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Evitata catastrofe ambientale nel Vaupés colombiano [ di Yuri Leveratto ]

L’Amazzonia colombiana occupa un territorio immenso, di circa 482.000 chilometri quadrati. Si estende su 6 dipartimenti: Amazonas, Putumayo, Caquetà, Vaupés, Guaviare e Guainìa.
Fin dall’epoca della conquista spagnola questi enormi territori quasi disabitati sono stati sfruttati indiscriminatamente, soprattutto per ottenere il prezioso caucciù dagli alberi di hevea brasiliensis. Nel XIX secolo l’imprenditore peruviano Julio Cesar Arana fu il responsabile di uno sfruttamento generalizzato di migliaia di indigeni Huitoto, che furono sottoposti a violenze inaudite oltre a turni di lavoro massacranti.
Oggi le minacce sono di altro tipo: le grandi multinazionali minerarie si sono accorte che questi territori sono ricchi d’oro, petrolio ed altri importantissimi minerali, come niobio e titanio, e stanno preparandosi ad una nuova corsa allo sfruttamento della regione, che potrebbe risultare in un durissimo colpo per l’ambiente naturale e per le popolazioni indigene.
Per fortuna in Colombia vi sono 59 parchi naturali protetti (per un totale di ben 12 milioni di ettari, 120.000 chilometri quadrati), dove non si può costruire ne attuare prospezioni minerarie. Nell’Amazzonia colombiana vi sono 10 enormi aree protette, tra le quali il parco Amacayacu, non lontano da Leticia, ma anche l’enorme parco La Paya, sulle rive del Putumayo e il Nukak, in pieno dipartimento del Guaviare.
Ultimamente per fortuna si è evitata una catastrofe naturale nel dipartimento del Vaupés, proprio perché le autorità colombiane sono attente a preservare zone di grande interesse naturalistico. Il Vaupés è percorso dal fiume omonimo (1050 Km), un affluente del Rio Negro, che a sua volta confluisce nel Rio delle Amazzoni presso Manaus.
Il territorio in questione, di ben 54.000 Km quadrati (più di due volte la Lombardia), è abitato da poco più di 300.000 persone, in gran parte indigeni di etnie Macuna, Cabillarì, Tanimuca, Barazano, Tuyuca, e Jujup Macù.
La parte sud del dipartimento è delimitata dal fiume Apaporis (805 Km di lunghezza), un affluente del Rio Caquetà, che a sua volta si getta nel Rio delle Amazzoni molto più a est, in pieno territorio brasiliano. Proprio la zona dell’Apaporis pochi mesi fa è stata oggetto di un tentativo di sfruttamento da parte di un imprenditore che ha ottenuto la concessione per estrarre oro da un’area di 10.000 ettari nella Serrania del Taraira, nella regione chiamata Yaigojé Apaporis. La zona in questione è abitata da circa 20 comunità indigene appartenenti a differenti etnie.
Proprio in seguito all’autorizzazione concessa all’imprenditore minerario, i capi tribù della zona, che non sono stati interpellati (come invece richiede la legge colombiana), si sono sentiti minacciati e hanno temuto che i giganteschi investimenti in macchinari, nuove piste d’atterraggio, moli fluviali e imbarcazioni avrebbero potuto distruggere il delicato ecosistema nel quale vivono da millenni, causando grandi danni ambientali e sociali.
Hanno così contattato l’ufficio centrale dei Parchi Nazionali di Santafé de Bogotá, denunciando l’episodio e chiedendo che l’intera zona del Taraira (incluse le bellissime rapide dell’Apaporis dette Jirijirimo), fosse dichiarata intangible, ovvero parco nazionale protetto.
Per poter dichiarare la zona “parco nazionale protetto”, era però necessario catalogare le specie animali e vegetali presenti sul territorio, poiché nessun non indigeno, sin dai tempi del botanico Richard Evan Schultes nel 1941, ha visitato la zona da un punto di vista scientifico.
Un gruppo di ricercatori della Università Nazionale di Bogotá ha così deciso di partire per il basso Apaporis, una delle ultime zone di selva vergine del pianeta, totalmente incontaminata e pressoché sconosciuta.
