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Scienza e storia in Italia nel XVIII secolo: Targioni Tozzetti, Nelli e l’Illuminismo fiorentino

di Davide Arecco


Medico e naturalista di Firenze, tra le figure di riferimento della cultura scientifica toscana del secolo XVIII, Giovanni Targioni Tozzetti (1712-1783) fu al centro del network italiano ed europeo settecentesco dei contatti, e accademici e professionali, fra i protagonisti dei Lumi nostrani. Ancora giovane, seguì la tradizione familiare, votandosi agli studi medici e storico-naturali. Immatricolatosi nel 1730, nell’ateneo pisano, vi si laureò quattro anni dopo con tesi De praestantia et usu plantarum in medicina, preludio a ricerche e incarichi al servizio dello Stato lorenese: esercizio della medicina (secondo gli indirizzi neo-ippocratici inglesi) nell’Arcispedale di Santa Maria Nuova, pubblicazione della Prima raccolta di osservazioni mediche (a Firenze, nel 1752), partecipazione ai dibattiti allora in corso sulle riforme mediche e la vaccinazione anti-vaiolosa, attività autoptiche e battaglie per una maggiore diffusione delle pratiche igienico-sanitarie, anche in veste di medico di corte, consulente del Magistrato di sanità e decano del Collegio medico cittadino (1750-1756).
Targioni Tozzetti passò, quindi, alla botanica, sotto la guida del grande naturalista fiorentino Pier Antonio Micheli (1679-1737), maestro ed amico, insieme, con il quale fece numerosi viaggi di esplorazione scientifico-naturalistica attraverso i territori della Toscana. I due visitarono montagne e pianure, svolgendovi ricerche geologiche sul campo che fanno data nella storia delle scienze agrarie e della cultura agronomica, della mineralogia e della paleontologia. Lo attestano le pubblicazioni di Targioni ed i suoi manoscritti (tra cui, le Osservazioni sopra le miniere esistenti nei contadi di Pisa e Siena). L’allievo succedette anche al suo professore, all’inizio del 1737, sulla cattedra di Botanica, all’Università di Firenze. Targioni studiò e giacimenti fossiliferi e formazioni orografiche, seguendo la metodologia baconiana e galileiana di Vallisneri. Nel 1735 era già membro, a Firenze, tanto della Società botanica quanto dell’Accademia La Colombaria. Per la prima produsse indagini scientifiche e per la seconda ricerche erudite, pubblicate anche sfruttando il canale, particolarmente florido, nel XVIII secolo, della stampa periodica. Tra il 1740 e il 1742, Targioni Tozzetti scrisse moltissimo sul maggiore giornale toscano, le Novelle letterarie edite in Firenze, da Giovanni Lami. Quindì, iniziò a pubblicare anche sul Giornale de’ letterati fiorentino e (nel 1754) sul livornese Magazzino toscano, specie in materia di agronomia. Quella di Targioni era una vera e propria scienza dell’agricoltura, basata su osservazioni empiriche trasformate galileianamente in esperimenti, per servire allo Stato e ai mercanti nel medesimo tempo, attenta allo studio delle carestie e dei problemi demografici, amica dell’ambiente e rispettosa della natura, per quanto devota alla nuova scienza illuminista, figlia degli ideali già condivisi da Robert Boyle tra Oxford e Londra nella seconda metà del Seicento.
Per Targioni Tozzetti, la natura era sostanzialmente due cose, nello stesso tempo: una realtà di fenomeni da indagarsi tecnicamente, mediante gli strumenti offerti dalla scienza (e alla scienza, non dimentichiamolo, da artigiani e costruttori), ed un insieme di reperti da catalogare attraverso i criteri dell’allora nascente – anche per mano sua – museologia scientifica. Lo testimonia il manoscritto del 1763, intitolato Catalogo delle produzioni naturali, che si conservano nella Galleria imperiale di Firenze, punto d’arrivo di una tradizione iniziata in riva all’Arno dal danese Stenone nel ‘600.
