Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: Braden o Perón
>> Storia Contemporanea > Il secondo dopoguerra

Braden o Perón

di Simone Barcelli


L’11 febbraio 1946 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti rese pubblico il cosiddetto Blue Book, un documento che denunciava le attività dell’Argentina a supporto di Germania, Italia e Giappone. Il documento fu distribuito in maniera ‘riservata’ ai diplomatici dell’America Latina, a eccezione dell’ambasciatore argentino a Washington. Fece comunque il giro del mondo, poiché fu scientemente consegnato anche all’agenzia United Press. La divulgazione del documento a un paio di settimane dalle elezioni presidenziali del 24 febbraio 1946, aveva lo scopo dichiarato di interferire nella nomina di Perón. A promuovere il testo era stato il diplomatico Spruille Braden, vice segretario del Dipartimento di Stato a Washington, che da aprile dell’anno prima aveva ricoperto per qualche mese l’incarico di ambasciatore degli Stati Uniti a Buenos Aires, nominato dal presidente Franklin Delano Roosevelt


Nel 1998 Stuart Elliott Eizenstat, l’allora Sottosegretario statunitense per il Commercio Internazionale, durante la presentazione della seconda parte del documento The Eizenstat Report, confermava che non era stato possibile scoprire se «l’oro nazista saccheggiato fosse arrivato in Argentina... non c’è nulla che lo indichi».
L’Argentina era stata inclusa nel rapporto perché non aveva «contribuito in modo determinante a sostenere la guerra come lo erano gli altri paesi europei rimasti neutrali. Il motivo era che si distingueva così nettamente dagli altri paesi dell’emisfero occidentale. Era l’unico che simpatizzava ideologicamente e pubblicamente con l’Asse. Era una base per lo spionaggio della Germania in tutto l’emisfero occidentale. C’è stato un gran traffico di oggetti importanti - gemme e altro - attraverso l’Argentina. E i loro capi militari erano apertamente solidali con l’Asse»(1).
Con l’avvento dei militari al potere, favorito dal Grupo de Oficiales Unidos (GOU), una specie di loggia segreta fondata nel febbraio 1943 e composta da ufficiali dell’esercito e alcune sigle sindacali, l’Argentina cominciò a rifornire anche la Germania delle materie prime di cui abbisognava, come già faceva con gli altri paesi europei belligeranti, fra cui la Gran Bretagna. D’altronde, l’Argentina non faceva altro che proseguire la tradizionale politica neutrale, impostata fin dall’inizio del conflitto, continuando proficuamente a esportare cereali e carne a chi ne facesse richiesta.
Una politica che comunque, nel breve volgere, non pagò, come scrive lo storico Loris Zanatta, poiché dipendente dalle esportazioni agricole, «le quali fruttarono enormi ricchezze finché il mondo del dopoguerra era in rovine ed affamato, ma s’inaridirono quando la situazione tornò alla normalità». Inoltre, il paese rimase tagliato fuori dagli investimenti e dai trasferimenti tecnologici statunitensi per tutta la durata dell’era peronista, fino al 1955. (2)
Tuttavia, il 26 gennaio 1944, un mese prima che cadesse il governo presieduto del generale Pedro Pablo Ramirez Machuca, l’Argentina, incalzata da tempo dagli Stati Uniti - che misero in atto il boicottaggio delle esportazioni e il sequestro di una cinquantina di società con capitale argentino -, fu costretta infine a interrompere almeno le relazioni diplomatiche con i paesi dell’Asse. Con l’avvento di Edelmiro Julian Farrell, predecessore di Perón, si arrivò anche alla dichiarazione di guerra alla Germania e al Giappone (27 marzo 1945), a giochi ormai fatti.
Nel 1969 Perón sostenne che la dichiarazione di guerra era stato uno stratagemma per distogliere l’attenzione degli alleati mentre si stavano aprendo le prime vie di fuga verso l’Argentina per i fuggitivi nazisti: «Indubbiamente, alla fine di febbraio del 1945, l’esito della guerra era già determinato. Avevamo mantenuto la nostra neutralità ma non potevamo più mantenerla. Ricordo di essermi riunito con alcuni amici tedeschi e ho detto: “Vedi, non abbiamo scelta che andare in guerra”, ma, naturalmente, era una cosa puramente formale.»(3)
Che i rapporti tra Stati Uniti e Argentina, all’epoca, non fossero idilliaci, tanto che per un certo periodo si interruppero anche le relazioni diplomatiche, si era inteso alla fine della Seconda guerra mondiale, quando l’11 febbraio 1946 il Dipartimento di Stato rese pubblico il cosiddetto Blue Book.
Si trattava di un documento rilegato di centotrenta pagine, con la copertina blu, che denunciava le attività dell’Argentina a supporto di Germania, Italia e Giappone. Il documento fu distribuito in maniera ‘riservata’ ai diplomatici dell’America Latina, a eccezione dell’ambasciatore argentino a Washington. Fece comunque il giro del mondo, poiché fu scientemente consegnato anche all’agenzia United Press.
Un paio di giorno dopo il quotidiano La Prensa di Buenos Aires, dedicando largo risalto al Blue Book, permetteva anche al Ministero degli Affari Esteri argentino di venirne a conoscenza.
La divulgazione del documento a un paio di settimane dalle elezioni presidenziali del 24 febbraio 1946, aveva lo scopo dichiarato di interferire nella nomina di Perón. A promuovere il testo era stato il diplomatico Spruille Braden, vice segretario del Dipartimento di Stato a Washington, che da aprile dell’anno prima aveva ricoperto per qualche mese l’incarico di ambasciatore degli Stati Uniti a Buenos Aires, nominato dal presidente Franklin Delano Roosevelt (prima che questi morisse).(4)
Braden, che in precedenza aveva fatto l’ambasciatore anche in Colombia e a Cuba, nel 1942 ereditò dal padre William Burford (da sempre legato alla famiglia Rockefeller), un pacchetto azionario di Braden Copper Company e Anaconda Copper Company, società che controllavano rispettivamente le miniere di rame El Teniente e Potrerillos in Cile. (5)(6)
Egli divenne in seguito azionista della United Fruit Company e svolse attività in favore della William Averell Harriman Securities Corporation e Standard Oil (tutte imprese americane, di cui abbiamo in parte discusso in un precedente lavoro).
Per la sua conoscenza dell’America Latina e per gli affari che intratteneva in quei posti, verosimilmente anche come prestanome dei Rockefeller, Braden fu sospettato di movimentare le piazze per favorire insurrezioni popolari e colpi di stato.(7)(8)
