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Centenario Libico [ di Carlo Montani ]

Si è compiuto un secolo dal trattato di Losanna del 18 ottobre 1912 che mise fine ad un conflitto spesso dimenticato come quello italo - libico, protrattosi per oltre un anno e concluso con l’acquisizione della “quarta sponda” e del Dodecaneso. Non fu una guerra di scarso rilievo, perché la Libia avrebbe avuto un ruolo molto importante nella successiva storia nazionale; per non dire che i Caduti italiani in combattimento assommarono a circa 1500, senza contare gli incidenti e le malattie, che ne raddoppiarono il numero. La guerra fu impegnativa anche sul piano strategico, in quanto le operazioni militari non si limitarono ai territori africani, dove si ebbero episodi assai cruenti come quello di Sciara Sciat in cui persero la vita 400 bersaglieri, ma si estesero all’Egeo ed allo Stretto dei Dardanelli, attaccato dalla Marina italiana in due diverse riprese.

Il Governo di Roma aveva preparato la nuova spedizione “africanista” con una lunga e paziente opera diplomatica, non soltanto sul fronte della Triplice Alleanza. Il Presidente Giolitti decise di passare all’azione in seguito all’occupazione francese del Marocco trovando vasti consensi negli ambienti nazionalisti, decisi a riscattare la vecchia onta di Adua (1896), ma anche in quelli moderati e persino a sinistra, dove i sindacalisti rivoluzionari non fecero mistero delle proprie simpatie a favore di una più matura impresa coloniale della “grande proletaria”, secondo la suggestiva definizione che Giovanni Pascoli, nella circostanza, diede dell’Italia.

Giolitti ebbe il naturale appoggio della Monarchia ma non quello del Parlamento, che rimase chiuso dall’estate del 1911 fino al febbraio 1912, quando ad ampia maggioranza avrebbe convertito in legge il decreto di annessione della Libia “sotto la sovranità piena ed intera del Regno d’Italia” già promulgato il 5 novembre. Il premier italiano era un decisionista che in condizioni di necessità andava all’essenziale, ispirandosi ai canoni essenziali del “realismo politico” a cui il Cancelliere Bismarck aveva improntato una strategia destinata a fare scuola. Nella stessa ottica si svolsero le trattative di pace, affidate ad una delegazione “ufficiosa” (ma non per questo meno abile e pragmatica) affidata alla guida di Giuseppe Volpi, l’industriale veneziano che in seguito sarebbe stato Ministro delle Finanze nel Governo Mussolini e più tardi, Presidente della Confindustria.

L’azione di Giolitti, cui non furono estranei gli investimenti libici già effettuati dal Banco di Roma nella previsione di un intervento italiano, venne condotta in classico stile coloniale, alla stregua di una prassi ormai consolidata nella strategia politica europea, e diversamente da quanto era accaduto a Francesco Crispi ed ai suoi predecessori non ebbe forti opposizioni, all’infuori di un parziale dissenso socialista guidato da Filippo Turati. Cento anni orsono, la ricerca di un “posto al sole” poteva contare su approvazioni maggioritarie, sia alla luce delle ipotesi di colonizzazione agricola come quella già promossa da Leopoldo Franchetti, sia alla stregua di una missione civilizzatrice non estranea al progressivo recupero delle opposizioni cattoliche, poi proseguito nella Grande Guerra e completato con la Conciliazione.

Si diceva della sostanziale dimenticanza in cui è caduta la guerra italo - turca, al pari delle altre spedizioni africane che l’avevano preceduta. In effetti, la questione libica è tornata spesso alla ribalta: dapprima con l’avvento di Muhammar Gheddafi al vertice della Libia (1970) e l’immediata espulsione degli Italiani ancora presenti in Tripolitania e Cirenaica; poi con la politica di “entente cordiale” promossa dai Governi di Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi e suggellata dalla surreale “restituzione” della Venere di Cirene; ed infine con le drammatiche vicende che hanno portato all’assassinio del Colonnello ed alla conquista del potere da parte di un nuovo regime quanto meno opinabile. Tuttavia, sia a livello storiografico che giornalistico, i riferimenti ai trascorsi italo - libici si sono limitati alla citazione delle “colpe“ fasciste, vere o presunte che fossero, trascurando quelle liberali: eppure, nelle convulse giornate del luglio 1911 la Turchia aveva manifestato la propria disponibilità per concessioni finalizzate ad evitare il conflitto, che non furono ritenute accettabili.

Ereditando il problema libico, il fascismo si era trovato a dover fronteggiare uno stato di necessità caratterizzato da un controllo del territorio circoscritto alle sole zone costiere, dapprima a causa degli impegni di natura militare e finanziaria imposti dalla Guerra mondiale e poi dalle priorità di politica interna che seguirono negli anni successivi, fino alla Marcia su Roma. Il compito non fu agevole, come attestano le difficoltà di pacificazione incontrate soprattutto in Cirenaica, dove la guerriglia senussita, supportata anche dall’estero, seppe valorizzare al meglio il rinnovato spirito autonomistico delle popolazioni locali. Nondimeno, fu proprio nel Ventennio che la presenza dell’Italia in Libia avrebbe dato i risultati più apprezzabili con un vasto programma di opere pubbliche, ed una colonizzazione capace di strappare allo “scatolone di sabbia” non poche terre, avviandole a coltivazioni funzionali.

Ora, ricorrendo il centenario dell’Italia in Libia mentre la “quarta sponda” è sconvolta da vicende tribali scatenate da concomitanti aggressioni altrui e dalle mire sui giacimenti petroliferi che la vecchia vocazione agro - coloniale non aveva consentito di scoprire, è congruo inquadrare tutta la vicenda storica in un quadro oggettivo, alla luce dei tempi lunghi ormai trascorsi e di giudizi conseguentemente più avveduti. Ciò, allo scopo di richiamare “senza amore e senza odio” (secondo il classico invito di Tacito) le matrici politiche dell’intervento originario ed i suoi effetti successivi; ed in qualche misura, per un atto di giustizia nei confronti dei ventimila Esuli italiani dalla Libia, vittime incolpevoli degli eventi e tuttora in attesa di un doveroso riconoscimento da parte dell’Italia ufficiale, quanto meno sul piano etico.
Documento inserito il: 29/11/2014
  • TAG: guerra italo turca, trattato di losanna, caduti italiani, battaglia sciara sciat, posto al sole, quarta sponda, regia marina, operazioni egeo, dardanelli, ventennio fascista, opere pubbliche, colonia italina, muammar gheddafi, cacciata italiani

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