Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, personaggi storici: Genio e visionario: Angelo Belloni, che dirottò un sommergibile per far entrare l'Italia in guerra

Genio e visionario: Angelo Belloni, che dirottò un sommergibile per far entrare l'Italia in guerra

di Francesco Caldari


Sabato 3 ottobre 1914. Il 28 luglio precedente, cogliendo l'opportunità offertale dall'attentato di Sarajevo all'erede al trono Arciduca Francesco Ferdinando, l'Austria-Ungheria aveva dichiarato guerra alla Serbia, dando così inizio al Primo conflitto mondiale. La posizione italiana - inizialmente dichiaratasi neutrale - è caratterizzata da un vivace dibattito interno rinfocolato dagli interventisti, accesi nazionalisti, che ritengono che un'alleanza con Regno Unito, Francia, Russia (la Triplice Intesa) possa portare vantaggi territoriali (sottrarre all'Impero Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Dalmazia) e di prestigio, nonché influenza politica internazionale.

Nelle acque del Golfo della Spezia l'attività alla Fiat-San Giorgio, che nello stabilimento di località Muggiano costruisce sommergibili non solo per la Marina Militare italiana ma anche per altre Nazioni, seppure effervescente per il dibattito in corso che divide gli italiani, prosegue con la consueta routine.
Il responsabile dei collaudi è un ex ufficiale di Marina. Si chiama Angelo Belloni, è stato congedato tre anni prima dalla Forza Armata a causa di una grave forma di otite che lo aveva reso quasi sordo, una condizione che gli derivava dagli esperimenti subacquei in cui spesso si era offerto come cavia per non mettere a rischio la vita di altri. La sua esperienza però è assai utile alla fabbrica: egli non manca in ogni circostanza di fornire validi suggerimenti nell'attività costruttiva. Quel giorno sono previste prove in mare radio-telegrafiche della "costruzione F43", un sommergibile destinato alla Marina russa (avrebbe dovuto chiamarsi "Svyatoi Georgjy", ovvero San Giorgio) ma che - proprio a causa della neutralità del nostro Paese - non è stato consegnato alla Nazione belligerante. Non di meno, in attesa di imperscrutabili sviluppi futuri, la costruzione prosegue.
A bordo, Belloni è accompagnato da una quindicina di marinai, tutti civili. L’equipaggio è completato dal giovane ingegnere Carlo Rocchi, incaricato di verificare la parte elettrica, e Attilio Vassallo, tecnico della ditta Marconi per le prove radio. Prima di salpare per quella che deve essere una breve missione, Belloni fa una anomala richiesta: ordina che al battello venga fatto il pieno di nafta. Un'operazione inutile, considerando che il sommergibile avrebbe dovuto affrontare solo poche ore di navigazione per i collaudi. Il direttore amministrativo del cantiere, Giuseppe Boselli, si oppone, e fa ripompare il carburante nei depositi, lasciando a bordo la quantità necessaria per le prove in programma.

L' F43 prende il mare, e il comandante dispone una rotta non prevista, dirigendo verso la Corsica. L'equipaggio inizia a mugugnare, chiedendosi il perché di quella variante. Belloni è vago, ed alle crescenti proteste risponde che il sommergibile deve compiere una missione segreta importantissima per il bene dell'Italia. Giunti ad Ajaccio, il Comandante cerca di ottenere rifornimenti di carburante e siluri, e l'appoggio della Marina francese, oltre al riconoscimento della bandiera di guerra russa. I francesi, stupiti dalla strampalata richiesta, non forniscono alcun sostegno, e l'F43 si rimette in movimento. La situazione a bordo diviene tesa: l'ingegner Rocchi mette Belloni alle strette. Le condizioni del mare, la scarsità di carburante ed il rischi di un ammutinamento convincono questi a tornare ad Ajaccio. Qui le autorità francesi, informate dal governo italiano, bloccano definitivamente il battello, concedendogli poi il ritorno alla Spezia. Belloni si rifugia a Nizza, aspettando un segnale di solidarietà dai russi, che non arriva. Rientrerà in Italia due mesi più tardi, per essere sottoposto a processo. L'accusa: furto di sommergibile, e altre undici imputazioni.

