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Benito Mussolini nell'Italia dei miracoli [ di Filippo Giannini ]

Una breve premessa: “Benito Mussolini – nell’Italia dei miracoli” è il titolo del mio ultimo libro che verrà distribuito quanto prima. Ma il titolo del libro rispecchia, in riduttivo, i miracoli compiuti in “quegli anni”. Dato che non è ancora in distribuzione, non credo di fare facile propaganda. E poi, anche se fosse…

Ricordo, dovevo avere sette-otto anni, frequentavo la scuola elementare Grazioli Lante della Rovere, a Roma, nel corso di una lezione la maestra, Signora Gandolfi, ci avvertì di tenerci pronti e avvertire i nostri genitori che era in programma una sorpresa: una gita scolastica. Venne il giorno, indossai la mia divisa di Figlio della Lupa e dalla scuola, con altre classi, prendemmo posto su un pullman e partimmo. Il breve viaggio si concluse quando giungemmo ai piedi di una collina spoglia di vegetazione dove era ad attenderci il Duce. Ci vennero consegnate delle piantine ed un bastone appuntito. Con un brevissimo discorso il Duce ci spiegò il motivo della nostra convocazione, poi si mise alla nostra testa ed iniziò a piantare quelli che poi, in futuro, sarebbero diventati alberi. Noi lo seguimmo e lo imitammo, consci di fare qualcosa di importante.
Oggi, a oltre settant’anni da quel giorno assistiamo ai miracoli dell’Italia democratica: l’Italia va in pezzi. Quello che allora, con mirabile previdenza fu compiuto, è stato distrutto. Il disboscamento, la cementificazione dissennata del territorio hanno fatto sì che si verifichino frane e smottamenti con morti e distruzioni. L’imponente patrimonio forestale e demaniale dello Stato realizzato, curato, protetto e incrementato grazie alla legge fascista n. 3267 del 30/12/1923 fu tradotta in realtà da Arrigo Serpieri, il quale con altri validi dirigenti forestali trasse in realtà norme sul “Riordinamento e riforme della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”. Si consideri che la superficie boschiva ereditata dal governo Mussolini ammontante a 4,5 milioni di ettari del 1920 fu portata a circa 6 milioni nel 1940. E questo significa un incremento di centinaia di milioni di alberi i quali, affondando le radici in profondità nel terreno lo solidificano, all’incirca come agisce il ferro nel cemento.
Era tanto sentita la cura e susseguentemente l’assetto territoriale che il Governo fascista istituì (come ha scritto Armando Casillo) “l’Accademia Militare Forestale (abolita dai governi democratici nel dopoguerra) ove si svolgevano i corsi universitari da cui uscivano Ufficiali Forestali con il grado di C.m. (Tenente) ed il titolo di studio in Dottori in Scienze Forestali, che li poneva, rispetto ai pari grado delle FF.AA. e di Polizia in una posizione di particolare prestigio, analoga agli Ufficiali Medici e Veterinari”. Aggiunge Casillo: “Accademia che andrebbe ripristinata”. Certo! Se gli amministratori democratici di oggi avessero a cuore gli interessi del territorio almeno simile a quello che animava il male assoluto.
La saggia politica agraria ispirata e pilotata da Arrigo Serpieri promosse numerose leggi di carattere fondamentale, tra le quali, le più importanti: la legge N° 3256 del 30/12/23, sulla bonifica idraulica e della difesa del suolo; la legge N° 753 del 18/5/24 sulle trasformazioni agrarie di pubblico interesse.
Serpieri venne eletto deputato al Parlamento nel 1924, incari­co rinnovato fino al 1935 quando fu nominato Senatore del Re­gno e capo della Commissione Agricoltura. Dal Senato fu epurato nel dopoguerra dal Governo Bonomi perché fascista.
Come Sottosegretario di Stato organizzò e diresse i servizi per la prima applicazione della legge n° 3134 del 24/12/28 (Legge Mussolini) per la Bonifica integrale, le cui opere vennero af­fidate all'ONC.
Le prime bonifiche, con impianti idrovori per il sollevamento delle acque, ebbero inizio nel basso Veneto e in Emilia. Nuova terra venne posta al servizio dell'agricoltura e, con essa, si crearo­no nuovi posti di lavoro.
Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono stra­de, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali ed ogni genere di infrastrutture. Con questa tecnica la bonifica di Serpieri va ben al di là del semplice prosciugamento e diventa strumento di progresso economico.
