Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: Delazioni e soprusi: la disintegrazione morale della R.S.I. nei documenti d’archivio
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Delazioni e soprusi: la disintegrazione morale della R.S.I. nei documenti d’archivio

di Francesco Cappellani


Il 12 settembre 1943 l’ufficiale delle Waffen SS Otto Skorzeny libera Mussolini dall’albergo di Campo Imperatore sul Gran Sasso dove si trovava prigioniero dal 27 agosto dopo essere stato deposto e fatto arrestare la mattina del 25 luglio dal re Vittorio Emanuele III a seguito del voto di sfiducia del Gran Consiglio del fascismo del giorno prima. Il Re nomina capo del governo il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Termina così, dopo quasi 21 anni, il governo fascista; le truppe del Reich invadono l’Italia, recuperano Mussolini che viene trasferito a Monaco e poi alla “tana del lupo” a Rastenburg dove lo attende Hitler ed una schiera di gerarchi fascisti: Farinacci, Pavolini, Ricci e Giovanni Preziosi, fanatico antisemita che Mussolini considerava, riferendosi al passato da sacerdote, “un essere repulsivo, vera figura di prete spretato”. Il 15 settembre viene annunciato che “Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del fascismo in Italia”. Nasce il 23 settembre la Repubblica Sociale Italiana, R.S.I., con alcuni ministri della vecchia guardia tra cui, per gli interni, Guido Buffarini Guidi, definito da Montanelli nella sua Storia d’Italia “piccolo ed adiposo Fouché del vecchio e del nuovo fascismo” (1) che, insieme con altri gerarchi fedeli a Mussolini, era stato arrestato per ordine di Badoglio e imprigionato a Forte Boccea da dove verranno liberati dai tedeschi il 12 settembre.
Preziosi, rimasto a Monaco, manda il 31 gennaio 1944 a Mussolini ed in copia il 2 febbraio a Hitler un lungo ed acceso memoriale dove rimprovera il Duce di non avere affrontato con la necessaria energia il problema ebraico e massonico, la cui mancata soluzione sta all’origine del 25 luglio. Il Duce ordina che si proceda all’arresto di Preziosi qualora tenti di rientrare in Italia, ma non se ne farà nulla.
Nella R.S.I. riaffiorano tra i gerarchi vecchie ruggini, passate rivalità e vendette che condurranno ad un progressivo ed inarrestabile dissolversi di una qualsiasi parvenza di ordine e legalità, in particolare il rapporto tesissimo tra Preziosi e Buffarini Guidi sfocerà in delazioni, pesanti accuse ed interventi del Duce.
Oltre alle beghe ed agli intrighi dei gerarchi vi è il fervente attivismo di bande che si erano formate raccogliendo oltre che fanatici fascisti, anche delinquenti comuni ed autentici criminali. E’ il caso della Legione Autonoma Ettore Muti, capeggiata dall’autonominato colonnello Franco Colombo, sergente ex-squadrista espulso dal Partito Fascista nel 1927 per indegnità morale, protetta da Roberto Farinacci, forte di oltre mille uomini, che opera a Milano dall’inizio del 1944 in via Rovello nello stabile dove, nel dopoguerra, nascerà il Piccolo Teatro di Grassi e Strehler. Colombo si macchierà di feroci sevizie ed uccisioni di civili e partigiani tra i quali l’eccidio di Piazzale Loreto del 10 agosto 1944 dove sono trucidati 15 partigiani su ordine del SIPO (Sicherheitspolizei), il Comando di Sicurezza nazista; Colombo, riconosciuto ad un posto di blocco partigiano a Cadenabbia mentre tentava di raggiungere Mussolini a Menaggio, sarà sommariamente fucilato il 28 aprile 1945 subito dopo la Liberazione.
A Milano nasce il Centro Informativo Politico di Mario Finizio, un ex-pellicciaio fallito, nominato questore dai tedeschi, responsabile di arresti, sequestri e torture.
