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Cronache dell'Anno Mille

di Katia Bernacci


“C’è da inorridire a raccontare gli orrori commessi in quell’epoca dagli uomini. Ahimè! Come poche volte capitò di udire nel corso della storia, la fame rabbiosa allora spinse gli uomini a divorare carne umana. I viandanti venivano aggrediti da gente più robusta di loro e i loro corpi, tagliati a pezzi, venivano cotti sul fuoco e divorati. Anche coloro che si spostavano da un paese all’altro nella speranza di sfuggire alla carestia, ospitati lungo il cammino, durante la notte venivano sgozzati e servivano di nutrimento a quegli stessi che avevano dato loro accoglienza. Molti, poi, mostrando un frutto o un uovo ai bambini, li attiravano in disparte per poterli scannare e poi cibarsene. In molti posti i cadaveri dei morti venivano disseppelliti e servivano anch’essi a placare la fame. Questa rabbia delirante arrivò a tali eccessi che le bestie rimaste sole erano più sicure degli uomini di poter sfuggire alle mani dei rapitori. Quasi che il cibarsi di carne umana fosse ormai diventata una consuetudine alimentare, ci fu un tale che ne portò di già cotta al mercato di Tournus per venderla, come se fosse stata quella di qualche animale. Quando fu arrestato non negò il suo vergognoso crimine: fu allora legato e messo al rogo”.
All’inizio dell’anno Mille l’intero Occidente venne devastato da una carestia interminabile, che durò tre anni, ma che si portò appresso uno strascico di eventi funesti, minando nell’animo tutti gli strati sociali. Le parole riportate sopra sono di Rodolfo il Glabro, monaco benedettino dal temperamento turbolento, nato nel 985 d.C., che si mise in testa di scrivere una storia universale; cosa che fece con un latino non perfetto, in un testo in cui il pregio è legato alla capacità dell’autore di riportare curiosità e aneddoti in maniera poco “storica” e parecchio popolare. Per questo motivo il lungo scritto che racconta gli avvenimenti dal 900 al 1044 risulta di facile lettura e costituisce un documento incredibile per calarsi negli eventi di quegli anni. Ad esempio da Rodolfo apprendiamo che vi erano tecniche usate per cercare di contrastare la fame, come la raccolta di una specie di argilla impalpabile, che veniva aggiunta alla farina o alla crusca, per produrre del pane che dava l’idea di sfamarsi, pur non fornendo molti contenuti energetici o nutritivi.
Le persone erano sfiancate dalla sofferenza e ritenevano di aver in qualche modo offeso Dio, per questo le partenze per i pellegrinaggi si moltiplicarono, iniziando dagli strati più bassi della popolazione, che in questo modo cercavano anche una via di uscita alla fame, per poi proseguire con lo strato medio e infine ai nobili, anch’essi ormai piegati dai lunghi anni di privazioni. Rodolfo il Glabro analizza con una certa freddezza il comportamento umano e si lascia andare a racconti piuttosto raccapriccianti, dove s’intuisce che molti individui non credono più neppure all’intervento divino, e si lasciano andare a concupiscenza, omicidio, incesto. Gli stessi preti abbandonano la Chiesa e si dedicano ai piaceri, cercando di allontanare quell’idea di fine del mondo che non era in realtà insita nelle menti di allora, abituate alla morte e alla caducità della vita. Rodolfo stesso si lascia andare a credenze esoteriche, parla più volte del diavolo e dei suoi sogni dove appare una creatura mostruosa che gli parla; è convinto che le eclissi, che si sono manifestate tre volte in quegli anni, siano la testimonianza dell’intervento divino, che cerca di comunicare all’uomo che l’inferno è in agguato e che i suoi peccati verranno puniti.
Forse è proprio in questi atteggiamenti e nell’incredulità verso quello che stava accadendo che dobbiamo cercare le radici di quell’anticlericalismo, che già prima del Mille iniziava a mettere radici ovunque, ma che in quegli anni si sviluppò in modo feroce: catari, valdesi, patari, bogomili, arnaldisti, umiliati e molti altri gruppi minori videro la luce e si svilupparono nel rifiuto della mediazione del clero e dei sacramenti. Non venivano chiamate eresie, quel nome sarebbe stato usato più avanti, ma venivano osteggiate fortemente dalla Chiesa, che improvvisamente si dovette rendere conto che il popolo, e non solo, aderiva con sempre maggior fanatismo a quelle “sette”, minando alla base il Credo che era stato inculcato in centinaia di anni di predicazione, un insegnamento chiuso, basato sull’ignoranza e sul timore di forze non governabili e alle quali era necessario sottostare.
Rodolfo il Glabro era tormentato, mentre scriveva la sua storia universale era ospite nell’Abbazia di Cluny, e gli sembrava di intuire la fine del mondo che ci sarebbe stata a breve, e scriveva “Sette anni prima del millennio il monte Vesuvio, chiamato anche ‘pentola di Vulcano’, entrò in eruzione. [...] Contemporaneamente, quasi tutte le città della Gallia e dell’Italia subirono danni provocati da incendi. Anche la stessa città di Roma fu distrutta in gran parte da un incendio, durante il quale il fuoco si appiccò addirittura alle travature della chiesa di San Pietro” e continuava sostenendo che il fuoco divampava ovunque, anche nei corpi martoriati di chi è colpito dal fuoco di sant’Antonio, (l’herpes zoster che provoca eruzioni cutanee, prurito e fortissimo bruciore, e che nelle sue manifestazioni più acute poteva, all’epoca, far impazzire o portare gli arti in cancrena). Ed ecco la pioggia, infinita, che riempiva i solchi dedicati alla semina, che non faceva più crescere nulla.
Molti studiosi ritengono che la paura dell’anno Mille non sia esistita e che corrisponda a un errore storico, o meglio alla riproposizione di testi scritti in epoche successive che sostenevano che ci fosse una sorta di psicosi collettiva, che in parte poteva aver attecchito forse in alcuni strati, quelli più poveri, della popolazione. Oltre a Rodolfo però abbiamo anche la testimonianza di Abone, abate di Fleury-sur-Loire, che nel 998 scrive sul suo diario personale “A proposito della fine del mondo, ho sentito predicare al popolo in una chiesa di Parigi che alla fine dell’anno Mille sarebbe sopraggiunto l’Anticristo e poco dopo sarebbe seguito il giudizio universale. Io respinsi con forza tale affermazione con l’appoggio del Vangelo, dell’Apocalisse e del Libro di Daniele”.
Certo Rodolfo nei suoi racconti non si risparmiava nella narrazione, per filo e per segno, degli eventi che lui riteneva essere legati a qualcosa di soprannaturale, come la balena che apparve nella Manica e che fu presa come un segno nefasto, o ancora l’eclisse di sole alla quale abbiamo fatto riferimento, della quale possiamo leggere, direttamente dalle parole del monaco, una citazione che fa intuire come Rodolfo inserisse nel testo quello che lui stesso pensava: “Nello stesso anno, la domenica di Passione, il terzo giorno del calendario giuliano, venerdì, si verificò un’eclissi di sole dall’ora sesta fino all’ottava. Il sole stesso diventò color zaffiro, portando nella parte superiore l’aspetto della luna. Gli uomini si guardavano, pallidi come morti, e tutte le cose che si trovavano sotto l’aria avevano il colore di una rosa. Allora il panico si impossessò di tutti, perché si capiva che qualcosa di grande era avvenuto contro il genere umano”.
Rodolfo il Glabro si sbagliava. E dopo di lui innumerevoli sono coloro che hanno ritenuto che la fine del mondo fosse prossima, non ultimi i sostenitori della profezia Maya del 21 dicembre 2012, a causa dell’inversione dei poli terrestri. Una data molto vicina a noi “moderni”, per la quale migliaia di persone nel mondo si sono preparate a una possibile conclusione della vita, acquistando case sulle Ande, oppure bunker sottoterra, o ancora, seguendo alcune teorie della New Age, eseguendo riti di vario genere. La fragilità dell’essere umano ci sovrasta, allora come oggi.
Il monaco facilmente suggestionabile ha raggiunto un obiettivo impensabile, rimanere immortale nel ricordo e riuscire a far emergere la vita e il pensiero medievale così come nessun testo scolastico o “autorevole” avrebbe potuto fare.


Nell'immagine, foto di Marino Olivieri scattata all'interno della Chiesa di San Sebastiano, a Pecetto Torinese.


Per approfondire:

La vita quotidiana nell’anno mille” di E. Pognon;
Cronache dall’anno Mille” di Rodolfo il Glabro.

Documento inserito il: 13/03/2024
  • TAG: Anno Mille, Rodolfo il Glabro

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