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Archeologia del sottosuolo parte IIa: Definizione di cavità artificiale

1. La cavità artificiale

La cavità artificiale è il manufatto ottenuto attraverso l’asportazione, nel suolo e nel sottosuolo, di terreno o di roccia per ricavare un ambiente sotterraneo destinato a una specifica funzione. Tale opera sotterranea possiede almeno due pareti, una volta e un piano di calpestìo. Può autosostenersi oppure essere dotata di strutture interne di contenimento, oppure portanti. Per rendere la cavità artificiale consona alle caratteristiche richieste può essere rivestita parzialmente o completamente con argilla, malta, legno, muratura. Le superfici interne possono anche essere prive di qualsiasi copertura.

Tali opere sotterranee possono essere ricavate sia al di sotto del piano di campagna, e quindi sotto il classico “piano di calpestìo”, sia perforando i fianchi di rilievi collinari o montuosi. Come esempi si ricordano i tunnel stradali, alcuni particolari cunicoli idraulici etruschi privi di rivestimento, oppure tombe e catacombe scavate nel tufo e nella trachite. Altri esempi sono dati dagli acquedotti sotterranei resi impermeabili con malta idraulica per preservare il liquido.

In altri casi, come ad esempio nelle cosiddette “gravine” delle Murge apulo-lucane in Italia, si sono scavati i fianchi delle valli di erosione fino ad ottenere abitazioni, luoghi di culto e tombe. Le opere militari sotterranee sono spesso rinforzate internamente con muri e pilastri in pietra o in cemento armato, per contenere le spinte del terreno e gli effetti delle bombe. In molte miniere abbiamo invece le strutture di sostegno e di contenimento in pietra, in muratura, in legno e, in quelle più recenti, anche in metallo. Questo per evitare i cedimenti strutturali, o per limitarne gli effetti, anche all’incontro con materiali incoerenti.

La cavità artificiale ha dimensioni variabili. Può essere composta da un solo ambiente oppure articolarsi in più vani e su uno o più livelli tra loro comunicanti. Può avere uno o più accessi e, in situazioni particolari, essere dotata di finestrature o lucernari a gola di lupo che danno all’esterno.


2. Altre opere considerabili come cavità artificiali

Si è constatato che circoscrivere le ricerche agli ambienti inequivocabilmente sotterranei, quindi con ben delineate caratteristiche, è riduttivo, se non fuorviante. Vi sono innumerevoli altri tipi di ambienti che devono essere compresi nel catalogo, anche se talvolta hanno solo una parvenza di sotterraneità.

Si pensi semplicemente a una “fossa” praticata nel terreno. La differenza tra questa “buca” e un pozzo artesiano profondo 80 metri sta essenzialmente nelle dimensioni: non sempre si avrà la necessità di studiare e censire una “buca” profonda poche decine di centimetri, mentre un pozzo sarà sempre oggetto d’indagine. In ogni caso i pozzi non sono comunemente dotati di volta di copertura e il loro fondo non è assimilabile a un piano di calpestìo. Lo stesso dicasi di particolari cisterne, costituite da una semplice perforazione del terreno di forma cilindrica o subcilindrica.


Gli scavi a giorno che si evolvono nel sottosuolo, come in talune cave e miniere, occorrerà considerarli nella loro totalità e non limitarsi alla sola parte sotterranea. Acquedotti, fognature, cunicoli e gallerie di contromina, opere di percorrenza, possono essere stati realizzati in trincea e poi ricoperti con terra o materiale di riporto, risultando oggi, a tutti gli effetti, sotterranei. Inoltre, taluni canali, rogge e fossati, posti a protezione di cinte murarie, a seguito di mutate esigenze ed espansioni del tessuto urbano, vengono generalmente dotate di volta di copertura e relegate nel sottosuolo.

Varie fortificazioni bastionate del XVII e XVIII conservano al loro interno ambienti assai articolati, con casematte, depositi, cisterne e passaggi coperti di collegamento con adiacenti strutture. Seppure si tratti generalmente di costruzioni in elevato i loro ambienti presentano le caratteristiche proprie delle cavità artificiali. Inoltre tali manufatti possono essere oggi totalmente ricoperti di terra. Non è raro osservare come in qualche costruzione militare siano stati ricavati a posteriori cunicoli di mina per la demolizione, oppure di contromina per potenziarne la capacità difensiva: angusti e bui, sono tranquillamente oggetto d’indagine.

Nel campo delle cavità naturali si osserva come varie grotte siano state interessate da attività estrattive. Studiando le cave e le miniere non si può non considerare ogni genere di coltivazione, dunque includendo quelle operate in grotta e senza quantificare l’entità dell’intervento. Non si terrà quindi in considerazione il sistema di catalogazione speleologico in base al quale solo le cavità naturali aventi le superfici interne modificate artificialmente in misura superiore al 50%, sono da considerarsi artificiali. Anche poche tracce risultano talvolta sufficienti a fornire dati, indizi, i quali rimangono sempre e comunque informazioni valide soprattutto se inserite in contesti più ampi.

Per estensione, tutte le grotte che rechino tracce di lavoro umano possono essere catalogate tra le cavità artificiali. S’includerebbero così anche le sepolture: si lascia chiaramente al senso pratico e soprattutto alle competenze di chi indaga l’operare una consona selezione. Una semplice deposizione non fa necessariamente della grotta una “cavità artificiale”. Di contro, l’erezione di murature per la costruzione di un sacello, oppure di una fortificazione, danno luogo ad una catalogazione in tale senso.

Le stesse “vie cave” (strade in trincea) costituiscono un motivo di studio, soprattutto in considerazione del fatto che lungo tali percorsi si aprono sovente delle cavità artificiali. Lo stesso dicasi per le trincee militari. Alla luce dei lavori condotti, si può constatare come le operazioni di ricerca e di studio siano state svolte anche in ambienti non propriamente sotterranei. Tornando agli acquedotti ipogei, questi possono presentare parti a giorno il cui condotto interamente in muratura correrà su arcate o sostruzioni: sovente, nello studio dell’intero manufatto, non si potrà prescindere dal suo totale esame. Questo vuol dire che lo studio di una semplice cavità può comportare un’estensione delle ricerche nel senso più ampio del termine.

La funzione assolta da un manufatto così realizzato ne determina l’appartenenza a una specifica tipologia. Occorre considerare che l’opera non è sempre il frutto di un intervento unico e, al momento della nostra indagine, può risultare articolata in più fasi distribuite lungo un variabile arco temporale. In linea di massima la cavità artificiale può essere stata soggetta anche a interventi che ne hanno mutato sia la struttura sia l’originaria funzione.

L’analisi e la distinzione per la formulazione di una casistica sono quindi risultate complesse ed inutili, tanto da considerare che gli innumerevoli ambienti censibili come “cavità artificiali” potessero avere in comune i soli fattori:
- scarsezza o assenza di luce;
- percorribilità non sempre agevole.


3. Opere da considerare “cavità artificiali”

Si riconoscono e si censiscono come cavità artificiali i tipi di manufatti sotto elencati, considerandoli senza operare altra distinzione se non quella che li classifica in una ben precisa tipologia e nella relativa sottotipologia.

1. Opere realizzate dall’Uomo che s’inoltrino nel suolo e nel sottosuolo.
2. Opere costruite all’interno di trincee e coperte a lavoro ultimato come, ad esempio, taluni acquedotti oppure alcune opere difensive.
3. Opere realizzate a cielo aperto e successivamente dotate di copertura come, ad esempio, i corsi d’acqua e i canali artificiali dotati di volta, sia essa coeva o posteriore all’impianto idraulico stesso.
4. Opere costruite fuori terra e successivamente ricoperte sia artificialmente che a seguito di eventi naturali.
5. Particolari ambienti come i locali “a prova di bomba”, le casematte ed i forti moderni, nonchè le opere di mina e contromina realizzate anche all’interno degli alzati, sia in fase con il manufatto che ricavati successivamente mediante uno scavo, anche in rottura di muro.
6. Cavità naturali interessate da attività estrattive.
7. Cavità naturali antropizzate, ovvero le grotte che rechino tracce di ampliamento o semplice adattamento per mano dell’Uomo, oppure costruzioni a carattere difensivo, insediativo, cultuale, etc.