Forse ancora più sinistra è la fama del cosiddetto Reparto Speciale della Polizia Repubblicana, nota come banda Koch dal nome del suo capo, un ex-granatiere che si era “formato” a Firenze con la banda comandata da Mario Carità, squadrista ed ex-membro dell’OVRA, la polizia politica fascista. Lasciata Firenze per dissidi con Carità si mette in proprio a Roma compiendo ogni sorta di misfatti con la protezione del Comando tedesco che gli affida operazioni al di fuori di ogni legalità, ed infine si sposta nell’estate del 1944 grazie all’appoggio di Buffarini Guidi, a Milano in via Paolo Uccello nella villa Fossati dipoi nominata Villa Triste per le feroci sofferenze ivi inflitte agli arrestati. “Koch e i suoi fidi combinano astuzia e violenza, attraverso l’impiego scientifico di torture fisiche e psicologiche per trasformare i detenuti politici in delatori e reclutarli. Tra gli antifascisti cooptati nella banda vi sono il comunista Guglielmo Blasi (protagonista dell’attentato di via Rasella e poi artefice della cattura dei gappisti romani), l’azionista Gerardo Priori (attratto in un tranello da Koch e poi minacciato di morte, determina l’arresto del prof. Pilo Albertelli, figura chiave del Partito d’Azione, poi ucciso alle Fosse Ardeatine. La violenza politica si coniuga con la criminalità comune: i ricatti a personaggi facoltosi si alternano alle ruberie. Koch si inserisce nei giochi di potere interni alla R.S.I. con indagini riservate su Junio Valerio Borghese, Carlo Borsani, Roberto Farinacci, Cocetto Pettinato e altre personalità, con finalità ricattatorie e per costruirsi appoggi ai vertici della R.S.I. nella lotta di tutti contro tutti ”(2). L’attore Osvaldo Valenti e la sua compagna, l’attrice Luisa Ferida, fanno parte del cerchio di Pietro Koch; il ministro della Giustizia della R.S.I. a seguito di un’indagine sull’attore lo definisce “morfinomane e cocainomane, arrivista spregiudicato e disonesto….”. I due attori, consegnatisi il 20 aprile 1945 alla brigata partigiana “Pasubio”, saranno fucilati dopo una sbrigativa sentenza di morte, la notte del 29 aprile sul marciapiede di via Poliziano a Milano alla luce dei fari di una automobile.
C’è poi la Xª Mas al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese, un corpo praticamente autonomo che agisce con la copertura del comando tedesco e sarà responsabile soprattutto di crimini di guerra nella lotta contro i partigiani. Queste bande repubblichine sono formalmente affiliate alle forze di polizia della R.S.I, a loro volta affiancate da due unità ausiliarie: le Brigate Nere, attive dal primo luglio 1944, capeggiate da Pavolini e la G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) agli ordini di Renato Ricci, che dipendono dal Ministero dell’Interno e quindi da Buffarini Guidi. Questo insieme di corpi sia regolari che volontari riferiscono a capi spesso in contrasto tra loro, scollegati e in competizione, risultando una forza militare ingestibile in modo unitario. A tale situazione fuori controllo va aggiunta la presenza assidua del Comando Tedesco e delle SS che intervengono di propria iniziativa a favore o meno delle varie bande in funzione dei rapporti di amicizia o di interesse con i rispettivi capi.
Il 18 aprile 1944 Mussolini istituisce col decreto n.171 l’”Ispettorato Generale della Razza” che, nell’articolo 2 recita: “Tutte le attribuzioni concernenti la razza attualmente devoluta alla direzione generale demografia e razza del Ministero dell'Interno e all'ufficio Studi e Propaganda sulla razza del Ministero della Cultura Popolare sono trasferite all'Ispettorato generale per la razza”. Ne nomina responsabile proprio Antonio Preziosi, quel tristo personaggio con la fama di essere un “il più formidabile jettatore di tutta Italia” (3), che aveva tradotto dal tedesco e diffuso in Italia l’infame opuscolo antisemita e falso storico “I Protocolli dei Savi di Sion”. Alla fine degli anni 30 Preziosi si affianca a Telesio Interlandi e Julius Evola per unirsi nella crociata razziale varata nel 1938 dal fascismo in armonia con le tesi di Hitler; nel 1944, nel pieno della sua follia persecutoria, presenta a Mussolini un progetto di legge per equiparare le leggi della R.S.I sugli ebrei a quelle naziste: “agli ebrei non deve essere lasciato nessun diritto, vanno colpiti anche gli stranieri ed i meticci, i massoni devono essere tolti di mezzo, sono di sangue italiano solo coloro che potranno dimostrare di appartenere alla razza ariana almeno a partire dal 1800…”(3). Buffarini Guidi blocca il progetto prima che pervenga al Duce e lo demolisce al punto che quando Preziosi lo illustra a Mussolini, questi lo rifiuta nettamente.
Molti altri episodi mostrano quale fosse l’atmosfera che si respirava tra le varie organizzazioni repubblichine e i loro capi, come appare anche dalla lettura dei documenti presenti nei vari archivi della Resistenza.
Buffarini Guidi già dalla fine del 1943 era stato chiacchierato per voci di arricchimenti legati ad accertamenti di favore di “non appartenenza” alla razza ebraica, al punto che questi illeciti relativi alle pratiche razziali erano diventate una grande fonte di guadagno per alcuni gerarchi. In effetti Buffarini Guidi aveva tardato fino al 30 novembre 1943 ad emettere un drastico provvedimento antisemita che al punto 1 recitava: “Tutti gli ebrei,anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale, debbono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni mobili ed immobili, debbono essere sottoposti ad immediato sequestro, in attesa di essere confiscati nell’interesse della R.S.I., la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni aeree nemiche” (3). Anche Farinacci, ex segretario del P.N.F., (Partito Nazionale Fascista), è controllato: un documento del maggiore della G.N.R. Luigi Fausto Farina del dicembre 1944 spiega che : “l’opera svolta da Farinacci a favore di molti ebrei può essere provata indirettamente perché egli si è servito dell’opera e dell’aiuto di un certo Avv.Toffanini con studio a Padova. Il nome degli ebrei arianizzati, la procedura per raggiungere lo scopo, le somme da questi sborsate per ottenere da parte del Toffanini l’interessamento del gerarca Farinacci, si desumono da tutto un insieme di fatti, pur mancando le prove specifiche del passaggio di denaro da Toffanini al Farinacci” (4). Non è indenne dal controspionaggio anche Valerio Borghese, il Capo della Provincia di Torino invia infatti il 2 agosto 1944 questo dispaccio al Duce: “il comandante Borghese effettua guerra indipendente et incurante operazioni belliche germaniche provincia Aosta, creando serie difficoltà. Secondo Comando germanico principe Borghese aveva tentato farsi riservare fascia confine svizzero senza collegamento alcuno con altre forze italiane et germaniche. Ad Aosta tutti concordano nei seri dubbi sulla fedeltà del Borghese alla R.S.I. et temono sorprese” (5).
Il 29 agosto 1944 il questore di Milano Alberto Bettini a seguito di crescenti lamentele a tutti i livelli sull’operato della banda Koch per eccesso di sevizie sui prigionieri, spese esagerate, abuso di droghe e di alcool, violenze sulle donne arrestate, scrive al Duce che “…aveva fatto massimo affidamento sulla indubbiamente preziosa collaborazione Koch, ma vedo che praticamente ciò non avviene. Il potenziamento dell’Ufficio Politico della Questura è oggetto della mia più assidua azione: anche al riguardo occorre tenere presente che non molto si può fare con 60.000 lire al mese per spese informative e confidenziali quando da parte delle varie polizie speciali si spendono, anzi si sprecano, i milioni! Dico si sprecano perché, mentre ho la maggiore stima di Koch e taluni suoi collaboratore, non posso dire altrettanto di altri personaggi più o meno equivoci che gravitano attorno all’organizzazione e che menano una vita che, dati i tempi, non può non qualificarsi scandalosa” (5).
Il 15 settembre l’avvocato Majno, a nome del Sindacato Avvocati di Milano invia la seguente denunzia all’avv. Piero Pisenti, Ministro della Giustizia: “…… Ho il dovere di informarvi che una squadra politica ha istituito a Milano, in Via Paolo Uccello, 15, un luogo non di detenzione, ma di tortura dove gli inquisiti, uomini e donne, vengono sistematicamente sottoposti ad atroci sevizie, incredibili da chiunque non ne sia stato vittima, fino ad essere ridotti nelle condizioni più pietose, con le costole e gli arti rotti. Non è risparmiato, prima degli interrogatori, l’uso contro uomini e donne, spogliati nudi, di getti di acqua fredda e intollerabilmente calda, e delle nerbate per i disgraziati che tentano di sottrarvisi. Sono italiani che cosi si comportano verso italiani, ostentando una pubblica investitura, e la franchigia da qualsiasi controllo od autorità. Sento che dovrei vergognarmi del nome che porto, della professione che esercito e della rappresentanza che mi è stata conferita, se mancassi al dovere di denunziarvi quanto sopra, a nome degli Avvocati e Procuratori di Milano e mio, per gli immediati provvedimenti di riparazione e di sanzione”(6).
Anche il Cardinale Schuster il 21 settembre scrive al Duce: “Qui ogni gerarca autonomo si vanta di esercitare diritto sulla vita e la libertà del clero e dei cittadini. Avvengono tali scene di orrore da degradarne tutto il nostro secolo. Domani quale sarà la reazione popolare?” (5).
In pari data è indirizzato dal C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) alla catena di comando di Milano (Capo della Provincia, Questore, Podestà, Comando Germanico) ed al Cardinale Schuster, un messaggio durissimo: “Le torture e le sevizie alle quali sono sottoposti i detenuti politici nella villetta di via Paolo Uccello da parte di membri della banda Koch e nelle sedi dei Comandi rionali, hanno raggiunto il limite estremo della ferocia e del sadismo. Si dispone quanto segue:1) tutti i membri della banda Koch e gli altri responsabili di tali sevizie sono dichiarati criminali di guerra e come tali saranno giudicati a fine guerra qualunque sia il loro rifugio …”(4), altri punti del testo riguardano le responsabilità dei Capi Fascisti e la minaccia di passare per le armi 10 ostaggi fascisti per ogni detenuto politico morto in seguito alla sevizie subite.
Ma Koch godeva della protezione dell’Obersturmbannführer Kappler, ex-comandante dell’Aussenkommando di Roma, responsabile della persecuzione antiebraica nella città e della strage delle Fosse Ardeatine, che nel 1944 era stato assegnato a Milano, e solo il 24 settembre il nuovo Questore di Milano Alberto Bettini ha il coraggio di procedere all’arresto di Koch e dei suoi sgherri; l’operazione è portata a termine da agenti della Questura e membri della Legione “Ettore Muti” che catturano 53 persone. Bettini, in un promemoria riservato personale del 3 ottobre sul caso Koch, spiega che “L’azione condotta dalla Questura di Milano contro il Reparto Speciale di Polizia del Dr. Pietro Koch, a parte i motivi specifici ed assai gravi in appresso accennati, ha rappresentato sostanzialmente l’episodio culminante di un indirizzo costantemente perseguito dal Questore ed inteso ad affermare l’autorità e soprattutto l’unitarietà della Polizia dello Stato Repubblicano verso tutti i molti nuclei di polizia più o meno autonomi da tempo funzionanti a Milano. Inoltre, per quanto concerne specificamente l’attività del reparto Koch il Questore di Milano, oltre alla mancanza assoluta di attività collaborativa, aveva dovuto rilevare l’attuazione di sistemi assolutamente non opportuni, quali i maltrattamenti, le sevizie, e le percosse indiscriminatamente applicati a tutti gli individui fermati dal Reparto stesso e ristretti nelle Carceri esistenti presso la sede del Reparto medesimo. Il Questore di Milano ha inoltre avuti motivi di nutrire seri dubbi circa l’effettiva fede fascista del Dr. Koch in merito al reale suo spirito di collaborazione verso le autorità germaniche. Tali dubbi derivano dai seguenti fatti: 1) L’essere il Dr. Koch espresso in maniera assolutamente contraria al DUCE, al fascismo ed ai camerati germanici, come testimoniato da certi Dr. Vito Videtta e sig.ra Gianna Valetti. Dette persone hanno reso dichiarazioni scritte e sono qui a Milano pronte a confermarle a chiunque. 2) Avere il Dr. Koch iniziato accordi con alcuni individui esponenti del partito socialista e d’azione da lui arrestati, al fine di realizzare un accordo del quale non appaiono ben chiari i fini. Per tale scopo il Dr. Koch pose in libertà tre degli arrestati stessi pur conoscendo la netta contrarietà delle autorità germaniche di Milano per manovre del genere. Per questo complesso di motivi, aggiunti il fatto pure provato, di una insidiosa azione condotta dal Koch e intesa a creare contrasti fra superiori autorità italiane (il Capo della Polizia ed il Ministero degli Interni) nonché a diffamare presso autorità superiori i camerati germanici sia il Questore stesso che altre autorità, fu deciso ed attuato il fermo di tutti i componenti del reparto Koch.
Tale azione è stata pienamente disapprovata dal Ministro degli Interni Buffarini Guidi il quale, d’accordo in questo col sig. Col. Kappler, sembra voglia ricostruire il reparto Koch, misura questa che renderebbe incompatibile la ulteriore permanenza nelle loro rispettive cariche sia il Prefetto che il Questore di Milano.
La eliminazione del reparto Koch ha prodotto una profonda sensazione di sollievo in tutti gli ambienti cittadini nei quali l’azione del reparto stesso, spesso arbitraria e comunque fuori dal controllo delle autorità rappresentative dello Stato aveva originato marcata sfiducia verso le autorità stesse
” (4).
La reazione del colonnello Kappler è violenta, il 29 settembre scrive al capo della Polizia Cerruti una lettera di protesta per l’operazione Koch affermando che “ha toccato materialmente gli interessi della Polizia di Sicurezza germanica in Italia nei seguenti punti: 1) l’azione del tutto incomprensibile del Questore Bettini e la ancora meno spiegabile maniera dell’esecuzione ha permesso ai detenuti di riattivare la loro attività criminosa contro la Stato, 2) I collegamenti...presi con i partigiani mediante il Dott. Koch da parte della Ss e Polizia per la lotta antipartigiana nell’Italia nord-ovest sono stati interrotti e non possono più essere riattivati su questa via….” (5).
Il 7 ottobre Buffarini Guidi, obtorto collo, ratifica il fermo di polizia di Pietro Koch e Mario Finizio e scrive al capo della polizia Renzo Montagna che il 4 ottobre ha sostituito Cerruti, che il Duce ha ordinato che i questori Finizio e Koch siano presi in consegna dal Capo della Polizia e tenuti in condizioni di ‘fermati’.
Il prefetto di Milano Mario Bassi scrive l’11 ottobre al Duce spiegando che la sede del reparto Koch "senza alcun preavviso alla nostra Questura è stata posta sotto la sorveglianza di elementi della Feldgendarmerie; delle guardie di Ps che erano state colà comandate, sono state allontanate per richiesta della stessa Feldgendarmerie. Non ho insistito, almeno fin ora, per ristabilire la situazione non volendo aggravare il latente stato di tensione con i Comandi germanici in loco... Sta di fatto però che i componenti il gruppo Koch escono quando più loro aggrada, ciò è stato testimoniato al questore non solo dai nostri funzionari che stanno nella palazzina ad ultimare le già iniziate consegne, ma anche da una componente del reparto, certa Maria Corbellini, la quale è, di fatto, una fiduciaria del Comando provinciale di Cremona" (5).
  Il 19 ottobre il capo della polizia Renzo Montagna ordina al questore il definitivo scioglimento del reparto di polizia di Pietro Koch, e la requisizione dell’immobile dove aveva sede.
Il 27 ottobre a Milano, cessa definitivamente dalle sue funzioni il questore Alberto Bettini, sospettato di collaborare con le forze partigiane. La girandola di promozioni e rimozioni di incarichi tra il 1943 ed il 1944 è impressionante e testimonia della mancanza di fiducia che si respirava a tutti i livelli gerarchici data la totale impotenza del Duce, sotto tutela germanica, a risolvere i continui dissidi e le lotte di potere tra i suoi uomini.
Il 30 ottobre, il cardinale Schuster scrive di nuovo a Mussolini: "Mentre a Milano un mese fa vi erano almeno sette Questure indipendenti tra di loro, adesso ogni ufficiale che presiede una squadra d’una cinquantina d’uomini si crede autorizzato ad assaltare villaggi, a incendiare cascinali, a tradurre in prigione, a seviziare, a fucilare, a depredare per tutta la Lombardia”(5).
Intanto il 14 dicembre a Milano il consigliere istruttore Jannarone spicca un mandato di cattura a carico di Pietro Koch e dei componenti del suo reparto speciale di polizia per lesioni personali, abuso di autorità e violenza privata, tre giorni dopo Koch è arrestato e tradotto nel carcere di San Vittore e privato del grado di questore ausiliario. La situazione di soggiacenza ai tedeschi porta il Consiglio dei Ministri della R.S.I. a emanare un documento che afferma: “Il ministro dell’Interno deve richiamare l’attenzione sull’azione assolutamente indipendente delle diverse polizie tedesche nei confronti dei cittadini italiani. Le autorità italiane vengono sistematicamente ignorate. Non ricevono nemmeno la comunicazione delle misure adottate e degli arresti eseguiti” (5), ma l’appello resta inascoltato dalle autorità naziste, l’ambasciatore tedesco Rahn e il console Moellhausen.
Nell’archivio della fondazione Anna Kuliscioff, una dei fondatori del Partito Socialista Italiano, troviamo una interessante lettera del segretario particolare di Preziosi, il federale Giuseppe Pestalozza, datata 16 gennaio 1945, che, su mandato del suo capo, indaga su Buffarini Guidi mettendo nero su bianco varie malefatte del ministro: “Da fonte fiduciaria mi viene segnalato: l’agente SS Werning del Comando SS di Monza asserisce che la banda Koch, che ha provocato in Milano vari incidenti, è emanazione di Buffarini. Il Koch, dopo l’attività criminale svolta in Milano facendosi passare per esponente della Polizia Fascista, venne arrestato per ordine dello stesso Buffarini che, vedendo scoperta la manovra riteneva opportuno creare l’alibi dell’arresto. Alla banda, come principali esecutori, parteciparono Osvaldo Valenti e Luisa Ferida (Valenti fu arrestato e rilasciato ed è un assiduo collaboratore di Borghese, pare si occupi di traffico di valuta).
A Como la moglie del prefetto Celio è l’amante di Buffarini (cosa nota e certa), infatti il Celio, fra i prefetti, è il più intimo del Ministro.
Sopra Como vi sono parecchie ville ove sono stati accantonati per ordine del Ministro degli Interni quantitativi ingenti di generi razionati che la polizia sequestra ed accaparra per suo ordine anziché rimettere al normale consumo.
L’agente Werning riferisce che nell’ultima seduta di Buffarini con i Prefetti, qualche mese fa, il Ministro ha dato disposizione di evitare atteggiamenti rivoluzionari e di avvicinarsi ai comunisti e ai partigiani
”(4).
Mussolini il 15 febbraio 1945 rimuove dalla carica di Ministro degli Interni Buffarini Guidi perché “è un uomo che ha molti meriti, ma è odiato da tutti, fascisti ed antifascisti. E’ odiato persino più di me”; alcuni mesi prima il ministro aveva scritto al Duce un memorandum sulla situazione interna della nazione accusando il PFR (Partito Fascista Repubblicano) di aver sabotato il governo.
A Milano, i tedeschi spadroneggiano da dominatori, arrestano il 22 febbraio Tullio Tamburini, ex capo della polizia di Salò ed Eugenio Apollonio, questore, ritenuto capo del servizio di controspionaggio del ministero degli Interni. A carico di Tamburini, l’accusa è di malversazione. I tedeschi respingono la protesta formale presentata, per ordine personale di Mussolini, all’ambasciatore Rahn e al generale delle Ss Wolff.
  Il 5 marzo Buffarini Guidi tenta ancora di riabilitarsi scrivendo a Mussolini per confermargli la sua lealtà e dirsi vittima delle accuse lanciategli contro da Giovanni Preziosi, "l’innominabile ex ministro di Stato", e respingendo anche quella "altrettanto infame, che io abbia determinato l’arresto dei due noti elementi da parte delle autorità alleate germaniche", riferendosi a Tamburini ed Apollonio.
Il 16 aprile si svolge a Gargnano l’ultima riunione del Consiglio dei Ministri della R.S.I.; il Duce decide di trasferire la sede del Governo a Milano dove sono già iniziati gli scioperi nelle fabbriche. Gli avvenimenti precipitano, il 21 aprile in Prefettura Mussolini convoca i gerarchi presenti a Milano e Graziani, il Ministro della Difesa, che li informa del crollo del fronte e dell’avanzata inarrestabile delle truppe alleate. Il 24 aprile Hitler invia al Duce un incredibile messaggio, talmente assurdo a pochi giorni dalla disfatta totale da sembrare irreale: “La lotta per l’essere e il non essere ha raggiunto il suo punto culminante. Impiegando grandi masse e materiali il bolscevismo e il giudaismo si sono impegnati a fondo per riunire sul territorio tedesco le loro forze distruttive al fine di precipitare nel caos il nostro continente. Tuttavia nel suo spirito di tenace sprezzo della morte il popolo tedesco e quanti altri sono animati dai medesimi sentimenti si scaglieranno alla riscossa, per quanto dura sia la lotta, e con il loro impareggiabile eroismo faranno mutare il corso della guerra in questo storico momento in cui si decidono le sorti dell’Europa per i secoli a venire” (5).
Il 25 aprile Pietro Koch è scarcerato da San Vittore su ordine dei tedeschi, per evitargli di cadere nelle mani dei partigiani. Si trasferisce a Firenze con documenti falsi per ritrovare Tamara Cerri, l’amore della sua vita, conosciuta quando lei era sedicenne, con l’idea di arrivare a Napoli e da lì scappare insieme verso qualche paese del Sudamerica. Saputo che Tamara e la sua mamma sono in stato di arresto per rivelare dove lui si trovi, il primo giugno, si presenta in questura confessando: "Se avete arrestato Tamara Cerri perché vi dica dov'è Koch, potete liberarla. Koch sono io, arrestatemi". Trasferito a Roma nel carcere di Regina Coeli, è processato il 4 giugno dall’Alta Corte di Giustizia che dopo una rapida istruttoria lo condanna alla pena capitale. Il 5 giugno viene fucilato a Forte Bravetta. Luchino Visconti, che era stato vittima di Koch e si era poi salvato per intercessione dell’attrice Maria Denis, ne filma l’esecuzione.
