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Storia dell'uomo dalle origini ai giorni nostri. Quarantatreesima puntata

di Alberto Sigona


L'avvento del Nazionalismo

Come abbiamo visto precedentemente, la “Belle Epoque” fu in genere un periodo storico favorevole nella storia dell'umanità, caratterizzata da innumerevoli trasformazioni che nel suo complesso cambiarono in meglio la società, ma come in ogni epoca che si rispetti anche questa ebbe le sue piaghe non indifferenti. Della precaria situazione dei lavoratori dell'industria e delle tante proteste e rivolte che ne sarebbero scaturite abbiamo già parlato. Tuttavia esse ebbero almeno un risvolto positivo che si sarebbe tradotto ad esempio nella nascita dello Stato Sociale. Ma fra le negatività che inficiarono fortemente l“'Epoca Bella” ve ne fu una che avrebbe condotto all'implosione di questa particolare età storica, sfociando addirittura nella Prima Guerra Mondiale e nell'inizio di un'era apocalittica fatta di guerre e devastazioni (di cui avremo modo di trattare più avanti).

Sul finire dell’Ottocento all’interno delle grandi potenze si sparse - complice l'introduzione della “Leva obbligatoria(1)” (che contribuì a plasmare le menti dei coscritti, rafforzandone il senso di appartenenza nazionale), che in quegli anni interessò quasi tutta Europa - la deleteria e pericolosa ideologia del nazionalismo, una forma esasperata di identità nazionale, ovvero la convinzione della superiorità, politica, culturale ma anche etnica, del proprio Paese a scapito delle altre Nazioni, viste come nemiche da disprezzare e combattere con ogni mezzo (il nazionalismo non va confuso col patriottismo, che è amore per il proprio Paese, senza disprezzo per gli altri). Ciò, oltre al germogliare delle prime odiose forme di esterofobia, avrebbe favorito l’aspirazione ad incrementare sempre più, perseguendo anche pratiche aggressive, la forza economica e politica del proprio Stato per una questione di prestigio internazionale. L’espansione coloniale ricevette perciò un nuovo impulso, stavolta soprattutto in direzione del continente africano(2), portando alla sua dominazione imperialistica. La brama di conquista di territori ricchi di risorse e soprattutto la necessità di non perdere vantaggi rispetto alle altre Nazioni portarono all'innescarsi di una vera e propria corsa per la conquista di territori: per trovare materie prime idonee al lavoro industriale; per avere nuovi sbocchi commerciali per collocare la produzione enormemente cresciuta (fu notevole in proposito la pressione esercitata dalle grandi imprese che intendevano aumentare il loro business); per risparmiare sui costi di manodopera (un po' come fanno oggi molte grandi aziende quando “delocalizzano”...); per assicurarsi basi militari idonee a consolidare la difesa dei possessi già detenuti. Così in pochi decenni le potenze occidentali - in primis le fameliche Francia e Gran Bretagna (mentre l'Italia(3) si “limitò” alle conquiste di Eritrea, 1890, Somalia, 1908, e Libia, 1912; più tardi, ai tempi del Fascismo, avrebbe acquisito anche l'Etiopia) - si spartirono letteralmente l'intera Africa(4) (ma furono coinvolti anche vasti territori dell’Asia, India in primis, che nel 1858 andò alla Gran Bretagna), risolvendo le loro contese espansionistiche sia per via militare (come le guerre anglo-boere, che ebbero luogo in Sudafrica a cavallo fra il XIX e il XX secolo, e contrapposero i britannici – che alla fine risultarono vittoriosi - e i coloni olandesi, detti boeri) che per via diplomatica (ricordiamo in primis la Conferenza di Berlino del 1884). Accanto ad interessi politici non mancarono tuttavia gli impulsi da parte di esploratori, scienziati, avventurieri, viaggiatori e missionari, che in molti casi diedero il via a molte scoperte di terre sino ad allora sconosciute... A supporto delle ambizioni coloniali si svilupparono anche numerose teorie pseudo-scientifiche, come il “darwinismo sociale”, che mediante un'oculata narrazione ideologica giustificavano la supremazia dei popoli europei sui colonizzati, visti come “razze inferiori” da educare e dominare senza scrupoli.

Il desiderio di affermare la propria potenza portò però ad inasprire le rivalità tra le “grandi” del vecchio continente ben oltre la semplice “contesa africana”, e molti Paesi arrivarono a convincersi che una guerra tra Stati fosse inevitabile e persino auspicabile per "purificare" la propria Nazione e dimostrarne il valore. Tuttavia le tensioni maggiori si avvertirono nella “periferia” d'Europa, nei Balcani, regione piena di discordie etniche, religiose, storiche e geopolitiche, considerata all’epoca "la polveriera d’Europa". In quel periodo i Balcani erano sotto l’influenza di due imperi decadenti, quello Ottomano e quello Austro-ungarico, che all'epoca avevano perduto gran parte del potere degli anni fulgidi, favorendo l'ascesa di nazionalismi etnici (serbi, croati, sloveni, bosniaci...) che auspicavano di affrancarsi dal dominio straniero. In particolare la Serbia, dopo essersi notevolmente rafforzata a seguito delle guerre balcaniche(5) (1912–1913), voleva unificare tutti gli slavi del sud, scontrandosi contro gli interessi degli austro-ungarici. Ciò avrebbe condotto a tensioni e focolai molto marcati che un giorno sarebbero confluiti in un immane conflitto di portata globale...


Nell'immagine, cartina che raffigura le colonie delle principali potenze europee tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo.


(1) Le guerre ottocentesche col trascorrere del tempo diventavano più lunghe e coinvolgevano sempre più uomini, perciò serviva un sistema stabile per reclutare grandi numeri di soldati. Fu in questo contesto storico che si avvertì l'esigenza di introdurre la leva obbligatoria, in quanto permetteva di avere anche in tempi di pace una grande riserva di militari pronti a combattere.

(2) Per secoli, prima dell'Ottocento, gli Europei che giunsero nell'Africa subsahariana si addentrarono poco oltre i loro insediamenti costieri. L'interno del continente era considerato impenetrabile, sia per le condizioni estreme del clima, sia per le malattie, sia per l'aspetto accidentato del territorio, poco idoneo ad essere attraversato (a causa della presenza di folte vegetazione, paludi...).

(3) Arrivata senza alcun possedimento nell'età dell'Imperialismo (gli Stati italiani preunitari non avevano risorse per sviluppare una propria politica coloniale), l'Italia decise di indirizzare le sue mire espansionistiche verso un territorio africano fino ad allora poco considerato dalle potenze coloniali, il Corno d'Africa, dove già da tempo si stavano indirizzando gli interessi di alcuni imprenditori italiani. L'Italia diede formalmente inizio alla propria esperienza coloniale con l'espansione in Eritrea.

(4) Francia e Gran Bretagna svolsero la parte del leone nella colonizzazione africana, spartendosi il continente, lasciando agli altri Stati soltanto piccole porzioni territoriali. L'Italia, come già anticipato, si accaparrò la Libia e parte del “Corno d'Africa”; il Portogallo fece suoi l'Angola, la Guinea Bissau ed il Mozambico; la Germania s'impossessò del Togo, del Camerun, e degli attuali Burundi, Ruanda, Tanzania e Namibia; il Belgio si “limitò” al Congo, mentre la Spagna prese possesso in primis dei territori oggi appartenenti alla Guinea Equatoriale ed al Marocco. Le altre Nazioni rimasero estranee al frazionamento. Non tutte le colonie erano redditizie e in alcuni casi il loro mantenimento risultava molto costoso per la madrepatria. Spesso il colonialismo fu più una questione di prestigio geopolitico che di reale profitto.
Le guerre e le battaglie per la conquista e il controllo delle terre africane furono particolarmente intense in alcune regioni. Queste azioni belliche spesso portavano a massacri, deportazioni, schiavitù e sfruttamento delle risorse naturali, mentre le popolazioni africane subivano enormi perdite in termini di vite e cultura. Ad esempio la conquista del Congo da parte del Belgio comportò una brutalità estrema contro le popolazioni locali e la resistenza africana fu repressa con violenza. La Gran Bretagna dal canto suo intraprese guerre contro le popolazioni zulu e boeri per consolidare il suo controllo sulla parte meridionale dell'Africa. Inoltre l'intervento militare europeo veniva spesso accompagnato da un sistema di amministrazione coloniale che cercava di sfruttare le terre, le risorse e la forza lavoro africana per alimentare i benefici delle potenze imperialiste.
Sebbene la maggior parte della conquista coloniale in Africa fosse segnata da conflitti violenti, ci furono anche casi di "conquiste pacifiche" o almeno di acquisizioni territoriali che non coinvolsero significative azioni belliche. Ad esempio in alcune aree dell'Africa occidentale la Francia riuscì a stabilire il proprio dominio grazie a trattati con i leader locali, piuttosto che con forze militari dirette. Molti capi locali si allearono con la Francia in cambio di benefici economici o politici, rendendo la "conquista" francese più una serie di accordi diplomatici che non un conflitto aperto. Questo processo venne definito "colonizzazione indiretta", in cui le strutture di potere locali venivano integrate nel sistema coloniale francese. Tuttavia ciò non significa che le popolazioni africane fossero d'accordo o che non subissero violenze e oppressioni.

(5) La Prima guerra balcanica (1912) vide contrapposta la Lega Balcanica (Serbia, Bulgaria, Grecia e Montenegro) all'Impero Ottomano e vide prevalere i balcanici, che così sottrassero ai turchi numerosi territori (Macedonia, Kosovo, Tracia...), spartendoseli tra di loro. La Seconda guerra balcanica (1913) invece vide contrapposta la Bulgaria (non soddisfatta di quanto ottenuto nella Prima guerra balcanica) contro Serbia, Grecia, Montenegro, e poi anche Romania e ottomani: i bulgari saranno sconfitti e la Serbia raddoppierà il proprio territorio. In sintesi le guerre balcaniche distrussero la presenza ottomana in Europa e resero la Serbia molto più forte.

Documento inserito il: 26/05/2025
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