4. Perché l’uomo realizza cavità artificiali

Soggiacendo alla forza di gravità l’acqua s’infiltra e scorre nel sottosuolo creando le proprie vie e dando luogo a gallerie, meandri, saloni ricchi di concrezioni e pozzi anche di notevoli dimensioni. Si vengono così a generare le grotte, ovvero le cavità naturali. L’essere umano, da parte sua, rispondendo o “soggiacendo” alle richieste continue e pressanti del vivere comunitario, imposte da una societas in costante sviluppo, ha realizzato innumerevoli opere nel tentativo, reale o illusorio, di sfruttare a proprio vantaggio ciò che la Terra gli offriva più o meno velatamente; anche ricavandole nel sottosuolo.

Ma la cavità naturale ha unito agli indiscussi vantaggi anche fattori quali umidità, stillicidio, frequentazione da parte di animali e ubicazione non sempre vicina alle esigenze dei loro possibili fruitori. Si suppone che in origine l’essere umano abbia adattato a sé alcune cavità naturali, ma che da esse abbia tratto spunto per realizzarne di proprie, artificiali, secondo acquisiti intendimenti.

Dall’adattamento di grotte e dallo scavo di abitazioni rupestri, protrattisi fino ai nostri giorni, sono venuti a svilupparsi agglomerati urbani anche di rimarchevole estensione. La ricerca di materiali per la fabbricazione degli utensili può aver indotto prima a raccogliere quanto vi era sul terreno e in seguito a cavare pietre, come la selce, direttamente dai punti di affioramento, sia a giorno che in cavità naturali. Seguendo gli strati di rocce da utilizzare, come ad esempio la selce, l’Uomo non ha fatto altro che approfondire gli scavi, creando ambienti sotterranei. Quando si è scoperto che particolari rocce celavano all’interno i minerali e questi si potevano trattare ottenendo metalli, le attività di ricerca e di estrazione si sono sviluppate quasi ovunque nel mondo.


Entrando nell’Età dei Metalli si è avuto un vero e proprio mutamento di vita, probabilmente analogo a quello avvenuto nel Neolitico con la scoperta dell’agricoltura (Giardino C., I metalli nel mondo antico. Introduzione all’archeometallurgia, Roma-Bari 1998, p. 4). Dalle coltivazioni minerarie è assai probabile che si sia compresa, o comunque specializzata, la tecnica di operare scavi e condottare le acque sia a scopo di drenaggio, sia per la ricerca di falde freatiche indispensabili all’approvvigionamento idrico degli insediamenti in via d’espansione.

Secondo Forbes la graduale applicazione dei metodi di ricerca delle acque è stata data dall’osservazione della natura unita all’esperienza acquisita nelle ricerche minerarie con lo scavo di gallerie (Forbes R.J., Ingegneria idraulica e impianti sanitari; in AA. VV., Storia della Tecnologia, 2, Le civiltà mediterranee e il medioevo, II, Torino 1993, pp. 674-706). Rimane fondamentale l’importanza dell’agricoltura. La produttività e l’incremento demografico sono frutto dell’acquisizione, dell’applicazione e del costante miglioramento delle tecniche d’adattamento del suolo. Drower afferma che, dove l’acqua è naturalmente insufficiente, l’irrigazione di acqua ai seminati è inseparabile dal prosciugamento, ossia dalla rimozione dell’acqua superflua dal terreno (Drower M.S., Fornitura di acqua, irrigazione e agricoltura, in AA. VV., La preistoria e gli antichi imperi, Storia della Tecnologia 1, II, Torino 1993, pp. 528-566).

Non si può escludere che l’osservazione di un corso d’acqua uscente da una grotta, o da una semplice fenditura del terreno, abbia suggerito di andare a scavare la roccia laddove necessitava una fonte di approvvigionamento idrico. Come precedentemente accennato, la consuetudine di vivere nella natura, osservandola e sviluppando particolari “sensibilità”, ha condotto a individuare con buona approssimazione i luoghi utili allo scavo: l’uomo di un tempo era senz’altro meno sprovveduto di quello che noi oggi possiamo ritenere, o essere, nell’azionare un trapano a batterie o ruotare semplicemente il rubinetto. Il culto dei morti è ovunque diffuso e in sua funzione si sono realizzate cavità artificiali di varie forme e sviluppo. Ugualmente, le varie credenze religiose hanno portato a realizzare, anche nel sottosuolo, particolari luoghi di culto e di devozione.

Considerando le cavità artificiali nella loro globalità, occorrerà intuire cosa ha condotto l’Uomo a scavare il sottosuolo e come determinate esigenze legate alla sopravvivenza, nonché al miglioramento delle proprie condizioni di vita, gli abbiano consentito di sviluppare architetture ipogee, a tutt’oggi in corso di evoluzione.

In via suppositiva si può immaginare che il vivere nella natura lo abbia portato ad osservare anche i comportamenti e le abitudini di alcuni animali, traendone insegnamento, se non anche lo spunto. I motivi di applicazione non gli sono venuti poi a mancare. In generale, si possono verosimilmente proporre le seguenti motivazioni:
- necessità di un luogo protetto;
- culto anche dei morti;
- sfruttamento delle risorse del sottosuolo;
- necessità di ambienti adatti alla conservazione di derrate alimentari;
- necessità di ambienti adatti alla conservazione dell’acqua;
- smaltimento dei rifiuti in senso generale;
- necessità di aumentare l’approvvigionamento idrico.


5. Monumenti sotterranei

La Terra è uno scrigno di testimonianze storiche, architettoniche, archeologiche ed esiste un mondo sotterraneo, frutto di attività economiche e sociali, di vita quotidiana e di cultura, che generazioni di maestranze di cavatori e muratori hanno lasciato a testimonianza del proprio passaggio. Così com e ha costruito in superficie, nel corso del tempo l’Uomo ha perforato il sottosuolo creando “spazi”. Ha lasciato delle architetture sostanzialmente integre, leggibili e pertanto studiabili, recuperabili e talora fruibili.

L’impennata tecnologica del Ventesimo secolo ha fatto perdere la cognizione dello scavo manuale e la cultura dell’acqua, che un giorno potrebbe tornare utile e già da oggi migliorerebbe le condizioni di vita in tante aree. Tali “saperi” vanno quindi ricercati, studiati e recuperati. Non sempre di facile percorrenza, gli ambienti sotterranei richiedono l’applicazione di un procedimento d’indagine che ne permetta lo studio, la comprensione e la catalogazione.


6. Indagare il sottosuolo

In un territorio soggetto alle attività umane le cavità artificiali sono presenti quasi ovunque. Generalmente sono concentrate nelle aree urbane, le quali conservano un maggior numero di cavità rispondenti a molteplici e differenziate esigenze. Se il divenire di un insediamento è sostanziato di distruzioni, riedificazioni e ampliamenti è ovvio che questi processi vadano a coinvolgere preesistenti sotterranei, che possono quindi rimanere di volta in volta inglobati in nuove cavità, riutilizzati con diversa funzione, oppure interrati o semplicemente obliterati.

Data la varietà e talora lo sviluppo planimetrico delle opere sotterranee, la ricerca in ambito urbano riveste senza dubbio carattere di forte interesse. Specie se, come spesso accade, le vengono affiancate indagini di superficie con l’obiettivo di comprendere l’evoluzione di un sito nel tempo. Inversamente, lo studio del medesimo sviluppo può condurre a indagare il sottosuolo per rintracciare particolari ambienti sotterranei che completino il quadro delle acquisizioni. Meglio ancora se la complessità e la cronologia del sito stesso possono essere valutati anche tramite uno scavo archeologico. Bisogna considerare le città come organismi in perenne movimento. La loro comprensione non può rimanere limitata alle volumetrie emergenti. Calandosi nel sottosuolo si possono percorrere chilometri di opere nate come sotterranee, oppure divenute tali con l’innalzamento dei suoli e la crescita urbana. Pertanto, lo studio degli impianti urbani deve tenere conto delle realtà sotterranee.

Nelle aree extraurbane possiamo trovare cavità artificiali che si sono venute a creare a servizio delle città in espansione, come ad esempio le cave di materiale lapideo da costruzione, oppure gli acquedotti sotterranei per l’approvvigionamento idrico. Estranee all’ambito strettamente urbano abbiamo, ad esempio, le miniere, le quali possono avere condizionato l’assetto territoriale circostante. Si può avere la creazione di nuove viabilità, taglio dei boschi, creazione di carbonaie ed opifici, talvolta concentrando nel tempo un considerevole numero di persone tanto da dare luogo allo sviluppo di veri e propri articolati insediamenti.


7. Una caratteristica dei manufatti sotterranei

Se le costruzioni in alzato sono soggette a rifacimenti, ampliamenti, distruzioni e drastiche riedificazioni, si può considerare che le opere ipogee, e quante divenute tali nel tempo, si siano meglio conservate appunto per la peculiarità di essere sotterranee. E un manufatto sostanzialmente integro è più facilmente studiabile ed eventualmente recuperabile. Di contro, eventuali riutilizzi e conseguenti cambi di funzione lasciano più difficile la ricostruzione delle forme primitive: ci si trova innanzi a unità stratigrafiche negative che per la loro stessa natura tagliano e cancellano le fasi precedenti. In ogni caso si parlerà sempre di un ambiente leggibile.


8. Unità Stratigrafiche Positive e Unità Stratigrafiche Negative

Particolari fenomeni e azioni producono un asporto e un apporto di materiale nell’ambiente in cui viviamo. Un’alluvione può determinare delle frane, con asporto di materiale e deposizione dello stesso in altro luogo. Il semplice fluire di un corso d’acqua incide il suolo approfondendo l’alveo e a valle deposita il prodotto dell’erosione. L’uomo cava materiale dal suolo e costruisce edifici. Oppure scava canali e innalza le loro sponde con terrapieni. Si vengono così a creare nel tempo delle unità stratigrafiche, sia negative sia positive. Tali unità stratigrafiche hanno dei rapporti fisici tra di loro: una Unità Stratigrafica può coprirne un’altra: il crollo di un muro può coprire il crollo del tetto dell’adiacente edificio. Oppure si può appoggiare a un’altra: un pavimento in terra battuta si appoggia ai muri di un ambiente. La può anche tagliare: lo scavo di un pozzo taglia un piano di calpestìo. In sintesi, le relazioni fisiche tra le Unità Stratigrafiche sono le seguenti: copre/è coperto da; gli si appoggia/si appoggia a; è tagliato da/taglia; si lega a/è uguale. Questi rapporti fisici determinano una sequenza temporale relativa delle Unità Stratigrafiche, cioè ci permettono di capire quale viene prima e quale viene dopo. Barker ricorda che l’accurato studio di un sito e la registrazione dei fenomeni in esso osservabili sono necessari a stabilire come si sono formati gli strati. Ogni costruzione, come palizzate, fossati, bastioni, nonché qualsiasi altra forma di antropizzazione, lascia una traccia. La sequenza delle tracce consente la comprensione degli eventi succedutisi nel sito (Barker P., Tecniche dello scavo archeologico, Milano1977, p. 236).

