Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, personaggi storici: Salvatore Ottolenghi, il padre della polizia scientifica italiana

Salvatore Ottolenghi, il padre della polizia scientifica italiana

di Francesco Caldari


Errori giudiziari e ingiuste detenzioni: secondo un rapporto del 2021, dal 1992 al 31 dicembre 2020 le persone indennizzate dallo Stato italiano sono state circa 30.000, per un totale di 870 milioni di euro. Anche da queste cifre discende l’ingresso sin dal 2006 nel nostro ordinamento del principio dell’"oltre ogni ragionevole dubbio". È divenuto un fondamento del sistema giuridico italiano (e di molti altri sistemi giuridici nel mondo): una persona non può essere ritenuta colpevole di un reato se solo sussiste un dubbio ragionevole sulla sua colpevolezza. In altri termini, l'accusa nei confronti di un individuo deve essere provata oltre ogni ragionevole dubbio perché si possa pervenire ad una condanna. Ciò significa che per evitare errori giudiziari le prove presentate dall’accusa devono essere solide e convincenti. Le prove possono essere di diverso tipo, ma nel contesto moderno, stante il progresso tecnologico, ci si affida sempre di più a quelle scientifiche. Le analisi del DNA, le indagini balistiche o le perizie dattiloscopiche, possono fornire un contributo fondamentale per stabilire la colpevolezza o l'innocenza di un imputato. La giurisprudenza italiana richiede che queste prove siano valutate attentamente e in modo critico. Le prove scientifiche devono essere quindi acquisite e presentate nel rispetto dei principi di correttezza e imparzialità, e devono essere valutate alla luce di altre prove e circostanze del caso.
Nel corso degli anni, l'avanzare della scienza e della tecnologia ha permesso di utilizzare nuovi strumenti e metodi per raccogliere, analizzare e presentare prove scientifiche nei procedimenti penali. Ciò ha contribuito a migliorare la precisione, l'accuratezza e l'oggettività delle indagini e delle decisioni giudiziarie. La capacità di confrontare campioni di DNA provenienti da una scena del crimine (tracce biologiche, così come capelli, saliva, sangue, fibre) con quelli di un sospetto o di una vittima ha consentito di stabilire legami definitivi o escludere con certezza la presenza di una persona in un dato contesto. Per altro ciò ha portato a numerose revisioni di condanne errate e ha contribuito a identificare i veri responsabili di reati, anche mediante riapertura di casi giudiziari insoluti (così detti cold case). L'analisi balistica ha permesso di collegare proiettili, bossoli e armi da fuoco a specifici crimini o a un determinato individuo. L'evoluzione delle tecniche di analisi ha reso possibile determinare con maggiore precisione l'arma utilizzata, la distanza di sparo e altre informazioni cruciali per l'indagine.
L'utilizzo di esperti scientifici, come periti, consulenti e analisti, è diventato sempre più importante nel processo penale. Questi esperti forniscono analisi e interpretazioni oggettive delle prove scientifiche, aiutando i tribunali a comprendere e valutare l'affidabilità e la rilevanza delle prove presentate.
Ma quando e come nasce la polizia scientifica nel nostro Paese? A chi dobbiamo il suo sviluppo? Le origini vanno ricercate nel 1902-1903, con la fondazione della scuola di polizia scientifica nell’ambito della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno da parte del medico e criminologo Salvatore Ottolenghi. Nato ad Asti il 20 maggio 1861, frequentato il liceo, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Torino, dove conseguì la laurea nel 1885. Nel capoluogo piemontese divenne uno dei discepoli prediletti di Cesare Lombroso, cui si riferirà come «riverito maestro» e di cui fu assistente, nonché redattore della rivista da questi diretta, “Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia criminale”. Lombroso (il cui vero nome è curioso segnalarlo era Marco Ezechia) già medico dell’esercito italiano partecipante alla lotta contro il “brigantaggio meridionale” e nel 1866 al conflitto contro l’Austria, fondò la scuola italiana di criminologia e ha contribuito a cambiare le concezioni occidentali sull'individuo criminale. Ragionando in termini di centralità della ragione e della priorità dell'approccio scientifico, ha introdotto il concetto di "criminale nato" (il suo “L’uomo delinquente” è del 1876), applicando i principi del positivismo alla criminologia, cercando quindi di trovare spiegazioni scientifiche per il comportamento criminale, sostenendo che alcune caratteristiche fisiche e psicologiche possono essere indicative della propensione di una persona a commettere reati. Nel corso del tempo molte delle sue teorie sono state superate e sostituite da approcci più complessi e contestualizzati, ma è indubbio il suo contributo alla criminalistica modernamente intesa.
Tornando ad Ottolenghi, nel 1893 ottenne la cattedra di medicina legale all’Università di Siena, e solo due anni più tardi istituì un libero corso universitario di polizia giudiziaria scientifica e di discipline carcerarie, nel quale poté sviluppare i concetti del positivismo criminologico assimilati da Lombroso, ovvero spiegare il comportamento umano attraverso metodi scientifici e oggettivi, come racconterà “indotto specialmente dall'abisso che vedevo esistere fra le verità scientifiche e la praticità nel campo della polizia. Sorpreso di vedere così poco utilizzate le nuove conoscenze sulla natura dei rei, pensai di promuovere un corso libero universitario”. Per implementare tale approccio, il primo passo consisteva nella capacità di riempire di informazioni le vicende dei “delinquenti nati”, riportando i loro precedenti penali e le indicazioni sulle fattezze fisiche. A tal ultimo riguardo in Francia Alphonse Bertillon, funzionario di polizia del XIX secolo, era stato pioniere in questo campo, avendo sviluppato il sistema noto come "bertillonage" per schedare i criminali tramite l’identificazione antropometrica, che utilizzava misurazioni precise del corpo umano (complessivamente undici parti) quali altezza, lunghezza delle braccia e delle gambe. Il metodo di Bertillon – invero complicato e di non agevole applicazione - fu ampiamente utilizzato in molti paesi per diversi decenni. Unito alle fotografie segnaletiche ed al confronto delle impronte digitali, sarebbe stato così agevole identificare un soggetto che si fosse presentato con un nome falso dopo la commissione di un nuovo reato. Per quanto attiene alle impronte evidenti sui polpastrelli delle dita (dattiloscopia), come noto, esse sono uniche per ogni individuo, compresi i gemelli identici, poiché il processo di formazione delle impronte digitali è influenzato da una serie di fattori casuali durante lo sviluppo fetale e rimangono stabili per tutta la vita di una persona, a meno che non subiscano danni per lesioni o malattie cutanee. Anche tale scoperta risale al tardo XIX secolo. Il merito principale va al medico e antropologo britannico Sir Francis Galton, che nel 1892 pubblicò il libro "Fingerprints", in cui presentò una vasta ricerca sulle impronte digitali e sulle loro caratteristiche distintive, dimostrando scientificamente che sono uniche per ogni individuo e che non ci sono due persone al mondo con le stesse impronte digitali. Assieme egli introdusse il concetto della loro classificazione, sviluppando un sistema di identificazione (ancora oggi utilizzato) basato su archi, vortici e cicli delle creste.
Insomma, vi era a cavallo tra i due secoli un certo fermento concettuale ed operativo nell’ambito della criminalistica e conseguentemente della nascente polizia scientifica, e dei suoi “sotto-settori” della identificazione dei colpevoli e sospetti e della ricerca delle prove sul luogo del crimine.
In Italia già dal 1879 Giovanni Bolis, nuovo capo della Polizia, aveva avviato un progetto di riforme interne alla pubblica sicurezza, reso ancora più necessario dal clima del tempo e degli anni successivi, segnati da tensioni politiche e sociali fomentate da movimenti di protesta di massa e dagli attentati anarchici, ma anche dall’incremento della criminalità ordinaria, cui lo Stato rispondeva con la repressione basata su metodologie antiquate. Ottolenghi, dal suo scranno di professore universitario, si pose il problema della efficienza della polizia italiana, che doveva essere a suo avviso protagonista di una “rivoluzione” metodologica, dando vita nel 1897 con il funzionario di Pubblica sicurezza Giuseppe Alongi alla “Rivista di Polizia scientifica”. Propose quindi la formazione diretta di funzionari e l’applicazione delle moderne tecniche al capo della Polizia Francesco Leonardi che caldeggiò la questione all’attento ministro Giolitti, sì che nel 1902 nacque la Scuola di Polizia Scientifica, con 35 funzionari della Questura di Roma partecipanti al primo corso della durata di tre mesi, che possiamo definire “sperimentale”. Distaccato al Ministero – i cui vertici avevano evidentemente piena fiducia nelle innovazioni da lui proposte - nel maggio del 1903 fu intanto nominato professore straordinario di medicina legale all’Università di Roma, dove nel 1906 divenne ordinario.