Il 25 aprile Preziosi e la moglie, che non si erano aggregati alla colonna dei gerarchi in fuga verso la Valtellina, si rifugiano presso amici in corso Venezia a Milano; l’indomani si suicidano gettandosi da una finestra del quarto piano. Nell’ultimo colloquio col Duce a Gargnano, poco prima della fuga da Milano dell’élite repubblichina, Preziosi aveva denunciato anche Barracu, sottosegretario al Consiglio dei Ministri della R.S.I., massone come Buffarini, ma la risposta di Mussolini era stata netta: “Lasciate stare Barracu. E’ un vecchio imbecille che non ha mai capito nulla. Il suo cervello è stato sempre quello di Buffarini Guidi. Ma è un bravo soldato e questo è tutto” (3).
Il 26 aprile i partigiani arrestano Buffarini Guidi che tentava di varcare la frontiera per la Svizzera; il 28 maggio la Corte d’Assise Straordinaria di Milano ne decreta la condanna a morte che viene eseguita il 10 luglio al campo sportivo “Giuriati”. Il gerarca tenta di avvelenarsi ma è ancora in vita quando è sottoposto al plotone d’esecuzione.
Il 28 aprile è fucilato a Vimercate, vicino a Milano, dopo un processo sommario, Roberto Farinacci.
Barracu è fucilato dai partigiani su ordine del C.L.N. a Dongo il 28 aprile assieme a un folto gruppo di alti gerarchi tra cui il segretario del P.N.F. Pavolini e Marcello Petacci.
Il 28 aprile è catturato a Milano Achille Starace, fucilato l’indomani a piazzale Loreto davanti ai corpi appesi di Mussolini e della Petacci.
Il 19 maggio è arrestato Junio Valerio Borghese, condannato a 12 anni di reclusione, viene scarcerato nel 1946 al termine del processo grazie al decreto di amnistia proposto da Togliatti ed approvato dal governo De Gasperi.

In qualche settimana gli alti gradi della R.S.I. sono giustiziati dai partigiani a partire dal giorno della Liberazione, il 25 aprile 1945; termina così uno dei periodi più bui, confusi e sanguinosi del nostro paese. Il C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), forse per giustificare l’eliminazione sbrigativa di tutta la gerarchia fascista, fa affiggere un manifesto nel quale rivendica la responsabilità della fucilazione di Benito Mussolini e dei componenti del governo della R.S.I., e in relazione a quanto accaduto a piazzale Loreto afferma: "Dell’esplosione di odio popolare che è trascesa in questa unica occasione a eccessi comprensibili soltanto nel clima voluto e creato da Mussolini, il fascismo stesso è l’unico responsabile” (5).


Nell'immagine, I corpi di Benito Mussolini e dei gerarchi della RSI esposti a Piazzale Loreto.


Fonti:
(1) Montanelli-Cervi: “L’Italia della guerra civile”. Rizzoli 1983
(2) Mimmo Franzinelli: “Storia della Repubblica Sociale Italiana 1943-1945”. Laterza 2020
(3) Silvio Bertoldi: “Salò, vita e morte della Repubblica Sociale Italiana”. Rizzoli 1976
(4) https://www.fondazioneannakuliscioff.it/
(5) https://www.fondazionecipriani.it/
(6) https://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0068570_1950_4-9_31.pdf
Documento inserito il: 02/02/2024
  • TAG: Repubblica Sociale Italiana, Legione Autonoma Ettore Muti, brigate nere, Pietro Kock, Guido Buffarini Guidi, Benito Mussolini, Franco Colombo, Giovanni Preziosi, Herbert Kappler, Piazzale Loreto

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