Braden, da ambasciatore a Buenos Aires, era già un acerrimo oppositore del presidente argentino Edelmiro Julian Farrell e del suo vice Juan Domingo Perón, tanto da aver organizzato anche l’opposizione a quel regime e sostenuto il colpo di stato del 9 ottobre 1945. Il Blue Book rientrava quindi in una strategia ben congegnata e già delineata, che trovava chiaramente il consenso, in questo caso del tutto esplicito, del governo statunitense, come ammisero candidamente, due giorni dopo, il presidente Truman e il Segretario di Stato James F. Byrnes.
Braden fece scrivere il documento dal suo collaboratore Gustavo Duran Martinez, un eccentrico artista, già ufficiale dell’esercito repubblicano spagnolo. Duran Martinez aveva lasciato la penisola iberica dopo l’avvento di Francisco Franco, andando in esilio prima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti. Qui ottenne la cittadinanza americana, quindi prestò servizio come diplomatico all’ambasciata di Cuba e in quella di Buenos Aires, come assistente di Braden. Fece poi carriera come funzionario nel Dipartimento di Stato e alle Nazioni Unite.(9)
Il Blue Book denunciava sostanzialmente i collegamenti del governo militare con i nazisti e le potenze dell’Asse, nonché un piano segreto dell’Argentina per destabilizzare le altre nazioni dell’America Latina e promuovere il Quarto Reich.
La logica del testo, secondo Soledad Altrudi della University of Southern California, consisteva nel fatto che, una volta che il pubblico argentino avesse saputo di queste attività e connessioni spurie, avrebbe ripudiato un leader così malvagio e, di conseguenza, avrebbe eletto il suo avversario democratico. Tuttavia questa politica «non solo ebbe un impatto negativo che si sarebbe rivelato duraturo, ma sortì anche l’effetto opposto: Perón presentò abilmente la questione attraverso lo slogan “Braden o Perón” e ottenne una vittoria schiacciante e clamorosa alle elezioni».(10)
Il ‘libro’, pur contenendo dei barlumi di verità (per esempio i negoziati con la Germania per ottenere assistenza militare, promossi dai precedenti governi), conteneva anche accuse pesanti senza prove circostanziate, nonché inopportuni e ridondanti accenni in cui si spiegava al popolo argentino che non poteva tollerare oltre quella dittatura militare. Senza dimenticare la bugia più grande, cioè che il Dipartimento di Stato si fosse consultato preliminarmente con gli altri paesi dell’America Latina, facendo credere erroneamente che questi avessero condiviso le conclusioni cui giungeva il rapporto.
Inoltre, come rispose il generale, Braden aveva interferito negli affari interni del paese a livelli intollerabili e le accuse riguardavano più le condotte del governo precedente, quello di Ramon Castillo, e non quello in carica di Edelmiro Julian Farrell, in cui Perón era vice e ministro del Lavoro.
Non ci volle molto poi a comprendere che quel testo era stato vergato dall’amico ‘comunista’ di Braden, cioè Duran Martinez. Si sapeva bene che il segretario privato di Braden aveva intrattenuto rapporti con gli esuli argentini a Montevideo, al fine di raccogliere denaro e materiale propagandistico per la campagna anti-peronista.
Perón a sua volta distribuì un opuscolo dal titolo Libro Azul y Blanco in ottantamila copie, scrivendo queste verità innegabili e accusando Braden di voler costituire un governo fantoccio che avrebbe risposto in maniera incondizionata agli interessi americani. Così facendo, volse a proprio favore l’opinione pubblica e vinse agevolmente la tornata elettorale.(11)
Sulla propaganda in politica estera perseguita a quei tempi dagli Stati Uniti, lo storico Allan Winkler della Yale University, rammenta che col programma dell’Office of War Information creato nel 1942, gli Stati Uniti «continuarono a vedere la guerra come una lotta in cui la libertà e la democrazia potevano trionfare ovunque, una lotta che poteva portare uno sconvolgimento positivo nel mondo in generale». Quindi, chi non sosteneva la causa degli Alleati, era considerato parteggiare per gli avversari. Una strategia che proseguì anche durante la guerra fredda, seppur con una differenza, come sostiene Soledad Altrudi: «durante la guerra fredda la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’America Latina avrebbe implicato il sostegno al partito per garantire che la regione non cadesse nelle mani del comunismo, indipendentemente dal loro rispetto per la libertà o i diritti politici. Tuttavia, in questo periodo di tempo precedente, il motivo che guidava le politiche statunitensi era di sbarazzarsi del fascismo, che includeva le sue espressioni in America Latina».
Altrudi conclude che all’epoca e in quel particolare contesto internazionale, «una lettura corretta della situazione argentina era impossibile, dal momento che gli Stati Uniti non volevano ascoltare; volevano agire per realizzare una certa realtà. Di conseguenza, non era solo una mancanza di conoscenza, ma i funzionari statunitensi non sembravano disposti a capire cosa stesse realmente accadendo in Argentina. Tutto ciò che potevano vedere era la natura non democratica del governo e la sua neutralità. Queste due caratteristiche messe insieme erano sufficienti a condannare qualsiasi cosa il governo facesse».(12)
Perón non era un generale che, come altri, poteva essere sostituito così facilmente come credevano gli Stati Uniti. Non per niente il peronismo e l’indiscusso sostegno popolare raccolto attorno alla sua figura e a quella fascinosa di Evita, hanno cambiato radicalmente e per sempre l’Argentina.
Il prototipo dei regimi sudamericani autoritari, infatti, come spiega lo storico Loris Zanatta, «quello più maturo e compiuto e che non a caso ambì ad elaborarne un’ideologia coerente» fu «il peronismo argentino e la sua dottrina justicialista. Per la quale quel che noi chiamiamo populismo era in realtà la via latina alla democrazia e alla giustizia sociale. Una via estranea e avversa, da un lato al comunismo, ateo e statalista, e dall’altro al capitalismo e alla democrazia liberale del mondo protestante anglosassone. Una terza via cattolica, insomma, poiché cattolica era la più profonda fibra della civiltà latinoamericana».(13)
Quel che rimase invece di Spruille Braden, soprannominato El Gordo da amici e nemici, lo scrive il giornalista Raul Argemí: «fu un esempio della brutalità interventista degli Stati Uniti in quello che consideravano il loro cortile, l’America Latina».(14)


