Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia moderna: Azoth, l'iniziazione alchemica secondo Basilio Valentino
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Azoth, l'iniziazione alchemica secondo Basilio Valentino

Francesco Servetto


L’opera Azoth ovvero l'occulta opera aurea dei filosofi è comunemente attribuita alla figura oscura del monaco benedettino Basilio Valentino, alchimista di cui non si hanno notizie attendibili né riguardo la biografia, tantomeno dell’effettiva esistenza. Si dice sia vissuto tra XIV e XV secolo e che abbia redatto alcuni trattati alchemici rilevanti, tra cui Duodecim Claves philosophiae e Currus Triumphalis Antimonii. In quest’ultima opera, sono svelati il metodo per ottenere l’ammoniaca dalla reazione tra sali alcalini e cloruro di ammonio e l’acido cloridrico dall’acidificazione della salamoia. Secondo una leggenda, sarebbe vissuto nel monastero di St. Peter a Erfurt e, come riportato tra gli altri dalla Bibliotheca Chemica Curiosa del 1702 di Jean Jacques Manget, i suoi manoscritti sarebbero venuti alla luce dopo che un fulmine avrebbe aperto una breccia in una colonna dell’Abbazia di Erfurt.
Nel 1599, l’editore tedesco Johann Tholde inizia a pubblicare alcuni suoi testi, da cui si evince una profonda connessione con il pensiero paracelsiano, oltre ad un substrato rosacrociano. Quest’ultimo emerge dai sentiti attacchi contro la Chiesa romana, considerata una nuova Babilonia, così come dal delicato argomento della teoria della giustificazione, vero e proprio spartiacque tra i credi riformati e il dogma ufficiale. Curioso il fatto che un’opera rosacrociana anonima del 1620, intitolata Prodromus rhodostauroticus, contenga la seconda parte del trattato attribuito a Basilio Valentino, comprese quattordici illustrazioni, unitamente ad un Tractatus de harmonia mundi.
Per quel che riguarda le comunanze col lessico e col pensiero di Paracelso, la questione è piuttosto spinosa, in quanto i riferimenti al grande medico e alchimista svizzero rendono incoerente un’antecedente collocazione temporale. Dall’opera di Antonio Ricciardi Commentaria Symbolica, notevole compendio del simbolismo mistico ed ermetico del 1591, sappiamo che un brano del Dictionarium Paracelsi di Gerhard Dorn sostiene che «Azoth, in Paracelso, significa il Mercurio vivo, estratto da un qualsiasi corpo metallico; più propriamente, è il Mercurio corporeo (...). In Paracelso, indica la Medicina universale (...) che contiene in sé le virtù di ogni altra medicina (...). Si dice che ne portasse sempre un poco con sé, racchiuso nel pomo della spada». In generale, è piuttosto diffuso il topos letterario secondo cui «il fuoco e lo spirito animato, l’Azoth, ti saranno sufficienti per compiere l'intera Opera», la cui prima apparizione si ha con l’opera di Morienus Romanus, Liber de compositione alchimiae, (il cui titolo originale è Masāʾil Khālid li-Maryānus al-rāhib) primo trattato di alchimia ad essere introdotto in Occidente nel 1144 per mano di Robert di Chester. Ora definito Mercurio, ora Quintessenza, ora Pietra Filosofale, ora Elisir: quando si occupano dell’Azoth, i trattati di alchimia rinascimentali si servono tutti di un nugolo di definizioni ricorrenti, dal medesimo significato.
