Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, medio evo: Grandi navigazioni e scoperte geografiche nel XV Secolo
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Grandi navigazioni e scoperte geografiche nel XV Secolo

Nel corso del XV secolo, l’Europa fu caratterizzata da un forte sviluppo della produzione e del commercio, e questo sia grazie al miglioramento dei sistemi di produzione industriale, sia per il formarsi di unità politiche di sempre maggiori dimensioni, come ad esempio le grandi monarchie dell’Europa occidentale e centro-orientale, gli Stati regionali e le leghe di città in Italia ed in Germania. In questo modo il commercio poteva essere esercitato con più tranquillità e a costi inferiori, ottenendo una certa protezione dalla polizia reale, che costituiva una valida difesa contro gli assalti dei feudatari e dei malviventi. Allo sviluppo del commercio non corrispondeva l’aumento dei mezzi di pagamento a disposizione: in quel periodo le monete erano esclusivamente metalliche, in oro o argento, e di questi due metalli si iniziava a sentire la penuria. Se da un lato le miniere d’argento della Germania e della Boemia, avevano permesso di attenuare la mancanza dell’argento, così non avveniva per l’oro, che ormai era divenuto merce rara in tutto il continente europeo. Questo fu il motivo principale che portò all’esplorazione di quei paesi africani che si presumeva fossero ricchi d’In Africa settentrionale, attraverso il grande centro di Timbuctu giungevano dal Senegal e dal Niger delle carovane che portavano polvere d’oro: questo fece pensare agli europei che quei paesi fossero estremamente ricchi di oro. Lo scopo delle prime navigazioni fu proprio quello di raggiungere i paesi dell’Africa occidentale. Questo si evince anche dai nomi che i primi esploratori diedero alle località raggiunte: Rio de Oro, che in italiano significa Fiume dell’Oro, Capo Bojador, ovvero Capo Bocca dell’Oro. All’epoca si pensava infatti che il Niger ed il Senegal, dei cui fiumi si sapeva l’esistenza, altro non fossero che un ramo occidentale del grande Nilo, che doveva poi sboccare in mare nell’Africa occidentale, e che lì si trovasse la bocca o foce del grande fiume dell’oro.
Occupando la parte meridionale del loro paese, i Portoghesi, già da due secoli intrattenevano rapporti commerciali con i ricchi mercanti arabi ed ebrei che popolavano la Penisola Iberica, e proprio dagli Arabi essi avevano appreso la matematica, la cartografia e la geografia. Nel 1415, dopo la conquista di Ceuta, il commercio portoghese potè inserirsi maggiormente nell’Africa settentrionale. Vennero costituite molte compagnie, delle quali facevano parte commercianti portoghesi di ogni religione ed emigranti genovesi, che avevano lo scopo di esplorare le coste occidentali dell’Africa ed estendervi il commercio. Questa attività si svolse sotto l’alta protezione del principe portoghese Enrico, che prese il soprannome di navigatore. Queste compagnie ricevevano il diritto di monopolio del commercio delle aree scoperte e dai quali esse ricavavano ricchi guadagni, ma non per il poco oro rinvenuto, ma per il saccheggio al quale le compagnie sottoponevano quelle terre, ma soprattutto per la tratta degli schiavi negri che venivano rastrellati in gran quantità. Questa attività permise ai portoghesi di raggiungere risultati più che lusinghieri: in meno di trent’anni le loro navi avevano esplorato l’intera costa occidentale africana. Nel 1445 raggiunsero il Capo Verde, dove dieci anni più tardi scoprirono le isole omonime, e nel 1460 penetrarono nel Golfo di Guinea. Per arggiungere questi risultati, si dovettero superare grandissime difficoltà a causa dei venti alisei che lungo le coste occidentali africane soffiano in senso contrario, ma soprattutto delle barre africane, ondate rifluenti di marea, particolarmente sensibili nel Golfo di Guinea. Solo dopo il 1460 i portoghesi iniziarono a cercare la via marittima che conduceva alle verso le Indie.
Il dominio turco nel Mediterraneo orientale e la pirateria da essi esercitata, avevano ridotto il commercio delle spezie alla sola Alessandria, alla quale le merci giungevano solo dopo un lungo itinerario marittimo e terrestre: gli Arabi, che erano rimasti gli unici intermediari, approfittarono della loro posizione di monopolio per elevare fortemente i prezzi, che ad Alessandria erano a volte otto o dieci volte superiori al prezzo originale. Questi rincari non interessavano ai mercanti veneziani, che in qualità di unici fornitori per l’Europa di quei prodotti, ricaricavano i costi sui loro clienti, ma avrebbe invece spinto i mercanti concorrenti ad inserirsi nel lucroso traffico. Genova, estromessa dai commerci orientali proprio dai veneziani, riversò le proprie attività verso Occidente: mercanti e navigatori genovesi, erano molti anche in Portogallo, dove partecipavano attivamente alle imprese del principe Enrico. Fu su consiglio di costoro che il Portogallo iniziò una serie di esplorazioni mirate alla ricerca della via marittima per le Indie, quei paesi dell’Asia meridionale ed orientale che gli europei conoscevano unicamente attraverso le notizie riportate da Marco Polo, il navigatore veneziano che due secoli prima si era spinto fino in Cina. L’interesse dei Portoghesi per la via delle Indie, venne dimostrato dalla missione condotta nel 1487 da Pedro Covilham, che tentò di raggiungerle attraversando l’Egitto: egli non giunse nelle Indie, ma apprese l’esistenza dell’isola della luna, il Madagascar, posta lontano, verso Sud: al suo ritorno in patria, Covilham riferì che si si fosse riusciti a circumnavigare l’Africa e raggiungere il Madagascar, la via delle Indie sarebbe stata semplice.
Dopo 16 mesi di assenza, nel 1487 faceva il suo ritorno in patria anche Bartolomeo Diaz, un eccellente navigatore che aveva trovato il sistema di aggirare le difficoltà dell’aggiramento della costa africana, puntando prima verso l’Oceano aperto, per poi rientrare gradualmente sotto costa: in questo modo egli raggiunse e circumnavigò la costa meridionale dell’Africa, fino a giungere alla convinzione che la costa stessa si dirigesse verso Nord-Est. Certo di aver trovato la strada giusta, sulla rotta di ritorno, Diaz diede alla punta meridionale del continente africano il nome di Capo di Buona Speranza. Contemporaneamente i Portoghesi si spinsero attraverso l’Oceano Atlantico. Madera e le Isole Canarie erano conosciute fin dall’antichità, ma nel corso del Medioevo se n’era perso il ricordo: Ugolino e Valdino Vivaldi, fratelli e navigatori genovesi, partirono nel 1291 con due navi alla ricerca della via delle Indie attraverso l’Atlantico, senza più fare ritorno. Ma a Genova si sapeva che i due fratelli e, nel secolo successivo anche altri navigatori italiani avevano raggiunto le Isole Canarie. Navigatori genovesi al principio del Trecento avevano raggiunto anche Madera, ma come già era accaduto per l’arcipelago canario, anche il ricordo di quell’isola cadde nell’oblio. Servendosi di navigatori italiani, il veneziano Alvise da Cà da Mosto ed il genovese Antoniotto Usodimare, i portoghesi ripresero le ricerche: i due navigatori raggiunsero nuovamente i due gruppi di isole e scoprirono l’arcipelago delle Azzorre.


Nell’immagine, ritratto del principe Enrico, detto il Navigatore, per merito del quale vennero intrapprese diverse spedizioni navali, alla ricerca di nuove rotte commerciali.
Documento inserito il: 21/12/2014
  • TAG: scoperte geografiche xv secolo, spedizioni portoghesi, i fratelli vivaldi navigatori, alvise cà da mosto, antoniotto usodimare

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