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Fra Italia, Francia e Inghilterra: Lanfranco da Pavia e la Chiesa Cattedrale di Canterbury nel secolo XI

di Davide Arecco


Viaggi apostolici e dottrina cristiana di un teologo italiano nell’Europa medievale

Poche figure, come quella di Lanfranco di Canterbury, hanno saputo unire, all’indomani della Rinascita dell’anno Mille, viaggi e cultura, impegni ecclesiastici ed esperienze dottrinali. Venuto al mondo a Pavia intorno al 1005 circa, figlio di un magistrato ed uomo politico appartenente al milieu del Sacro Palazzo, prima di diventare teologo e vescovo, Lanfranco venne istruito nelle arti liberali di trivio e quadrivio, studiando diritto canonico e civile all’Università di Bologna. Sin dalla giovane età manifestò un’eloquenza formidabile, torrenziale ed elegante, stilando non poche sentenze, molto apprezzate, in sede giudiziaria. Nonostante prediligesse le discipline del trivium, Lanfranco coltivò anche quelle, più scientifiche, del quadrivium, segnatamente l’aritmetica – secondo la tradizione di Boezio – e l’astronomia, da lui studiata secondo i dettami della metafisica peripatetica e quelli della cosmologia geostatica tolemaica, entrambe opportunamente cristianizzate, in accordo col testo della Bibbia. La situazione decisamente instabile dell’Italia di allora lo spinse, intanto, a guardarsi intorno e a decidere di portarsi Oltralpe. Insieme ad altri giovani studenti, si mise, così, in viaggio, alla volta della Francia, soggiornando nella Valle della Loira. Un pellegrinaggio che fu una vera conversione, monastico-religiosa: l’autentica grande svolta della sua vita.
Nel 1035, Lanfranco si trasferì ad Avranches in Normandia. Un lustro più tardi vi aprì una sua scuola di retorica e dialettica – la logica aristotelica, sostanzialmente – alle dipendenze dell’abbazia di Mont-Saint-Michel, dove era abate un altro dotto pavese a lui vicino, Suppone, già in Piemonte, a San Benigno di Fruttuaria. Nel 1042 Lanfranco si recò a Rouen, che raggiunse attraversando con un discepolo il bosco di Ouche, dove i due scamparono all’attacco di un gruppo di briganti. Lanfranco, in quell’occasione, fece un voto, simile a quello di Libertino da Agrigento e raccontato dai Dialoghi di papa Gregorio I. Entrato nel monastero benedettino di Bec, creato otto anni prima, presso i propri possedimenti di Brionne, da Erluino (nobile, che aveva abbandonato la vita aristocratica, allo scopo di dedicarsi alla fede e alla preghiera), Lanfranco visse, con altri trenta monaci, nei modi semplici e quasi eremitici della comunità religiosa, lontano dal mondo, dedicandosi a studi di logica – allora, il principale strumento delle scienze – ed architettura, manifestando una marcata competenza, verso le tecniche costruttive e la geometria applicata. Tre anni dopo, era divenuto il Priore del monastero. La sua direzione della scuola, inizialmente solo per monaci, lo convinse, anni dopo, ad aprirla anche ai laici. La fama del suo insegnamento attirò allievi da Francia, Fiandre, stati tedeschi e italiani. Tra di loro, vi furono Anselmo di Lucca, Ivo di Chartres, e soprattutto Anselmo d’Aosta, nonché un futuro pontefice, Alessandro II. Nel 1063, Lanfranco si portò a Caen, seguito da diversi allievi nella nuova sede, La direzione del monastero di Bec passò all’ex allievo e ora amico Anselmo d’Aosta. A Caen, Lanfranco entrò in polemica con Berengario di Tours, opponendosi alle sue dottrine eucaristiche – che negavano la presenza di Cristo nell’eucaristia, in base ad argomentazioni aristoteliche – in una contesa teologica che vide il religioso di Pavia partecipare, molto battagliero, ai sinodi di Vercelli (1050), Tours (1055) e Roma (1059). Lanfranco compose anche il Libellus de sacramento corporis et sanguinis Christi contra Berengarium, combinando le armi della logica e quelle della fede, ed in particolare appoggiandosi ad autorità patristiche e a fonti alto-medievali (Beda il Venerabile, tra gli altri). Il vero teologo, di fronte ai misteri della religione cristiana, doveva secondo Lanfranco sapere combinare appunto la dialettica e il divino, la logica e le Sacre Scritture, affidandosi in particolare a queste ultime in sede di dispute e cercando, sin dove possibile, di evitare conflitti fra la ragione e la fede.
