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Eirik il Rosso e Leif Erikson esploratori e condottieri norreni tra X e XI secolo

di Davide Arecco


Saghe vichinghe, esplorazioni norvegesi e viaggi alto-medievali tra Europa e Scandinavia

Tra le saghe nordiche che fanno cenno, spesso e quasi sempre enigmaticamente, ai viaggi di esplorazione vichinga dell’America settentrionale, vi è senz’altro la la Eiriks Saga Rauda, la Saga di Eirik il Rosso, appunto. Affine, per contenuti e soprattutto stile, al filone delle saghe islandesi, fu scritta all’alba del secolo XIII da autore (forse anche più d’uno) anonimo. La saga include fra l’altro una delle più antiche descrizioni poetico-letterarie del Nord America, non diversamente da un altro ciclo norreno, ossia l’altrettanto anonima Saga dei Groenlandesi. In quella di Eirik, vengono narrate le vicende – storiche o pseudo-storiche: la questione resta aperta e dibattuta – che condussero Eirik il Rosso all’esilio in Groenlandia e alla scoperta, da parte di Leif Erikson, del Vinland, terra edenica al di là del mare occidentale (il nostro Oceano Atlantico), dopo che la sua nave era stata spinta fuori rotta dai venti. Nella Saga di Eirik il Rosso, non mancano affatto, anzi, dettagli di natura geografica, che hanno fatto pensare, agli storici della navigazione e dei viaggi di esplorazione, a Terranova, che fu assai probabilmente la prima terra americana a venire scoperta – o, quantomeno, avvistata – dagli europei, quasi cinque secoli prima di Cristoforo Colombo. La Saga si è conservata in due soli codici manoscritti (con alcune leggere differenze, tra di loro), vale a dire lo Hauksbòk del XIV secolo e lo Skàlholtsbòk del XV. Gli studiosi odierni di paleografia e di storia nord-europea e danese ritengono, in merito, la seconda versione più fedele al manoscritto originale, perduto, di epoca probabilmente primo-duecentesca.
Eirik il Rosso era il nome, presso le sue genti di Islanda, di Erik Thorvaldsson, nato tra il 940 ed il 951 (forse nel 950) a Jaeren e morto, a Brattahlio, tra l’anno 1000 e il 1007 (forse nel 1004: qui pure le scarne fonti e i pochi documenti non danno certezze assolute). Condottiero ed esploratore di origine norrena, detto ‘il Rosso’, per via del colore di capelli e barba, Eirik è rimasto molto famoso, magari più nell’immaginario collettivo che in una storiografia rimasta sempre, riguardo a lui, scarsa, per avere raggiunto la Groenlandia, e per avervi fondato il primo insediamento europeo. I materiali di partenza, per ricostruire la sua vicenda – complessa, affascinante e frammentaria – restano, come si è detto poc’anzi, le saghe islandesi (messe per iscritto a partire da canti e tradizioni orali, circa tre secoli o più dopo gli eventi raccontati), tra cui primariamente la sua saga eponima. Altri documenti, provenienti per lo più dai libri manoscritti degli storici inglesi e danesi, successivi, sono materiali di tipo quindi indiretto, utili comunque in sede di raffronti (che peraltro, non sempre quadrano tra loro, come sovente capita nei casi alto-medievali in cui storia, leggenda e mitografia s’intrecciano).
Nato in Norvegia da famiglia islandese nella contea di Rogaland, figlio del vichingo Thorvald Asvaldsson, quando quest’ultimo venne bandito dalla sua terra natale, il giovane Eirik salpò, con lui e la famiglia, in direzione ovest raggiungendo l’Islanda. Cresciuto e divenuto un abile combattente e navigatore, Eirik, a sua volta, mise su famiglia: uno dei suoi quattro figli fu l’esploratore e guerriero sulle acque dell’emisfero boreale Leif Erikson. Verso il 982 – l’anno preciso rimane incerto – Eirik fu esiliato dall’Islanda, per un triennio, nel corso del quale si diede ad esplorare la Groenlandia: una missione, dai tratti e scientifici e geografici, che culminò nella fondazione della prima colonia nord-europea sull’Isola, primo di allora sconosciuta al continente. Nessuna delle enciclopedie medievali, infatti, ne fa il minimo accenno.