Il motivo del suo bizzarro comportamento il Comandante lo aveva confessato a Rocchi durante la missione, e del pari farà nell'aula di giustizia: egli era un fervente interventista, e volle compiere un vero e proprio "atto di pirateria" con l'intento di attaccare la flotta austro-ungarica a Pola, creando un incidente internazionale e costringendo così l'Italia ad entrare in guerra al fianco della Triplice Intesa. Insomma, un evento che si trasformasse in casus belli. Le sue convinzioni andavano oltre, includendo l'idea che il completamento dell'Unità d'Italia si sarebbe ottenuto solo dopo la conquista di Nizza, Corsica, Tunisi, Malta e Corfù, e liberando il Mediterraneo dallo strapotere britannico.

In tempi normali sarebbe stato condannato, ma l'imminente entrata in guerra dell'Italia nel 1915 e le sue indubbie capacità (utili alla causa bellica), associate al clima interventista che si stava definitivamente formando nel Paese, convinsero i giudici del tribunale a chiudere il processo con una semplice ammenda. Il suo datore di lavoro, il patron della FIAT in persona, Giovanni Agnelli senior, lo rimbrottò con un: "ti sei comportato da cattivo impiegato!".
A guerra iniziata gli alti gradi della Marina, per gli stessi motivi che convinsero il Tribunale, dimenticati i suoi problemi d'udito, lo richiamarono in servizio con il grado di sottotenente di vascello, e lo impiegarono nella flottiglia sommergibili.


Quella passione per la Regia Marina

Il rapporto con la Forza Armata era stato sin dall'inizio complicato per il nostro: nato a Pavia il 4 marzo 1882, il suo primo tentativo di arruolarsi avvenne nel 1899, quando presentò domanda d'ammissione alla Regia Accademia Navale di Livorno. Tuttavia, venne scartato alla visita medica per insufficienza toracica. Tornò a casa e si iscrisse al primo anno di matematica all'Università a Milano, ma anche alla Società Canottieri del Ticino. Passò intere giornate sull'acqua, remando "come un forsennato". Grazie a questo allenamento in un anno la circonferenza del suo torace aumentò di 14 centimetri! Così, ripresentatosi a Livorno nel 1900, fu finalmente ammesso all'Accademia Navale. Concluso brillantemente il corso, dove si distinse tra i primi allievi, nel 1903 fu promosso Guardiamarina. Il suo imbarco d’esordio fu sull'incrociatore Marco Polo nel 1904, che partì per l'Estremo Oriente. Durante questo periodo, visitò la Cina, la Corea e il Giappone, tornando in Italia nell'autunno del 1905. A Chemulpo, in Corea, il recupero dell'incrociatore russo Variag costituì il suo debutto in materia subacquea. A Shanghai, grazie alla sua esperienza di canottiere, allenò una squadra che vinse una regata contro i marina americani. Successivamente, dal 1905, fu imbarcato sulle navi Morosini, Saint Bon e Benedetto Brin. Nel 1909 studiò e brevettò il primo congegno di punteria a linea di mira indipendente. Nel 1910 fu destinato all'Officina Siluri di San Bartolomeo, a La Spezia, e inviato a Fiume per una missione di collaudo di nuovi siluri Whitehead ad aria calda. Ma, come abbiamo detto, la sua prima carriera nella Marina fu interrotta precocemente il 16 settembre 1911, quando, a soli ventinove anni, fu posto in congedo. Richiamato con il grado di Sottotenente di Vascello però con lo scoppio della Grande Guerra, nonostante la sordità ed il "colpo di testa" del dirottamento del F43: evidentemente le sue capacità erano troppo preziose. Compirà ben 112 missioni con il sommergibile A1, che per le sue caratteristiche di stazza e manovrabilità era definito "tascabile". A tal proposito va sottolineato come la Regia Marina disponeva ad inizio conflitto di una ventina di sommergibili, che cresceranno nel tempo fino a oltre sessanta, schierati soprattutto nell’Adriatico, ma che operarono anche nel basso Mediterraneo, svolgendo ruoli importanti sia in operazioni offensive sia per il controllo marittimo e il pattugliamento delle coste e delle basi nemiche.


