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Il Campo e la Trincea: La Memoria del Tenente Luigi Ferraris

di Francesco Caldari


23 maggio 1915. Cinquantadue squadre si erano presentate al via del campionato di calcio 1914/15. In quattro rimangono per il girone “Nord” ed in sei per la Lega “Centro-Sud”. Si deve giocare l’ultima giornata, per il Nord è in calendario Genoa-Torino e Milan-Inter. La vincitrice del minitorneo (il Genoa è in testa alla classifica dopo le prime partite) disputerà la finalissima contro la squadra di pari livello del campionato “Centro-meridionale”, per conquistare infine il titolo definitivo di campione d’Italia. Un esito scontato: il divario tecnico tra le squadre settentrionali (lì dove il football italiano ha preso piede) e del Centro-sud appare incolmabile.

Al Nord si freme per l’attesa. La vittoria del Torino porterebbe allo spareggio, che sarebbe triangolare con un contemporaneo successo dell’Inter. Ma la Grande guerra incombe: il 22 viene dichiarata la mobilitazione generale e la Federazione Italiana Gioco Calcio decide di sospendere il campionato (solo nel 1921 quel titolo sarà assegnato “a tavolino” al Genoa, poiché in testa al girone Nord al momento della sospensione). Le comunicazioni allora non erano certo quelle attuali: alcune ignare squadre si presentano in campo, così come i tifosi. Sono gli arbitri a prendere il pallone sotto il braccio e ad invitare tutti ad andare a casa, comunicando che si tornerà a correre dietro la sfera di cuoio a guerra finita.

Luglio 2025, tra la provincia di Vicenza nel comune di Laghi e la provincia di Trento. A centodieci anni dalla sua morte, sul Monte Maggio, a quota 1875, nel luogo ove avvenne la sua prima sepoltura, una cerimonia commemora il Tenente Luigi Ferraris, lì caduto il 23 agosto 1915, su quel fronte durante la Prima Guerra Mondiale. Nella circostanza, è scoperta una targa commemorativa e una bacheca informativa.

Seppure avesse deposto gli scarpini da gioco, Luigi Ferraris è considerato il primo calciatore del Genoa CFC morto in guerra, non avendo ancora raggiunto i 28 anni di età. La morte gli valse una Medaglia d'Argento al Valor Militare, e ne ha fatto il simbolo di una generazione. Il suo sacrificio fu condiviso da numerosissimi altri giovani atleti, molti dei quali calciatori di talento, che persero la vita sui vari fronti della Prima Guerra Mondiale, un conflitto che falcidiò un'intera generazione. E il mondo dello sport, fatto di giovani nel fiore degli anni, ne fu tragicamente coinvolto. Molti di loro erano nel pieno della loro carriera sportiva o agli albori, e furono chiamati alle armi, o si arruolarono volontari, con lo stesso spirito di abnegazione che li animava sul campo da gioco.

Il Genoa non fu l'unica squadra a pagare un prezzo elevato (venticinque tesserati tra calciatori: il portiere Gnecco, il terzino Casanova, l’ala Marassi, l’attaccante Sussone, dirigenti e riserve). Renzo De Vecchi e Giuseppe Castrucci - quest'ultimo eroe di guerra e poi diplomatico - riuscirono a sopravvivere. Il fondatore del club, il medico inglese James Spensley, arruolato nei Corpi Sanitari britannici, morì prigioniero in Germania. Fu colpito proprio mentre prestava le cure ad un soldato nemico. Perì al forte di Magonza il 10 novembre 1915, a causa delle ferite subite.

Alla Spezia viene tuttora ricordato Alberto Picco, primo giocatore del club a marcare un goal e caduto da sottotenente degli Alpini; a Cremona Giovanni Zini, portiere della squadra, reclutato come bersagliere e deceduto sul Carso. La Juventus perse uno dei suoi fondatori, Enrico Canfari, mentre il Casale, campione d'Italia in carica, pianse Giuseppe Ferrino.

Le squadre milanesi subirono perdite consistenti: il Milan 14 tesserati, tra cui Erminio Brevedan e dirigenti come Gilberto Porro Lambertenghi; l'Inter contò ben 26 caduti, inclusi il capitano della Nazionale Virgilio Fossati e il pluridecorato Giuseppe Caimi (Medaglia d'Oro al Valor Militare). Le perdite toccarono team di tutta Italia, dal Nord (Vicenza, Udinese, Verona decimate) al Sud (Naples, Ideale Bari).

Purtroppo, triste fine fecero anche calciatori di altre nazioni: ricordandone uno su tutti, emerge la figura di Walter Tull (Tottenham Hotspur, Northampton Town - Inghilterra). Un attaccante talentuoso, che fu uno dei primi, se non il primo, ufficiale di colore dell'esercito britannico. La sua storia è emblematica della discriminazione superata dal valore in campo e in battaglia. Cadde valorosamente in Francia nel 1918 durante l'Offensiva di Primavera.