L’esperienza di direzione ed insegnamento alla Scuola proseguì nel tempo. Le lezioni teoriche si alternavano a quelle pratiche dedicate alla fotografia giudiziaria, al segnalamento (dei soggetti arrestati, mediante la acquisizione anche delle impronte digitali), alle indagini di polizia giudiziaria e allo studio dell’antropologia e della psicologia applicata. Il bravo professore raccolse intorno a sé una nuova interessata platea di funzionari di polizia. Tra gli altri si distinsero per entusiasmo e preparazione Giovanni Gasti (cui dobbiamo il metodo italiano di catalogazione delle impronte digitali, così adeguato che fu superato solo nel 1997, con l'avvento dell'AFIS, l'Automatic Fingerprins Identification System, sistema digitalizzato delle impronte che possono essere ricercate da un operatore attraverso il computer), Umberto Ellero, insegnante di Fotografia Giudiziaria, e Giuseppe Falco. La Scuola ebbe un tale successo che dal 1921 attivò corsi per gli ufficiali delle guardie regie, dal 1924 per gli ufficiali dei carabinieri e dal 1927 per gli ufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale.
Di rilievo segnalare anche il respiro internazionale che Ottolenghi seppe dare alla polizia scientifica made in Italy: la Scuola ebbe scambi con quelle di diversi paesi, non mancando di partecipare al primo congresso internazionale di polizia giudiziaria che si tenne nel Principato di Monaco nel 1914 ed al terzo congresso internazionale di polizia di Anversa del 1930.
Ottolenghi è stato un vero precursore. Sull’onda degli insegnamenti di Lombroso e della scuola positivista volle e seppe modernizzare la polizia italiana, vincendo resistenze di carattere culturale ma anche ottenendo appoggio da illuminati vertici del Ministero, tanto da creare la Scuola di Polizia Scientifica (che a partire dal 1925 prenderà il nome di Scuola superiore di polizia) e dando un importante contributo ad aspetti operativi altrimenti non sufficientemente considerati: tra l’altro introdusse un nuovo tipo di documento, denominato “cartellino segnaletico”, più semplice e speditivo rispetto al complicato “ritratto parlato” di Bertillon; inoltre comprese che la dattiloscopia era cruciale soprattutto in sede di sopralluogo sul sito ove era stato commesso un delitto, documentando questo fotograficamente e definendo una serie di regole e una terminologia accuratamente codificata per rendere uniformi le relazioni eseguite.
Divulgò i case study nel Bollettino della scuola ed a proposito appare curioso riportarne uno, reperibile nel fascicolo del 1929. Ci si riferisce ad un tale arrestato e segnalato il 6 dicembre 1927che aveva riferito alla Questura di Forlì di chiamarsi Pietro Vitrovic, nato in Jugoslavia nel 1904. Dalla Questura inviano quindi le impronte al Casellario Centrale di Identità, limitandole però alle sole dita della mano sinistra, perché si giustificano, “la mano destra è rattrappita, per probabile lesione, come lascia presumere una cicatrice lineare che si nota nella faccia anteriore”. Inoltre, Vitrovic è muto, ed evidentemente è impossibile avere da lui chiarimenti. Dal casellario Centrale fanno presente che le sole impronte inviate non sono sufficienti per una identificazione compiuta, ed invitano la Questura di Forlì a far esaminare il sedicente jugoslavo da un medico per accertare se sia possibile “prendergli” le impronte complete. Passa poco più di un mese e la Questura risponde alla sollecitazione: prese tutte e dieci le impronte delle dita, il soggetto “uscì dal mutismo simulato, e dichiarò di chiamarsi VUHELIC Pietro, accertandosi che non era affetto dalle imperfezioni fisiche lamentate”. Oltre a ritrovare la voce, il Casellario, con le nuove impronte, è in grado di scovare altri quattro segnalamenti (a Trieste, Venezia, Udine e Siena) con un avviso per ricerca da tale ultima Questura. Quando si dice che la Polizia Scientifica fa miracoli!
Salvatore Ottolenghi mantenne l'incarico di direttore della Scuola e l'insegnamento universitario sino alla sua morte, che avverrà il 28 di giugno del 1934 a Roma.


Nell'immagine, Salvatore Ottolenghi, medico e criminologo.


BIBLIOGRAFIA

L. Garlati, Alle origini della prova scientifica: la scuola di polizia di Salvatore Ottolenghi, in Rev. Bras. de Direito Processual Penal, Porto Alegre, v. 7, n. 2, p. 883-934, mag.-ago. 2021.


FILMOGRAFIA

"Quelli della scientifica", Regia: Agostino Pozzi, Raiplay, Trasmissione televisiva reperibile su
https://www.raiplay.it/programmi/quellidellascientifica, 2023.


SITOGRAFIA
L. Schettini, OTTOLENGHI, Salvatore su https://www.treccani.it/enciclopedia/salvatore-ottolenghi_(Dizionario-Biografico)/ M. Dalena, Salvatore Ottolenghi e la scuola di polizia scientifica, su https://www.storicang.it/a/salvatore-ottolenghi-e-scuola-di-polizia-scientifica_15349

Documento inserito il: 11/12/2023
  • TAG: Ottolenghi, Lombroso, Polizia Scientifica, Ministero dell’Interno, Bertillon

Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy