e di preparare il “tradimento”.


2) Gli austriaci durante il periodo della neutralità italiana intuirono che il governo Salandra stava preparando il voltafaccia?

Furono in tanti ad averne il sentore ma non fecero nulla, se non quando era troppo tardi (ne parleremo più avanti), per evitare che ciò accadesse. L'ambasciatore tedesco Bernhard von Bülow, che della situazione aveva una percezione esatta, non si stancò mai di avvertire il suo governo e quello austriaco che per garantire il mantenimento della neutralità italiana bisognava cedere all'Italia il Trentino fino al Brennero e la riva destra dell'Isonzo, esclusa Trieste, ma l'Imperatore Francesco Giuseppe pensava che cedendo quelle terre, a quelle italiane si sarebbero presto aggiunte le rivendicazioni romene, serbe, polacche, cecoslovacche, fino ad arrivare allo smembramento dell'impero. E di certo non sbagliava i suoi conti.


3) È vero che l'entrata in guerra fu decisa unilateralmente, in segreto, dal governo Salandra, senza che il Parlamento, in maggioranza neutralista, ne fosse informato?

Esatto. L'azione del governo all'insaputa del Parlamento andava contro la consolidata prassi parlamentare che si era affermata fin dai tempi di Cavour. Ciò fra l'altro causò una crisi istituzionale, visto che poco dopo la firma italiana che sanciva l'entrata in guerra, l'Austria fece sapere all'Italia che avrebbe acconsentito a buona parte delle rivendicazioni territoriali italiane, togliendo così ogni motivazione all'intervento militare del nostro Paese, ma ormai era troppo tardi (c'era persino stato l'avallo del Re, che si era già compiaciuto coi nuovi alleati) e non si poteva tornare indietro. Nei giorni convulsi che ne seguirono, in cui si pensò ad una clamorosa retromarcia (il Parlamento continuava ad avversare l'entrata in guerra) e di riprendere le trattative con gli austriaci, Salandra, pentitosi dell'entrata in guerra, arrivò a presentare le dimissioni, ma il Re - indotto anche da manifestazioni di piazza che inneggiavano alla guerra (gli interventisti pur essendo una minoranza erano però molto... ”rumorosi”) - le rifiutò, dando di fatto il via all'intervento. Sostanzialmente quello del Re, che scavalcò il Parlamento, fu un colpo di Stato.


4) È vero che la tristemente famosa disfatta di Caporetto poteva essere evitata?

Sì, e quello che sto per esporvi è un vero retroscena che probabilmente troverete in pochi libri di storia. Ad inizio del 1917 si tenne a Roma una Conferenza di guerra fra gli Alleati. La Gran Bretagna aveva avanzato l'ipotesi di una grande offensiva interalleata sul fronte italo-austriaco, spostando le forze dal confine franco-tedesco, in cui si erano combattute delle battaglie molto sanguinose ma nel contempo pressochè inutili per entrambi gli schieramenti. L'intenzione dei britannici era quello di liquidare definitivamente la barcollante Austria, che rispetto alla Germania appariva più battibile. Ma a rifiutare quella che era una vera e propria offerta d'aiuto furono proprio gli alti comandi italiani, e non si sa bene perchè. C'è da dire comunque che anche i francesi non si erano mostrati entusiasti del progetto, visto che temevano l'indebolimento del proprio fronte. Se il proponimento fosse andato a buon fine, la disfatta di Caporetto si sarebbe evitata quasi certamente.


5) A prescindere da questo, è innegabile che il capo di stato maggiore L. Cadorna ebbe i suoi “bei” demeriti... e non solo a Caporetto, che in fondo fu solo la goccia che fece traboccare il vaso.

In effetti Cadorna non era l'uomo più adatto a dirigere le operazioni belliche, non aveva la mentalità e le conoscenze tattiche che necessitavano alla guerra moderna (mancava di immaginazione, adattamento all'imprevisto, rapidità di decisione...); la sua carriera per quanto rapida e brillante era stata più quella di un grande burocrate che di un grande stratega perchè sul campo di battaglia non si era mai cimentato; e la sua severità era ai limiti della disumanità (per lui i soldati erano dei robot e non degli uomini con delle emozioni), e ciò non giovava di certo al morale della truppa. Era altresì molto, troppo testardo, s'incaponiva sulle sue idee sino alla morte, non ammetteva mai di sbagliare (attribuiva le colpe sempre a terzi, in primis ai soldati, sovente accusati ingiustamente di codardia e magari fucilati sommariamente), e quindi non poteva correggere i suoi errori, che durante la guerra furono tanti, anche a Caporetto (fra i suoi sbagli vi fu quello di non dar credito a chi gli illustrò le concrete possibilità di un attacco imminente degli austriaci, e questo gli impedì di preparare come si deve la battaglia). Non accettava proposte, consigli o critiche da nessuno, nemmeno dal Governo, con cui in sostanza non c'era alcun rapporto di collaborazione. La sua tracotanza era arrivata a tal punto che in Italia si giunse a dar credito alla voce ch'egli preparasse addirittura un colpo di Stato e che volesse instaurare un governo militare. Pare che avesse avuto dei contatti stretti con alcuni esponenti dell'interventismo più acceso e più smanioso della “mano forte”.


6) Però sarebbe ingiusto attribuire le colpe della disfatta soltanto a Cadorna...

Sì certo, c'è da dire che i soldati italiani furono mandati allo sbaraglio. Le truppe furono inviate al fronte mal addestrate, mal equipaggiate, non avevano in dotazione nemmeno le forbici per tagliare i reticolati che gli si palesavano innanzi, le armi a volte non c'erano, insomma il conflitto non fu preparato a dovere, anche perchè si confidava che le ostilità sarebbero durate pochi mesi. Mi vengono in mente in proposito le parole di F. Nitti che alla fine della guerra condannerà l'operato di Salandra che al momento di entrarvi non si era assicurato l'aiuto economico degli alleati: “Quando l'onorevole Salandra affermò in Senato che l'Italia non aveva mercanteggiato il suo intervento e che avrebbe creduto disonorarsi mercanteggiandolo, io provai un vivo senso di pena. Io avrei mercanteggiato: era una necessità ed era un dovere in quanto le guerre si fanno sì col sentimento ma anche con le armi, con gli approvvigionamenti”. Alla fine l'Italia, nonostante la disfatta di Caporetto (che fu la dodicesima battaglia combattuta sull'Isonzo), vincerà ugualmente la guerra in virtù dei successi che verranno poi conseguiti, che culmineranno a Vittorio Veneto (ci torneremo più avanti...), ma ciò avvenne più che altro grazie alla debolezza altrui e all'intervento degli USA: i nostri meriti furono molto pallidi, e riguardarono più che altro la tenacia, la pazienza ed il coraggio.


7) La disfatta di Caporetto sarebbe stata di proporzioni inaudite e forse risolutiva dell'intera guerra, se gli austriaci avessero saputo meglio approfittare della loro vittoria?
E' vero. Se gli austriaci avessero impedito agli italiani di battere in ritirata, e di limitare i danni, l'intero esercito sarebbe stato distrutto, sarebbe stata la fine. Ma essi non avevano delle sufficienti veloci avanguardie in grado di sfruttare fino in fondo un successo che gli stessi austriaci probabilmente non avevano messo in preventivo.


8) Dopo Caporetto la situazione precipitò. Cadorna fu rimosso ed al suo posto fu chiamato A. Diaz.

Già. Pensate, furono gli stessi nostri Alleati a chiederne la rimozione. Già da un pezzo erano insoddisfatti dei suoi criteri strategici, e Caporetto consolidò le considerazioni negative che avevano su di lui. Ma anche fra i vertici italiani l'insoddisfazione raggiunse il culmine. Naturalmente Cadorna si guardò bene dall'ammettere l'errata condotta delle operazioni militari, attribuendo la colpa a destra ed a manca, ma non a se stesso. Quanto ad Armando Diaz, la sua nomina fu per tutti una sorpresa. La vera mente del comando supremo e l'ispiratore di tutti i suoi piani fu però il Gen. Pietro Badoglio, di cui sentiremo parlare nella seconda guerra mondiale.


9) Perchè a Vittorio Veneto l'Italia vinse?

I motivi furono diversi e non è facile dire quale di essi sia stato decisivo o più influente. Di Certo Diaz (o Badoglio che dir si voglia) era quasi l'opposto di Cadorna. Era più competente, più umano, più pragmatico, meno presuntuoso e più collaborativo con il Governo (la cui guida frattanto era stata affidata a V. E. Orlando). Poi, anche in virtù dei contributi alleati, la situazione relativa agli armamenti era decisamente migliorata, così come quella relativa al vitto dei soldati. E in ambito austriaco iniziarono a farsi sentire i sentimenti indipendentisti delle truppe slave (e non solo... persino gli ungheresi - più fedeli all'impero - arriveranno a “tradire”), contribuendo allo sfaldamento interno dell'armata asburgica, tanto è vero che ancora oggi gli storici discutono se Vittorio Veneto fu una battaglia combattuta e vinta dall'Italia o non piuttosto l'improvviso crollo di un esercito nemico già in sfacelo.. E poi si rivelò decisiva anche la superiorità numerica: 1.100.000 soldati Alleati (quasi tutti italiani) contro 800.000 nemici. All'epoca il numero di soldati impiegati in battaglia (ma anche la tattica) era molto più influente di quanto lo sarà nella seconda guerra mondiale, quando conteranno più che altro i mezzi bellici a disposizione ed i bombardamenti aerei. E non dimentichiamoci dei ragazzi della classe 1899, che di certo rivitalizzarono l'esercito esausto.


10) Perché la battaglia fu risolutiva dell'intero conflitto?

L'esercito austriaco aveva impegnato tutte le sue forze in quella che doveva essere una grande offensiva risolutiva ed invece si era visto infliggere il più grande disastro di tutta la guerra. Riprendersi era francamente impossibile anche perchè sugli altri fronti iniziò a farsi sentire l'apporto statunitense (gli USA entrarono in guerra solo nel '17, compensando il ritiro dei russi - alle prese con una sanguinosa Rivoluzione - il cui contributo era stato sin lì trascurabile e più che altro avevano avuto il merito di tenere impegnati gli schieramenti nemici), il cui aiuto fu importantissimo sotto vari aspetti, anche dal punto di vista tecnologico. L'Austria era ormai sempre più impotente innanzi alla smisurata forza degli avversari. Ed i suoi alleati ormai stavano scomparendo uno dopo l'altro.


11) Perchè dopo la conclusione del conflitto l'Italia rimase insoddisfatta dalle acquisizioni territoriali e si parlò di “vittoria mutilata”?

L'Italia ottenne meno di quanto promessogli dagli alleati all'atto dell'entrata in guerra(2). Inglobò Trentino, Alto Adige, Friuli, Venezia Giulia, ma mancavano molti altri territori, come la Dalmazia settentrionale, l'Asia Minore (che si prestava egregiamente, per le risorse agricole, a divenire una grande colonia di popolamento) ed alcune colonie africane. Ma anche se avessero ottenuto quanto promesso alla vigilia dell'entrata in guerra, non avrebbe compensato i sacrifici che il conflitto aveva imposto al Paese, che furono di gran lunga superiore a quelli immaginati nel 1915, quando un po' tutti erano convinti che la guerra sarebbe durata qualche mese.


12) Dopo la guerra i veri problemi del Paese però erano altri, ed avrebbero spianato la strada al Fascismo prima ed all'entrata in una nuova guerra poi.

La situazione post-bellica non fu certo delle migliori. La vittoria più che mutilata possiamo dire che fu un disastro economico, politico e sociale. L'Italia ne uscì con le ossa rotte sotto tutti i punti di vista. Quanto al Fascismo, di cui la guerra fu la vera incubatrice, beh, esso fu “aiutato” anche dal comportamento del giovane Partito Socialista, che non seppe approfittare della situazione per sviluppasi ulteriormente.


13) Cioè?

In un Paese stanco della guerra, avrebbe potuto beneficiare del fatto di essersene sempre opposto. Ma il gruppo dirigente si diede in braccio a una direzione estremista che voleva ricalcare l'esempio russo dei Soviet, terrorizzando anche i proletari, che del socialismo ne erano la linfa. In questo clima di ottuso oltranzismo il partito arrivò persino a scagliarsi contro i reduci della prima guerra mondiale, che avevano chiesto di “arruolarsi” sotto la bandiera rossa, ma che saranno brutalmente respinti in quanto “complici della borghesia”. Insomma era un partito che aveva la vocazione alla solitudine e all'impotenza, che riusciva a rendersi inviso anche ai suoi sostenitori più convinti. Persino Lenin e Trotzki, i padri della Rivoluzione russa, pronunciarono giudizi di fuoco contro “tanta idiozia e inettitudine, condite di vuota verbosità rivoluzionaria” [Indro Montanelli - Storia d'Italia]. Tutto ciò naturalmente farà il gioco di B. Mussolini e del neonato Fascismo, che da lì a poco avrebbe cambiato le sorti dell'Italia. Ma questa è un'altra storia...


Nell'immagine, il territorio del Regno d'Italia dopo la Prima Guerra Mondiale.


Note:

(1) In Alto Adige la maggioranza della popolazione era di lingua tedesca, in Istria c'era un mix di italiani e slavi, quest'ultimi in Dalmazia erano una netta maggioranza.

(2) Ad “accorciare” le acquisizioni territoriali (in spregio al PATTO DI LODRA”, stipulato tra il governo italiano e i rappresentanti della Triplice Intesa, con i quali l'Italia si era impegnata a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali) contribuì l'adozione della moderna (oggi diremmo “sostenibile”) politica del presidente USA T. Wilson, che nei suoi “14 punti” aveva fra l'altro enunciato che “La rettifica delle frontiere italiane sarà fatta secondo linee di nazionalità chiaramente riconoscibili”. Uno dei principi fondamentali del suo approccio di statista era: “I popoli e le province non devono essere barattati dai governi come un gregge o usati come pedine di un gioco di sacchi”. Egli era fermamente risoluto ad anteporre l'esigenza morale a quella della ragion di Stato.

Documento inserito il: 06/07/2025
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