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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Cinquantaseiesima puntata

di Alberto Sigona


La Seconda Guerra Mondiale [Terza parte]


Le forze dell'Asse si avviano verso il baratro

Nella primavera del 1943 le città del Reich - le cui forze, come detto, erano state perlopiù concentrate in Unione Sovietica(1)” (dove, ricordiamolo, andarono a combattere anche militari italiani) - cominciarono ad essere pesantemente bombardate dagli angloamericani, e il 10 luglio dello stesso anno le truppe Alleate - dopo aver ottenuto la supremazia in NordAfrica(2) (in cui si erano combattute diverse battaglie nelle colonie) - sbarcarono in Sicilia senza incontrare particolari resistenze. Sull’isola i soldati vennero generalmente accolti con grande favore dalla popolazione (in quasi tutta la Penisola, infatti, s'era sviluppata un'acredine nei confronti del Fascismo, che era sfociata - specie al Nord - in scioperi e manifestazioni di protesta), stanca di sostenere il peso di una prolungata penuria di viveri e dei ripetuti bombardamenti portati dalla guerra (che negli ultimi mesi si erano notevolmente accentuati).

All’interno del Partito Fascista, intanto, crescevano i malumori ed i dissensi nei confronti di Mussolini, accusato di aver condotto la guerra in modo fallimentare e di aver trascinato la Nazione verso la rovina. Il 19 luglio gli Alleati bombardarono anche Roma provocando migliaia di vittime: fu l’evento decisivo che indusse il Gran Consiglio a sconfessare il Duce: il 25 luglio del ’43, ormai travolto dalla disfatta, Mussolini venne perciò esonerato dal Re dalla guida del Paese (e fatto arrestare con un inganno), e al suo posto veniva nominato il maresciallo Pietro Badoglio, affidandogli la guida di un Governo tecnico-militare (composto da sei generali, due prefetti, sei funzionari e due consiglieri di Stato). Badoglio annunciò che l’Italia avrebbe continuato la guerra a fianco dei tedeschi, ma in realtà iniziò ad intavolare segretamente trattative di pace con gli Alleati, giungendo alla resa incondizionata il 3 settembre, rendendo noto l'Armistizio di Cassibile solo l’8 settembre(3). All'alba del giorno seguente il Re e il capo del Governo Badoglio, attendendosi la violenta “risposta” tedesca al “tradimento”, fuggirono da Roma rifugiandosi a Brindisi (in territorio non occupato dai tedeschi), costituendo il cosiddetto “Regno del Sud(4)” (uno Stato fantoccio privo di reale autonomia ed alle dirette dipendenze degli Alleati), lasciando l’esercito italiano privo di istruzioni sul da farsi, con tutto il Paese che di conseguenza precipitava nel caos.

In questa situazione caotica e drammatica, come da previsioni la reazione della Germania fu dura e immediata: le truppe del Reich, infatti, in ottemperanza alla cosiddetta “Operazione Achse”, disarmarono l’esercito italiano (molti soldati furono costretti a collaborare per essere impiegati in unità ausiliarie tedesche, combattendo al fianco della Germania, o nella Repubblica Sociale Italiana), internando moltissimi militari nei campi di concentramento (uccidendone a migliaia se solo tentavano di resistere)(5),e nel giro di pochissimi giorni passarono al controllo militare diretto di tutta l’Italia centro-settentrionale, terrorizzando la popolazione inerme (durante la lunga occupazione scateneranno feroci rappresaglie su di essa in risposta a vari attentati compiuti dai partigiani italiani: su tutte si ricordano le stragi di Marzabotto e delle fosse Ardeatine a Roma, grandi massacri compiuti ai danni di civili italiani, fra gli eventi simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione).

Frattanto il 12 settembre un commando delle SS liberava Mussolini dalla prigione del Gran Sasso in cui era tenuto, consegnandolo ad Hitler. Il Duce, ormai ostaggio dei tedeschi, fu posto a capo della Repubblica Sociale Italiana (detta anche Repubblica di Salò), un Governo di facciata che raccoglieva le forze superstiti del Fascismo ma che si reggeva di fatto sull’organizzazione militare del Reich. Furono perciò giustiziati alcuni dei membri del Gran Consiglio che avevano votato contro Mussolini nella famigerata seduta del 25 luglio (e altri furono incarcerati, perseguitati o costretti all’esilio).