Questi nomi sono solo una piccola parte di una lista molto più lunga. Molti altri, meno noti al grande pubblico ma ugualmente apprezzati negli ambienti calcistici regionali, trovarono la morte nelle trincee. D’altronde, le vittime italiane furono 650 mila, e quasi un milione i feriti (moltissimi i mutilati). I dispersi sono calcolati in ulteriori 600 mila.

Il ricordo di Luigi Ferraris, e con lui di tutti questi giovani, ci rammenta non solo la tragedia della guerra, ma anche il legame profondo tra la società e lo sport, e il prezzo altissimo pagato dalla gioventù di allora. I campi da gioco, simboli di competizione e divertimento, si svuotarono per riempirsi virtualmente di giovani vite mandate al massacro. Per questo il nome di Luigi Ferraris risuona potente nella memoria collettiva di Genova e non solo. A lui è intitolato (dal 1933, in occasione dei quarant’anni dalla fondazione del suo club) uno stadio storico, quello sito nel quartiere di Marassi, ove tuttora scendono in campo le due principali squadre del capoluogo ligure, Genoa e Sampdoria. Inoltre, egli è assurto a simbolo eloquente di un'intera generazione sacrificata sull'altare della Prima Guerra Mondiale.

Prima che il rombo dei cannoni sostituisse il fischio dell'arbitro, Luigi Ferraris era stato una "stella” del calcio italiano. Nato a Firenze nel 1896 ma presto trasferitosi a Genova, si unì alla squadra fondata dal dottor Spensley fin da giovanissimo, dimostrando un'eccezionale predisposizione sia per lo sport che per gli studi, iscrivendosi più avanti alla facoltà di ingegneria a Milano. Nel Genoa CFC, la squadra più titolata d'Italia in quel periodo, si distinse come difensore centrale instancabile (“centromediano“, come usava dire allora), aiutato dai suoi 187 centimetri di altezza, dotato di grande visione di gioco, lealtà sportiva e un innato senso di leadership che lo portò a indossare la fascia da capitano. I suoi duelli in mezzo al campo e la sua dedizione alla maglia rossoblù, lo resero rapidamente un idolo dei tifosi e un esempio di sportività e talento.

Militò nella squadra che ha come simbolo il grifone fino al 1911 - sì da poter giocare in città nel più antico impianto calcistico d'Italia tuttora in attività, essendo stato inaugurato proprio quell’anno - quando decise di ritirarsi dal calcio, poiché assunto nelle Officine Elettriche Genovesi, di cui fu un vicedirettore responsabile, e poi trasferito a Milano, quale responsabile di produzione alla Pirelli.

La sua storia trascende i confini del campo da gioco. Quando l'Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale nel maggio del 1915, Luigi, come molti giovani della sua età, non esitò. Partì volontario, assegnato come Tenente nel I° Reggimento di Artiglieria da Assedio. Consapevole di poter morire, il 15 agosto 1915 scrisse: “siamo in guerra per riuscire, e non per riportare la pelle a casa!”. La sua breve ma intensa esperienza militare, dopo un primo periodo nelle retrovie dalle quali chiese di essere inviato in prima linea, lo vide protagonista sul fronte montano, in uno scenario ben diverso dalle tribune gremite e vocianti, fatto di tristi trincee scavate nella roccia e assalti disperati.

Fu proprio in uno di questi sanguinosi scontri che la sua giovane vita si spense. Centrato da palla di shrapnell da 152, sul fronte del Monte Maggio, il Tenente Luigi Ferraris cadde in combattimento. La notizia della sua morte lasciò un vuoto incolmabile nei cuori dei suoi ex compagni di squadra e dei tifosi, che lo ricordavano per il suo stile aristocratico, indossando la fascia da capitano, dirigere le operazioni della difesa.

La sua memoria, però, non si è dissolta nel tempo. La città decise di intitolargli il proprio stadio, che ancora oggi porta il suo nome. Si vuole che la sua medaglia d’argento al Valore sia stata sotterrata sotto una porta di gioco, quella dalla parte ove trovano posto i supporters genoani, la Gradinata Nord.

Egli rimane nella memoria collettiva di chi ama il football come un monumento duraturo, che celebra un simbolo di tanti ragazzi inghiottiti dalle trincee.


Nell'immagine, Luigi Ferraris, capitano del Genoa.


Bibliografia

Il meraviglioso giuoco: Pionieri ed eroi del calcio italiano 1887-1926, Enrico Brizzi, Editori Laterza, 2015

Documento inserito il: 22/07/2025
  • TAG: Prima Guerra Mondiale, Genoa, Football, Calcio, Luigi Ferraris

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