Simone Barcelli, L’ultimo rifugio delle SS, Panda Edizioni, luglio 2022.


NOTE:

(1) U.S. Department of State, U.S. and Allied Wartime and Postwar Relations and Negotiations With Argentina, Portugal, Spain, Sweden, and Turkey on Looted Gold and German External Assets and U.S. Concerns About the Fate of the Wartime Ustasha Treasury, The State Department web site Archive, 2 giugno 1998;
(2) Loris Zanatta, Storia dell’America Latina contemporanea, Laterza, 2017;
(3) Uki Goni, Operazione Odessa, Garzanti, 2003;
(4) Rogelio García Lupo, El Libro Azul de EE.UU. contra Perón que no pudo evitar su victoria, Clarín, 24 febbraio 2006;
(5) Federal Trade Commission, Report on the Copper Industry, United States Government Printing Office, 1947;
(6) The National Mining Hall of Fame and Museum, Inductee Database, Braden, William, 2009;
(7) Mario Rapoport, Braden y la Guerra del Chaco, Pagina 12, 29 aprile 2009;
(8) A US diplomat and lobbyist who helped carve recent Latinamerican history, MercoPress, 1° maggio 2009;
(9)Rogelio Alaniz, Gustavo Durán, el comunismo y Braden, 21 settembre 2017, rogelioalaniz.com.ar.;
(10 Soledad Altrudi, Of Personalities and Democratization in U.S. Public Diplomacy: The Case of the Blue Book on Argentina, USC Center on Public Diplomacy, University of Southern California, 2015;
(11) Rogelio García Lupo, op. cit.;
(12) Soledad Altrudi, op. cit.;
(13) Loris Zanatta, Storia dell’America Latina contemporanea, Laterza, 2017;
(14) Raul Argemí, Perón o muerte, Pagina 12, 1° aprile 2018.
Documento inserito il: 08/10/2022
  • TAG: peron, peronismo, argentina, braden, gustavo duran, organizzazione odessa, nazismo,

Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy