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Dal Regno Angioino al Regno Aragonese.

I nobili francesi che avevano partecipato alla conquista del regno di Sicilia a fianco di Carlo d’Angiò, si precipitarono sui centri del meridione avidi di bottino. Molti dei feudatari locali, anche quelli che tradirono Manfredi per schierarsi con il principe francese, vennero uccisi o spogliati di ogni loro bene a vantaggio dei nuovi venuti. Per ingraziarsi il Papato, Carlo d’Angiò fece alla Chiesa ampie donazioni di beni del demanio regio, che divenivano di conseguenza beni feudali, causando in tal modo un peggioramento del tenore di vita dei contadini. Il re stesso era oberato di debiti contratti per l’organizzazione della spedizione in Italia, oltre alle somme che doveva pagare alla corte pontificia in cambio dell’investitura ricevuta. Ai saccheggi e alle ruberie seguite alla conquista, fece seguito una durissima imposizione fiscale. Infatti i tributi richiesti in via eccezionale, prima da Federico II e poi da Manfredi, per sopperire alle necessità belliche, sotto la dominazione angioina divennero permanenti. In questo modo il regno meridionale, già prostrato per le continue guerre combattute dagli ultimi Svevi, perse definitivamente la floridezza che aveva raggiunto sotto la dominazione degli Arabi e dei Normanni. Le ambizioni di Carlo d’Angiò andavano ben oltre i confini del regno di Sicilia e, come già gli Svevi prima di lui, anch’egli iniziò ad immischiarsi nelle questioni italiane, con l’unica differenza che parteggiava per la fazione guelfa anziché ghibellina. I risultati furono però identici a quelli ottenuti dagli imperatori tedeschi: un aumento della confusione e delle lotte fratricide in Italia e il risveglio di antichi timori nella corte Papale, sempre diffidente nei confronti del rafforzamento del regno nella rimanente parte della penisola. Il re francese mirava inoltre ad abbattere l’Impero Bizantino e a sottomettere la Grecia e la Tracia. Nel contempo, per assecondare la sua politica di espansione ad est, fece sposare al proprio figlio la figlia ed erede del re d’Ungheria. Convinse infine il fratello Luigi IX, re di Francia a compiere una crociata a Tunisi, per poi in caso di successo, impadronirsi dell’opposta sponda del Mediterraneo. Questo suo sogno restò tale, poiché Luigi IX, giunto a Tunisi vi morì di peste. Anche in Italia le cose non andarono benissimo: contro la sua politica che portò al trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, si coalizzarono molte forze. Nel Nord Italia i ghibellini riuscirono a riconquistare i territori piemontesi occupati in precedenza dal suo esercito, ed il Papato, turbato dall’ambizione di questo sovrano, gli revocò la carica di Senatore di Roma, che le aveva accordato in precedenza. Ma le difficoltà maggiori provenivano dall’interno del suo regno, dove i nobili siciliani avevano ripreso a cospirare, rivolgendosi in cerca di aiuto presso la corte di Pietro III, re di Aragona e genero di Manfredi; alla sua corte trovarono sicuro rifugio numerosi dignitari della casa di Svevia perseguitati dagli Angioini, fra i quali il famoso medico Giovanni da Procida ed il grande ammiraglio Ruggero di Lauria. La cospirazione dei nobili ebbe pieno successo grazie allo sfruttamento di un tumulto popolare scoppiato a Palermo il martedì di Pasqua del 1282. All’ora del Vespro - da qui derivò il nome di questo storico episodio (Vespri Siciliani)- un soldato francese, che aveva offeso una ragazza siciliana, venne ucciso dal fidanzato di questa. Da questo episodio prese il via un tumulto nel corso del quale, il popolo palermitano si gettò sui francesi massacrandoli. Alimentata dalla nobiltà, la rivolta si estese a tutta l’isola, dalla quale in meno di due mesi vennero cacciati gli invasori francesi. Fu a questo punto che intervenne la flotta aragonese, che unita a quella siciliana sotto il comando di Ruggero di Lauria sconfisse ripetutamente gli Angioini, riuscendo perfino a catturare nelle acque del Golfo di Napoli il primogenito di Carlo d’Angiò, Carlo lo Zoppo. Per l’equilibrio delle forze in campo, la guerra del Vespro durò ancora vent’anni, finché nel 1302 venne stipulata la Pace di Caltabellotta, che sancì il passaggio della Sicilia a Federico III, il figlio di Pietro III di Aragona. Fu la prima regione italiana a cadere sotto la dominazione spagnola, sotto la quale rimase per quattro secoli.


Nell'immagine, ritratto di Carlo d'Angiò, che divenne re di Sicilia e di Napoli dopo aver sconfitto l'ultimo re svevo, Corrado V, Corradino.

Documento inserito il: 22/12/2014
  • TAG: angioini, aragonesi, vespri siciliani, pace caltabellotta

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