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Alla ricerca di Atlantide: il mistero storico del manoscritto Oera Linda fra XIX e XX secolo

di Davide Arecco


Un libro e la sua presenza nella costellazione del sapere esoterico moderno

Nel 1867, l’erudito e bibliofilo olandese Cornelis Over de Linden portò per la prima volta alla attenzione del pubblico dotto un misterioso manoscritto di cui la sua famiglia era in possesso da vari anni, affidandolo allo scopo di farne una traduzione al bibliotecario della Provincia di Frisia, Eelco Verwijs. Quest’ultimo – perplesso e in difficoltà, non senza dubbi, circa l’autenticità del codice – lo trasmise al linguista e glottologo Jan Gerhardus Ottema, il quale ne ricavò la prima traduzione nella lingua olandese. Da quel momento in poi, iniziarono le controversie. Il manoscritto originario, nella fattispecie, destò un marcato interesse, fra le cerchie di occultisti ed esoteristi, nel tardo XIX secolo, soprattutto in Europa centrale. Storici e linguisti odierni sono in maggioranza propensi a ritenere il libro un falso frutto di immaginazione, viste le parti decisamente fantasiose di esso e la mescolanza, sin troppo insistita, di elementi storici (o pseudo-tali) e misticheggiante immaginazione letteraria.
Oltre quarant’anni dopo la sua prima versione olandese, il libro catturò l’interesse di Hermann Wirth, figura saliente del movimento tedesco Volkisch e fondatore delle Schutzstaffel. Letteralmente ossessionato dall’opera, Wirth ne fece nel 1933 una traduzione tedesca, da lui denominata la Bibbia nordica, contrapposta alle Sacre Scritture. Nella Germania nazista, Himmler – l’anima esoterica del Terzo Reich, il profeta e paladino dell’occultismo di matrice ariana (l’ariosofia), già membro negli anni giovanili della Società Thule, creatore del neo-paganesimo germanico (una religione ispirata al wotanisno nordico e al ciclo arturiano) – sostenne con entusiasmo l’autenticità dell’Oera Linda e ne fu fortemente influenzato nell’elaborare la mistica nera sua e dello stesso nazismo.
Il 4 maggio 1934, nel frattempo, Wirth tenne una conferenza sul manoscritto, all’Università di Berlino. L’evento condusse, anche, alla nascita della Ahnenerbe, da parte dello stesso Himmler, una associazione storico-archeologica, consacrata espressamente agli studi antropologici sulla tradizione germanica e sull’arianesimo. La cosa coinvolse, pressoché immediatamente, sia Wirth sia Darré, tra gli esponenti politici allora più in vista, nel partito nazional-socialista. Da parte loro, anche Wust e Huth sostennero il gruppo e dichiararono autentica l’Oera Linda. Rosenberg e altri invece (Neckel e Hubner) considerarono il manoscritto un artefatto, per nulla veritiero. Evola – il tradizionalista più importante del nostro Novecento, a Vienna negli anni del secondo conflitto mondiale – fu invece tra coloro che ritennero autentico il manoscritto. Lo stesso, di lì a poco, accadde con l’esoterista cileno Miguel Serrano, che fu profondamente influenzato dall’Oera Linda, nelle sue ricerche su hitlerismo magico ed esoterismo germanico. Nella cultura esoterica di epoca successiva, l’Oera Linda riscosse notevoli e numerosi riscontri, presso i seguaci dell’esoterismo, in particolare gli studiosi neo-pagani di stregoneria e di riti celtici della Britannia antica e pre-romana.
Il misterioso libro – il cui autore ci è rimasto ignoto, anche se si sostiene che sia stato il poeta e pastore protestante François Haverschmidt – è entrato da fine Ottocento tra i classici della cultura occulta, capace come detto di influenzare il misticismo nazista e la stessa creazione dell’Ahnenerbe, ed alimentando nello stesso tempo fra i circoli dell’esoterismo hitleriano l’idea dell’esistenza storica della città di Atlantide (peraltro già avanzata dagli uomini di scienza del Seicento europeo, tra cui il gesuita tedesco Athanasius Kircher, e dai philosophes del Settecento illuministico francese). Tra le ossessioni esoteriche del Terzo Reich, come noto, vi erano infatti l’Arca dell’Alleanza, la Lancia di Longino, Excalibur, il regno perduto di Agarthi, la ricerca della scomparsa Atlantide e i culti celtici della Dea Madre: una ideologia, dalle radici anche teosofiche, che incorporava, disinvoltamente, il culto per l’età dell’oro, interessi archeologici e paleontologici verso l’età del bronzo e storici verso il Medioevo germanico (il Graal fu infatti un’altra delle ossessioni di Hitler), la mistica solare degli Indoeuropei, il richiamo al Sacro Romano Impero germanico ed asburgico, la storia prussiana di Re Federico il Grande e più in generale lo studio delle origini nordiche dell’uomo.


Storia, contenuto e paternità del manoscritto: una questione ancora aperta

L’Oera Linda è pertanto un manoscritto redatto in frisone antico, che si pone come collezione di testi, con notizie ed informazioni, di carattere storico, mitologico e religioso, riguardo alle antiche popolazioni germaniche, vissute – nell’arco di quasi tremila anni, dunque un’epoca di lungo periodo – dal XXII secolo a.C. sino alla fine dell’Alto Medioevo (il IX secolo). L’Oera Linda è divisa in sei sezioni principali, ognuna delle quali è ripartita, internamente, in capitoli (in tutto cinquantatre). Le sezioni comprendono le lettere, il Libro dei seguaci di Adela, gli scritti di Adelbrost e di Apollonia, quelli di Frêthorik e Wiljow, le opere di Konerêd ed infine alcuni enigmatici frammenti, nei quali pare riecheggiare l’ermetismo alchemico e muratorio medievale.
Non mancano nell’Oera Linda riferimenti ad eventi storici. Stando al testo, la parte maggiore dell’odierna Europa venne governata per buona parte della sua storia da forme politiche di carattere matriarcale, sotto la guida di sacerdotesse devote al culto della dea Frya – la Freya delle divinità del pantheon nordico, la dea norrena di selvaggia bellezza, viaggiatrice sotto le sembianze di una gatta, signora della fertilità, a cui erano sacre la terra, la famiglia e la cura degli animali – figlia del dio e creatore dell’universo Wr-alda e di Jrtha (la madre terra, venerata anche dai primi Druidi, la casta sacerdotale dei Celti di Britannia, i quali – oltre a essere religiosi, maghi e astronomi – eleggevano anche i loro Re, legittimando in tal modo sacralmente l’esercizio del potere politico e militare).
Nell’Oera Linda si afferma anche che gli antichi Frisoni erano in possesso di un loro alfabeto, indipendente da quello greco e fenicio. La prima parte dell’opera è denominata la Legge di Frya e – stando all’anonimo autore – è stata scritta nell’anno 2194 a.C., mentre la più recente sarebbe frutto di una compilazione di materiali anche precedenti, e risalente a metà del Duecento circa. Il testo più importante della composita raccolta pare essere il Libro dei seguaci di Adela, anche solamente per la sua estensione e centralità, nel manoscritto originario, vero perno, attorno al quale sembra ruotare l’intera narrazione. Le restanti sezioni sono alquanto frammentarie. Il manoscritto contiene, inoltre, una dettagliata descrizione di una città di nome Atland, antico nome di Atlantide. Anche questa fu, non a caso, una delle sezioni dell’opera che più piacquero a Himmler e agli esoteristi del III Reich, nella Germania degli anni Trenta.
Veniamo ora alle ipotesi inerenti all’autore. Secondo lo storico Goffe Jensma, Haverschmidt, il quale era, fra l’altro, amico di Verwijs, avrebbe composto l’Oera Linda, al fine di creare una sorta di ripresa dell’antica epica di area nordico-germanica, prendendo talora a prestito una fraseologia di stampo scritturale al solo ed unico scopo di criticare ed irridere gli estremisti cristiani di allora ed il letteralismo biblico, che a fine Ottocento era da più parti invocato (pure in America) per contrastare i trionfi della scienza sperimentale e della nuova geologia in particolare. Arrivato il libro tra le mani di Ottema, questi lo ritenne un documento autentico, principiando forse senza volerlo una autentica mitografia in merito all’Oera Linda, da allora in avanti divenuto un mistero librario, inquietante per l’eco che essa ha saputo destare.


Frammenti di atlantologia: la storia dimenticata di un continente perduto
Quale che ne fosse l’autore, il libro di Oera Linda fu stampato a Londra da Trubner, nel 1876, confermando nel sottotitolo che si trattava della versione inglese tratta da un codice manoscritto del XIII secolo. Anche al mondo anglofono, pertanto, fu indicato come serio ed autentico un testo atto a riscrivere, da capo e per intero, in maniera riveduta e corretta, la storia del mondo. Nell’Oera Linda, infatti, si raccontava che, nel terzo millennio a.C., la stessa epoca in cui vennero innalzate le grandi piramidi egizie e i cerchi megalitici di pietre a Stonehenge, nell’Europa settentrionale nacque e fiorì una grande isola-continente, abitata da una razza altamente sviluppata sul versante, sia spirituale, sia tecnologico. Nel 2193 a.C., essa scomparve misteriosamente, perduta come l’altrettanto leggendaria Atlantide della Teosofia, cancellata, letteralmente, dalla storia umana, a causa di immani catastrofi geologiche. I pochi sopravvissuti, secondo l’Oera Linda, si rifugiarono altrove, scendendo da Nord a Sud nel bacino di un Mediterraneo ancora in formazione, lasciando traccia nascosta di sé presso le civiltà di Egitto e Creta. Il libro si diffonde in particolare sulla grandezza dei Minoici, superiori per, l’anonimo autore, agli stessi Ateniesi. Uno scenario insomma straordinario e sconvolgente, inusuale per la storiografia positivistica tardo-ottocentesca, sia nel Regno Unito vittoriano sia nella Germania guglielmina.
Per i primi studiosi inglesi, tedeschi ed olandesi, il libro di Oera Linda non era un falso di età moderna, ma antico, collocabile intorno al 1730 (quando nella Francia dei primi Lumi sorse, grazie a Boulanger, philosophe radicale, un certo interesse verso la storia e geografia dell’umanità), magari alla corte del Principe di Orange-Nassau. Detto altrimenti, l’Oera Linda parve una controparte dei gaelici Canti di Ossian, scritti da James MacPherson nel 1760 e lettissimi nella Gran Bretagna degli Hannover, durante il secondo Settecento. Ma torniamo al libro. L’incipit della prima lettera portava la data dell’anno 803. Misteriosissimo anche il linguaggio dell’opera, il frisone (una forma arcaica di olandese). L’esemplare manoscritto originale recava la data 1256, su pagine ottenute con fibra di cotone, scritte con inchiostro nero, contenente altresì ossido di ferro, che spiega il colore bruno oggi proprio del manoscritto stesso.
L’Atland del libro era collocata, tutto sommato, alla stessa latitudine delle Isole britanniche (e una leggenda vuole infatti parte almeno dei Celti discendere dagli antichi Atlantidei), nello specchio di mare settentrionale, compreso fra Inghilterra meridionale e Olanda del nord. Atland fa pensare da vicino all’Atlantide platonica, descritta nel Crizia e nel Timeo, riscoperta a fine Quattrocento e – da allora – parte integrante della cultura, tanto scientifica quanto esoterica, dell’Occidente europeo. Per l’autore di Oera Linda, Atland godeva inizialmente di ottimo clima, e abbondanza di messi. Era una città quindi ricca e prospera, retta con saggezza e in pace dai suoi Re-sacerdoti. A fondarla, era stata la semi-divina Frya, dea lunare, assimilabile come detto alla Freya nordica. Da lei e dalle sue sorelle erano discese tutte le razze destinate a popolare il pianeta in futuro. Ad Atland vigeva una religione di marca monoteista. Leggende, almeno fin qui, in un libro che peraltro si presenta orgogliosamente come un resoconto storico. Il catastrofico diluvio che cancellò Atland risparmiò le isole britanniche, poiché la prima era allora situata, come i Paesi Bassi successivi, sotto il livello del mare, nel Banco di Dogger, tra le fredde e brumose acque del Mare del Nord.
Indubbiamente, Atland è una variante di Atlantide, che sino ad alcuni anni fa gli archeologi e gli storici identificavano con l’Isola greca di Santorini, nel Mar Egeo (oggi la cosa è meno sicura tra gli esperti). La cosa non quadrerebbe con il racconto platonico, che è tra le fonti di Oera Linda, dato che il continente scomparso era stato collocato dal discepolo di Socrate oltre le Colonne d’Ercole (o Stretto di Gibilterra), nel cuore, appunto, dell’Oceano Atlantico. Per altri aspetti, come sottolineato da Colin Wilson, la narrazione contenuta in Oera Linda ci suona poco familiare, anche per via degli strani nomi, impiegati e riferiti. Da questo punto di vista, l’opera non è poi tanto dissimile dal Libro di Mormon, o da Oashpe, altri libri di sedicente storia religiosamente ispirata. Altri popoli citati dal testo di Oera Linda non sono peraltro inventati: i Macedoni di Alessandro Magno, eroi nordeuropei menzionati da cronache e saghe medievali, certe regioni della Valle dell’Indo – dove, già a metà del XVIII secolo, illuministi francesi, come Voltaire e Bailly, situavano l’origine della civiltà – i Greci descritti da Strabone, i Germani di Tacito (che affascinarono le gerarchie naziste), Sassoni e Danesi, nonché le popolazioni italiche del nostro stivale. In altre parole, Oera Linda si pone come un libro naufrago del tempo, testimonianza sopravvissuta di una civiltà estinta, somma vestigia di saggezza ancestrale e perduta, versione alternativa della storia umana stessa.
Alcuni atlantisti, fra cui Robert Scrutton, si interessarono al libro di Oera Linda in ragione del collegamento fra Atland e Atlantide (evidente anche solo sul piano etimologico-fonetico). Scrutton, inoltre, collegò l’opera ad un antichissimo testo letterario, conosciuto come Le Triadi del Galles, in cui si parla anche di Re Artù (altra connessione colta in precedenza da Himmler e Rahn) e nel quale si descrive il primevo Galles come un’isola-continente unitasi alla Britannia celtica solo in seguito a una alluvione terribile. Sopravvissuti quindi del Galles originario – al pari dei superstiti di Atland – sarebbero poi approdati in Inghilterra, Germania, Francia, Italia e Crimea, portandovi e la civiltà e i culti solari, codificati dagli Indoeuropei. Secondo il testo delle Triadi, sarebbero stati gli abitanti del primo Galles a generare pertanto la cultura celtica dei Druidi e non viceversa.
Significativa, come, d’altro canto, in tutte le religioni, è la presenza in Oera Linda del diluvio, elemento ricorrente in pressoché ogni grande mito del passato: lo si ritrova non solo nella Bibbia ma anche nell’Edda, nei versi dei bardi gallesi e nei grandi poemi nordici (qui equiparato al Ragnarok), come rammentato nella seconda metà del secolo XIX, cioè quando Oera Linda fece la sensazionale comparsa sul mercato librario, dallo studioso americano di Atlantide Ignatius Donnelly, governatore del Minnesota, e dotto studioso delle origini delle antiche civiltà perdute: il padre della archeologia misteriosa, che, tra 1882 e 1883, si era dedicato a ricostruire le leggende catastrofiste dell’emisfero boreale, prefigurando la deriva dei continenti di Wegener e le future ipotesi sulla geologia terrestre, elaborate dagli scienziati nel corso del XX secolo e tutt’oggi oggetto di discussione (la stessa deriva dei continenti wegeneriana è stata ancora di recente messa in dubbio).
Da parte sua, Scrutton ha immaginato la devastazione di Atland/Atlantide e lo spopolamento delle Isole britanniche, ipotizzando l’impatto, sull’emisfero nord del nostro geoide, di un gigantesco meteorite o asteroide, andatosi a schiantare nelle vicinanze del Polo, nel Mar glaciale artico. Da ciò, sarebbe derivato uno spostamento nell’inclinazione dell’asse terrestre, ed un raffreddamento di terre come quelle settentrionali. Gli Iperborei, dei quali i Greci conservarono il ricordo, nei loro miti – tra cui quello dell’età dell’oro, presente anche nella Teogonia di Esiodo – sarebbero stati quindi i primi abitanti di Atland/Atlantide. Secondo Scrutton, un colossale proiettile astrale avrebbe così generato il cratere dell’Oceano artico, simile a quelli lunari, scoperti con il telescopio da Galileo nell’inverno padovano del 1609-1610. I ghiacciai, con la loro azione durata millenni, avrebbero trasportato poi i massi e macigni: ciclopici frammenti di pietra e roccia, disintegratisi al momento della collisione fra la nostra Terra e il corpo celeste in caduta. Descrizione in parte rinvenibile fra le controverse pagine di Oera Linda. In realtà, Atlantide fu distrutta secondo gli studiosi da un’eruzione vulcanica, invece che sommersa dall’onda d’urto della marea (anche se i vulcani sotterranei possono innescare altresì maremoti, ed ondate spaventose). A quell’epoca, la calotta polare era ricoperta di ghiaccio e la furia delle acque avrebbe investito in pieno sia Atland/Atlantide, sia le Isole britanniche, scatenando pure uno tsunami, come quello a cui dobbiamo con tutta probabilità la distruzione di Santorini prima e di Krakatoa in Indonesia poi.
Nel suo studio comparato, Scrutton ha altresì citato il Kalevala, testo sacro e poema epico del folklore finlandese, ove si narra del Sole scomparso dal cielo, e del mondo congelato. Un parallelo a dire di Scrutton da non sottostimare. La correlazione temporale situa tali accadimenti nel periodo in cui i Magiari – i primi abitatori della attuale Ungheria, come noto – e le genti finniche era ancora un solo ceppo etnico, pertanto tremila anni fa, all’incirca. Anche le mappe geografiche degli antichi Re del mare, di cui ha parlato lo storico della scienza e della geologia Charles Hapgood – collaboratore e amico di Einstein – potrebbero rappresentare una conferma cartografica della catastrofe e, dunque, dell’inabissamento di Atland, descritti nell’Oera Linda sul modello platonico-atlantideo. Visto che i carotaggi di terreno effettuati nei territori antartici, per esempio nella Terra della Regina Maud, ci dicono che l’ultimo periodo in cui le zone polari non furono ricoperte dai ghiacci risalirebbe circa al 4.000 a.C., ne consegue che le grandi civiltà perdute che redassero le mappe, studiate da Hapgood – tra cui quelle di Piri Rheis, Finé e Buache, tra XVI e XVIII secolo – fiorirono in precedenza, forse addirittura più di seimila anni fa, per venire poi dimenticate a seguito di immani catastrofi terrestri o astronomiche.
Hapgood ha sostenuto che le suddette mappe sono la testimonianza documentaria relativa ad una civiltà marittima, antichissima, ed espansa in tutto il globo terracqueo allora noto, fiorente dopo l’ultima grande glaciazione, quindi intorno al 10.000 a.C. Seimila anni dopo, questa presunta civiltà si sarebbe ampiamente sviluppata nell’Antartico e sull’isola-continente di Atland, descritta dal libro di Oera Linda, sino a emigrare in Medio Oriente, gettandovi le basi per le civiltà di Egizi e Sumeri: lo schema resta quello Nord-Sud. Una cosa perlomeno sembra essere sicura: l’esistenza delle mappe degli antichi Re del mare attesta - senza dubbio alcuno - l’esistenza storica di antichissime civiltà, di carattere marinaro, sorte molto tempo prima dell’epoca di Alessandro Magno (citato più volte, tra le pagine di Oera Linda). Carte e Libro concordano su questo aspetto. Un’altra cosa certa è che l’Oera Linda – persino avvincente in taluni passaggi, come quelli dedicati ad uccisioni e battaglie – rimane il più ambiguo e misterioso dei testi storico-esoterici: probabilmente non è autentico (anche se esso descrive fatti realmente accaduti, con l’intenzione di rivisitare completamente la storia umana), ma, in fondo, altrettanto vero è che non esistono prove inconfutabili, per dichiararlo un falso. Il mistero, pertanto, rimane e rimarrà fitto, sul confine sempre mobile tra storia e leggenda, realtà e fantasia.


Nell'immagine, una pagina manoscritta da Oera Linda.


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Documento inserito il: 22/08/2025
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