Se l’US (unità stratigrafica) 1 copre l’US 2 vuol dire che US 1 è più recente di US 2, così come se l’US 3 taglia l’US 4, US 4 è più antica di US 3. Se l’US 5 si lega a US 6 vuol dire che queste US sono contemporanee. In generale si può dire che tutte le forme di stratificazione siano esse dovute a fattori naturali o artificiali siano il risultato di erosione/distruzione; movimento/trasporto; deposito/accumulo: «Il concetto di unità stratigrafica mira dunque a ridurre le diverse azioni e i loro rapporti nello spazio allo stesso grado di astrazione dei rapporti stratigrafici, cioè a dire della cronologia relativa. Il che equivale a ridurre un muro o una fogna allo stesso livello di semplicità di un prima e di un poi. Per fare ciò occorre passare dall’identificazione topografica di un’azione alla sua identificazione numerica. Il muro diventa il numero 1003 e la fogna il numero 1027, per poter arrivare a pensare e a dire con facilità che 1027 taglia 1003 ed è quindi posteriore» (Carandini A., Storie della terra. Manuale di scavo archeologico, Torino 1996, p. 75). Le cavità artificiali si possono anche definire delle “unità stratigrafiche negative”. Se una cisterna è tagliata da una cava di calcare, la cisterna sarà precedente; così come una cisterna che reca al suo interno i resti di un cunicolo sarà successiva al cunicolo stesso. Identico concetto lo si può applicare allo studio delle miniere considerando che una Unità Mineraria taglia (asporta) un’altra, o copre/è coperta, etc. (Casini A., Cascone G., Un contributo alla definizione della metodologia di studio e di rilevamento delle attività minerarie d’età preindustriale, in Padovan G. e Riera I. (a cura di), Atti del XV Congresso di Speleologia Lombarda (Sant’Omobono Imagna Terme, 2-3 ottobre 1999), Vol. 3 - Speleologia in Cavità Artificiali, Milano 2000, pp. 93-122).


9. Trinomio di base

Le cavità artificiali si possono incontrare ovunque: al di sotto di centri urbani, in isolate e quasi inaccessibili località montane e persino in zone lagunari. Ad esempio, la città di Venezia è ricca di pozzi e di cisterne. Nell’approccio allo studio di un sito occorre capire quali siano le possibilità esplorative dal punto di vista ipogeo. Il trinomio “terreno geologico - carattere della sede fisica - storia del luogo” è un criterio utile per individuare le aree con la possibile presenza di architetture sotterranee.

Il risultato delle analisi di ognuno dei punti del trinomio deve produrre una carta tematica che presenti i caratteri geologici della zona, le caratteristiche morfologiche, l’individuazione delle sorgenti e delle fonti, gli eventuali giacimenti minerari, la dinamica del popolamento con la localizzazione delle emergenze architettoniche e/o archeologiche e le tracce delle viabilità articolate cronologicamente.


10. Terreno geologico

Un sottosuolo composto da rocce resistenti, come i porfidi e i graniti, presenta una certa durezza e nessuna docilità allo scavo. Vi troveremo principalmente opere di estrazione, ovvero cave e miniere. Laddove la roccia è più tenera, come ad esempio nei tufi, riscontreremo una maggiore presenza di altri tipi di cavità artificiali.

In terreni sciolti, come in una pianura alluvionale, si può invece rilevare l’esistenza di opere ipogee estese orizzontalmente. Saranno anche superficiali, dal momento che in queste condizioni la falda freatica si può incontrare a pochi metri di profondità. I depositi incoerenti sono relativamente facili da scavare, seppure obblighino a costruire robuste armature e rivestimenti, data la loro incapacità strutturale ad autosostenersi.

La determinazione delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche del sito andrebbe effettuata, se possibile, già nella fase di studio preliminare e contemporaneamente all’esplorazione delle eventuali cavità artificiali presenti. La conoscenza geologica del sottosuolo può aiutare a identificare le condizioni di stabilità degli ipogei, prevedendo il grado di sicurezza in cui si andrà a operare.

