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L'interminabile ricerca del Paititi [ di Yuri Leveratto ]

l'analisi del manoscritto di Andrea Lopez

Cos’è realmente il Paititi? Può un mito resistere a cinquecento anni di Storia ed essere oggi, nel XXI secolo, più vivo che mai? Paititi, la città perduta nascosta in un punto ignoto dell’immensa selva amazzonica ad est del Cusco, è in realtà l’unione di varie leggende. Da un certo punto di vista si può includere nel più ampio mito dell’El Dorado sudamericano, del quale mi sono occupato nel mio libro “La ricerca dell’El Dorado”.
Durante l’epoca incaica la selva percorsa dal fiume Amarumayo, oggi chiamato Madre de Dios, veniva chiamata Antisuyo e i suoi abitanti venivano denominati Antis (da cui il termine Ande). Si narra che il sovrano degli Incas Pachacutec s’inoltrò con un poderoso esercito nell’Antisuyo e sottomise varie tribù d’indigeni amazzonici che, come tributo, fornirono coca, oro, piume d’uccelli, piante medicinali.
Secondo una legenda incaica il Dio andino Inkarri fondò, molto prima dell’arrivo dei conquistadores, una città uguale al Cusco, situata nella selva, dieci giorni ad est della capitale incaica. Il nome quechua Paikikin significherebbe “uguale a”, secondo questa interpretazione.
Dopo l’arrivo dei conquistadores (1533), alcuni sacerdoti incaici fecero trasportare immani ricchezze nel Paititi allo scopo di preservarle dal saccheggio degli spagnoli. Il Paititi sarebbe così servito come ultimo baluardo dopo la presa di Vilcabamba e l’uccisione di Tupac Amaru, nel 1572, non solo per nascondere grandi ricchezze, ma anche per dare continuità a usi secolari e per preservare antiche tradizioni mistiche e conoscenze scientifiche (utilizzo di piante medicinali e alchimia) e linguistiche (quellca).
Secondo queste credenze nella zona del Madre de Dios esisterebbe ancor oggi una città sotterranea su più livelli, in piena attività. Il re del Paititi, depositario del sapere occulto di una civiltà antichissima, starebbe aspettando il momento giusto per tornare nel “mondo della luce”, e ristabilire l’ordine che si ruppe nel passato.
Bisogna riportare che esiste anche un’altra versione del Paititi, che individua la città perduta molto più a est della Paititi post-incaica e la descrive come un regno immenso situato approssimativamente a ridosso dell’attuale frontiera Bolivia-Brasile, territorio che fu dominato per secoli dall’etnia dei Mojos, che parlavano un idioma del ceppo linguistico Arawak.
Secondo questa versione la parola Paititi significherebbe “tutto bianco e brillante”, come l’oro. Gli ultimi ritrovamenti archeologici nell’Amazzonia boliviana (llanos de Moxos), con strutture murarie e lunghi fossi simili a canali, potrebbero confermare la reale esistenza di una confederazione di tribù che probabilmente veniva chiamata Paititi, che però era prettamente amazzonica, e non post-incaica. Il primo avventuriero che s’inoltrò nella foresta del Madre de Dios fu Pedro de Candia, uno dei conquistadores del Perú, luogotenente di Francisco Pizarro. Siccome aveva ottenuto delle informazioni da alcune sue concubine indigene che gli descrissero una città ricca in oro chiamata Ambaya, si decise a intraprendere la spedizione.
Partì da Paucartambo nel 1538 al comando di 600 uomini, e avanzò nella selva tropicale verso est per circa 150 chilometri. La spedizione però non ebbe l’esito sperato in quanto fu attaccata da feroci nativi in un villaggio chiamato Abiseo, da dove si decise di rientrare verso il Cuzco.
La ricerca interminabile del Paititi continua anche nell’era contemporanea. Negli anni 60 del XX secolo il peruviano Carlos Neuenshwander Landa portò a termine ben 27 spedizioni in cerca di Paititi, soprattutto nella zona dove ora si trova il parco nazionale del Manu.
Sebbene raccolse importante materiale archeologico relazionato alla presenza dei post-incaici nella zona della conca del Madre de Dios, non riuscì a svelare il mistero della città perduta più famosa del mondo.
Nel 1970 tre avventurieri, lo statunitense Nichols e i francesi Debrù e Puel scomparvero nalla zona del parco nazionale del Manu nell’intento di ubicare la città perduta del Paititi.
E’ probabile che furono uccisi da alcuni nativi Kuga-Pacoris (di etnia Matsiguenkas), i quali vedendo invaso il proprio territorio ancestrale si sentirono minacciati.
Nel 1979 i coniugi franco-peruviani Herbert e Nicole Cartagena, guidati dal peruviano Goyo Toledo, scoprirono un insediamento incaico (poi battezzato Mameria), situato presso il Rio Mameria, un affluente del Nistron (a sua volta affluente dell’Alto Madre de Dios).
Studi successivi condotti dall’archeologo ed esploratore statunitense Gregory Deyermenjian hanno comprovato che Mameria, pur non essendo il Paititi, era un importante avamposto incaico nella valle del Rio Nistron, che serviva soprattutto come centro di raccolta della coca per rifornire l’impero.
Gregory Deyermenjian si è distinto anche per altre numerose spedizioni nella zona della meseta di Pantiacolla, territorio remoto a cavallo tra il dipartimento di Cusco e quello del Madre de Dios. Scoprì, studiò e percorse un antico cammino incaico pavimentato in pietra che, dalla meseta di Pantiacolla conduce verso la selva, ma fino ad oggi non poté esplorarlo completamente.
Nel 1997 l’esploratore Lars Hafskjold partì da Puerto Maldonado con direzione est. Forse era alla ricerca del Paititi amazzonico o della leggendaria terra dei Mojos ma non fece mai più ritorno. Le ultime sue tracce si persero nel territorio inesplorato del Rio Madidi, nell’Amazzonia boliviana.
Una data fondamentale della ricerca e dello studio storico del Paititi fu il 2001, quando l’archeologo italiano Mario Polia scoprì, negli archivi del Vaticano, una lettera molto importante facente parte della Peruana Historia, una collezione di volumi scritti dal 1567 al 1625. La lettera (di cui s’ignora l’autore e la data), descrive la relazione che il gesuita Padre Andrea Lopez fa al Padre Generale della Compagnia del Gesù (Claudio Acquaviva, dal 1581 al 1615, o Muzio Vitelleschi, dal 1615 al 1645), probabilmente nei primi anni del XVII secolo, nella quale si descrive un miracolo e la conversione d’indigeni avvenuta nel regno del Paititi.
Ecco il testo integrale del documento:

Relazione d'un miracolo ch'è interuenuto per la misericordia di Dio nell'Indie del Perú, o per meglio dire nel Regno di Payititi a canto del Perú.

Essendo arriuato il P.Andrea Lopez in questa città di Roma da Nostro Padre Generale come procuratore di quelle bande ha fatto relazione del miracolo, che il Signore per la sua misericordia ha mostrato in quelli Paesi, et è il seguente. Il detto P. Andrea Lopez essendo rettore del collegio della Compagnia di Gesù nella città di Cousco in dette Indie del Perú, dice che in quella città erano alcuni Indiani da tre, o quattro, li quali se bene erano Christiani battezzati per mano sua propria si sdegnorono del mal trattamento d'alcuni soldati del Presidio, et risolsero di partirsene di quelli suoi Paesi, et andarsene in un altro regno a dieci giornate discosto dal detto Perú il quale è chiamato Paytiti, et è grande mille leghe di Spagna, che fanno tre mille leghe d'Italia, et sono homini bianchi come todischi, et bellicosissimi et civili nel lor vivere, et governo. Il Re è molto potente, tiene una Corte a guisa del Gran Turco con molta Gran Maestà, il suo regno è molto ricco et adornato d'oro, d'argento et di molte perle in tal maniera, che se en servono nella Ciccina di Pignatte, et padelle, come di qual usiamo del metallo et ferro. Essendo dunque li sopradetti Indiani fugiti del Cousco, et arrivati al sopradetto Regno di Paytiti alle frontiere furono dalla guardia essaminati, et visitare le loro valigie, et bagaglie, che portavano, e come veramente questi Indiani erano Christiani portavano seco un crucifisso di legno che haueuano Havuto dal detto Padre Andre avanti la loro partenza. Et dimandandogli le guardie della frontiera che cosa fosse quel crocifisso, come sbigottiti di vedere la forma di un uomo messo in un legno, risposero li detti Indiani, ch'era la figura del Dio de` Christiani.
All'hora le guardie se en burlarono, ridendosene con ogni meno sprezzo, et lasciandoli passare pure liberamente del Regno arrivarono nella città, dove tenea la sua Corte il Re del detto Regno di Paytiti, de essendo il Re avvisato dell'arrivata delli detti Indiani, et che portavano seco la figura del Dio, che li Christiani adorano, per curiosità il Re li fece chiamare in presenza sua, et di tutta la sua Corte, dove concorrevano tutti li principali Signori della sua Corte per curiosità, tanto per vedere la del Dio dei Christiani, quant'ancora per intendere li discorsi che li detti Indiani fariano al Re. Hora il Re pigliando il detto crucifisso in mano senz'altro se en cominciò a ridere, et a beffare insieme con tutti l'altri suoi corteggiani, at havendo riso, et beffato un pezzo burlandosi del Crocifisso, lo tornò in mano all'Indiano dicendogli, che se en andasse via con il suo Dio de Christiani, et dicendo queste parole per maggiuor disprezzo sputò nella faccia del Crocifisso mentre l'Indiano l'haveva già ricevuto, intervenne il miracolo, che il detto Crocifisso alzò il capo, che prima hauea inclinato come ordinariamente si sogliono intagliare li crocifissi, et alzando il capo diede un occhiata terribile rivoltando gli occhi con il capo a man destra, et sinistra, la quale occhiata fu tanto terribile, et spaventosa, che il Re con tutta la sua corte circostante cascorono in terra tramortiti senza dare segno di vita, et in questo modo restorono in terra per stadio di 3 hore tutti quanti salvo l'Indiano il quale restò in piedi con il crocifisso in mano tutto sbigottito. Al fine il primo che tornasse in sè fu il Re, et come stupiti, et attoniti, alzò la voce il Re, e disse a guisa di S.Paolo Grande grande, grand’è il Dio dè Christiani, è così medesimamente tutti gl’altri circostanti, et subito il Re con tutti gli circonstanti si gettorono in terra adorando il detto Crucifisso, et nel cortile del suo Palazzo fece subito fabricare un’Oratorio, a guisa di una cappella quadra tutta d’oro fino adornata di gemme pretiose, dove piantò sopr’un altare il detto crocifisso dove lui in persona con il prencipe suo unico figliuolo, et herede del suo regno insieme con tutta la sua Corte andava ogni dì non una volta, ma più volte ad adorare il detto Crocifisso. Dopo pochi giorni trattò molto sinceramente con curiosità accompagnata di zelo Santo con li sopradetti Indiani, dimandando et interrogando delle cose che contiene la legge Christiana, e promettendo alli detti Christiani d’irricchirli nel suo Regno, se loro potevano dargli ordine, et maniera, di poter parlare con quelle persone dotte, et litterate in questa legge Christiana; et così risolse il Re con alcuni suoi cortiggiani sino à sei de primi insieme con il suo unico figliuolo il prencipe, d’andare con li detti Indiani à trovare li Padri della Compagnia, et particolarmente al sopradetto P. Andrea Lopez, dove essendo arrivati insieme fu tanto il suo zelo, che dipoi d’essere stato soddissfatto della dottrina de Christiani, che il detto P. Andrea Lopez gli predicava pregò con grande constanza, che il detto Padre volesse battezzare lui, et il suo figliuolo insieme con gli altri sei principali Cavaglieri, che seco menava, et così il detto Padre soddisfatto della sua costanza li battezzò tutti, et essendo tutto a divotione, piacque al Signore di darli una febre, con la quale morse, et avanti la sua morte ricevuti tutti li Sacramenti con gran fede et divotione tale, quale si potria mai dire raccomandando al suo figliuolo, et agli altri sei Cavaglieri, che guardassero questa legge de Christiani, et non solo ma ancora introdurla nel suo Regno, pregando il detto P. Andrea, che volesse andare con quel suo figliuolo nel suo Regno à piantar la fede, promettendoli di fabricare un bellissimo Collegio, et particolarmente far una Chiesa, che li muri fossero d’oro massizzo, per le quali parole si può intendere la grande divotione, et zelo, che il buon Re aveva verso il suo regano.
