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La magia equiparata all’eresia

del Prof. Giovanni Pellegrino


A un certo momento della storia della Chiesa, la magia venne equiparata all’eresia.
Come tutti sanno la preoccupazione per le credenze eretiche aveva sempre preoccupato la Chiesa sin dagli inizi della sua storia.
Ma torniamo indietro nel tempo, al momento in cui vennero definite attraverso una normativa ad hoc, quali erano le forme consentite di culto e di teologia cristiana.
A tale riguardo dobbiamo citare l’Editto di Tessalonica del 380.
Tale Editto aveva stabilito che il cristianesimo era la religione ufficiale dell’impero romano, confermando e completando le decisioni prese nel concilio di Nicea nel 325.
Oltre all’interdizione del culto prestato agli dei tradizionali, l’Editto di Tessalonica ordinava di perseguitare tutti quelli che avessero sostenuto posizione eretiche, cioè non conformi alle decisioni dei concili periodicamente riuniti dai vescovi, che al tempo guidavano la Chiesa in maniera collegiale.
In termini giuridici ciò si tradusse in una serie di decisioni legislative riunite nel “Codex Theodosianus”, voluto tra il 435 e 438 da Teodosio II e passate poi nel “Corpus Iuris” giustinianeo di un secolo successivo.
Nell’impero romano d’Oriente, la legislazione e i tribunali di stato avrebbero continuato a occuparsi direttamente della repressione dell’eresia.
Venute invece meno nell’impero romano d’Occidente autorità e istituzioni imperiali, le gerarchie sacerdotali della Chiesa si trovarono a tutelare diversamente l’ortodossia, anche se in tale compito esse coinvolsero a più livelli le istituzioni laicali.
A quel tempo ogni forma di potere era considerata comunque d’origine divina e di conseguenza aveva il dovere di occuparsi delle eresie.
A loro volta Agostino e Isidoro di Siria sostennero che era compito dei principi difendere con la forza della legge le verità di fede.
Di conseguenza, per gli eretici erano previste pene durissime che andarono dall’esilio alla prigione, alla confisca dei beni, fino addirittura alla pena capitale.
Rispetto ad essa, dobbiamo mettere in evidenza che il diritto romano prevedeva il rogo per chi si fosse reso responsabile del crimine di lesa maestà.
In pratica l’eresia era considerata come un tradimento nei confronti di Dio e per questo motivo gli eretici erano condannati alla pena suprema, ovvero il rogo.
A partire dall'XI secolo e con maggior frequenza dal XII secolo, un’ampia parte dell’Europa occidentale fu caratterizzata dalla presenza di varie forme di contestazione religiosa, contestazioni che la Chiesa e le autorità laiche dichiararono subito eretiche.
Lo scontro tra papato e impero, che era avvenuto proprio a ridosso di questi due secoli, aveva coinvolto in vari modi il laicato.
Tuttavia le decisioni conciliari avevano affrontato in minima parte il problema del ruolo dei laici all’interno della Chiesa e più in generale della società cristiana.
In ogni caso il problema del ruolo dei laici era di particolare importanza e non poteva essere passato in silenzio o ignorato.
A loro volta, i laici reclamavano in maniera sempre più forte un ruolo importante all’interno della Chiesa.
Ma le gerarchie ecclesiastiche non erano assolutamente favorevoli ad accordare ai laici tale ruolo, volendo continuare a mantenere un controllo ferreo sui contenuti della predicazione, decidendone la conformità o meno alle dottrine della Chiesa.
Le avvisaglie di tale richiesta si erano già manifestate, ma è soprattutto dalla metà del XII secolo che il problema si presentò in tutta la sua urgenza, dando luogo a fenomeni eretici destinati a creare per lungo tempo importanti problemi nella cristianità.
Tra questi gruppi eretici acquistò subito particolare importanza quello dei catari, che rappresentavano tra l’altro un credo filosofico religioso nuovo per l’Europa occidentale.
Dobbiamo dire che l’arrivo dei catari nell’Europa occidentale non può essere messo in rapporto con il clima politico che caratterizzava il nostro continente in quel periodo storico.
L’eresia catara, arrivata in Occidente forse al tempo dei pellegrinaggi o portata dai predicatori probabilmente attraverso la penisola Balcanica, è senza dubbio la più importante eresia di quel periodo storico.
I catari differivano dagli altri gruppi che, come i valdesi, sarebbero stati dichiarati eretici nel corso del XII secolo, dal momento che la loro critica alla Chiesa romana, tipica dei movimenti religiosi dissidenti, si accompagnava in una protesta teologica radicalmente diversa.
Il successo che riscuotevano i catari non era tuttavia dovuto tanto a tale differenza, quanto al fatto di trovare terreno fertile per una predicazione caratterizzata da una critica credibile al sistema sociale.
I catari concepivano il mondo in una maniera molto particolare.
Secondo loro il mondo era caratterizzato dalla lotta fra due principi: quello dello Spirito luminoso e venefico e quello della Materia, oscuro e malefico.
Il dio creatore della Materia era dunque una entità negativa, poiché aveva imprigionato nella materia di cui sono composte le creature, per dei frammenti spirituali che era necessario liberare distruggendo l’involucro materiale che le avvolgeva.
Per i catari era necessario liberare i frammenti spirituali dalla materia, annientando l’involucro materiale che li avvolgeva.
Per dirla in altro modo, il credente cataro doveva cominciare ad astenersi da qualunque contatto virtuale, poiché tale contatto prolungava la schiavitù dello spirito all’interno della Materia.
Inoltre i catari rifiutavano qualunque tipo di cibo che fosse risultato dell’accoppiamento carnale.
Infine, i catari nel momento in cui erano pronti, si lasciavano morire attraverso un digiuno totale.
Dobbiamo dire che la reazione della Chiesa e delle autorità civili contro i catari fu rapida. Essi furono scomunicati nel Concilio di Tolosa del 1119.
A sua volta, preoccupato per il dilagare dell’eresia, l’imperatore Federico Barbarossa non esitò ad allinearsi sulle posizioni della Chiesa.
I detentori del potere a qualunque livello dovevano, pena la scomunica, allinearsi alla lotta contro i catari punendoli duramente. Essi dovevano allontanarli da eventuali pubblici uffici e confiscare i beni.
A loro volta, la gente comune aveva l’obbligo di denunciare ai vescovi chiunque fosse sospettato di eresia, mentre gli stessi vescovi dovevano destare le diocesi allo scopo di individuare gli eretici.
La persecuzione contro i catari divenne sempre più violenta, fino a quando, nel 1244 cadde l’ultima piazzaforte catara.
Il 16 marzo del 1244, 200 catari che avevano rifiutato di pentirsi e di convertirsi furono bruciati vivi ai piedi della loro fortezza.
Si aprì allora un lungo periodo di persecuzione di terrore.
Tuttavia, solo ai primi del XIV secolo si poté parlare di vera e propria cancellazione della Chiesa catara, non senza che la scia di paura e di risentimento lasciata dalla repressione lasciassero dei segni duraturi.
In ogni caso, il clima di conflitto e di sospetto determinato dalla durissima lotta contro le eresie aprì la strada alla persecuzione contro le streghe.
Tuttavia, dobbiamo dire che in un primo momento i tribunali dell’Inquisizione colpirono solo gli eretici e non le streghe.
Ma alcuni inquisitori cominciarono a chiedere ai papi di perseguitare le streghe.
Per citare un esempio concreto, nel 1258 il papa Alessandro IV espresse un parere negativo dinanzi alle richieste che gli giungevano da vari inquisitori, i quali gli domandavano se le loro ricerche dovessero riguardare oppure no forme di magia.
Ma stava per verificarsi un fatto di grande importanza che giocò un ruolo determinante nella caccia alle streghe e cioè, che il clima di sospetto innescato dalla lotta contro l’eresia diede origine a stereotipi destinati a grande fortuna nel contesto della caccia alle streghe.
Furono proprio quegli stereotipi a condizionare la percezione sociale della realtà, creando le precondizioni indispensabili per rendere possibile la caccia alle streghe.
Dobbiamo dire che tali stereotipi non si affermarono soltanto nelle classi situate al vertice della scala sociale, ma condizionarono fortemente anche i comportamenti e le credenze degli appartenenti alle classi inferiori.
Dobbiamo mettere in evidenza che è sbagliato credere che la responsabilità delle cacce alle streghe ricada esclusivamente sulle classi che detenevano i vari tipi di potere nella società di quel tempo, dal momento che gli appartenenti alle classi situate in basso nella scala sociale ebbero un ruolo di fondamentale importanza nella caccia alle streghe.
Infatti, molto spesso le classi popolari urbane e rurali esercitarono una forte pressione psicologica sulle classi dominanti per continuare a perseguitare le streghe.
Quindi è corretto parlare di una doppia genesi della persecuzione delle streghe.
Per dirla in altro modo, le cacce alle streghe più importanti furono dovute a fattori scatenanti provenienti dall’alto, ovvero da individui situati ai vertici della scala sociale e provenienti dal basso, ovvero da persone situate in basso della gerarchia sociale. Concludiamo il nostro discorso mettendo in evidenza che non bisogna cadere nel gravissimo errore di cercare di spiegare le cacce alle streghe chiamando in causa una sola causa scatenante.
Oggi, tutti gli studiosi sono concordi nell’affermare che volendo semplificare al massimo il discorso, si deve parlare per forza di cose di un'origine multifattoriale delle cacce alle streghe.
D’altra parte questo non deve sorprendere, dal momento che tutti i fenomeni storici e sociali complessi come è senza dubbio la caccia alle streghe, non riconoscono mai un’origine casuale, sebbene molto spesso in passato si è caduti nell’errore di dare una lettura riduttiva dei grandi fenomeni storici e sociali, tra i quali non può non entrare la caccia alle streghe.


Nell'immagine streghe sul rogo.


Documento inserito il: 14/07/2025
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