Dalle Paludi Pontine sorsero in tempi fascisti (così detti per indicare in poco tempo) vere e proprie città: Littoria, inaugura­ta il 18 dicembre 1932, Sabaudia (giudicata uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale europea) il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell'Agro Pontino furono costruite ben 3040 ca­se coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline. Furono dissodati 41.600 ettari di ter­reno, furono costruiti quattordici nuovi borghi che portano il no­me delle principali battaglie alle quali parteciparono i nostri fanti. La bonifica di Maccarese, nell'Agro romano, è un'altra im­portante realtà: un’azienda modello agricolo-zootecnico-vivaistica, sorse su oltre 5 mila ettari di terreni bonificati con centinaia di case, campi sperimentali, caseifici, cantine sociali: tutto gestito da oltre 1500 lavoratori tecnici ecc.
La bonifica integrale continuava senza soste: quella dell'Isola Sacra a Roma, con la fondazione di Acilia e di Ardea; quella dove poi sorgeranno Fertilia (Sassari), Mussolinia (oggi Arborea-Oristano); quella del Campidano (Cagliari), quella di Metaponto (Matera). E così le bonifiche si estenderanno in Cam­pania, Puglie, Calabria, Lucania, Sicilia, Dalmazia.
Questi miracoli venivano seguiti e apprezzati anche all’estero, tanto da muovere l’ammirazione e la curiosità di tecnici europei, americani e sovietici. Le Corbusier, il maestro del movimento moderno d’architettura, venne a Roma e in una conferenza tenuta all’Accademia d’Italia, ne elogiò i pregi.
Non possono essere dimenticate le grandi opere realizzate in Somalia, Eritrea e in Libia; a solo titolo d'esempio citiamo il la­voro svolto da Carlo Lattanzi che visse per oltre quarant’anni sul­la Quarta Sponda. Si deve alla sua instancabile attività la boni­fica e la messa a coltura di ampie aree a grano, oliveti, vigneti, frutteti ecc. su oltre 2600 ettari di terreni aridi e sabbiosi.
Un cenno merita anche la gigantesca opera realizzata dall'in­gegnere idraulico Mario Giandotti progettista di un poderoso canale che, attin­gendo acque dal Po, irriga ampie aree di terreni coltivati nelle pro­vince di Modena, Mantova, Bologna, Ravenna, Forlì. Oltre 340 chilometri di canali danno vita a ben 325 mila ettari di terreno.
Armando Casillo (dal cui lavoro abbiamo attinto alcuni dati) riporta i risultati delle bonifiche e delle leggi rurali. Ecco un som­mario elenco: 5.886.796 ettari bonificati, tra il 1923 e il 1938, un confronto è necessario fra il periodo pre-fascista, quando in 52 anni nell'intera Penisola furono bonificati appena 1.390.361 etta­ri. A queste vanno aggiunte quelle delle colonie, dell'Etiopia e, poi, dell'Albania. Si aggiungano 32.400 chilometri di strade; 5.400 acquedotti; 15 nuove città e centinaia di borghi; oltre un milione di ettari di terreno rimboscati; un milione di fabbricati ru­rali; l'incremento della produzione che passò da 100 a 2.438; il lavoro agricolo per ettaro che aumentò da 100 a 3.618; i lavorato­ri occupati nelle opere di bonifica e nei nuovi poderi superavano le 500 mila unità.
Politica territoriale se ne faceva anche in periodo pre-fascista, ma fu solo col fascismo che si parlò per la prima volta esplicitamente di “piani” – generali, speciali, zonali, di settore ecc – in altre parole il tutto veniva abbracciato in un programma strategico di sviluppo, il piano mussoliniano della società italiana.
Per presentare un parallelo con la società di oggi, possiamo sostenere che non tutte le iniziative del Ventennio in materia di assetto del territorio nacquero dal nulla; al contrario la politica fascista del territorio riprese e rilanciò vecchi progetti dell’età giolittiana, quando, cioè tutto si stava stancamente trascinando da anni di rinvii. Il fascismo avviò, in tutta Italia, con decisione quei lavori imprimendogli quelle caratteristiche dell’inconfondibile stile del Regime: scuole, prefetture, stadi, mercati, colonie e quant’altro fosse necessario, sia per l’assetto del territorio, che per la modernizzazione del Paese. Né va dimenticato che questo miracolo fu compiuto nel pieno della gravissima crisi congiunturale esplosa nel 1929. Non può mancare una nota antifascista (sempre quella nata dalla Resistenza); ha scritto Piero Palombo, a pag. 84 ne “L’Economia Italiana tra le due guerre”: “(…). Duole (sì, è scritto proprio così: duole, nda) ricordarlo: i primi ecologisti indossano l’orbace”.
Per tornare ai “miei alberelli piantati ai piedi di quella collina”, come ho scritto all’inizio, voglio doverosamente ricordare che in quell’epoca, che oggi non si può nominare, venne istituita la Festa degli Alberi, per proteggerli e incrementarli, festa caduta in disuso proprio perché voluta da Mussolini.
In questi giorni assistiamo al continuo, costante dissesto idrogeologico, alle disastrose frane avvenute in provincia di Messina e a Ischia che non sono che un microscopico esempio di come, oggi, il territorio sia stato abbandonato. Ma un richiamo ancora più severo va prospettato per la leggerezza (termine riduttivo, assolutamente improprio) con la quale sono state permesse costruzioni eseguite sino quasi alla bocca del Vesuvio. L’incuria, la superficialità criminale, la leggerezza di tutto ciò è solo un classico esempio di come la cura del cittadino non venga assolutamente presa in considerazione. Si pensi solo cosa potrebbe accadere se quel vulcano riprendesse ad eruttare, come è già accaduto in passato, con violenza ed improvvisamente.
Gli attuali amministratori dell’Italia antifascista e democratica (nata dalla Resistenza), “impelagati come sono a salvaguardare il presente e l’avvenire del popolo italiano” (bah!) non hanno tempo né modo (certe cose sono tassativamente proibite dal Diktat imposto dai liberatori) di ispirarsi alle iniziative dei grandi italiani, nomi come quello di Arrigo Serpieri del quale desidero, per terminare, aggiungere una brevissima nota. A questo grande italiano si debbono, oltre alle leggi sopra citate, anche quelle della bonifica integrale del 1928 e, soprattutto quella del 1933, a lui si deve anche la legge del 1940 per la colonizzazione del latifondo siciliano. Abbandonata la politica attiva, fu Rettore dell’Università di Firenze dal 1937 al 1943. Epurato dai liberatori, riprese l’insegnamento solo nel 1949.
Non bastano certo le presenti brevi considerazioni a rendere dell’Uomo un’immagine completa, sia per quanto riguarda il suo contributo scientifico, sia per ciò che si riferisce alle opere da Lui promosse. Volendo approfondire la Sua personalità citiamo le parole con le quali dettò il Suo testamento nel 1946: “Ho stracciato commosso un mio primo testamento scritto l'11 giugno 1940 primo giorno di guerra, con l'animo vibrante di fede nella vittoria e nell'avvenire della Patria; lo ri­scrivo in uno dei più tristi periodi della mia vita, quando è crolla­to quel fascismo nel quale avevo creduto; quando l'Italia è tragicamente sconfitta, materialmente e moralmente rovinata; quando è pure caduta in rovina quella posizione sociale e quella modesta posizione personale che con quarant'anni di assiduo, onesto lavo­ro avevo conquistato e pensato di poter godere - per me, ma soprat­tutto per la mia Iole - nella vecchiaia. Quando la morte verrà sarà una liberazione. Iddio protegga e salvi l'Italia.
La preghiera NON è stata ascoltata da Dio.
Termino questa testimonianza ricordando che anche nella Repubblica Sociale Italiana, quindi nel periodo più grave, ma anche più puro, la cura del territorio continuò; ne fa fede quanto ha scritto Antonio Pantano nel suo libro “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, nel Capitolo “Edoardo Pantano (padre di Antonio Pantano) Commissario straordinario a Valenza nel 1944”: “(…). 6) Trasformazione radicale della provincia comunale dell’alluvione del Po, con impianto di 5300 pioppi, di 3000 salici e di 6000 talee in vivaio, per una superficie complessiva di 16 ettari. Utilizzazione di qualsiasi superficie, che ha portato a realizzare, tra l’altro, negli intervalli dei nuovi pioppi, un seminativo di 12 chilometri di fagioli. Piantagioni sperimentali di girasoli”. Nel paragrafo 8): “Progetto di nuove innovazioni per la creazione di una vera e propria azienda agrario-boschiva-comunale”. E tutto questo, ripetiamo, nel pieno di una guerra distruttiva, fra bombardamenti terroristici e altrettanto terroristici attentati dei partigiani e incitamenti al sabotaggio provenienti da Radio Londra, Radio Bari, Radio Napoli.
Questi erano gli uomini del miracolo di Mussolini. Poi sono arrivati i liberatori e ne godiamo le attività.
Documento inserito il: 05/01/2015
  • TAG: ventennio fascista, italia miracoli, benito mussolini, duce, partito nazionale fascista, patrimonio forestale, curato, protetto, boniche integrali, paludi pontine, nuove città, nuove terre, aziende agricole, mario giandotti, festa degli alberi, arrigo ser
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