Il direttore del progetto scientifico Gonzalo Andrade ha ribadito, in una intervista, che è la prima volta che le comunità indigene chiedono che un gruppo di scienziati visitasse il loro territorio, proprio perché si sono resi conto che solo così si poteva dichiarare “parco nazionale” il loro habitat ancestrale.
La spedizione dell’Università Nazionale è stata un successo: sono state catalogate 225 specie di uccelli, 105 di pesci, 79 tra rettili e anfibi, 322 differenti tipi di farfalle e 1682 di piante.
Per quanto riguarda gli uccelli si è potuto registrare il canto di tutte le specie catalogate.
Secondo il professor Gary Stiles, che ha fatto parte della spedizione, si è potuta studiare l’affinità biogeografica di alcuni volatili e relazionarli ad altri di diverse zone dell’Amazzonia, studiandone così l’evoluzione.
Si è inoltre potuto conoscere e catalogare un colibrì che si pensava fosse endemico di altre zone, il cui nome scientifico è Discosura Langsdorffi. Si è scoperto anche un altro colibrì del peso di appena 3 grammi chiamato “cola de lira tronadora”. Il professor Stiles ha aggiunto che il periodo durante il quale è stata visitata la zona corrispondeva all’epoca riproduttiva e al cambio di piumaggio per gli uccelli, alcuni dei quali hanno colori vivaci e sgargianti.
Anche alcuni mammiferi sono stati studiati come un piccolo formichiere e marsupiali arcaici. L’entomologo e direttore del progetto Gonzalo Andrade, ha fatto notare che la zona de Yaigojè è una delle più bio-diverse al mondo. Ha dichiarato inoltre che sono state scoperte sei nuove specie di farfalle che erano totalmente sconosciute. Tra le specie più importanti si trovano la Panacea Prola e Catonephele chromis.
Il professor Fernando Arbelaez, ittiologo, ha fatto notare che alcune specie di pesci presenti nell’Apaporis e negli affluenti contigui sono in pericolo di estinzione. Altre sono utilizzate per il consumo umano, come il pirarucù, la cachama e il tucunarè.
Tra le 1682 piante classificate, 12 di esse sono state dichiarate totalmente nuove. Appartengono alle seguenti famiglie: quiches (Bromeliaceae), caimitos (Sapotaceae), gloxinas (Gesneriaceae), yajé (Malpighiaceae), anturios (Araceae), cucharo (Clusiaceae), sietecueros (Melastomataceae). Tra le piante minacciate d’estinzione vi sono la Navia Fontoides, Navia Heliophita, Sequentia serrata, Aechemea politii e Costus Fissicalyx.
In seguito alla spedizione della Università Nazionale, l’Accademia Colombiana di Scienze Esatte, Fisiche e Naturali ha dichiarato zona protetta il parco Yaigojé Apaporis (oltre un milione di ettari), determinando così il ritiro dell’autorizzazione concessa all’imprenditore minerario e mettendo fine ad ogni eventuale diatriba futura per l’ottenimento di altre concessioni.
E’ un grande risultato: finalmente ci si rende conto che l’interesse pubblico delle comunità indigene, e in generale di tutto il popolo colombiano, che ha diritto di veder protetta un area d’immane interesse ambientale e sociale, deve prevalere sull’interesse particolare di un singolo imprenditore, che probabilmente avrebbe accresciuto enormemente la sua ricchezza personale, creando danni ambientali e sociali irreparabili.
E’ auspicabile che l’intera area venga inoltre protetta dalla bio-pirateria, ovvero da incursioni non autorizzate di scienziati che attuano sistematiche razzie di animali e piante allo scopo di ottenere la patente internazionale (brevetto industriale), per utilizzare le sostanze naturali contenute in piante e animali, spesso utilissime per l’industria medica e dei cosmetici.
Documento inserito il: 05/01/2015
  • TAG: catastrofe ambientale, evitata, vaupés colombiano, amazzonia colombiana, caucciù, julio cesar arana, indigeni huitoto, multinazionali minerarie, sfruttamento minerario, attività estrattive, oro, petrolio, niobio, titanio, parchi naturali, salvaguardia gov
  • http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=77

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