Si è supposto che lo stesso Tholde si nasconda dietro l’identità del monaco benedettino. Ne Les demeures philosophales, di Fulcanelli, è dibattuto il significato del nome: «Basilio Valentino unisce il greco Basileus, re, al latino Valens, potente, al fine di suggerire il sorprendente potere della pietra filosofale». Appare pressoché scontato il riferimento a quanto sostenuto da Leibniz, il quale afferma: «ritengo che il suo nome sia fittizio, e che lo si cercherà invano nei nostri cataloghi monastici: Basilio significa re, cioè l’oro; Valentino, la salute. E così sembra che l’autore abbia voluto indicare i due principali effetti della pietra meravigliosa, quelli comunemente più sbandierati: il perfezionamento del corpo umano e dei metalli». Per il Symbola aureae mensae duodecim nationum di Micheal Maier l’Azoth non sarebbe opera di Basilio Valentino, in quanto non inserita nel suo catalogo, per l’Argentorati del Theatrum chemicum (1659) essa è anonima, così per la citata opera di J.J. Manget; con la Bibliothèque des philosophes chimiques del 1740 si ha la prima attribuzione del trattato a Basilio Valentino. Per Fulcanelli, tuttavia, essa sarebbe stata compilata da un alchimista medievale, Senior Zadith, nome latinizzato dell’arabo Zadith ben Hamuel, così come è affermato nel Conspectus scriptorum chimicorum del danese Olau Borrichius; da notare come nella Bibliotheca Chemica Curiosa del Manget l’opera sia seguita dalla Tabula chimica dello stesso Zadith.
La prima edizione dell’Azoth ovvero l'occulta opera aurea dei filosofi esce nel 1613 a Francoforte in latino e in tedesco, pubblicata dall’editore Johann Bringern e, se la versione in tedesco è anonima e contiene una dedica all’editore in cui l’autore è semplicemente definito “un diligente amatore della materia”, nella versione latina, tradotta da un certo Georgius Beatus, lo scritto è attribuito a Basilius Vincentinus; l’opera è ricondotta a Basilius Valentinus per la prima volta nel 1624, quando a Parigi esce un’edizione in francese tradotta da David Laigneau, alchimista francese celebre per la sua Harmonia, seu Consensus Philosophorum Chemicorum, all’interno di una raccolta in cui si trovano anche la citata Duodecim Claves philosophiae e un’opera di Bernardo Trevisano, il Trattato sull’uovo dei filosofi. Nel corso dello stesso anno, esce un’edizione singola per mano degli stessi editori, Jeremie e Christophe Perier.
L’opera è divisa in due parti, la prima, che si può definire teorica, è un dialogo tra il discepolo Adolfo e il maestro, chiamato l’Anziano, la seconda, pratica, consistente in quindici tavole, affronta una serie di testi ermetici, alcuni enigmi attraverso cui sono espresse indicazioni per operare, alcune visioni di carattere mistico- alchemico, particolarmente riconoscibili per la forte carica rosacrociana, unite ad una serie di illustrazioni fortemente simboliche, progettate come una sorta di percorso di iniziazione pratica. Se la prima parte del trattato è molto ricca di riferimenti al Vecchio e al Nuovo Testamento, tanto che spuntano autonome dalle pagine le coincidenze con episodi come la Passione di Cristo, nonché la forte spiritualità che si propone di non cedere alle distrazioni e alle tentazioni del mondo materiale, con la seconda parte è messa in atto una vera e propria rinascita, necessaria per l’adepto affinché esso possa giungere a comprendere, prima ancora di operare.
Il giovane Adolfo si presenta al cospetto dell’Anziano, dichiarandosi desideroso di visitare i posti più esotici, e soprattutto Roma, da lui considerata il centro dell’Universo. Le sue aspettative paiono essere fuori luogo rispetto a ciò che occorre a chi voglia intraprendere un percorso di conoscenza interiore. La Roma da lui desiderata è, infatti, vista dal saggio come una nuova Sodoma, «paradiso dei piaceri terreni, orto di delizie carnali», in cui sono assenti il pudore e vacilla lo spirito. Essa appare come la dimora della perdizione, ma l’Anziano afferma che chi voglia davvero trovare la vera Roma potrà farlo, tramite un percorso di devozione, in cui si dovrà anteporre lo studio della Natura ad ogni altra disciplina. Essendo stato creato a immagine di Dio, egli afferma, è obbligo per l’uomo non indugiare in attività che rendono simili alle bestie, preferendo gli studi, la concordia e la pace, dimenticando il putridume che emerge dalle scelte dettate dal basso istinto, nonché dalla presunzione. Diventa dunque fondamentale appoggiarsi alle Sacre Scritture, seguendo l’ordine stabilito da Dio. Il giovane Adolfo è, infatti, messo in guardia da quelle personalità sue contemporanee che si propongono di giungere alla verità servendosi della novità. Alla fine dei tempi, afferma l’Anziano, «Dio visiterà la seconda Gerusalemme (cioè l’intera realtà universale) e la giudicherà». Tre saranno i principali nemici capitali per le anime: si tratta di quegli spiriti maligni che soccomberanno di fronte al Tribunale di Cristo. Così come le sette dei Farisei, dei Sadducei e degli Esseni hanno travisato il messaggio cristologico, gli uni negando l’avvento del Messia, gli altri la resurrezione dei morti e gli ultimi criticando la Trinità, allo stesso modo, avverte il vecchio, nei tempi attuali è praticata la blasfemia contro l’Onnipotenza divina, contro la Misericordia e contro il vero e giusto Spirito di Dio.
Si tratta di quello spirito che per gli alchimisti non va considerato come entità intangibile, anzi, è un principio universale fisico, un Fuoco che si trova, a seconda dei casi, in ogni composto della Natura. Per quel che concerne l’alchimia cristiana, perciò, si può identificare nello Spirito Santo che, discendendo sugli apostoli come una lingua di fuoco, ha permesso loro di padroneggiare ogni lingua. Affidandosi al verbo divino, dunque sarà possibile investigare la Natura, «perché è da Dio che noi traiamo la nostra origine, a Lui ritorniamo e in Lui troviamo la pace». Bisogna innanzitutto impiegare il tempo nella maniera più opportuna e proficua, rigettando l’edonistica ricerca del piacere, nonché della ricchezza, obbedendo alla parola divina, che ci consentirà di essere inseriti nelle pagine del Libro della Vita: la Gloria celeste offusca la gloria di questo mondo, tanto che le tribolazioni attraverso cui alcuni pervengono all’illuminazione divina sono da accogliere con gioia, come una sorta di lotta spirituale che rafforza l’anima del devoto.
In un’interessante tavola di Lorenzo Scrupoli del 1589, definita Il combattimento spirituale, è molto ben ritratto l’argomento da un punto di vista cristiano, mentre nella prima tavola dello Splendor solis di Salomon Trismosin del 1582, intitolata Arma artis, il discernimento degli spiriti, misticamente e alchemicamente risulta essere l’arma di partenza e preferita di cui l’Artista deve servirsi per intraprendere il percorso che porta all’Opera. Notevole, dunque, il concetto di guerriero ermetico, che emerge anche dalle tavole della stessa opera Azoth.
I malvagi, dimentichi della vacuità degli onori mondani, vagheranno invece per l’eternità, tormentati da un fuoco perenne che infliggerà loro continue pene spirituali senza sosta. L’Anziano definisce il percorso dell’Opera «un’essenza spirituale e virtuosa, efficace non soltanto come calamita di ricchezze, ma anche nel campo della scienza medicinale». Va notato, per correttezza, che l’autore dell’Azoth, accennando all’attività della Grazia divina, il cui prodotto è un vero e proprio tesoro, cita direttamente Paracelso, pur peccando di imprecisione, in quanto menziona un’opera anonima in stile paracelsiano, l’Apocalisse ermetica di Teofrasto.
L’Anziano mette in guardia il suo adepto: il segreto della Pietra filosofale, tanto cercata dai filosofi, spesso fuori luogo, è conoscibile, ma tramandabile solo in maniera criptata, di modo che solo chi abbia compiuto il percorso spirituale vi abbia accesso. Chi ne venisse a conoscenza senza merito, non potrebbe fare altro che sprecarne il dono, preoccupandosi di compiere azioni assolutamente non compatibili col reale scopo di essa, come produrre oro o argento per un mero tornaconto personale. Lo stesso Anziano veste come un pover’uomo, conduce vita semplice ed eremitica, non si preoccupa di possedere né di conoscere quanto non provenga dal Verbo divino, preferisce arricchire lo spirito piuttosto che il portafogli. Così come l’alchimista separa l’impuro da una sostanza pura, allo stesso modo Dio solo può separare l’anima, il corpo e lo spirito l’uno dall’altro, con l’eccezione di chi abbia ricevuto dal Verbo di Dio la missione di reprimere i malvagi, ma si tratta, come ben prevedibile, di una scarsa schiera di eletti.
Al momento della morte del corpo, esso si separa. I quattro elementi che lo compongono, così come lo spirito e l’anima, si allontanano l’uno dall’altro. «al loro posto, l'acqua e la terra si congiungono, l'aria ed il fuoco si condensano. Lo spirito astrale della vita - Uomo eterno ed invisibile - ritorna al Cielo ed è innalzato al di là degli elementi; l'anima ritorna nel seno di Abramo, secondo le promesse di Dio, e riposa sull'altare fino alla fine del mondo e al ricongiungimento del cielo e della terra». Nel cibo che nutre tutti i corpi è nascosto lo spirito degli elementi, vera essenza celeste. Analogamente, noi uomini «riceviamo anche un nutrimento di acqua e di fuoco, attraverso cui saremo in grado di conservare l'equilibrio del corpo terreno, che appunto contiene il Fuoco e l'Acqua spirituale, per rinvigorire lo spirito interiore. Infatti, come la terra contiene in sé questi due elementi, allo stesso modo li contiene il Cielo, che è chiamato anche “quintessenza”, visto che - in quanto nutrimento spirituale - è di gran lunga il più nobile degli elementi».
La fede nel Verbo divino, a differenza delle opere – tema luterano – è incredibilmente ciò che consente la nascita di quello che l’autore definisce un albero di opere buone, un amore allo stesso tempo divino e terreno. L’uomo interiore, invisibile e celeste, realizza nella Natura il proprio scopo, sfuggendo al peccato, a quel supplizio che porterà all’afflizione, alla morte oscura, guadagnando, di contro, la veste bianca e la corona di gloria, in quanto beato. Lo Spirito Santo rivela un fuoco sovra celeste d’amore (l’anima è sovra celeste e sovrannaturale), unito ad uno spirito di sapienza, infiammando e purificando con l’acqua. Gli elementi acqua, fuoco, sangue (legato al peccato) e spirito acqueo si rivelano, parafrasando l’episodio del Vangelo in cui Cristo è colpito al fianco da una lancia dei soldati, perdendo sangue e acqua, alla base della vita. La conoscenza dell’Opera è e deve restare segreta, poiché nel mondo abbondano personaggi inclini all’inganno e alla ricerca del proprio tornaconto. Emblematiche le parole pronunciate dall’Anziano: «Nascondi quest'Opera agli occhi di tutti, e trattieni la parola all'interno della lingua, e il fuoco all'interno dei tuoi occhi; evita di disquisire a proposito di quest'Opera perfino con te stesso, per non rischiare che il vento non porti a qualcun altro i tuoi pensieri, il che potrebbe procurarti dei guai». Sono previste punizioni fisiche e spirituali, infatti, per chi infrangesse la regola.
L’Anziano prosegue affermando che Dio ha creato dal nulla, servendosi di un processo unico e duale, poiché tutte le cose erano contenute in una sola materia e da essa, per suo volere, sono scaturite, iniziando ad esistere autonomamente. Lo stesso Sole è da considerarsi ciò che permette la fioritura della vita. Esso è maschio e femmina, definito purpureo, «servitore dell'intero universo, in quanto contiene in se stesso le ricchezze universali». L’atto della creazione avviene tramite l'Unità, la crescita, la moltiplicazione e la conservazione sono resi possibili dall'Alterità «e la sussistenza attraverso un terzo elemento, come per Ispirito». È necessaria una morte spirituale affinché l’uomo possa risorgere in Cristo, seguendo il Verbo di Dio, scegliendo di non prestare fede al demonio, il tentatore che si propone di sviare l’umanità dal disegno divino. Chi si affiderà alla fede, seguendo il Verbo di Dio potrà così essere accolto in paradiso, sfuggendo alla miseria del mondo.