L’Italia frattanto rimaneva divisa in due: quella meridionale, occupata dagli Alleati(6) (che si avvalsero della “cobelligeranza” italiana, che comunque ebbe un apporto trascurabile; sul piano simbolico e diplomatico, la cobelligeranza fu però importante perché avrebbe permesso all’Italia, al termine del conflitto, di non essere considerata nazione sconfitta parificata alla Germania), e quella centro-nord, tenuta in pugno dai tedeschi. Nell’Italia settentrionale molti giovani organizzarono la Resistenza(7) al Nazifascismo: il Paese sarebbe quindi piombato in una sorta di guerra civile combattuta fra nazifascisti ed antifascisti (perlopiù comunisti; vi parteciparono anche cattolici, azionisti, socialisti, monarchici e repubblicani) della stessa nazionalità. Il movimento partigiano(8), prima raggruppato in bande autonome, fu in seguito organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN(9)), che nel giugno del '44 avrebbe dato vita ad un Governo di unità nazionale (composto da Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Socialista, Partito Liberale, Partito Democratico del Lavoro e Partito d'Azione) presieduto dal leader dello stesso CLN, Ivanoe Bonomi (succedendo al secondo Esecutivo Badoglio, che nel mese di aprile, dopo la cosiddetta “Svolta di Salerno”, si era aperto ai sei partiti antifascisti riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale), destinato a traghettare la Nazione verso l'immediato Dopoguerra.

Parallelamente in molte zone della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, territori che la Jugoslavia(10) rivendicava, con l’arrivo delle truppe partigiane jugoslave di Tito (desiderose di vendicare i crimini perpetrati dagli italiani durante l'occupazione fascista) iniziarono a verificarsi episodi di incredibile crudeltà: per un paio di anni civili e militari saranno dapprima arrestati e poi uccisi a migliaia (e precipitati in fosse comuni, ovvero in grandi inghiottitoi carsici chiamati “foibe”, di tale profondità da renderne quasi impossibile il recupero).(11)


Nell'immagine, Il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, che dopo il 25 luglio ricevette da Re Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il nuovo governo.


Note:

(1) Uno degli errori di Hitler fu probabilmente quello di dividere l'offensiva sovietica iniziale su più fronti riducendone la forza (il fronte nord avrebbe attaccato la Lituania dalla costa baltica per prendere Leningrado - l'attuale San Pietroburgo - mentre al centro l'esercito si sarebbe diretto prima a Minsk - Bielorussia - e poi a Mosca. Infine, la parte dell'esercito dislocata a sud avrebbe attaccato l'Ucraina). Invece Mosca, che era l'asse di comunicazione dei russi e un importante centro industriale, avrebbe dovuto essere l'obiettivo d'un attacco concentrato. Tuttavia la questione è più complessa di quanto possa sembrare e non esiste un consenso assoluto tra gli storici.

(2) Inizialmente fu l'Italia ad aprire quel fronte, attaccando dalla Libia (già suo possedimento) l'Egitto (in mano inglese). Per l'Italia conquistare l'Egitto (ed eventualmente il Sudan) sarebbe stato molto importante perché avrebbe permesso di unificare i domini italiani in Africa (dall'Etiopia alla Libia, appunto) e di controllare il Canale di Suez, strategicamente assai rilevante. Il cattivo andamento di questa campagna, poi, obbligò Hitler a intervenire a supporto dell'Italia perché se gli inglesi avessero conquistato la Libia, avrebbero avuto un facile avamposto da cui partire per attaccare l'Europa da sud. L’equilibrio si ruppe con la seconda battaglia di El Alamein (ottobre-novembre 1942), nella quale gli inglesi, guidati dal generale Bernard Montgomery, inflissero una decisiva sconfitta all’Asse, avviandone la ritirata verso la Tripolitania e infine in Tunisia. L’ultimo atto della campagna nordafricana si consumò nel maggio 1943, quando gli eserciti italo-tedeschi accerchiati in Tunisia si arresero, consegnando a Inglesi e Americani il pieno controllo del Nord Africa.

(3) Il 19 luglio vi fu una massiccia incursione aerea persino su Roma, provocando migliaia di vittime innocenti. Il Re si reca sul luogo del bombardamento: la sua auto è però presa a sassate dalla gente infuriata dal protrarsi di una guerra ritenuta ormai controproducente per l'intera Nazione. È il chiaro segnale che la Monarchia ed il Duce non riscuotono più il favore della popolazione. Il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo, resosi conto della brutta piega che la Guerra stava prendendo, al fine di risparmiare al Paese ulteriori ed inutili perdite e di sottrarre la popolazione ad ulteriori immani sacrifici, decide di sfiduciare il Duce Benito Mussolini, accusato di aver mandato una Nazione allo sbaraglio, coinvolgendola in un conflitto dalle proporzioni gigantesche. I membri del “direttorio” hanno perciò l'intenzione di chiedere al più presto la fine delle ostilità agli anglo-americani. Mussolini viene pertanto tratto in arresto dal Re Vittorio Emanuele III, che affida al maresciallo Pietro Badoglio la carica di Capo del Governo, con il compito principale di traghettare il Paese verso la pace. Badoglio però si affretta ad annunciare alla Nazione che nonostante la destituzione del Duce (cui seguirà presto lo scioglimento del PNF e di tutte le organizzazioni collaterali, nonché il ripristino di varie forme di libertà che con Mussolini erano state soppresse) la Guerra continuerà regolarmente a fianco della Germania.
In realtà egli sta iniziando trattative segrete con gli Alleati per un prossimo armistizio. Inizialmente Badoglio, di concerto con gli alti comandi, decide di non rendere noto codesta intenzione, conscio delle reazioni pericolose che una notizia del genere potrebbe scatenare su diversi fronti, a partire da quello tedesco, la cui vendetta non si farebbe attendere, e sarebbe scevra di rappresaglie terribili. Frattanto nel Paese hanno inizio reazioni contrastanti. C'è chi inneggia al Re (scorgendo nella sua decisione i prodromi dell'uscita da un conflitto disgraziato); c'è chi serba azioni di rivalsa nei confronti di coloro che hanno tradito il Duce ed il Fascismo; c'è chi si sente legittimato ad agire violentemente contro i fascisti, ormai defraudati. Ma soprattutto ci sono gli antifascisti, che dopo anni di clandestinità o di carcere (o confino giudiziario) ritornano prepotentemente alla ribalta, confluendo in un'unità d'intenti: riprendersi la guida del Paese, un Paese lacerato nel corpo e nell'anima da 3 anni di guerra e sofferenze indicibili. In primis, fra gli antifascisti, vi sono i membri dell'ex Partito Comunista che, sfidando il nuovo Governo (anch'esso, come la vecchia e tramontata dirigenza fascista, avverso ai comunisti), predica più o meno nell'ombra il disfattismo, inducendo scioperi ad oltranza, specie nelle fabbriche a produzione bellica, con l'obiettivo mai celato di paralizzare la fabbricazione di armi e quindi costringere l'Italia alla resa, uscendo da un conflitto le cui conseguenze per la popolazione si stanno facendo troppo gravose per essere ancora tollerate e sopportate. Al fine di convincere gli operai, in gran parte di mentalità fascista e pregnanti di Patriottismo esasperato, i comunisti fanno leva sulle condizioni degli stessi, deprecabili di certo sotto vari aspetti, e naturalmente sulla penuria di viveri, imputabile proprio al prolungarsi del conflitto. Essi vogliono infondere nella classe lavoratrice un forte sentimento di odio nei confronti della classe dirigente, e in particolare del Governo, che si ostina a continuare una Guerra impari, inutile e tanto disastrosa, che sta riducendo il popolo alla fame. E, dopo tanti sforzi profusi in questa direzione, vi riescono. Sono tante, infatti, le fabbriche che aderiscono agli scioperi, arrestando drasticamente la produzione bellica, inducendo perciò il Capo del Governo dapprima ad accogliere la collaborazione dei comunisti (che minacciano di far collassare l'economia del Paese) a livello governativo, quindi ad affrettare il passo verso l'armistizio.

(4) Il Regno del Sud fu il nome con cui viene comunemente indicato lo Stato monarchico controllato da Vittorio Emanuele III e dal governo Badoglio dopo l'armistizio dell’8 settembre 1943, nelle aree dell’Italia liberata dagli Alleati (inizialmente Puglia, parte della Basilicata e della Calabria, poi progressivamente altri territori). Esso gestiva la vita politica, amministrativa e militare delle zone controllate dagli Alleati, sotto la supervisione del governo militare anglo-americano; dopo l’armistizio, collaborò con le forze anglo-americane nella guerra contro la Germania nazista e la Repubblica Sociale Italiana (RSI), divenendo di fatto cobelligerante.

(5) Dopo l’8 settembre 1943, in seguito al rifiuto dell’Italia di proseguire la guerra al fianco della Germania, circa 650.000 militari italiani vennero catturati dalle forze tedesche e classificati come Internati Militari Italiani (IMI), così da poter essere impiegati nel lavoro forzato senza le tutele previste per i prigionieri di guerra. La scelta di resistere al disarmo o di non collaborare con il Reich costò la vita a un numero consistente di soldati: si stima che tra gli 8.000 e i 12.000 furono uccisi dai tedeschi nei giorni e nelle settimane successive all’armistizio, come avvenne nel caso emblematico della divisione “Acqui” a Cefalonia. Inoltre, le durissime condizioni di detenzione nei campi di internamento causarono la morte di circa 50.000 IMI, portando così il totale dei militari italiani morti a seguito del rifiuto di collaborare con il nazismo a circa 60.000 unità.

(6) Le truppe alleate, costituite da contingenti provenienti da molteplici Paesi, furono ostacolate dall'aspro territorio appenninico, dalle difficoltà climatiche e dalla tenace resistenza tedesca che provocarono forti perdite e il lento avanzamento del fronte.)
(7) E' doveroso precisare che La Resistenza italiana non si limitò al Nord, ma assunse forme diverse a seconda del contesto territoriale. Nel Centro-Nord occupato dai tedeschi e controllato dalla RSI, si sviluppò una Resistenza armata partigiana, organizzata in brigate politicamente orientate e impegnata in guerriglia, sabotaggi e azioni militari. Nel Sud liberato dagli Alleati, invece, la Resistenza si manifestò principalmente come attività civile (scioperi e agitazioni) e insurrezioni locali (ad esempio le Quattro Giornate di Napoli), finalizzate alla liberazione delle città e alla collaborazione con le autorità nazionali e alleate. In tal modo, la Resistenza fu un fenomeno nazionale, ma con modalità operative diversificate in base alla realtà territoriale e alla presenza o meno delle forze tedesche.

(8) Le formazioni partigiane svolsero un ruolo determinante nella lotta contro l’occupazione tedesca e la Repubblica Sociale Italiana, liberando città e regioni intere prima dell’arrivo degli Alleati. Tuttavia, all’interno di un contesto di guerra civile e violenza diffusa, si verificarono anche episodi di giustizia sommaria, vendette personali e regolamenti di conti politici. In alcune circostanze furono colpiti anche i civili, compresi religiosi e donne, accusati – talvolta senza prove sufficienti – di collaborazionismo con il regime fascista o con i tedeschi.

(9) Alla seduta di fondazione del CLN parteciparono: Ivanoe Bonomi (Partito Democratico del Lavoro, futuro Presidente), Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola (PCI), Alcide De Gasperi (DC), Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea (Partito d'Azione), Pietro Nenni e Giuseppe Romita (PSI), Meuccio Ruini (Partito Democratico del Lavoro), Alessandro Casati (Partito Liberale). Bonomi fu di fatto la figura politica più rilevante del CLN durante quella fase della Resistenza, ma non "presidente del CLN" in senso formale. Il CLN era un organismo collegiale e i rappresentanti dei vari partiti antifascisti agivano in modo condiviso, senza una guida formale unica. Bonomi sarà nominato presidente del Consiglio dei Ministri (quindi capo del governo) dal CLN nel giugno 1944, e in quel ruolo guidò il governo di unità nazionale espressione del CLN.

(10) La Jugoslavia fu invasa dalla Germania il 6 aprile del 1941. Pochi giorni dopo verrà sconfitta e il suo territorio suddiviso fra le potenze dell'Asse. Nel 1945 l'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia (ovvero i partigiani jugoslavi), guidato dal capo comunista Josip Broz Tito, libererà la Jugoslavia dal dominio nemico. La liberazione jugoslava fu nel quadro generale europeo della Seconda guerra mondiale un avvenimento unico, in quanto la Jugoslavia fu l'unico Paese occupato dai nazisti ad aver affrontato e sconfitto l'invasore quasi esclusivamente con le proprie forze (in realtà a partire dal crollo dell'Italia, avvenuto nel settembre 1943, potenziarono le loro forze grazie anche all'aiuto militare dell'Unione Sovietica e del Regno Unito).

(11) Al massacro delle foibe (tra il '43 ed il '45 vi furono circa 10.000 morti) seguirà l'esodo giuliano-dalmata, ovvero l'emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, dal Quarnaro e dalla Dalmazia (ovvero da quei territori d'Italia occupati dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Tito, successivamente annessi dalla Jugoslavia tramite i trattati di pace di Parigi del 1947). In base a stime pubblicate nel 2020 emigrarono circa 300.000 persone, di cui circa 45.000 di etnia slovena e croata non disposti ad accettare il nuovo regime dittatoriale.

Documento inserito il: 10/11/2025
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