L'avventura col Galileo Ferraris, a caccia di perle nel Mar Rosso

Conclusa la guerra, l'estro e la fantasia del nuovamente civile Belloni non si esaurì. I suoi rapporti con la regia Marina proseguirono. Nel 1920 acquistò un sommergibile dismesso, il Galileo Ferraris, classificandolo "da commercio", per tentare un'impresa avveniristica, la pesca di perle nel mar Rosso, immaginando dei marciatori sul fondo, degli uomini che uscivano dal sommergibile appoggiato sul fondale indossando il così detto "vestito Belloni", una sorta di muta primordiale composta da una guaina di tessuto gommato e impermeabile, dotata di cappuccio con oculari. Fantascienza per l'epoca. Ma l'impresa, come vedremo a breve, fallì.
Il sommergibile Galileo Ferraris si era incagliato il 27 novembre 1917, mentre stava rientrando alla base dopo una missione, a nord della foce del Po di Gnocca. Dopo essere stato trainato a La Spezia e valutati i danni, si era deciso di procedere al suo disarmo. Tuttavia, con l'idea già maturata durante la Guerra di utilizzare subacquei da far fuoriuscire da un battello, nel febbraio 1919, sotto il suo comando, il Ferraris iniziò una serie di prove nelle acque tra La Spezia e l'antistante isola Palmaria. Angelo Belloni riuscì a convincere i vertici della Regia Marina a sperimentare il sommergibile come "mezzo avvicinatore" per quelli che saranno i futuri incursori, con modifiche specifiche alla torretta e alla prua per consentire agli operatori subacquei di uscire in immersione. Insomma, fu il promotore del concetto di impiego combinato sommergibile–assaltatori subacquei, anticipando (ma allora, come vedremo a breve, non implementando) le tattiche che sarebbero poi state adottate dalla Xª MAS qualche decennio successivo. A causa dell'esaurimento delle risorse economiche disponibili però la Regia Marina concluse quella attività sperimentale e radiò definitivamente il sommergibile il 15 dicembre 1919. Nel 1920, in un caso che fu il primo e unico nella Marina italiana, come abbiamo detto Belloni acquistò il Galileo Ferraris per centomila lire, classificandolo come "sommergibile da commercio".
L'intenzione di intraprendere la ricerca di banchi perliferi e la pesca delle perle nel Mar Rosso fu arricchita da due vedette, il Cerboli (da 280 tonnellate) e il Fortunale (da 340 tonnellate), in affitto dalla Marina con facoltà di acquisto, che furono immatricolate come piropescherecci e avrebbero dovuto fungere da unità d'appoggio.
Quella che sulla carta sembrava un'opportunità di guadagno, nella realtà si rivelò un disastro. Il progetto fallì a causa dell'ostilità dei pescatori locali, poi l'inesperienza dei pescatori giunti dall'Italia fece sì che le perle trovate fossero poche e di scarsa qualità.
Il fallimento della banca che aveva concesso i finanziamenti per l'avvio dell'impresa diede il colpo di grazia all'attività. Successivamente, Belloni decise di impiegare il Ferraris nel recupero di relitti, ottenendo in prestito dalla Regia Marina un pontone e altre vedette. Tuttavia, anche questa iniziativa non ebbe grande successo, e a metà del 1921, il sommergibile Galileo Ferraris fu parzialmente demolito per far fronte alle spese. Le perdite finanziarie lo costrinsero a cedere molti dei suoi brevetti nel frattempo registrati, inizialmente alla I.A.C. di Tivoli (gli autorespiratori ad ossigeno perfezionati - ARO - modello 49 e 49/bis), poi alla Pirelli.
Proprio la collaborazione con Pirelli gli permise di vivere dignitosamente grazie ai diritti d'invenzione.
Sono di questo periodo la "vasca Belloni" per le uscite di salvataggio dai sommergibili, il salvagente a cappuccio, il "cappuccio a respiratore subacqueo", e migliorie ai boccaporti di accesso ai sommergibili.


La fondazione della Scuola sommozzatori, l'ennesimo richiamo in servizio per la II GM, la scelta della Repubblica Sociale

Le sue idee, sebbene inizialmente accolte con ritardo, si fecero strada, testimoniando la sua genialità e la sua passione per il mondo subacqueo. Nel 1935, per diretto intervento di Mussolini e del Duca Amedeo d'Aosta, anche per sviluppare il concetto (in realtà di impossibile realizzazione) di Belloni di una "fanteria sottomarina" che potesse insidiare le navi nemiche in rada o alla fonda, venne istituita a Livorno la Regia Scuola Sommozzatori, che lo vide qualche anno più tardi, dall'ingresso in guerra dell'Italia nel 1940, Direttore dei corsi, poiché richiamato in servizio nonostante avesse 58 anni, affinché potesse fornire il suo sempre apprezzato contributo allo sviluppo della componente subacquea della Marina.

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, aderì alla Repubblica Sociale Italiana (RSI), arruolandosi volontario nella ricostituita Xª Flottiglia MAS, posta sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese e riorganizzatasi come corpo franco, confluendo nella Marina Nazionale Repubblicana. Egli assunse il ruolo di Consulente Tecnico, per lui più congeniale, ma fu anche Comandante della Squadriglia di tre piccoli sommergibili "CA". A causa della sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, alla fine di aprile 1945, Belloni - che si trovava in servizio a Venezia - fu arrestato dai partigiani e rinchiuso in quel carcere di S. Maria Maggiore. Tuttavia, la sua eccezionale esperienza in ambito subacqueo fu riconosciuta dagli Alleati, che, necessitando delle sue competenze, presto lo liberarono e gli chiesero di collaborare alla creazione di una Stazione Sperimentale Subacquea posta nel Forte di Sant’Andrea, per la bonifica dei fondali marini italiani dagli ordigni bellici.


Conclusione di una vita eclettica

Di nuovo libero da impegni di vita militare, si mise a studiare ... le energie rinnovabili. Anche qui un precursore assoluto. Trasferitosi in Liguria, nella frazione Cavi del comune di Lavagna, con oltre mezzo secolo d'anticipo progettò una centrale ondo-idroelettrica, una centrale turboelettrica sottomarina, un distillatore d'acqua marina azionato dal sole. La sua ricerca del "moto perpetuo" lo portò a brevettare molte delle sue invenzioni in questo campo. Arrivò a proporre al sindaco un meccanismo chiamato "ondopompa" per catturare l'energia delle onde e trasformarla in elettricità, e un impianto per la produzione di energia elettrica tramite il calore solare. Progettò anche una darsena galleggiante e un ostello galleggiante completamente autosufficiente dal punto di vista energetico.

Angelo Belloni morì a Genova il 9 marzo 1957, per investimento da parte di un tram; assorto nei suoi pensieri e come sappiamo reso quasi sordo dagli esperimenti subacquei in cui spesso aveva fatto da cavia, non si accorse del sopraggiungere del mezzo. Una fine tragica e per certi versi paradossale, per un genio tecnico cui tanto devono i sommergibilisti ed i sommozzatori, un grande visionario ed un innovatore, che non si fece mancare nella vita colpi di teatro, sempre sospinto da un indomabile spirito di avventura.


Nell'immagine, Angelo Belloni.


Bibliografia
Cinquant'anni di mare. Memorie 1900-1950, di Angelo Belloni, Mursia, 2012.


Documento inserito il: 10/08/2025
  • TAG: Prima Guerra Mondiale, Seconda Guerra Mondiale, sommergibili, sommozzatori, subacquei

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