Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, approfondimenti: Un'impresa titanica (Una risposta a Nicola Cospito)
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Un'impresa titanica (Una risposta a Nicola Cospito)

Che i miei scritti, quando vanno a toccare un tasto cruciale come è il tema della religione, possano destare reazioni vivaci in qualcuno, questo è un fatto che ho messo da sempre in preventivo; tuttavia ritengo non sia certo un buon motivo per rinunciare ad esprimere la mia opinione ed adeguarmi conformisticamente per il timore di andare incontro a grane.

Ultimamente, questo è successo con il più recente degli scritti finora apparsi su “Ereticamente”, Fuori dal cristianesimo, che ha provocato una reazione vivace e “sopra le righe” di Nicola Cospito.
Si tratta di un articolo che mi aspettavo già al momento della sua stesura, che sarebbe stato controverso e, difatti, ha generato anche delle perplessità di tutt'altro segno nel nostro Steno Lamonica, che me le ha esposte privatamente, ed è forse il caso di esporre e di dare una risposta per prime a queste ultime.

Nel mio articolo esaminavo la casistica di tre grandi della letteratura italiana ed europea: Dante Alighieri, Alessandro Manzoni, John R. R. Tolkien, e di uno dei più apprezzati giornalisti-scrittori dell'Italia di oggi, Maurizio Blondet, tutti e quattro reputati a vario titolo esponenti insigni del pensiero cattolico, e quel che ne usciva fuori, è che quando ci troviamo di fronte a delle menti perspicaci, degli intelletti acuti, ancor di più un pensiero vasto e articolato, allora il cristianesimo e a fortiori il cattolicesimo diventa una gabbia, una camicia di forza da cui queste persone tendono a uscire, assumendo degli atteggiamenti eretici o addirittura paganeggianti, che quanto più un intelletto è grande, tanto più spinge con forza fuori dal cristianesimo, appunto.

Ora, sia ben chiaro, io sono pienamente d'accordo con l'amico Steno che trova insopportabili tre su quattro dei personaggi che ho citato, facendo salvo solo il nostro grande Dante; condivido che Alessandro Manzoni abbia dato ampia dimostrazione di una bigotteria disgustosa (vorrei citare solo un fatto che io ho sempre trovato di una stupenda ironia. Voltaire aveva scritto che ci sono delle “poesia sacre” così sacre, ma così sacre che nessuno le tocca. Ecco spiegata l'avversione che Manzoni nutriva per il filosofo illuminista: gli aveva recensito gli Inni sacri già molto tempo prima che li scrivesse!), che durante la seconda guerra mondiale John R. R. Tolkien abbia bollato l'Asse con parole di fuoco, ma, essendo Tolkien un uomo in totale contraddizione con se stesso, forse appena un po' meno del dottor Jekyll, ma neppure tanto meno, che detestava il celtismo mentre lo profondeva a piene mani nella sua opera, che si proclamava un fervente cattolico mentre dai suoi romanzi emerge con evidenza una concezione pagana, era quasi ovvio che non si rendesse conto che l'Asse era l'ultimo baluardo di quella tradizione europea a cui era tanto attaccato, mentre dall'altra parte c'erano solo la bruta legge del numero delle masse umane (comunismo) e l'altra ancor più brutale e disumana legge del denaro, della tirannide usuraia (“democrazie” occidentali).

Quanto a Maurizio Blondet, è chiaro che in veste di “scrittore cattolico”, e non poteva essere altrimenti, ha scritto anche delle vere meschinità come quelle sul conto di Nietzsche, dove ha affermato di non riuscire a concepire il superuomo altro che come un tenore wagneriano “in calzamaglia coloro tortora” che canta appollaiato su montagne di cartapesta.

La mia intenzione e, credo, il concetto che emerge dal mio scritto, non era e non è quello di arruolare nelle nostre fila nessuno di costoro, ma di mostrare in tutta evidenza che non si può essere fino in fondo “intellettuali cattolici” e nemmeno “cristiani” senza avvertire in un modo o nell'altro tutte le limitazioni di questa situazione, perché c'è in ultima analisi una contraddizione ineludibile fra l'atteggiamento fideistico del credente e quello dell'intellettuale che non può fare a meno di porsi domande, e ha bisogno di capire prima di credere.

Non è il caso, inoltre, di ragionare esclusivamente in termini di “parrocchie” e di etichette, perché la verità (o la menzogna, del resto) rimane tale chiunque sia ad affermarla.

Tanto per fare un esempio, non c'è dubbio che alla prova dei fatti Richard Wagner si sia dimostrato un uomo eticamente discutibile. Aveva iniziato celebrando nelle sue opere lo spirito germanico, Sigfrido, l'epica dei Nibelungi, l'antico paganesimo tedesco, poi ebbe l'occasione di fare un matrimonio d'interesse, sposando Cosima, la figlia di Franz Liszt, collega a quel tempo ben più affermato che poteva aiutarlo nella carriera. Cosima, donna fin troppo volitiva e dal carattere tirannico, impose al marito di ripudiare le sue idee e di abbracciare il più ortodosso cristianesimo. Wagner cedette, non sappiamo con quanta convinzione, e partorì con il Lohengrin una sorta di inno al cristianesimo ritrovato (o convenientemente simulato), e questo provocò la rottura coi suoi discepoli e ammiratori, fra cui Friedrich Nietzsche. La cosa grottesca è che se si vanno a leggere le biografie di molti sedicenti storici, in realtà detrattori, è perlopiù Nietzsche, non Wagner, a essere accusato di incoerenza per la rottura della loro amicizia.

Ebbene, forse che questo toglie qualcosa alla veridicità delle parole che egli aveva scritto anni prima?:

“Per quanto l'innesto sulle sue radici di una cultura che le è estranea possa aver prodotto frutti di altissima civiltà, esso è costato e continua a costare innumerevoli sofferenze all'anima dell'Europa”.

Ancora, io ho riportato nell'articolo, ma non era davvero la prima volta che la citavo, la frase di Massimo Cacciari contenuta nell'intervista da lui rilasciata a Maurizio Blondet:

“La secolarizzazione totale che stiamo vivendo è figlia della sovversione originaria compiuta dal cristianesimo”.

La si può attribuire a Cacciari e/o a Blondet, potrebbe essere una frase di Nietzsche, di Evola, di H. F. K. Gunther, di Adriano Romualdi, potrebbe averla pronunciata un avventore durante una conversazione al bar. Non importa, quel che conta davvero, è che essa esprime la pura e semplice verità.

Veniamo a Nicola Cospito. Per prima cosa vi trascrivo il suo commento:

“Calabrese dimentica troppe cose e su altre glissa. Glissa per esempio su personalità che da Giustiniano a Clodoveo (china la testa fiero sicambro, adora ciò che incendiasti, incendia ciò che adorasti) che si convertì al cristianesimo, da Carlo Magno agli Ottoni che pure favorirono la fondazione di numerosi centri della Cristianità, da Federico Barbarossa (amico fedele di Ildegarde di Bingen) a Federico II di Svevia, da Carlo V d'Asburgo a Filippo II, hanno fatto la storia d'Europa. Senza dimenticare gli ordini monastico cavallereschi, dai templari ai teutonici. E che dire di Novalis che Calabrese cita? Calabrese non ha letto Christenheit oder Europa, il Cristianesimo ovvero l'Europa, e non conosce il suo motto il visibile è la porta dell'invisibile. Così come trascura il pensiero greco da Socrate a Platone (la pia philosophia), ad Aristotele, mentre scrive di un Dante esoterico trascurando un "piccolo" dettaglio" e cioè che che tutta la Commedia, improntata al pensiero tomistico (di san Tommaso), è un inno al Signore, Dio del cielo e della terra. Mah... che dire, l'impresa di Calabrese è titanica ma destinata a fallire, anzi è già fallita. Lo stanno a dimostrare le splendide cattedrali medievali, templi della fede, che irrorate dalle note di Bach raccolgono ancora schiere immense di pellegrini in cammino verso la Trascendenza”.

Per la verità, io avrei quasi voglia di non aggiungere nulla alle eccellenti risposte che gli hanno già dato Luigi Leonini e Joe Fallisi.

Leonini gli ha replicato:

“Fallita semmai è la religione cattolica,che ufficialmente,per bocca dei papi da un secolo a questa parte ha rivendicato le proprie radici spirituali semite.

Forse ai cattotradizionalisti fa piacere ricordare Carlo Magno ma oggi la chiesa "romana", ma meglio sarebbe dire giudaicocristiana, è in tutto e per tutto favorevole all'immigrazione, alla società multirazziale,e ai poteri forti dell'economia.

Dio e la fede sono solo illusioni che sono servite solo a spezzare l'anima dei popoli europei, per poi distruggere anche i corpi.

Nessuna religione deve essere estranea alla razza, se non si vuole trasformarla in veleno”
.

E Fallisi, a sua volta:

“Io invece credo abbia molta ragione il bravo Fabio Calabrese. Instauratosi, per il tramite di Costantino e Teodosio detti i "grandi", un regno ecumenico (cioè su tutta l'ecumene romana e poi oltre) che riuscì a durare duemila anni, di cui (almeno) mille costellati di torture, pulizia etnica (nei confronti dei pagani e degli eretici) e stragismo abominevoli, tutto il corso storico e politico, la vita intellettuale e spirituale, la cultura ecc. dovette adattarsi, modellarsi ed esprimersi sulla base e all'interno della matrice tirannica giudeocristiana. Indubbiamente le caratteristiche precipue di tale religione, insieme sentimentale e assassina, e con capacità davvero uniche di "recuperare", inglobare e riplasmare, con tutti i mezzi, tutto, furono quelle che permisero tale risultato durevole e il suo effettivo trionfo. A quale prezzo, chiunque abbia a cuore verità, giustizia e libertà, sa bene - cfr. Sulle nostre radici (da incubo), http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/95297.

L'umanità dovette attendere il 1789, la Grande Rivoluzione (con i suoi gravi, anche gravissimi, limiti e crimini la più importante ed emancipatrice), perché il vampiro vaticano fosse costretto a dieta. Certo ancora oggi questa mega-associazione a delinquere "spirituale", sfruttatrice e manipolatrice del naturale bisogno di "Trascendenza" dell'uomo, ha un potere enorme, ma i segni evidenti del suo declino irreversibile ci sono, FINALMENTE, tutti. "Destinata a fallire" non è tanto "l'impresa di Calabrese", quanto la predetta mafia di mentitori e magnamagna. Che anzi si può dire, in effetti, "è già fallita". Quando il rappresentante in capo della Chiesa Cattolica Pedapostolica Romana va a strisciare in Sinagoga significa che si è giunti al capolinea”
.

Veramente, verrebbe voglia di non aggiungere altro (a parte precisare che personalmente sulla rivoluzione francese mi guarderei dal condividere il giudizio entusiasta di Fallisi), anzi, come già nel caso del confronto con Rutilio Sermonti, devo dire che mi fa specie rimbeccare un militante di vecchia data e di rispettabile impegno. In un certo senso, Cospito mi fa troppo onore attribuendomi un'impresa titanica; lo sarebbe, forse, se non si avessero davanti gli insegnamenti di Niccolò Machiavelli, di Friedrich Nietzsche, di Arturo Reghini, di Julius Evola, di Hanns F.K. Gunther, di Adriano Romualdi, e condivisioni come quelle di Leonini, di Fallisi, degli amici di “Ereticamente”, di chissà quanti altri. Friedrich Nietzsche che, soprattutto dopo la defezione di Wagner, si trovò solo contro l'universo mondo e non demordette, resistendo anche alla tentazione di appoggiarsi all'anticlericalismo di stampo democratico, massone, marxista che non mancava neppure ai suoi tempi, e continuò a riservare a democrazia e marxismo lo stesso disprezzo, era un titano. Io sono solo un modesto epigono.

Devo però dire che forse ignoro meno cose di quel che Cospito non pensi. Nessun dubbio, lo so benissimo, che la civiltà “cristiana” medievale fu una civiltà forte e vigorosa, proprio perché in qualche modo, grazie alla linfa nuova portata dai “barbari” germanici la tossina cristiana fu a lungo neutralizzata. Confrontiamo l'atteggiamento dei “cristiani” di allora con quelli di oggi. Carlo Magno non ha spalancato le porte agli allogeni extraeuropei, Avari e Saraceni, li ha respinti con le armi in pugno. Basta guardare la storia dell'Età di Mezzo con un po' di attenzione per rendersi conto che fra lo spirito imperiale che i Franchi avevano ereditato da Roma e lo spirito cristiano, il conflitto non è mai cessato, o è cessato quando il secondo ha logorato il primo, assumendo di volta in volta forme diverse: lotta per le investiture, guelfi e ghibellini.

Al posto di Cospito, Giustiniano avrei evitato proprio di nominarlo: fu un basileus bizantino nello stesso stile di Costantino e di Teodosio e ne completò l'opera disgregatrice. Tralasciamo il fatto che fu lui a far chiudere manu militari la scuola platonica di Atene. Dati alla mano, i Goti giunti in Italia al seguito di Teodorico non erano più di 60.000 come popolazione complessiva; la riconquista da lui voluta si trascinò per oltre vent'anni, portò con sé il flagello della peste e in definitiva provocò il vero sprofondamento dell'Italia nei secoli bui perché gli Italiani si opposero con tutte le loro forze all'invasione da parte di un impero greco ormai percepito come straniero; la Chiesa sponsorizzò l'impresa perché i Goti erano eretici ariani. Pensate forse che quella fu l'ultima volta che il bene dell'Italia e gli interessi della Chiesa si trovarono a conflitto?

Lo ammetto, rileggendo la famosa frase che San Remigio avrebbe pronunciato al battesimo di Clodoveo, “China la testa, fiero sicambro”, eccetera, mi è venuto da sogghignare, perché questo episodio storico ha un retroscena davvero umoristico dal nostro punto di vista. Senza volerlo, questa frase ci dà la chiave per capire che una delle storie su cui i mitologi di un certo tipo di cristianesimo esoterico hanno sproloquiato di più, è una pura invenzione.

Sto parlando di coloro che hanno preteso di cancellare la radice pagano-celtica del mito del Graal per far posto a un'interpretazione soltanto cristiana dello stesso; l'esempio più recente di queste mistificazioni è rappresentato da un romanzaccio (e da un film ancora più brutto che ne è stato tratto) a cui il sistema mediatico americano ha dato una del tutto immeritata risonanza mondiale, Il codice Da Vinci di Dan Brown. Secondo la storia manipolata da questi farneticatori, i merovingi, dinastia a cui apparteneva Clodoveo, sarebbero stati nientemeno che i discendenti di Cristo.

San Remigio, infatti, prosegue dicendo: “Adora ciò che incendiasti (i simboli e le chiese cristiane), incendia ciò che adorasti (i templi e gli idoli pagani)”. A parte l'invito nemmeno troppo implicito alla violenza, che è sempre stato il metodo con cui il cristianesimo si è diffuso in Europa, il battesimo di Clodoveo è avvenuto nel 395. Voi ve li immaginate i discendenti di Cristo che per quasi quattro secoli adorano idoli pagani e perseguitano i seguaci della fede fondata dal loro presunto antenato? E' chiaro che la leggenda del Graal cristiano è un castello di carte che non sta in piedi in nessun modo!

Prima di parlare di Federico Barbarossa, del grande, grandissimo Federico II, della casa di Svevia, un guelfo come qui Cospito dimostra di essere – e spero tanto per lui che sia un'impressione sbagliata – dovrebbe sciacquarsi la bocca con la candeggina o con l'acido solforico (non siamo cattivi, lasciamogli la scelta del gusto!). Fu proprio per estinguere la casa di Svevia che il papa chiamò Carlo d'Angiò in Italia nel 1268.

Fino al XIII secolo sotto la monarchia normanno-sveva il nostro meridione era la parte più progredita della nostra Penisola; i Normanni e poi gli Svevi vi avevano creato un efficiente stato centralizzato, mentre il nord era polverizzato da un pulviscolo di staterelli feudali e comunali in continua guerra gli uni con gli altri, vi fiorivano i commerci con Bisanzio e con il mondo islamico, qui nacque la letteratura italiana in lingua volgare e costruzioni come il duomo di Palermo e quello di Monreale, Castel del Monte in Puglia ne testimoniano lo sviluppo artistico. Con gli Angioini vi si trapiantò un diffuso baronato parassitario di origine francese, il nostro sud, dice lo storico Scipione Guarracino, fu “Costretto a essere povero”, si aprì quella frattura fra le due parti dell'Italia che ancora oggi non è stata ricomposta, di nuovo grazie all'ingerenza di “santa” e “romana” Chiesa.

Meglio tralasciare i Templari, questi monaci-combattenti che la Chiesa dovette evocare durante le crociate, esempio di una spiritualità guerriera profondamente estranea al cristianesimo, e di cui si sbarazzò subito dopo. Il papa e il re di Francia si misero d'accordo per sopprimere l'Ordine verso cui entrambi erano debitori, e incamerarne i beni. Una pagina storica della quale si può dire tutto, meno che torni a onore della Chiesa e del cristianesimo.

“Più della madre e e più del padre e più degli altri progenitori presi tutti insieme è da onorare la patria, ella è più di costoro venerabile e santa, e in più augusto luogo collocata da dei e da uomini di senno. La patria si deve rispettare e più del padre si deve obbedire e adorare, anche nelle sue collere; o si deve persuaderla o si ha da fare ciò che ella ordina di fare, e soffrire, se ella ci ordina di soffrire, con cuore silenzioso e tranquillo”.

Il cristianesimo è precisamente l'opposto di ciò, la separazione di dovere civico ed etica, di uomo e cittadino, come ha spiegato J. J. Rousseau (che con la teoria del buon selvaggio avrà anche affermato una sciocchezza galattica, ma su questo punto aveva perfettamente ragione). Con il cristianesimo l'etica si separa dai rapporti fra gli uomini per diventare l'obbedienza ai dettami di una divinità al fine esclusivo della salvezza personale, la negazione pura e semplice dello spirito ellenico e romano.

Con La Repubblica, Platone ha definito un ideale etico e politico prettamente ellenico: l'uomo giusto al posto giusto e la selezione: le qualità intrinseche devono prevalere sullo status di nascita: tutto ciò è l'esatto contrario del cristianesimo con la sua predilezione per ciò che è malriuscito, deforme, malato, miserabile, e che non incarna altro che lo spirito di rivalsa delle plebi del Basso Impero.

Riguardo a Dante Alighieri, Cospito afferma che il sottoscritto “Mentre scrive di un Dante esoterico trascurando un "piccolo" dettaglio" e cioè che che tutta la Commedia, improntata al pensiero tomistico (di san Tommaso), è un inno al Signore, Dio del cielo e della terra”. Su ciò forse non varrebbe nemmeno la pena di rispondere, perché una risposta eccellente gliel'ha già data Fallisi:

“La vita intellettuale e spirituale, la cultura ecc. dovette adattarsi, modellarsi ed esprimersi sulla base e all'interno della matrice tirannica giudeocristiana”.

In altre parole, in età medievale, per un intellettuale era molto pericoloso non mostrarsi un cristiano ortodosso e fervente, ma cosa è realmente interessante: la maschera che si era costretti a indossare, o il volto che si lascia intravedere dietro le crepe della maschera?

Cospito menziona Tommaso d'Aquino, e anche questo da parte sua è stato leggermente imprudente. Sarebbe stato probabilmente esagerato che io menzionassi Tommaso d'Aquino in Fuori dal cristianesimo, eppure per un momento sono stato tentato. Il fatto è che anche il maggior filosofo medievale che – per la verità secoli dopo la sua morte, quando le prospettive storiche si erano ormai annebbiate – è stato adottato dalla Chiesa come suo “filosofo ufficiale”, era per alcuni lati meno “allineato” di quel che verrebbe da pensare. In particolare, egli sostiene che la legge divina si sdoppia in legge umana finalizzata alla vita civile e legge rivelata finalizzata alla salvezza ultraterrena, e che le due sono reciprocamente indipendenti; detto in parole semplici, che la Chiesa non ha titolo per ingerirsi nella vita politica e civile. Teniamo sempre presente che stiamo parlando di un uomo medievale, non della nostra epoca, per capire il significato rivoluzionario di ciò. Tommaso era politicamente di sentimenti ghibellini, e ai suoi tempi era voce comune che fosse stato assassinato da emissari di Carlo d'Angiò. Non sappiamo quanto fondamento storico abbia questa voce, ma Dante la riporta nella Commedia (Purgatorio, canto XXII), e si può notare anche che Aristotele al cui pensiero filosofico Tommaso si ispirò costantemente, era ferocemente odiato da un cristiano fanatico come Martin Lutero che arrivò a definirlo “un morto idolatra” che avrebbe corrotto tutta la religione cristiana.

Fra tutte le affermazioni di Cospito, l'unica che ha avuto il potere di sorprendermi è stata questa: “E che dire di Novalis che Calabrese cita? Calabrese non ha letto Christenheit oder Europa, il Cristianesimo ovvero l'Europa”.

Si, perché io Novalis non l'ho menzionato affatto, e mi è venuto il dubbio: Cospito si sarà fatto raccontare il mio articolo o avrà letto quello di qualcun altro?

Sfortunatamente, però, conosco il tedesco, e a prescindere dal fatto che oder si può tradurre con “ovvero”, “ossia”, “cioè”, ma ha più comunemente il significato disgiuntivo di “oppure” e già questo si presterebbe a un commento ironico, Christenheit non corrisponde tanto a “cristianesimo” che è Christentum, quanto al più vago “cristianità”, cioè la terra o l'insieme di terre dove il cristianesimo è diffuso.

Ora, fateci caso, il termine “cristianità” oggi è ben poco usato, praticamente caduto in desuetudine, soprattutto in riferimento all'Europa, e d'altra parte non avrebbe senso, se consideriamo che oggi la Chiesa è costretta sempre più a reclutare e importare i membri del clero dal Terzo Mondo per far fronte alla crisi a picco delle vocazioni, che favorisce scopertamente l'immigrazione nella speranza di reclutare in quel 40% di immigrati non islamici i fedeli occorrenti per rimpinguare il gregge dei fedeli che da noi si va assottigliando, che dal Terzo Mondo provengono oggi movimenti come quello dei Carismatici che tentano di ri-evangelizzare l'Europa; cosa tanto più pericolosa se pensiamo che spesso nel Terzo Mondo il cristianesimo è poco più di una maschera sotto cui si celano inalterati culti di ben altra natura, come il candomblè brasiliano o culti totemici africani.

Veramente verrebbe da tradurre la frase di Novalis “Il cristianesimo oppure l'Europa” e al caso, abbiamo già fatto la nostra scelta.

De hoc satis . Non voglio infierire oltre su un vecchio militante. In tutta sincerità, è perlomeno strano che non si rifletta a considerare la paradossalità da questo punto di vista della situazione della nostra “Area” dove si alternano neopagani e iper-cattolici, e fra gli uni e gli altri la situazione è di volta in volta di vivace polemica, di reciproca sopportazione, di tentativi di dialogo (generalmente fra sordi). Io credo che non usciremo mai dall'impasse se non ci poniamo seriamente il problema di capire perché mai accade questo.

Io avanzerei l'ipotesi che questo sia in qualche modo collegato a quella che chiamerei la fisiognomica culturale del nostro tipo umano. Alla base, c'è il rifiuto di uno dei miti più profondamente radicati della nostra epoca, il concetto di “progresso” e il pregiudizio secondo il quale tutto ciò che viene dopo sia solo per questo automaticamente migliore di ciò che l'ha preceduto, un amore per il passato che non è passione antiquaria, ma il percepirsi parte di una comunità e una continuità nel tempo che precede i pochi decenni delle nostre esistenze individuali ed è destinata (forse) a sopravviverci, che è soprattutto amore per il futuro, volontà di dare un futuro alle generazioni che verranno dopo di noi; in altre parole, tutto ciò che possiamo condensare nei concetti di identità, fedeltà, tradizione.

Non ci sarebbero problemi se il passato, “le radici” alle quali vorremmo richiamarci, ci parlassero un linguaggio univoco, ma le cose non stanno così. In particolare, due millenni addietro, l'Europa ha subito (perlopiù con la violenza) “l'innesto sulle sue radici di una cultura che le è estranea”, un'eresia ebraica, una religione semitica, mediorientale, non-europea, con cui l'Europa è riuscita a convivere per circa un millennio a partire dalla restaurazione carolingia, ma che oggi è entrata in una nuova fase virulenta e “la secolarizzazione totale che viviamo oggi è figlia dell'originaria sovversione cristiana”.

Si tratta di capire cosa va salvaguardato a ogni costo. Per usare una metafora che dà il titolo a un mio articolo già apparso su “Ereticamente”, i simboli, i miti, i rituali, anche le ideologie e le concezioni, non sono che l'incarto, il cioccolatino, la sostanza vera è una precisa realtà umana, l'homo europeus oggi minacciato di estinzione perché, che non vengano a raccontarci la favoletta democratica, gli uomini non sono tutti uguali!

I “camerati cristiani” (uso questo termine anche se mi sembra di pronunciare un ossimoro), se sono in buona fede, dovrebbero rendersi conto di essere in una posizione insostenibile: l'autorità “sacra”, “ispirata da Dio” (ma quale altro “Dio” credono che sia, se non il Geova ebraico?) è apertamente passata nel campo nemico, ha recisamente voltato le spalle a quell'almeno parziale accettazione dello spirito europeo che andò da Poitiers a Lepanto per aprire le porte al mondialismo, al meticciato multietnico che in conseguenza dell'immigrazione minaccia la prossima scomparsa dell'uomo europeo, va a strisciare ai piedi dei “fratelli maggiori” nelle sinagoghe. Su di loro incombe una scelta che per molti versi è simile a quella che si dovette compiere all'indomani dell'8 settembre 1943.

Cospito potrebbe avere almeno in parte ragione: l'impresa di ricollegare l'Europa alle sue autentiche radici, quelle che stanno prima e fuori dal cristianesimo, anche se non credo proprio di essere il solo impegnato in essa, è certamente titanica, ed è forse destinata alla sconfitta, ma in questo caso verrebbe a mancare proprio quel coagulo di energie umane e spirituali che le consentirebbe di resistere, da un lato allo svuotamento della sua cultura ad opera dell'americanizzazione, dall'altro alla minaccia alla sua sostanza umana portata dall'imbastardimento multietnico.

di Fabio Calabrese


Si ringrazia la redazione del sito Ereticamente.net per l'invio ed il permesso alla pubblicazione di questo articolo
Documento inserito il: 29/11/2014

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