Quando Eirik partì in esilio, dalle coste occidentali dell’Islanda, con la sua famiglia ed alcuni coloni – per nulla intimorito dall’ignoto e dalle leggende allora circolanti, anzi –, mosse alla ricerca delle isole di cui raccontavano i pescatori e marinai islandesi e che da questi erano collocate a nord-ovest. Nel 985, Eirik approdò la prima volta sulla riva meridionale della Groenlandia. Nel 988, cioè scaduta la sua messa al bando, fece ritorno nella natia Islanda per cercarvi altri coloni da portare con sé nella terra da lui recentemente scoperta, allo scopo di ricominciare, altrove, una nuova esistenza e di vivervi nuove avventure. Rientrato in patria Eirik parlò ai suoi connazionali islandesi della nuova terra, da lui portata alla luce, descrivendola come una regione verde e rigogliosa (da cui, appunto, il nome di Groenlandia). Assieme a diversi di loro, egli ripartì alla volta delle coste groenlandesi, con venticinque navi, delle quali soltanto quattordici giunsero a destinazione a causa delle tempeste che, allora, come in parte ancora oggi, rendevano difficilissima ed oltremodo disagevole e pericolosa la navigazione in quei tratti di Mare del Nord.
Raggiunto con somma caparbietà l’insediamento creato da Eirik tre anni prima, i nuovi coloni si installarono nei fiordi sud-occidentali dell’Isola, nei pressi di Østerbygd. Eirik, invece, si stabilì a Brattahlid (vicino a Julianehaab), nel fiordo che da lui prese il nome (l’Eriksfjord), dove divenne il capo della comunità. Fu poi suo figlio Leif Erikson ad introdurre la fede cristiana in Groenlandia – ma il padre ed altri Vichinghi della vecchia scuola rifiutarono la conversione alla nuova religione e decisero di restare fedeli alle antiche tradizioni del paganesimo nordico – intorno all’anno Mille e a edificare, sempre se prestiamo fede alle saghe, la prima chiesa cristiana nelle Americhe.
Nonostante non fossero i primi Vichinghi ad avvistare il continente nord-americano, Eirik ed i tre figli maschi – oltre a Leif, anche Thorsteinn e Porvaldr Eiriksson furono e valenti condottieri e intrepidi esploratori – furono tra i primissimi ad iniziare l’esplorazione geografica del Vinland, cioè la parte a nord dell’attuale Terranova. Impresa che appartenne principalmente a Leif. Eirik morì nel corso dell’inverno e Leif non seppe della sua scomparsa, sino al rientro in Groenlandia. Thorsteinn, da parte sua, perse la vita in Nord America mentre – pare, operando un problematico confronto tra i documenti storico-letterari del Medioevo islandese e l’odierna ricostruzione cartografica dei luoghi citati, sovente in modo ellittico, dalle poche carte manoscritte rimasteci – stava tentando di risalire il San Lorenzo (che, come noto, collega la regione dei Grandi laghi all’Atlantico attraversando le terre del Québec), scontrandosi con alcuni cacciatori membri delle popolazioni native. Il racconto circa la scoperta di Terranova, considerato in passato una leggenda fantastorica, è oggi maggiormente preso in considerazione: perlomeno, ci si interroga su di esso, finalmente, senza pregiudizi italo-centrici, in special modo dopo il ritrovamento archeologico della celebre stele runica di Terranova, e dopo la scoperta di alcune sepolture vichinghe risalenti anch’esse agli inizi del secolo XI, presso l’Anse aux Meadows. Il discorso potrebbe forse collegarsi inoltre ad altri misteri storici ed enigmi archeologici, come i megaliti rinvenuti nel Vermont già dai primi puritani giunti nei territori del New England (a metà circa del Seicento) e all’affannosa ricerca di prove materiali circa il presunto arrivo non solo di Vichinghi islandesi, ma altresì di Celti dalla Britannia, sempre in America settentrionale, da parte di Pierre de Varennes (1685-1749), il Visconte de La Vérendrye, esploratore e illuminista francese del XVIII secolo, amico dei primi philosophes parigini.
Proviamo a ricapitolare e nel medesimo tempo ad approfondire più in dettaglio le avventurose e complesse vicissitudini di Eirik il Rosso. A lui dobbiamo una prima esplorazione geografica delle terre e delle montagne, sulla costa orientale ed occidentale della Groenlandia. Fu il primo europeo a comprendere che vi si poteva organizzare ed importare, dal Nord, una compagnia di colonizzazione, in misura pressoché permanente. In principio, egli poteva contare solo su un manipolo di coraggiosi uomini di mare, gente rude, ed abituata alle avversità dei fenomeni naturali. Furono loro a costituire il nucleo delle prime due colonie islandesi. L’insediamento a ovest sarebbe stato abbandonato solo a metà del XIV secolo, mentre quello ad est avrebbe poi continuato a svilupparsi, sia pure con alterne fortune, sino al secolo XVI. Dai primi due insediamenti islandesi stabiliti da Eirik, partirono anche i viaggi esplorativi a Nord, compiuti dai Vichinghi nelle isole canadesi dell’Artico, nonché verso aree costiere, come quelle orientali del Canada, e della stessa America settentrionale. Le fonti delle quali possiamo disporre lasciano intendere che lo stesso Eirik era intenzionato a guidare in prima persona una spedizione marittima, verso le rive di quello che sappiamo essere il continente nord-americano: impresa poi, effettivamente, portata a termine dal figlio Leif Erikson. In ogni caso, Eirik girò molto attorno al promontorio meridionale della Groenlandia, e fondò, sull’Isola, una colonia, nella baia, da lui stesso denominata, di Eriksfjord, vicino al primo insediamento di Julianehåb. Per vari anni, Eirik usò la zona come base di partenza, per spedizioni navali ed esplorazioni geografiche delle regioni a ovest ed a nord, tutte o quasi da lui organizzate e poste sotto il suo diretto controllo. Lo stesso da lui esercitato nella gestione politico-militare della vita coloniale, islandese e norvegese, in Groenlandia, ispezionando altresì le aree interne di Eriksfjord e costruendovi un suo maniero, sul modello inglese di allora.
Altrettanto se non ancora più importante, si rivelò essere la seconda permanenza di Eirik nelle vicinanze di Eystribygd. Qui si stabilirono inizialmente oltre quattrocento coloni, ed il numero degli abitanti crebbe in fretta, sino a raggiungere e superare le oltre duemila unità. La colonia personale di Eirik, ricordata non senza accenti di commozione lirica – quasi una vera e propria commemorazione – dalla Eiriks Saga Rauda, e dalla complementare Grænlendinga Saga, mantenne contatti marittimi e commerciali accertati con l’Europa settentrionale sino a metà almeno del Quattrocento. Echi se ne possono rintracciare ancora nel frontespizio di Woodcut della pubblicazione anglo-islandese (1688), dal titolo Gronlandia, a cura del naturalista ed erudito barocco Arngrímur Jónsson, oggi parte della Fiske Icelandic Collection. Vi si racconta del viaggio di Eirik, cominciato nella primavera del 982, quando il condottiero ed esploratore nordico guidò la flotta delle sue navi verso mete sconosciute ed allora facilmente accostate dai marinai più superstiziosi alle leggende su mostri marini e terre piene di demoni (non dissimili dalle creature di Hell del pantheon pagano dei popoli nordici). Eirik, con la sua flottiglia, lasciò le coste di Sneefellsjokull (o Snaefellsjokull, in antico islandese), e viaggiò, per oltre centottanta miglia, prendendo terra, nell’estate del 983, a Cronland, sul lato occidentale di una nuova terra. Eirik e gli uomini al suo servizio passarono l’inverno in un luogo detto da lui Eiriksey, ossia l’Isola di Eirik, in attesa della primavera. All’avvento di quest’ultima, l’esploratore islandese mosse ulteriormente verso l’interno dell’Isola, sino a raggiungere i fiordi vicini. Durante poi l’estate Eirik ed i suoi uomini visitarono le terre – ospitali, ma ancora inabitate – ad ovest, e diedero nomi a numerose differenti aree geografiche. Un lavoro di vera mappatura – in anticipo sulla cartografia di epoca successiva – di coste ed entroterra, che furono i primi in assoluto a esplorare, usando i pochi e ancora imperfetti strumenti tecnico-scientifici e matematico-astronomici allora a disposizione degli studiosi di nautica.
Delle terre scoperte ed esplorate, tutto sommato, Eirik non tenne molto per sé (anche perché, in quanto navigatore, non era certo uno stanziale): giusto una grande fattoria a nord di Dranga, detta in seguito Erikstad e sorta di suo piccolo regno, o feudo personale. Ne fece una delle sue basi, per la navigazione ed esplorazione, miranti a stabilire nuovi insediamenti di coloni islandesi, anche presso le isole Oxney e Sudrey. Ogni meta raggiunta rappresentava per lui un nuovo punto di partenza, una ulteriore sfida da raccogliere senza timore. Cercare ed esplorare nuove terre ad Occidente – e di cui, magari, aveva anche solo sentito parlare, in maniera parziale e frammentaria, sovente sotto forma di leggende marinare e dicerie raccolte nei porti del Nord –, era davvero il suo imperativo primario, la sua parola d’ordine. Il suo credo, detto altrimenti. Un credo che ha finito per consegnarne memoria e gesta alla storia della nautica. Quest’ultima, grazie a lui e alle sue iniziative, uscì dagli spazi chiusi del Mediterraneo, dove si poteva navigare sotto costa da porto a porto, con tranquillità infinitamente maggiore rispetto alle acque agitate e alle rotte sconosciute dei mari nordici: qui e solo qui naviganti e marinai potevano davvero mettersi alla prova, sfidando il destino e varcando colonne d’Ercole ben più temibili dello Stretto di Gibilterra, in un mondo che poi talvolta concepiva ancora la Terra come piatta.
Eirik e gli esploratori sotto la sua guida trovarono, in effetti, nuove terre, il cui clima di allora era simile a quello della natia Islanda, con fiordi ghiacciati lungo l’inverno, e poi ricca vegetazione, nel corso della stagione estiva. Una conferma giunta ad Eirik e ai suoi uomini, esplorando – durante l’inverno e la primavera del 983-984 – le regioni e la punta meridionali della Groenlandia. Arrivata l’estate, il condottiero norreno ne approfittò, per promuovere ulteriori viaggi e missioni esplorative, ritornando nella colonia madre di Eiriksey solo al sopraggiungere dei nuovi rigori invernali. Il mare, Eirik l’aveva scoperto veramente durante l’esilio. Al termine di quest’ultimo, era tornato doppiando Capo Farewell in Islanda, nell’estate del 985. Al largo delle coste, in generale, Eirik trascorse più di seimila miglia marine e vide alternarsi più stagioni stando sul ponte delle navi. In tutto il Medioevo, non solamente nel Nord Europa, i suoi viaggi – sia quelli compiuti per necessità, sia quelli fatti per libera scelta – fanno realmente data, nella storia delle più grandi imprese marittime ed esplorazioni geografiche. Fare ogni tanto ritorno in Islanda significava per lui descrivere il paradiso pagano della sua nuova terra verde, invitando non senza orgoglio altri a seguirlo, nell’opera di colonizzazione dei territori della Groenlandia. Spese in tale modo l’inverno cruciale del 985. Con gli uomini – marinai, pescatori, mercanti, cacciatori, navigatori e costruttori di imbarcazioni, per affrontare il mare aperto e i marosi più difficili – giunsero anche numerosi cavalli, e bestie da allevamento. Così – in un lasso di tempo, oltretutto, anche piuttosto breve, per l’epoca in esame – vennero stabiliti insediamenti, via via, sempre più vasti ed estesi, in luoghi appositamente scelti e selezionati da Eirik in quanto a metà strada fra le prime due colonie – avamposti, quasi, di un piccolo impero marittimo – da lui fondate a est e ad ovest della Groenlandia dopo il suo primo storico sbarco.
Dopo avere tanto veleggiato lungo i mari del fato norreno e dopo avere creato diverse colonie, in terra groenlandese, Eirik il Rosso – mai domo, mai capace di fermarsi – iniziò a far piani in vista di altri ed ulteriori viaggi d’esplorazione. Evidentemente, gli insediamenti fondati in Groenlandia – per lui, attratto e dalle acque oceaniche e dall’ignoto – costituivano solo un punto di partenza, per le sue navi di temerari navigatori islandesi. In un primo momento pensò anche di fare una spedizione a sud dell’Atlantico, partendo sempre dalla Groenlandia. Quindi – con il figlio prediletto, Leif, che ne avrebbe realizzato i sogni più riposti – Eirik si mise ad affrontare e discutere i dettagli di una nuova strategia esplorativa, volta a cercare terre in direzione nord-occidentale, verso quell’America che lui non vide mai.


La Terra di Eirik il Rosso: lineamenti di storia della Groenlandia medievale

Fu pertanto Eirik il primo navigatore e condottiero normanno a raggiungere, intorno al 985, le coste meridionali dell’Isola chiamata, da lui stesso, Groenland (Terra Verde), già lambita, un secolo prima, da Gunnbirn Ulfsson, stabilendovi la prima colonia normanna. La denominazione dell’Isola data da Eirik è rimasta da allora in uso e fa riferimento alla terra a 70° di Latitudine Nord.
Eirik Randes Land fu il nome dato dai Norvegesi alla Terra di Eirik il Rosso, una regione sita sulle coste della Groenlandia orientale. Conquistatore vichingo, Eirik fondò il primo insediamento norvegese in Groenlandia sul finire del X secolo. I primi europei ad avvistare la Groenlandia furono navigatori nord-europei, intorno al 900 d.C., pertanto circa un secolo prima della colonizzazione per mano dei Norvegesi. Di fatto, dal punto di vista storico e geografico, fu la prima colonizzazione, da parte di europei, dell’America. Ad opera di Eirik, il primo e più celebre degli esploratori norreni, di origini islandesi, vennero creati due insediamenti norvegesi, uno a sud-est ed uno a nord-ovest, sulle rive sud-occidentali della Groenlandia.
In merito, poi, alle avventure marittime vichinghe del secolo XI, vennero certamente facilitate dall’innalzamento delle temperature, durante il così detto periodo caldo medievale. I drakkar, agili e veloci imbarcazioni dei popoli scandinavi, utili, sia a navigare in mare aperto, sia a fare incursioni e scorrerie, ebbero così la possibilità di solcare il gelido Mare del Nord, senza troppi problemi, stando al riparo da eventi atmosferici avversi e raggiungendo la Groenlandia: è la vicenda di Eirik il Rosso, immortalata in forma epica ed eroica dalle saghe vichinghe. Egli, coi suoi familiari e alcuni schiavi, prese il mare alla volta di una grande Terra, che le leggende marinare di allora collocavano a nord-ovest, raggiungendo l’Isola ove creò la colonia di Groenlandia, destinata a rapida espansione. Primi a stabilirsi in Groenlandia, nella punta sud-occidentale dell’isola, furono così i Vichinghi islandesi, ove la prima colonia norrena prosperò a lungo. Al pontefice Pasquale II è attribuita, nell’anno 1112, la nomina del primo vescovo di Groenlandia, a Terranova. Si trattava del religioso islandese del XII secolo Erik Henrik Gnupsson.
L’Isola di Terranova, nell’odierno Canada, fu, con tutta probabilità, il primo territorio in area nord-americana, ove si stabilirono viaggiatori e navigatori europei – Vichinghi norvegesi e danesi – soppiantando i nativi Mi’kmag. Sono state infatti ritrovate tracce archeologiche di un insediamento norreno, l’Anse aux Meadows, risalente ad oltre quattro secoli prima del viaggio di Colombo. Né va dimenticata la nomina del primo vescovo di Groenlandia e Terranova, da parte di Pasquale II, il che porterebbe a retrodatare la scoperta dell’America. Dopo i Vichinghi islandesi al seguito di Eirik, nel 1325 l’Isola di Terranova sarebbe stata raggiunta dai fratelli veneti Niccolò e Antonio Zeno. Quindi, venne ‘scoperta’ – o riscoperta, a questo punto? – dai geografi ed esploratori Giovanni e Sebastiano Caboto, i quali la avvistarono, nel 1497, dandole il nome di Terra Nova. Solo tre anni dopo, le coste dell’Isola vennero esplorate dal navigatore portoghese Miguel Corte-Real. Quasi un secolo dopo – nel 1583 – Terranova diventò la più antica colonia inglese, in terra americana. Fra il tardo XVI ed il XVII secolo, vi si stabilirono pescatori ed ecclesiastici, di Francia, Irlanda e coste occidentali delle Isole britanniche (in particolare dalla Cornovaglia). Una nutrita colonia francese si stabilì, presso la penisola di Avalon, a Placentia, sin da inizio Seicento. La rivalità anglo-francese d’oltremare, per il controllo delle terre coloniali dell’America settentrionale, durò, non senza scontri anche aspri, lungo tutto il secolo XVII, con autentici atti di guerra navale e pirateria, risolti per via diplomatica soltanto dalla Pace di Utrecht, l’11 aprile del 1713, al termine della Guerra di Successione spagnola. L’Isola, allora, fu assegnata all’Inghilterra, mentre alla Francia era riconosciuto il monopolio nella pesca ed il diritto di sbarco sulle rive nord-orientali e nord-occidentali di Terranova. Nella storia dell’Isola, tale esito ultimo fu l’approdo di una storia molto più antica, e cominciata con il probabile arrivo dei Vichinghi di Leif, figlio di Eirik, alla fine dell’Alto Medioevo.
Autonomi ed indipendenti per oltre due secoli, i Vichinghi groenlandesi entrarono, nel 1261, a fare parte del Regno norvegese di Haakon IV. La Groenlandia seguì la Norvegia (insieme a Islanda, Isole Far Oer, Shetland e Orcadi) nell’unione con la Danimarca, nel 1380, restando, in seguito, parte del Regno di Danimarca e Norvegia (1536). In un primo momento, la Groenlandia prosperò, grazie alla presenza norvegese e danese, vivendo tuttavia una fase di crisi, nel Quattrocento. Quasi solo gli Inuit autoctoni, abituati al clima freddo della loro terra, da sempre, riuscirono a sopravvivere. Posta, formalmente, sotto la giurisdizione del Regno di Danimarca e Norvegia, la Groenlandia visse come isolata dal resto del mondo, sino al principio del secolo XVIII. Nel 1721, una spedizione scientifica e missionaria guidata dall’esploratore, illuminista e vescovo luterano norvegese Hans Egede (1686-1758) – rimasto da allora famoso come l’Apostolo della Groenlandia – venne inviata in Terra verde, come inizio di una ricolonizzazione, politica, religiosa, territoriale e culturale, da parte del Regno di Danimarca e Norvegia. Quando poi, nel corso delle guerre napoleoniche, il Reame norvegese venne proclamato indipendente dalla Monarchia svedese con la Pace di Kiel (14 di gennaio 1814), Islanda, Isole Far Oer e Groenlandia andarono a quel punto alla corona danese.


Vichinghi ed esploratori norreni in Islanda e America settentrionale nel Medioevo

Nato in Islanda intorno al 970 e morto in Groenlandia, tra il 1018 e il 1025, grande esploratore e comandante norreno di navi, al pari del padre, Eirik il Rosso, Leif Erikson fu, quasi certamente, il primo viaggiatore (nord)europeo ad arrivare in America settentrionale, sull’Isola di Terranova. Egli era il secondogenito di Eirik e pronipote di Naddoddr (scopritore norvegese dell’Islanda). Suo padre Eirik aveva come detto più sopra creato due colonie vichinghe, l’insediamento occidentale e quello orientale, in Groenlandia, la terra alla quale lui stesso aveva assegnato il nome. Nel corso, poi, di un soggiorno in Norvegia, Leif Erikson si era convertito al cristianesimo, come alcuni altri vichinghi di quell’epoca, vissuti a ridosso dell’anno Mille (conversione che, in Islanda, fu forzata, spingendo chi intendeva rimanere pagano a cercare una nuova terra, ad occidente del mare). Leif si convertì, molto probabilmente, durante il suo soggiorno nel Reame feudale norvegese, per servirvi il monarca Olaf Tryggvason (963-1000). Tornato in Groenlandia, Leif acquistò dall’esploratore e costruttore di navi norreno-islandese Bjarni Herjòlfsson – dopo il 960, prima del 986 – l’imbarcazione con cui partì in esplorazione delle terre nord-americane che lo stesso Bjarni aveva, frattanto, appena avvistato, forse anche scoperto. Ancora una volta non abbiamo certezze definitive.
Una nostra importantissima e sottovalutata fonte primaria in proposito è la così detta Saga dei Groenlandesi, il manoscritto Flateyjarbòk, tardo-trecentesco, la cui prima stesura fu commissionata, si ritiene oggi, al principio del Duecento, mescolando storia e mito (come sempre accade, in questo novero di materiali documentarii). Nella Saga dei Groenlandesi, si narra che Leif Erikson cominciò a prepararsi poco prima del 1000, per fare a ritroso la rotta originaria di Bjarni. Il primo suolo da lui incontrato durante il viaggio di esplorazione fu un territorio ricoperto da lastroni piatti di roccia, che battezzò Helluland (in antico norreno, Terra dalle Pietre Piatte), con tutta probabilità, l’attuale Isola di Baffin, nell’odierno Canada, riscoperta, successivamente, dai navigatori e geografi inglesi Martin Frobisher (1576) e William Baffin (1616). Partendo da lì, Leif giunse presso una terra, tanto piatta, quanto boscosa e dalle spiagge bianche, da lui denominata Markland (ossia terra delle foreste, simili a quelle norvegesi), quasi di sicuro il Labrador di oggi. Erikson e gli uomini della sua truppa, prima, ne circumnavigarono le coste, quindi vi sbarcarono, costruendovi numerose abitazioni. Trovarono la terra ospitale ed abbastanza confortevole (chiaramente per gli standard dell’epoca). I fiumi di quella regione erano ricchi di salmoni ed il clima temperato, con rare gelate invernali e un’erba che restava sempre verde. Il gruppo di Leif decise, così, di rimanervi a svernare, in attesa che si sciogliessero le acque ghiacciate circostanti. Stando sempre a quanto scritto nella Saga dei Groenlandesi, uno degli uomini di Erikson, un guerriero e marinaio, di origini germaniche, dal nome Tyrkir, scoprì l’uva (da cui il nome di Vinland dato da Leif a tutta la regione, ipoteticamente in un punto, rimasto indefinito, fra Terranova e la Virginia). Altri interpreti e cultori di glottologia ed etimologia storica ipotizzano che Vinland andrebbe tradotto con Terra dei Pascoli (appunto vin, in norreno antico). Sulla strada, poi, del ritorno, Leif trasse in salvo un naufrago islandese di nome Pórir, assieme al suo equipaggio, cosa che gli valse l’altro appellativo con il quale da allora è conosciuto, ossia il soprannome di Leif il Fortunato (in norvegese antico Leifr hinn heppni, in inglese Lucky Leif).
Spazio geografico e realtà storica misteriosa quant’altre mai, l’ubicazione esatta e concreta del Vinland rimane dibattuta ed oggetto di controversie. Se i più reputano l’insediamento presso l’Anse aux Meadows la colonia di Erikson, altri sostengono che essa dovrebbe trovarsi più a mezzogiorno, dato che l’uva non cresce così a settentrione (dimenticando tuttavia, al riguardo, il peso cruciale che potrebbe avere avuto il così detto ‘periodo caldo medievale’, dal IX al XIV secolo, caratterizzato da un inusuale clima relativamente mite).
Fra storia e leggenda, e con preponderanza, abbastanza netta, della seconda, la Saga di Eirik il Rosso contraddice, parzialmente, in alcuni singoli punti, quella dei Groenlandesi, narrando che Leif scoprì quelle che, per noi oggi, sono le terre d’America mentre faceva ritorno dalla Groenlandia alla Norvegia, attorno all’anno Mille, senza però accennare a presunte colonie, da lui fondate (del resto, non si sono trovate prove archeologiche relative ad un suo tentativo di creare insediamenti perenni a Terranova). Gli storici del Medioevo norreno reputano attualmente più affidabile – a ragione, sotto vari punti di vista – il materiale documentario presente nella Saga dei Groenlandesi, nonostante sia d’indubbia utilità storiografica anche raffrontarla con i codici manoscritti di quella dello stesso Eirik il Rosso, certo più celebre e paradigmatica.


Nell'immagine, Mappa delle terre settentrionali con alcune isole fantastiche, di Abraham Ortelius (1573).


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Parole chiave: storia delle esplorazioni e delle scoperte geografiche, Medioevo norreno, capi e condottieri vichinghi, America del Nord, storia dei viaggiatori medievali, Oceano Atlantico
Documento inserito il: 15/09/2025
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