Le spinte esercitate dal terreno alle pareti di una cavità dipendono dalla granulometria, dalla proprietà coesiva, dal grado di costipamento e d’imbibizione del terreno stesso, dalle geometrie e dalle dimensioni della cavità e dalle discontinuità (fratture e faglie) (Bassi P., Berto R., Perletti F., Inquadramento geologico regionale del territorio di Milano, in Padovan G. (a cura di), La fortezza celata. I sotterranei del Castello Sforzesco di Milano, Vigevano 1996, pp. 20-33). Il confronto tra la composizione geologica di un contesto e l’analisi delle cavità può aiutare a comprendere le conoscenze delle maestranze e la strategia di scavo adottata.


11. Carattere della sede fisica

Le posizioni emergenti sul terreno circostante sono state scelte sovente per l’impianto d’insediamenti e di fortificazioni. Si prestavano meglio alla funzione di controllo del territorio e della viabilità. Conseguentemente potevano prevenire eventuali azioni offensive grazie alla superiore visuale. Se naturalmente dotate di fianchi scoscesi o dirupati facilitavano anche il compito difensivo. Per quanto si possa desumere dalle fonti storiche e dagli scavi archeologici, fin dall’antichità l’uomo ha prediletto per i propri insediamenti i luoghi dove erano presenti le fonti d’acqua per soddisfare i propri fabbisogni. Ma non sempre si sono scelti luoghi contemporaneamente difendibili, o comunque eletti a dimora, e naturalmente provvisti d’acqua sorgente o con la presenza di un acquifero non troppo profondo a cui attingere. In tali casi gli insediamenti saranno stati inizialmente dotati almeno di cisterne per la raccolta dell’acqua meteorica, le quali possono essere andate ad aumentare in numero e in grandezza con l’espansione urbana, migliorando le tecniche d’immagazzinamento e di stoccaggio. In aggiunta, l’acqua potabile si poteva ottenere anche mediante la costruzione di acquedotti.


12. Storia del luogo

Come ipotetico esempio prendiamo una città edificata su di un rilievo, con le seguenti caratteristiche:
1. substrato roccioso facilmente scavabile;
2. scarsità o assenza di sorgenti d’acqua potabile;
3. vita storica intensa, articolata e prolungata nel corso del tempo;
4. superficie di alcuni ettari;
5. sovrapposizione di architetture.

Da subito possiamo prevedere l’esistenza di cavità artificiali, con precise caratteristiche e destinazioni.
1. Le cavità artificiali sono qui il frutto di uno scavo effettuato nella matrice rocciosa, tramite la perforazione dello strato di suolo incoerente, con la realizzazione di opere di contenimento più o meno profonde a seconda della potenza stessa dello strato non compatto incontrato.
2. Possono esservi opere destinate a:
- a. sfruttamento di modeste sorgenti mediante scavi sotterranei;
- b. raccolta e stoccaggio dell’acqua meteorica;
- c. condotta di acqua potabile dal territorio circostante;
- d. opere destinate allo smaltimento.
3. Diversi e diversificati impianti sono serviti a garantire la vita stessa dell’insediamento, anche ricavando nel sottosuolo opere civili, religiose e militari.
4. Più la superficie dell’insediamento è vasta, maggiore è la possibilità d’incontrare opere ipogee articolate e diversificate.
5. La stratificazione di un sito va generalmente a determinare la sovrapposizione di costruzioni, con la possibilità di un innalzamento dei piani di calpestìo esterni e la sopravvivenza di ambienti al di sotto di essi.


13. Comprensione della funzione di una cavità artificiale

Come ogni altro manufatto le opere sotterranee sono il frutto di una intenzione supportata dall’applicazione della volontà alle proprie risorse, sia materiali che intellettive. Posti innanzi a svariati esempi possiamo dire che tutti dimostrino una volontà, sia espressa liberamente, sia tramite coercizione. Non sempre siamo in grado di stabilire l’intenzione, ovvero che cosa si è voluto realizzare con lo scavo. Nel corso del tempo la destinazione d’uso dell’ipogeo può essere stata modificata e la struttura può avere subito trasformazioni tali da nascondere o cancellare quella originaria. Se possiamo plausibilmente dedurre la funzione o le funzioni da oggettive considerazioni, può capitare che la comprensione di alcune sue parti rimanga all’oscuro. Almeno ad un primo esame.