A Caen, come in parte precedentemente a Bec, Lanfranco si interessò alla vita religiosa e agli edifici monastici, organizzando la comunità, anche nel quotidiano. Indirettamente, ciò lo condusse a favorire lo sviluppo della stessa città, facendone un centro del potere ducale, in grado di bilanciare, nella Bassa Normandia, quello di Rouen nell’Alta. Lanfranco esercitò una funzione fondamentale in affari tanto ecclesiastici quanto secolari, anche fuori dal suo monastero. Si fece coinvolgere nei non facili esordi dell’abbazia di Saint-Evrold, come ricordato da Olderico Vitale. Stando a Guglielmo di Poitiers, Lanfranco diventò altresì consigliere di fiducia e guida spirituale del Duca. Fece poi parte del seguito papale che, facendo tappa a Verdun e Metz, raggiunse Magonza, ove Leone IX e Enrico II Imperatore presiedettero insieme un altro importante sinodo riformatore. In seguito, fu nei Vosgi, dove, a Remiremont, il pontefice vi consacrò la chiesa monastica locale. Seguì il papa nei territori a sud della Germania e celebrò il Natale del 1049 a Verona, portandosi poi a Firenze e Benevento. Un viaggio italiano del quale si sa poco, malgrado la sua rilevanza. Lanfranco era del resto aduso a tanti spostamenti, mai facili, nel contesto storico e geografico del mondo di allora, e nonostante ciò da lui profondamente sentiti. Nel 1067, fu a Roma, per curare gli interessi dell’arcidiocesi di Rouen. I papi lo tenevano in altissima considerazione come monaco, maestro e chierico. I contatti assai prolungati e articolati che Lanfranco intrattenne con il Papato riformatore, del quale fu un convinto sostenitore, non lasciano dubbi, circa la sua intima comprensione ed adesione a fini e metodi della riforma: ebbe familiarità con le personalità di spicco che essa espresse, tra cui il chierico Ildebrando, futuro papa Gregorio VII, ed il Cardinale Umberto di Silva Candida, del quale Lanfranco sottoscriveva le idee, in materia di pratica eucaristica. Lanfranco scrisse glosse al testo sacro, rivolte in particolar modo a un pubblico monastico, ma pure all’intero corpo della Cristianità, riservando grande attenzione alle questioni etiche. Egli mostrò marcato interesse per temi quali la giustificazione, la redenzione e lo sviluppo della rivelazione divina nel passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento.
Durante gli anni francesi, Lanfranco stimolò il rinnovamento intellettuale della vita monastica e si rivelò un maestro di scienza teologica, fra i migliori dell’epoca, stimato e noto, in tutta l’Europa di allora, alfiere di una riforma religiosa in totale ottemperanza con le linee guida tracciate dai papi, a partire da Leone IX. I monasteri francesi dovevano essere per Lanfranco non solo luoghi deputati alla preghiera, ma altresì fiorenti centri di studio. Consigliere a Caen del Duca di Normandia, come di altri nobili normanni, Lanfranco si mosse e viaggiò molto: nel 1059, fu a Roma, dove si incontrò con Papa Niccolò II. Guglielmo di Normandia fece costruire per lui il monastero di Santo Stefano – per uomini e donne – del quale il teologo italiano diventò Priore, nel 1066. Proprio in quell’anno, in Inghilterra, morì Edoardo il Confessore (Re dell’isola dal 1043), figlio di una normanna, senza eredi diretti. Ne sorse una contesa per la successione al trono placata solo con la vittoria nella Battaglia di Hastings (14 ottobre 1066) di Guglielmo il Conquistatore. La presa del trono inglese, peraltro, non fermò la rivolta contro di lui, favorita anche dai vescovi locali. Necessitando quindi di una gerarchia ecclesiastica fidata, Guglielmo ottenne nel 1070 dal pontefice Alessandro II – già allievo presso Bec di Lanfranco – la nomina di quest’ultimo ad arcivescovo di Canterbury, estromettendo dunque dalla corsa alla successione episcopale l’infido vescovo Stigand. Nel 1071, ricevette a Roma il pallio, con tutti gli onori, da parte del papa. L'impegno principale di Lanfranco come ecclesiastico fu riassunto, dopo la sua morte, nella formula ad mores hominum corrigendos et componendum Ecclesiae statum (la si ritrova nella Vita Lanfranci). Essendo stato monaco, per venticinque anni, una volta nominato arcivescovo, Lanfranco venne profondamente coinvolto nelle vicende monastiche in Inghilterra. Fu, a tutti gli effetti, un monaco-arcivescovo, rimasto legatissimo alla regola di vita benedettina. Quanto poi alle questioni riguardanti la Chiesa e il Regno inglesi, nei loro rapporti con Roma, l’armonia e la collaborazione che segnarono i rapporti di Lanfranco con la monarchia, così come la deferenza che il Re normanno mostrò sempre nei suoi confronti, sono ampiamente attestati da più fonti, sia coeve, sia di poco successive (inglesi e non soltanto).
Oggi di Lanfranco si parla pochissimo, se non in ambito specialistico. Del resto non ci rimane molto, di quanto scrisse: un perduto commento ai Salmi – ne riferisce la sua prima biografia, la Vita Lanfranci composta da Milone Crispino – il commentario su San Paolo, gli Statuta sive decreta pro ordine Sancti Benedicti (un’estesa illustrazione della Regola benedettina), le Notae alle Collationes di Cassiano, un Liber de celanda confessione (dedicato al rispetto dovuto al penitente, nel suo porsi nella condizione di peccatore) e diverse Epistolae. Eppure, Lanfranco fu un protagonista di assoluto primo piano e un testimone di tutto riguardo, delle vicende politiche, militari e religiose dell’Europa nord-occidentale durante l’intero XI secolo. Proprio la corrispondenza di Lanfranco è testimonianza d’accadimenti fondamentali: dopo l’inizio dello scisma, protrattosi per tutti gli anni ottanta del 1000 ed ancora dopo l’elezione dell’antipapa Clemente III, Lanfranco intraprese un commercio epistolare con i seguaci clementini, in particolare il cardinale Ugo Candido, senza tuttavia sbilanciarsi mai. Il religioso lombardo conservò, sempre, un atteggiamento distaccato, nei confronti dello scisma, senza assumere alcuna posizione di parte. Nel 1088, Papa Urbano II annunziò a Lanfranco la sua elezione, in termini che non mostravano, del resto, alcuna incrinatura nella fiducia riposta nei suoi confronti: una fiducia corrisposta in modo pieno, lealmente e senza remore di sorta.


La sede episcopale di Canterbury e i Normanni nella storia inglese dell’XI secolo

Il Medioevo inglese, dopo la Britannia post-romana e le invasioni anglo-sassoni, vide la prima cristianizzazione dell’isola, sul finire del VI secolo. Nel 597, papa Gregorio Magno mandò nel Kent un gruppo di missionari, sotto la guida del monaco Agostino, ben accolti da Re Etelberto, il quale si convertì per primo alla nuova fede. I regni anglosassoni dell’Inghilterra meridionale diventarono, in tal modo, cristiani e Agostino fu il primo arcivescovo di Canterbury. Nel medesimo periodo, le terre britanniche videro una pronunciata opera di evangelizzazione per mano del cristianesimo irlandese-celtico, predicato dai monaci sacerdoti e fondatori di monasteri. Fra di loro, vi erano molte figure di spicco, come San Columba di Iona (che nel 563 si recò in Scozia), San Colombano (evangelizzatore della Cornovaglia intorno al 590) e Sant’Aidano di Northumbria (il fondatore nel 635 del monastero di Lindisfarne, attaccato poi nel 793 dai Vichinghi partiti dalle coste della Danimarca).
La cattedrale di Canterbury era, allora, una delle più antiche chiese cristiane d’Inghilterra. Sita nel cuore medievale di Canterbury, tra le città inglesi di più antica datazione, monumento religioso ed architettonico, dal valore emblematico, per la storia britannica tardo-antica e medievale, la chiesa trovava i propri primi passi evocati anche nell’abbazia di San Martino, a sua volta tra le più antiche dell’Inghilterra: momenti gloriosi vissuti fra le pareti della cattedrale, in un’epoca nella quale l’isola era ancora in prevalenza pagana. L’evangelizzazione dell’Inghilterra ebbe inizio proprio a partire da Canterbury, il che conferì alla città il carattere di capitale spirituale dell’isola, prima sede di Roma e in seguito (dal XVI secolo) della Chiesa anglicana.
In occasione del sinodo di Whitby (664), il Re Owsy di Northumbria si convertì anche lui alla religione cristiana. Sempre nella seconda metà del VII secolo, Teodoro di Tarso – nominato nel 668 arcivescovo di Canterbury – creò diverse diocesi, fornendo, alla Chiesa inglese, una sua struttura di base. L’incontro fra cultura celtica e latina, pagana e cristiana, diede origine ad un peculiare tipo di fede, caratteristica dell’Inghilterra anglosassone alto-medievale e a lungo tratto distintivo delle isole britanniche, che favorì la sopravvivenza e circolazione del sapere, grazie ad una serie ragguardevole di manoscritti. Questi furono redatti, soprattutto, in Northumbria, da cui provenivano eruditi tra cui Beda il Venerabile ed Alcuino di York, padri dell’enciclopedismo inglese nel primo Medioevo. Una seconda fase della storia cristiana della Britannia si ebbe dopo le invasioni vichinghe, dall’VIII al X secolo – che portarono all’occupazione di East Anglia e Mercia, tra 875 e 876 – fermate da Alfredo il Grande nella decisiva battaglia di Edington (878). L’isola inglese venne unificata in Regno, grazie ad Atelstano. Furono edificate nuove città e fortezze, ed i monasteri distrutti ricostruiti. Le mire sul Regno d’Inghilterra da parte di danesi e norvegesi si fermarono con la battaglia di Stamford Bridge, nel 1066, in maniera pressoché definitiva. Era a quel punto necessario restaurare chiese e monasteri, codificandone vita, strutture ed iniziative su più fronti, riaffermando anche in Inghilterra il nesso tra fede e politica, religione cristiana e potere statale. Anche e soprattutto per quest’opera, venne scelto appunto il dotto d’origini ticinesi, la cui fama lo precedeva anche in Europa settentrionale.
Quando Lanfranco giunse a Canterbury - nel 1070 - vi trovò tutti i segni della dominazione da parte anglo-normanna: costruzione di nuovi castelli, interesse per la politica e la cultura del Galles, completamento del Domesday Book, e una elegante e colta vita di corte. Il suo compito era quello di far sì che Canterbury divenisse la sede vescovile più importante dell’Inghilterra. Lanfranco entrò in contrasto con il vescovo Tommaso di York, il quale non intendeva minimamente rinunciare alle sue prerogative. Nel Concilio di Winchester del 1072, Lanfranco presentò vari documenti inglesi, anche d’epoca alto-medievale, per sostenere la supremazia di Canterbury su tutti i vescovadi d’Inghilterra, autorità che il Concilio riconobbe. Risoltasi, al Concilio riunito, nel 1072, a Worcester e a Windsor, la contrapposizione tra Canterbury e York – con il riconoscimento del primato, della prima, sulla cristianità inglese – Lanfranco si consacrò all’attuazione di una riforma della chiesa inglese, in base ai principi ecclesiastici della curia romana, dettati, alla cattolicità, da Leone IX in avanti. Lanfranco, comunque, non aderì completamente alla riforma gregoriana, e, specie nei suoi punti fondamentali – il celibato ecclesiastico e la soppressione dell’investitura laica –, seguì l’iniziativa di Gregorio VII, anche alla luce della situazione inglese di allora, particolare e complessa, quasi un unicum, in Nord Europa durante il secolo XI.
Canterbury era, allora, una delle quattro Cattedrali inglesi, che avevano un passato di capitoli monastici, sin dalle riforme del X secolo, attuate da Dunstan, Aethelwold ed Oswald. A Canterbury, Lanfranco si ritrovò d’ufficio abate del monastero della Cattedrale. Una combinazione di incarichi, che gli fu congeniale: molto vi era in comune tra vescovi e abati. A Canterbury Lanfranco condivise pertanto la vita dei monaci della Cattedrale dei quali aumentò considerevolmente il numero da venti ad oltre sessanta. Incrementò poi la biblioteca, con l’acquisizione di nuovi libri: di teologia, morale, diritto e scienza. La consacrazione della nuova Cattedrale avvenne, nella domenica delle Palme, nel 1077. Pochissimo tempo dopo, Lanfranco introdusse le Constitutiones monasticae, che regolavano l’anno liturgico, gli incarichi, l’amministrazione e la disciplina della comunità. Le compilò a partire da quelle dei maggiori e più rinomati monasteri europei di quel tempo e del secolo precedente (vi si trova traccia della Regularis Concordia dei riformatori inglesi del X secolo). Altri modelli furono, per lui, le compilazioni cluniacensi di Odilone e Bernardo. Le Constitutiones furono adottate presto non solo a Canterbury, ma anche in altri monasteri inglesi: a Rochester – ove furono vescovi Ernulf e Gundulf, già allievi di Lanfranco in Francia – e a Durham, a Saint Albans, a Bury Saint Edmunds e a Coventry.
In tutte le questioni attinenti agli affari pubblici dello Stato, Lanfranco si mostrò rispettoso nei confronti del Re. In Inghilterra, così come in Normandia, i concili della Chiesa erano soggetti infatti alla volontà del sovrano. Le Epistolae di Lanfranco testimoniano che la volontà del monarca era, in effetti, tenuta in altissima considerazione. Quando il Re era in Normandia, Lanfranco svolgeva – de facto – un ruolo ufficioso di reggente, restando a capo e guardia dell’Inghilterra. Canterbury dunque faceva all’occorrenza le veci di Londra. Il caso delle crown warings conferma che Lanfranco fu una presenza abbastanza costante, se non quasi fissa, di prelato a corte. Un religioso quindi con funzioni e mansioni anche politiche, in accordo con la monarchia anglo-normanna: una autentica alleanza di trono ed altare, di potere civile e sacerdotale, di istituzioni e religione, di Stato e fede. Un’alleanza, maturata dalla collaborazione, costante e fattiva, della dinastia anglo-normanna e di Canterbury, che trovò nella figura e nell’azione storica di Lanfranco da Pavia – divenuto in Inghilterra Lanfranco di Canterbury – un protagonista e un attore politico-sociale assolutamente primario.
A Canterbury, Lanfranco fece edificare un nuovo palazzo, presso la Cattedrale. Si trattava di una Prioria, con annessi numerosi monasteri, in cui arrivarono monaci dalla Normandia. Cercò pure di ottenere una parziale autonomia da Roma, venendo anche in contrasto con papa Gregorio VII. Al fine di ottenere consensi dal clero e dalla aristocrazia inglese, consentì il matrimonio dei parroci di campagna e l’investitura vescovile a opera di principi laici. Accentrò il controllo sulle circoscrizioni ecclesiastiche, trasferendo le sedi episcopali provinciali nelle città maggiori del Regno. Col tempo, i Normanni giunsero in Inghilterra a controllare il governo delle diverse province, delle chiese e delle abbazie più influenti ed importanti anche grazie all’attivismo di Lanfranco.
Operando con il totale appoggio di re Guglielmo, il quale – durante i periodi della sua assenza dall’Inghilterra – gli affidò la direzione della vita politico-istituzionale, Lanfranco ricambiò appieno la fiducia del monarca e sventò nel 1075 una cospirazione contro il sovrano organizzata dai Conti di Norfolk ed Hereford. Lanfranco morì il 28 maggio 1089 e fu sepolto nel cimitero della Cattedrale di Canterbury, al termine di una vita, lunga e piena di avvenimenti, che lo aveva visto agire, su diversi fronti, nel cuore della storia e politica e religiosa inglese medievale. Canterbury, dal punto di vista e del ruolo e della stessa architettura, raggiunse, al suo tempo e grazie a lui, il proprio apice. Peraltro, l’affermazione del primato di Canterbury a nord della Manica – su York, e non solo – fu conquistata nel tempo, attraverso lunghi e complessi negoziati. Rivediamone il processo e le sue fasi, qui, più in dettaglio e da vicino.
Le professioni di obbedienza, rigorosamente richieste da Lanfranco ai vescovi neo-eletti, sono la chiara testimonianza dell’importanza che egli attribuiva al primato di Canterbury, rivendicato, da Lanfranco, su tutte le isole britanniche, con la muta approvazione di Gregorio VII. Egli si occupava, indefessamente, di ogni aspetto della vita di Canterbury: materiale, economico e religioso. Monaco e arcivescovo insieme, Lanfranco istituì tre fondazioni caritatevoli, ossia l’ospedale di San Giovanni Battista, il Priorato di San Gregorio Magno e l’adiacente Lebbrosario di San Nicola, contribuendo, così, anche a rafforzare la propria immagine di uomo incline alle opere caritatevoli. Non si trattava, nondimeno, di semplice auto-rappresentazione, ma del concretarsi di uno dei lati del suo carattere e della sua indole rimasto sino a quel momento nascosto ai più.
Lo strumento più importante di promozione della Chiesa di Inghilterra, di cui Lanfranco fece uso, furono i concili, caratteristici della Normandia, sino al 1066, ma caduti in oblio nell’Inghilterra anglo-sassone. Lanfranco ne tenne, fra gli altri, a Londra (1075 e 1077-1078) e, quindi, a Gloucester (1080 e 1085). Il primo concilio londinese fu da lui considerato un punto di riferimento, ed i canoni da esso fissati illustrano largamente ampiezza e carattere delle questioni trattate. L’impatto della sua azione sulla struttura delle diocesi fu massiccio e, sotto il suo governo, ai vescovi veniva richiesto di tenere, con regolarità, i sinodi. Gli arcidiaconi furono promossi ad episcopali. Grazie a Lanfranco, il Re promulgò un provvedimento di separazione della giurisdizione ecclesiastica, per il quale vescovi ed arcidiaconi, in futuro, non avrebbero potuto giudicare sentenze in materia spirituale, nella corte dell’hundred, né i laici avrebbero potuto più occuparsi di questioni che concernevano la cura delle anime. I trasgressori sarebbero stati giudicati secundum canones et episcopales leges. Quello messo in atto da Lanfranco fu un vero e proprio riordino della Chiesa di Inghilterra, ai cui membri il religioso italiano impose una conoscenza approfondita del diritto canonico, molto più ampia che in precedenza. Lanfranco acquistò in proposito, dal monastero di Bec, la vasta collezione di testi di diritto canonico, la così detta Collectio Lanfranci, che fu, da lui, donata alla Christ Church di Canterbury. Libri che ricalcavano, in forma concisa e con una diversa organizzazione, le decretali pseudo-isidoriane. La collezione manoscritta si articolava in due parti: le decretali pontificie, sino al papato di Gregorio II (715-731), e i decreti dei primi concili, da cui traspare il proposito di cambiare i contenuti dottrinali ed ecclesiologici della raccolta attribuita ad Isidoro di Siviglia, riconfermando al contempo la concezione originaria dell’autorità pontificia. Nel codice sono stati inoltre copiati un certo numero di documenti che riguardano lo stesso Lanfranco e la sua epoca. Della Collectio molte copie vennero diffuse, nelle diocesi inglesi, diventando il documento principale di diritto canonico, per la Chiesa inglese sino al Decretum di Graziano. Per Lanfranco il diritto canonico era da studiare ed applicare con scrupolosità al fine di avere un appropriato adempimento della carica vescovile. In merito la sua condotta fu rigorosissima, quando non apertamente severa.
Con la salita al trono inglese di Guglielmo II il Rosso (1087), al posto del fratello Roberto (il primogenito e Duca di Normandia), Lanfranco ne prese le difese contro il vescovo Odo di Bayeux e altri ribelli, ponendo le proprie competenze e qualifiche di ordine giuridico al servizio – ancora una volta – della corona anglo-normanna e portando al processo per tradimento del vescovo di Durham, Guglielmo di Saint-Calais. Nel frattempo, Lanfranco continuò a dedicarsi al miglioramento – tanto spirituale, quanto materiale – della Cattedrale di Canterbury, al suo ammodernamento e talvolta alla sua stessa ricostruzione, a partire dal nucleo alto-medievale originario, affidandosi a maestranze di architetti e muratori dalla comprovata esperienza tecnico-scientifica.
La cattedrale di Canterbury fu riedificata, in due diverse occasioni: dapprima nel 1013, quindi nel 1066, nell’epoca anglo-normanna. Dopo l’uccisione di Thomas Becket – il 29 dicembre 1170, al culmine della lunga ostilità fra l’arcivescovo della chiesa inglese ed il monarca Enrico II – immense schiere di pellegrini iniziarono ad affluire a Canterbury. La ricostruzione secondo lo stile gotico, già imperante nella Francia coeva, avvenne a Canterbury, dal 1174, a seguito di un incendio. A eseguire i lavori fu l’architetto Guglielmo di Sens, che pensò ad uno splendido edificio, con pianta a doppia croce e a tre navate, notevole, soprattutto, per la sua lunghezza. A questa prima fase, appartiene, fra l’altro, il corpo orientale dell’attuale edificio: in fondo all’abside, si apre la cappella detta ‘Corona’, nella quale si conservano le uniche vetrate originali del tempio, sopravvissute all’iconoclastia della riforma anglicana secondo-cinquecentesca e a quella del puritanesimo seicentesco (restano, oggi, il chiostro e la sala capitolare, integrati nel Saint Augustine’s College, fondato solo dopo la Riforma, e la Christ Church Gate che dà accesso all’antico ingresso). Una grande scalinata, di epoca posteriore, unisce il corpo orientale a quello occidentale. Sia il secondo transetto, coperto da volte a ventaglio e coronato dalla grande torre centrale, la Bell Harry Tower, sia la navata principale, furono ricostruiti, nel tramonto del Trecento, per ordine del priore Chillenden.
A partire, pertanto, dal tardo Duecento, la Cattedrale di Canterbury è il primo esempio storico importante e congiuntamente il manifesto della architettura gotica inglese, evidente, questa, nel coro a tre ordini, nella navata, nel triforio, nel cleristorio e nel pulpito. In origine, la cattedrale aveva una pianta a croce latina, cui nella zona absidale vennero aggiunte cinque cappelle radiali: la principale, quella assiale, fu conosciuta sin dal primo momento come Cappella della Trinità. Fondendo assieme molteplici stili costruttivi e caratteristiche architettoniche, la cattedrale di Canterbury fu in effetti un complesso eterogeneo, con elementi gotici, individuabili nelle volte, costolonate ad arco acuto, e nei diversi ordini raccordati dai pilastri polistili delle navate con un voluto senso di verticalità. Già nella Cattedrale di Canterbury sono leggibili le tendenze decorative dello stile gotico europeo, grandioso volto in pietra della cristianità medievale di allora. Su una vetrata troviamo, ancora oggi, raffigurato proprio Lanfranco: colui che portò Canterbury forse al suo primo e massimo splendore, dottrinario e architettonico nello stesso tempo. Un vero simbolo del Medioevo inglese, e la materializzazione del forte legame a tre fra potere statale, autorità religiosa e cultura cristiana (di ascendenza monastica): un rapporto, storico e non solo, che il nostro presente odierno ha smarrito del tutto o quasi.


Nell'immagine, un dipinto che ritrae Lanfranco da Canterbury.


Manoscritti e materiali d’archivio

Cambridge, Trinity College, Ms. B.16.34.
Londra, British Library, Canuto il Grande Re di Danimarca e Inghilterra, Ms. (del 1031) Johan U 2012.
Londra, British Museum, Liber Vitae, XI secolo.
Londra, British Museum, Manoscritto anglosassone, 1025-1050.
Londra, British Museum, Vangelo secondo Matteo, Lindisfarne (721 circa).
Piacenza, Archivio capitolare della Cattedrale, Fondo diplomatico, Controversie, 2, 6, 12, II.


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Eadmerus CANTUARIENSIS, Historia Novorum in Anglia, Milano, Jaca Book, 2009.
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Lanfranco DA PAVIA, De corpore et sanguine Domini, in Patrologia Latina, CL, 407-442.
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Guillelmus PICTAVENSIS, Gesta Guillelmi Ducis Normannorum, Oxford, Oxford University Press, 1998.
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Documento inserito il: 11/02/2025
  • TAG: teologia, regola benedettina, storia ecclesiastica, logica, Medioevo, Vichinghi, Normandia, Canterbury, storia inglese, York, eucaristia, patristica, letteratura enciclopedica

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