A partire dal 1735, per oltre dieci anni, Targioni fu anche il curatore del Giardino dei semplici della capitale granducale, specializzandosi nell’uso terapeutico dei vegetali. Un approccio, il suo, di taglio tipicamente enciclopedico ed illuministico, volto a valorizzare l’uso pubblico – istituzionale, politico e sociale – del sapere tecnico e scientifico moderno, spaziando inoltre dalle attività forensi a impegni di storico della scienza. In questo secondo campo, sua rimane la prima storia organica della grande tradizione scientifica galileiana seicentesca, stampata nel 1780 e oggi base ancora per quanti si rivolgono storicamente alle scienze – non solo esatte – nel Granducato mediceo di età barocca. Le Notizie mettono, infatti, a disposizione diversi documenti e materiali circa Galileo, l’Accademia del Cimento ed i loro epigoni del secondo e tardo XVII secolo. L’opera storico-scientifica di Targioni si può leggere come un compendio sullo sviluppo culturale toscano, dagli Etruschi a Galileo – voluto dal Granduca, in persona – come una attestazione della continuità storica tra vocazione sperimentale post-galileiana ed opera di promozione e tutela del nuovo sapere, sotto Medici e Lorena, celebrati in concomitanza e congiuntamente. Le Notizie offrono moltissime informazioni utili, sulla storia della scienza non solo fiorentina e toscana, ma anche italiana, nel secolo oltretutto – in Francia, riguardo ad astronomia e matematica – che vide sorgere, con i Lumi, la storia della scienza e della tecnica di età moderna. L’opera fa il paio con quella di Giovanni Battista Clemente Nelli intitolata Saggio di storia fiorentina del secolo XVII, stampata, a Lucca, nel 1759 e ricca di minuti profili biografici, dei quali fecero tesoro anche Targioni Tozzetti e Tiraboschi. Il Saggio ebbe una certa eco, inoltre, sulle colonne delle Novelle letterarie, periodico centrale per la diffusione della cultura antiquaria italiana nel secondo Settecento e pure per quella scientifica coeva, diretto da Lami e Bianchi. Senz’altro, sia Nelli, sia Targioni Tozzetti diedero un considerevole e grandissimo contributo, scritto con gli occhi e la mente di una cultura oramai pienamente illuministica, alla storia della scienza toscana – e, nella fattispecie, fiorentina – del XVII secolo, al tempo del patronage mediceo. I due scrittori si diffusero soprattutto sugli sviluppi e della fisica e dell’acustica (la prima misurazione della velocità del suono fatta, a Firenze, nel 1656, un anno prima della nascita ufficiale del Cimento, da Borelli e Viviani, quest’ultimo maestro dello stesso Nelli) e della meccanica razionale (i cenni, talora polemici, specie da parte di Nelli, al trattato De resistentia solidorum, del poeta lucreziano e matematico empolese Alessandro Marchetti, stampato a Firenze nel 1669). In generale, per molti aspetti della sua opera di ricostruzione storico-scientifica, Targioni Tozzetti si basò, sia pure non senza distinguo, su quella di Nelli di poco antecedente.
Uomo di scienza, letterato e storico tra i più dotti e preparati, di tutto il Settecento, italiano ed europeo, Targioni Tozzetti fu un campione illustre della politica della scienza perseguita, allora, nel Granducato asburgico-lorenese, durante la Reggenza e anche dopo. Nel 1745 diventò un cruscante e - quattro anni dopo - fu ascritto all’Accademia etrusca di Cortona. Ancora più importante fu tuttavia il passo successivo. Il 4 giugno del 1753, fu infatti, con Ubaldo Montelatici ed altri, uno dei membri fondatori (ne predispose anche i regolamenti) della Accademia dei Georgofili, importante sodalizio fiorentino e fiore all’occhiello dell’Illuminismo toscano, costituito dai naturalisti, funzionari statali, tecnici, massoni, hommes de lettres e aristocratici desiderosi di riformare le pratiche agricole. Come il conterraneo e coevo Giovanni Fabbroni (1752-1822), anche Targioni Tozzetti studiava agronomia e selvicoltura, all’epoca al centro della riflessione dei Georgofili e del ceto dirigente lorenese, con non comuni qualità di carattere tecnico. A promuovere larga parte delle sue attività accademiche, fu la stessa Reggenza lorenese, che gli commissionò i viaggi naturalistici, negli spazi toscani, tra 1742 e 1745. Ne vennero i Viaggi in più volumi e in due diverse edizioni a stampa, non a caso dedicati al Granduca Pietro Leopoldo. L’opera ebbe vastissima fortuna in Italia, e venne anche tradotta in parte in francese, in due tomi, a Parigi, nel 1792. Targioni Tozzetti vi descrisse le terre toscane da diverse ma convergenti angolazioni, unendo storia, scienza ed erudizione settecentesche. Seppe prendere in considerazione ogni ramo dello scibile: medicina, zoologia, mineralogia, geografia, storia, patologia vegetale, agricoltura, metallurgia, chimica, architettura ed archeologia. Targioni Tozzetti impiegò, per la stesura dell’opera, più collaboratori e fonti tutte di prima mano, con un accurato esame di siti minerari, che influenzò di lì a non molti anni il lavoro geologico del veneto Arduino. Le relazioni di viaggio includevano inoltre i principali monumenti urbani, tra cui il Duomo di Pisa, oltre a incisioni e piante delle varie località di volta in volta visitate.
Lo schema di fondo ed il modello di Targioni Tozzetti era, più che Linneo, Buffon. Altro libro di notevole rilievo fu lo studio corografico e topografico sulla Toscana, frutto anch’esso dei viaggi compiuti ed edito limitatamente al Prodromo nel 1754, parte d’un più ampio progetto editoriale, che è giunto sino a noi solo in forma manoscritta ed è custodito alla Nazionale di Firenze, come Selva di notizie, spettanti all’origine de’ progressi e miglioramenti delle scienze fisiche, in Toscana: appunti di geografia regionale elevata a scienza e messi assieme per il figlio Ottaviano (1755-1829), medico e botanico, padre poi del naturalista Giovanni (1785-1856). Il Prodromo dava, di fatto, il via in area granducale alle scienze della Terra, esaminando aspetti morfologici di monti primari, colline e siti, dissertando correttamente circa l’origine marina, oppure vulcanica, di rilievi e catene montuose, con una circostanziata descrizione idrografica del suolo, e dettagli storiografici di supporto. Nell’opera, la vecchia filosofia naturale del Seicento, per quanto nutrita di galileismo, cedeva ora il passo a una scienza compiuta e costruita sul campo, capace di sporcarsi le mani coltivando sul terreno idraulica, coltivazioni, problemi di alimentazione e clima, salubrità dell’aria (argomento studiato a quel tempo anche dall’aeronauta Marsilio Landriani, tra Monza e Milano), aree per i mercati, disboscamenti e bonifiche, senza dimenticare la strettamente collegata urbanizzazione lungo fiumi e litorali.
Come si accennava in precedenza, la levatura intellettuale e scientifica di Targioni Tozzetti fu non solo italiana, ma riconosciuta allora pressoché in tutto il continente. Egli corrispose, fra gli altri, con Richecourt, Botta Adorno, Orsini Rosenberg e – sulle questioni di fisiologia, soprattutto – con lo svizzero Haller, nonché con l’archiatra imperiale Gerard van Swieten e coi medici Vicq d’Azyr e Mesny. Grazie a Vicq d’Azyr, fu ascritto alla Société royale de médecine parigina. Inoltre, Targioni Tozzetti seppe inserirsi, in maniera autorevole e positiva, nelle discussioni pure aspre – cominciate, nel 1755, con il viaggio toscano di La Condamine – circa la vaccinazione anti-vaiolosa. In proposito Targioni Tozzetti tradusse e pubblicò a Venezia nel 1761 gli scritti del collega francese. Gli echi del dibattito, si sa, coinvolsero l’intera Repubblica delle Lettere, sino almeno agli anni di Napoleone ed oltre, alle radici storiche della virologia e immunologia moderne.
Nel 1763, sempre il Principe lorenese chiese a Targioni Tozzetti di provvedere a riordinare le collezioni di storia naturale toscane. In quell’occasione, redasse un ampio catalogo dei reperti reali, conservato presso il Museo Galileo di Firenze, dove si preservano anche i dodici volumi manoscritti del catalogo della collezione naturalistica dello stesso botanico, comprendente pure alcuni esemplari del museo in origine di Micheli. Con novemila esemplari, la collezione fiorentina di storia naturale suscitò l’ammirazione di tantissimi viaggiatori, tra cui lo svedese Jakob Ferber, il quale promosse la nomina di Targioni Tozzetti a membro della Reale società fisiografica di Lund nel 1776. Il massimo riconoscimento internazionale a livello accademico conseguito dall’illuminista granducale.
Gli ultimi anni di Targioni Tozzetti, quelli del rinnovato assetto politico leopoldino, lo videro figura sempre centrale e rispettata nei quadri della vita scientifica di Firenze. Il riformatore continuò a fornire alla corte centrale apposite e dettagliate relazioni, sui più disparati temi, tra i quali la lotta – classico cavallo di battaglia illuminista – alle epidemie (a un tempo di uomini e animali).
L’eredità scientifica e culturale di Targioni Tozzetti comprende libri, carte personali e raccolte scientifiche, sia manoscritte, sia di oggetti, dalla pronunciata valenza testimoniale. Nella sezione di zoologia del Museo fiorentino di storia naturale troviamo quattordici scatole di documenti di natura familiare, assai utili a scopi storico-biografici. Alla Biblioteca Nazionale di Firenze, sono custoditi, invece, carte sue e del figlio, raccolte durante il XIX secolo, mentre altri documenti ancora sono nel Museo Galileo. Nell’archivio storico dell’Accademia dei Georgofili, si conservano poi materiali di tipo epistolare, con lettere dei maggiori naturalisti ed agronomi europei del secolo dei Lumi. Infine, nel Museo dell’ateneo fiorentino, è collocata la collezione di mineralogia di Targioni Tozzetti: una raccolta di oltre novemila pezzi, tra rocce e minerali (tra cui gli esemplari appartenuti in precedenza a Micheli), raccolta ampliata al principio dell’Ottocento dal figlio Ottaviano, con campioni essiccati di piante rare e altri reperti di storia naturale, toscana specialmente.
Nel secondo e tardo Settecento toscano, Targioni Tozzetti fu anche un grande collezionista di libri ed un esperto, quanto competente, bibliofilo. Ad inizio marzo del 1739, insieme al naturalista e medico Antonio Cocchi – viaggiatore in Inghilterra, massone e intellettuale neo-pitagorico – venne nominato dal Granduca Francesco Stefano di Lorena prefetto della Magliabechiana: un incarico che mantenne sino al 1777, impegnandosi a fondo nel riordino di una grande mole di documenti editi ed inediti, divenendo anche, a seguito di nomina governativa, revisore alle stampe per la pubblicazione delle opere di fisica e di medicina (aprile 1743, con conferma a fine novembre 1763). Del resto, non solo storia naturale ed agricoltura furono al centro dei vastissimi interessi di Targioni Tozzetti, ma, altresì, la bibliografia e la biblioteconomia. In biblioteca, egli ebbe libri, fra gli altri, di Vasari, Redi, Cocchi, Fromond e Grandi, da lui utilizzati anche per i Nove conservatori del Dominio fiorentino e per le Relazioni. La Biblioteca Palatina di Firenze (nel 1852), ripubblicò le sue Notizie sulla storia delle scienze fisiche in Toscana. Tra il 1768 e il 1775, Targioni Tozzetti aveva poi catalogato tutti i manoscritti superstiti della Biblioteca Magliabechiana.
La stessa Palatina lorenese, come emerso dall’esplorazione dei suoi cataloghi e documenti, fu di estrema importanza nell’assetto della corte granducale a fine Settecento. Tra XVIII e XIX secolo, sotto Ferdinando III, il collezionismo e le pratiche bibliografiche conobbero un deciso incremento e soprattutto grazie a Poggiali si formarono i primi veri nuclei librari della Palatina. La collezione era già di grande valore e qualità, con classici greco-latini, ed edizioni elzeviriane, che ne facevano una ricca biblioteca specializzata. In seguito, al tempo di Leopoldo II, furono riconsiderati gli uomini e i costi dei cataloghi e delle operazioni di riordinamento dei materiali librari. Come attestato dai molti documenti, conservati oggi nell’Archivio di Stato di Firenze, furono acquisiti allora altri manoscritti e testi a stampa. La successiva revisione, ottocentesca, della Palatina – portata avanti da Innocenzo Giampieri, e storico e bibliotecario – vide aggiungersi nuovi locali e la collocazione dei libri presso gli ambienti di Palazzo Pitti, a metà Seicento il luogo delle adunanze della Accademia del Cimento, ove essi furono rigorosamente riclassificati.
Molte fonti primarie, relative all’età di Galileo e dei suoi primi allievi, finirono, verso la metà del Settecento, nei fondi manoscritti fiorentini della Biblioteca Palatina, e vennero inventariati solo nel 1818. Qui, li poté consultare e impiegare in precedenza Nelli, che si giovò anche per l’occasione dei suoi legami oltremodo privilegiati con la stessa corte granducale lorenese.
Figlio dell’architetto ed accademico Giambattista, Nelli si formò a Pisa e Bologna. All’interno del Granducato, fu amministratore pubblico e senatore. Letterato e musicista, studioso di statica dei monumenti toscani (in particolare, di Santa Maria del Fiore) e di matematiche, Nelli fu antiquario e bibliofilo di vaglia, al pari di Targioni Tozzetti. Mise assieme una pregevole raccolta, di antichità e opere d’arte, nonché una ricca e varia biblioteca. Nella sua raccolta libraria, vi erano testi stampati da Viviani e carte manoscritte galileiane originali. Nelli si dedicò, sulla base di tali documenti, alla stesura, nel 1737, d’accordo con Francesco Stefano di Lorena, della Vita e commercio letterario di Galileo, edita nel 1793 a Firenze, con la falsa indicazione di Losanna. Il libro, suddiviso in sei parti, è un’ampia ricostruzione delle vicende biografiche galileiane, condotta soprattutto sui materiali di natura epistolare del grande pisano. Non mancano disquisizioni sull’astronomia copernicana, sottesa al Sidereus Nuncius, e sul processo romano, davanti al tribunale dell’Inquisizione. Il livello fisico e matematico dell’opera è decisamente alto, la strutturazione del testo coraggiosa e complessa. Come per Targioni Tozzetti, Galileo è eroe ed esempio, contemporaneamente. La pubblicazione a stampa del volume fu da Nelli differita per timore del Sant’Uffizio. Il libro resta comunque assai notevole e la sua voluminosità dipende anche dalla mole documentaria, usata e citata in esso. Nelli attinse, per la scrittura dell’opera, ai fondi manoscritti vivianei e galileiani, nonché alla corrispondenza – usata altresì da Targioni Tozzetti, per le sue Notizie – intercorsa dal 1657 al 1667 tra i soci del Cimento di Firenze e prima ancora a quella dei Lincei (Cesi, e non soltanto). Le ricerche storico-scientifiche di Nelli si basarono inoltre su un lotto di carte e documenti da lui stesso scoperti, quasi per caso. Nelle intenzioni nelliane, la Vita e commercio letterario avrebbe dovuto riguardare non solo Galileo ed il galileismo toscano, seicentesco, ma l’intera scienza italiana, nel XVII secolo, dai Lincei in poi, con apposite schede, biografiche, sui personaggi maggiori. Il progetto si estinse, alla morte di Nelli, nel 1793. Relativamente a Galileo, la cui opera era stata già oggetto della ristampa di Toaldo, nel 1744, il progetto primevo di Nelli venne, peraltro, portato a compimento, in Veneto, da Giovanni Battista Venturi, che ne riprese il lavoro sugli stessi documenti, nelle sue Memorie e lettere inedite finora o disperse di Galileo Galilei, stampate a Firenze in piena Restaurazione tra il 1818 e il 1821.

Per Alessandra, che mi ha
dato l’idea, con gratitudine



Nell'immagine, Frontespizio delle Notizie (1780) di Giovanni Targioni Tozzetti.


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Documento inserito il: 24/11/2023
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