Condurre le operazioni nelle cavità artificiali significa quindi esplorare e acquisire una messe di dati quanto più completa possibile, compatibilmente ai fattori contingenti. I seguenti punti ci permettono innanzitutto di avere dei solidi dati di base su cui impostare il lavoro di conoscenza diretta dell’ipogeo:
- prospezione sistematica per l’individuazione degli accessi;
- inquadramento geologico;
- inquadramento geografico e topografico;
- contesto storico, architettonico, archeologico.

I principali lavori da svolgere in una cavità artificiale sono:
- esplorazione;
- rilievo in pianta e in sezione;
- documentazione fotografica;
- documentazione video;
- raccolta di ogni dato inerente l’ipogeo.

Quanto acquisito richiede la conoscenza dell’ambito in cui si opera: osservazioni, comparazioni, ricerche d’archivio e a carattere toponomastico diverranno elementi necessari alla completezza del lavoro, finalizzato alla comprensione del manufatto e alla ricostruzione del suo percorso storico. Seppure non sempre possibile o fattibile, l’indagine stratigrafica rimane uno strumento valido. Ogni cavità può inoltre costituire una nicchia ecologica, la cui indagine dal punto di vista biospeleologico fornisce solitamente dati d’indubbio interesse sulla fauna che vi transita o vi dimora. Occorrerà altresì essere a conoscenza, almeno nelle linee generali, dei vincoli a cui sono soggette le opere ipogee, interessandosi della relativa legislazione.

Dal momento che la raccolta di dati, la restituzione grafica e la documentazione possono avvenire in ambienti “difficoltosi” è auspicabile la conoscenza della metodologia speleologica e la consapevolezza degli eventuali rischi che l’attività comporta. Rimane chiaro come la predisposizione e l’allenamento alla permanenza in un ambiente non usuale permetta di operare con tranquillità e sicurezza, a tutto vantaggio del lavoro da svolgere. In vari casi la difficoltà di progressione, la pericolosità di alcune situazioni e la consapevolezza di dovere operare sempre in sicurezza, determinano la necessità di applicare una metodologia rigorosa e una strategia d’indagine tali da poter ottenere il massimo risultato con il minimo rischio. Si consideri infine come l’attrezzatura speleologica possa talvolta essere utile anche in opere non propriamente sotterranee.


14. Ricerca ed elaborazione

Come per ogni lavoro, alle parole devono seguire i fatti. Riassumendo i concetti precedentemente espressi, è possibile elencare alcuni punti fissi per lo svolgimento dell’indagine presso un manufatto ipogeo:
- Esame della cartografia, delle foto aeree e/o satellitari.
- Ricerca sistematica e individuazione.
- Capacità di accesso e di permanenza nel sottosuolo.
- Inquadramento geologico, geografico e topografico.
- Realizzazione del rilievo planimetrico.
- Documentazione del contesto.
- Analisi delle evidenze materiali.
- Documentazione fotografica e cinetelevisiva.
- Ricerche a carattere storico, architettonico, archeologico, toponomastico, biospeleologico, giurisprudenziale, etc.
- Restituzione, elaborazione e sintesi dei dati raccolti.
- Pubblicazione.

Di Gianluca Padovan


Si ringrazia Gianluca Padovan, dell'Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano e della Federazione Nazionale Cavità Artificiali, per l'invio ed il permesso alla pubblicazione di questo articolo.
Documento inserito il: 29/11/2014
  • TAG: archeologia sottosuolo, cavità artificiali, definizione, monumenti sotteranei, caratteristica manufatti sotterranei, unità stratigrafiche, trinomio base, terreno geologico, carattere sede fisica, storia luogo, funzione cavità, ricerca, elaborazione

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