Fede, Speranza e Carità: tre sono i pilastri su cui deve fondarsi l’esistenza dell’uomo. La conoscenza del Segreto, dunque, sarà propria dei soli adepti meritevoli per indole e spinta fideistica; tuttavia, l’Anziano afferma che anche tra i Pagani ci furono alcuni sapienti in grado di percepirne il significato e la portata. I filosofi possono trattare il Mercurio, che è sia invisibile, sia spirituale, ma anche materiale, ottenendone trasmutazione perché sanno riconoscerlo. Esso è definito «vergine castissima che mai ha conosciuto amplesso», «latte virginale», sostanza purissima «tratta da una materia metallica e nobilissima». Ci si potrebbe sbagliare, ritenendo che esso sia ricercarsi nell’oro: in realtà, esso è Spirito dell'oro, o Mercurio, definito dai Filosofi “prima e seconda materia”, ed è legato alle proprietà della Natura. Esso si scioglie più facilmente, è più duttile dell’oro comune. «È vero Mercurio d'oro e Antimonio, che - se dissolto - attira a sé le qualità dei corpi. La sua preparazione non consiste in altro che nel lavarlo e purificarlo con acqua e fuoco: proprio allo stesso modo in cui vengono preparate tutte le altre cose, per renderle gradite a Dio e agli altri uomini». L’Anziano prosegue, dichiarando «Bisogna conoscere con precisione che cosa siano la sublimazione, la distillazione, la separazione, la digestione, la purificazione, la coagulazione e la fissazione, e ricercare con gran cura l'Uovo naturale». Un riferimento a tale concetto è riscontrabile nel Traité de la Nature de l'Oeuf des Philosophes di Bernardo Trevisano.
Inutile sarà provare a manipolare l’Azoth se si eviterà di compiere opere buone, come aiutare i bisognosi, i poveri e le vedove: chi disprezza gli ultimi, disprezza la creazione divina, poiché anche essi sono stati creati da Dio. Ogni medicina perde di efficacia una volta paragonata ad esso, vera e unica medicina naturale, spirituale e fisica allo stesso tempo. Si ricordi, inoltre, che il conseguimento di questa conoscenza non avviene per arte magica, ma solo ed esclusivamente per aderenza spirituale al volere divino. L’Anziano è categorico: è ovvio che le cose naturali derivano da quelle sovrannaturali, così come il regno temporale procede dall’eterno regno di Dio. L’ordine della creazione vede prima sorgere cielo e firmamento, i quattro elementi, quindi il mondo. L’uomo è stato concepito come microcosmo, posto al centro del mondo come al centro di un circolo, «allo stesso modo in cui, a sua volta, era stato originato dal centro superiore». Nell’uomo viene, poi, inserita la vita, l’anima eterna e immortale, sovra celeste e «Cielo astrale di origine divina, spirito essenziale vitale di tutte le creazioni della Natura». Finalmente, appare il corpo elementale, sintetizzato dal sale, quel sale che preserva dalla putrefazione, così come lo Zolfo ha definito il cielo e il Mercurio l’anima mundi. Ne deriva un’immagine geometrica, la spirale concentrica.
Il dialogo termina con l’Anziano che dona al giovane un’eredità culturale fondamentale nel percorso di crescita spirituale, la Tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto, le parole di Basilio Valentino (elemento filologicamente spinoso, in quanto pone dubbi sull’identità reale dell’autore del trattato), di Bernardo Trevisano e di Teofrasto di Hohenheim, meglio conosciuto come Paracelso. La seconda parte dello scritto, consistente in quindici tavole con commento, si serve di una serie di testi ermetici tradizionali per descrivere il percorso spirituale, esprimendone le peculiarità per enigmi, tra visioni mistiche e riflessioni alchemiche, seguendo indubbiamente un fil rouge rosacrociano. Si va dall’Albero dei Filosofi, passando per l’Atlante rodostaurotico, tipico emblema rosacrociano, attraverso la Tavola Smaragdina, su cui campeggiano sette termini cruciali, le cui iniziali danno la parola Vitriol. Si prosegue con La Terra come madre e nutrice della Pietra, La Pietra filosofale, La Materia prima, Nigredo, ovvero Opera al nero, quindi Rebis, o Ermafrodita filosofale; Mortificazione, Putrefazione, Albedo ovvero opera al bianco, poi Rubedo ovvero opera al rosso, la Visione alchemica - Sale, il Blasone dell’Eroe alchemico - Zolfo, per terminare col Simbolo di Saturno (emblema dell'Opera nella sua totalità) - Mercurio.


Nell'immagine, la Tabula Smaragdina Hermetis.


Bibliografia
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DE TREVES B., Traicté de la Nature de l'Oeuf des Philosophes, Paris, 1659.

Documento inserito il: 14/08/2025
  • TAG: misticismo, filosofia naturale, filosofia occulta, esoterismo, alchimia, ermetismo, simbolismo, pietra filosofale

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