Hora avendo inteso il nostro R.P. Generale, sono determinati di mandare in missione al detto Regno di Payititi il detto P. Andrea con alcuni altri, li quali stanno già in ordine di partirsi subito fatto Pasqua.
Di gratia Vostra Reverentia faccia raccomandare al Signore questa Santa missione. Il detto P. Andrea Lopez havendo scoperto nella detta India del Perú certi Indiani selvatici, cioè nella fede, li quali ancora non erano battezzati nè manco havevano ricevuto la legge Christiana, et occupandosi in questi esercizi discoperse il Dio, che loro adoravano, ch’era una grande Pietra bazzarra di grandezza d’un melone, di peso di sissanta, et sett’oncie sopra la qual pietra abbruciorono l’incenso per forma di sacrificar al loro Iddio, ch’era l’istessa pietra; Domandandogli il P. Andrea quanto tempo haveuano havuto questo Dio della pietra bazzarra, risposero che poco tempo avanti, poco più, ò manco d’un Anno.
Dimandandogli il ditto P.Andrea, che Dio prima havevano, gli risposero la Luna, et pigliorono per Dio la pietra bazzarra, risposero, che la causa che avevano pigliato per Diola pietra bazzarra era per li miracoli continoi, che la pietra facea in sanar quelle infermità, che avevano per incurabili applicando la virtù che Dio hà dato à questa pietra contra alcune infirmità, esser miracolo. Così ogni volta che sacrificavano alla pietra per Dio gli tagliavano un pezzo per dar agli ammalati et infermi delle infermità incurabili, con la qual pietra sanavano.
Hor il P. Andrea per misericordia di Dio gli persuase, che tutto questo era inganno del Diavolo, et ch’era asai meglio adorare quel Dio, dal quale quella pietra riceveva quella virtù, ch’haveva et piacque a Dio, che si persuasero tanto bene, che il detto Padre li battezzò.
Et hoggi sono buoni Christiani; et il P. Andrea ha portato seco la detta pietra bazzarra, che lor adoravano per Dio, et l’ha presentata al Papa, la quale pietra gl’è stata molto grata a S. Santità tanto per la misericordia ch’Iddio ha fatto a quelli che sono convertiti lasciando la detta pietra, la qual pietra è stimata di quà di valuta di quattro milia scudi.


Ho analizzato con attenzione questo antico documento, e sono giunto alla conclusione che sia originale, anche se alcuni particolari vennero ampliati dall’autore anonimo per dare più risalto alla conversione avvenuta nell’ultimo territorio non ancora conquistato dagli europei.
Di certo sappiamo che il Padre Andrea Lopez (nato a Villagarcia, in Castiglia, nel 1544), entrò a far parte della Compagnia del Gesù nel 1565.
Dalla lettura del documento si evince che la Chiesa di Roma era a conoscenza dell’ubicazione del Paititi nel secolo XVII. Secondo il manoscritto il Padre Andrea Lopez vi si recò e dovette probabilmente comunicare ai suoi superiori i dati geografici del Paititi, dopo aver ricevuto l’ordine di evangelizzare l’intero regno.
Nessuno ha mai trovato però l’ordine di evangelizzazione e lo stesso Mario Polia sostenne (in un suo articolo apparso sul mensile Archeo), che forse la Compagnia del Gesù non rivelò mai l’esatta ubicazione del Paititi per non scatenare una corsa all’oro, che avrebbe prodotto disastrosi effetti sull’incolumità degli indigeni.
Secondo vari ricercatori il Paititi che si descrive nel manoscritto del Padre Andrea Lopez, potrebbe riferirsi al territorio individuato come il Paititi amazzonico, situato forse alla frontera tra l’odierna Bolivia e Brasile, e gli indigeni che ivi vivevano potrebbero essere stati i Mojos. Anche l’esagerata indicazione sulla grandezza di tale dominio (mille leghe di Spagna, ovvero ben 5000 chilometri), può far pensare agli enormi territori amazzonici.
Questa versione però a mio parere non concorda con due particolari del manoscritto: i dieci giorni dal Perú, (per giungere fino al paese dei Mojos erano probabilmnte necessari vari mesi di cammino), e l’architettura quadrata e d’oro massiccio di cui si narra, che ricorda più popoli di origine andina o post-incaica che popoli amazzonici come gli Arawak-Mojos.
Resta pertanto il grande interrogativo: dove era situato il Paititi? Scrivo era perchè a mio parere potrebbe essere stato saccheggiato da mercenari molto prima che la notizia del miracolo e della conversione giunse a Roma, nei primi anni del XVII secolo.
I più grandi cercatori contemporanei del Paititi, Carlos Neuenshwander Landa e Gregory Deyermenjian, hanno concentrato i loro sforzi nella zona dell’Alto Madre de Dios, che corrisponderebbe più o meno alla frase “situato a dieci giorni di cammino dal Cusco in direzione del sole nascente”. Mi riferisco alla zona intagible del parco nazionale del Manu, alla zona del Rio Nistron, del Rio Palotoa e del Rio Negro, alla zona denominata Callanga e alla meseta di Pantiacolla, fino alle sorgenti del Rio Timpia.
Nel mio recente viaggio alle cosidette piramidi di Pantiacolla ho potuto comprovare di persona quanto sia estremamente difficile procedere all’esplorazione esaustiva di quella zona, non solo per i possibili attacchi dei temibili Kuga-Pacoris, ma soprattutto per il clima torrido e umidissimo della selva, o freddo e piovoso dell’altopiano, oltre alle difficoltà intrinseche della selva peruviana.
Ci saranno sicuramente altre spedizioni in futuro, ma l’importante a mio parere è l’approccio che bisogna avere nei confronti del Paititi: massimo rispetto per le popolazioni native (a volte no contactados come i Kuga Pacoris), e, ancora più importante, deve essere la serenità interiore con la quale affrontare un viaggio così difficile. Chi pensa di andare a trovare dell’oro, per arricchirsi e diventare rapidamente famoso è decisamente sulla strada errata.
Al contrario, chi partirà spinto da reale curiosità disinteressata, amore per la ricerca storica e passione per i segreti nascosti delle culture antiche, sarà premiato e potrà svelare questo grande mistero, che oggi resta ancora insoluto.

Autore: Yuri Leveratto

Bibliografia parziale
Diego Eguiluz, Relación de la misión apostólica de Mojos, Madrid 1692
Francisco Javier Eder, Descripción de la provincia de los Mojos en el Reyno de Perú, Fray Nicolás Armentia 1888
Cassani, Historia de la provincia de la compañía de Jesús en el Nuevo Reino de Granada, 1741
Crónica anónima del 1600 que trata del establecimiento y misiones de la compañía de Jesús en los países de habla española en la América Meridional, Francisco Mateos Madrid 1944
Documento inserito il: 23/12/2014
  • TAG: ricerca paititi, el dorado, antisuyu, incas, pachacutec, mojos, yuri leveratto

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