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Intervista di Monica Palermo a Giulio Quintavalli, autore del libro 'Da sbirro ad investigatore' [ di ]

Intervista di Monica Palermo a Giulio Quintavalli, autore del libro «Da sbirro a investigatore. Polizia e investigazione dall’Italia liberale alla Grande guerra»

Giulio Quintavalli, da anni in servizio all’Ufficio Storico della Polizia di Stato, ha avuto modo di approfondire i molteplici aspetti della storia istituzionale del Corpo e di maturare specifiche competenze in materia di comunicazione storico-iconografica, raccogliendo un’ampia collezione di cartoline postali sulla Polizia. È laureato con lode in Storia e Società.

E' autore e coautore di articoli tematici pubblicati su alcuni periodici delle Forze di Polizia e di alcune pubblicazioni, tra le quali «In Nome della Legge. Tracce Satiriche della Polizia italiana tra Otto e Novecento», a cura di Fabio Santilli, Roma, Ufficio Storico della Polizia di Stato - Centro Studi Gabriele Galantara, 2009. Ha anche collaborato con Gigi Simeoni nel romanzo a fiumetti «Gli occhi e il buio» (2007) della Bonelli Editore.
La nostra redazione lo ha intervistato per voi.

Come nasce la passione per la storia?
Credo di averla sempre avuta, è parte integrante della mia vita.

Che cosa ti ha spinto a pubblicare questo libro?
Lo studio prende spunto dalla mia tesi di Laurea in Storia contemporanea sulla cultura professionale e la mentalità dell’investigatore, integrata e trasformata in questa pubblicazione su consiglio dell’Università.
Tento di individuare il processo storico tramite il quale il poliziotto diventa una professione socialmente apprezzata; cioè quando lo sbirro, analfabeta, manesco, ottuso e incapace, superata la cultura del sospetto e della prevaricazione, abbraccia quella dell’indagine sostenuta dalla scienza e dalla tecnica per trasformarsi, appunto, in investigatore, come il detective inglese, che adotta la moderna detection.
Un salto in avanti che “riscrive“ dell’interessato quadri mentali, motivazioni, valori, capacità e fiducia in sé stesso. Il titolo della pubblicazione, «Da sbirro a investigatore» e la copertina sintetizzano questa trasformazione, che è avvenuta a ridosso della Grande guerra.

Quali sono gli aspetti che hai voluto evidenziare in questo libro?
Non ho considerato i poliziotti famosi e la letteratura d’evasione (gialli, polizieschi…) per dare parola alle fonti dell’epoca di carattere interno o vicino alla Polizia, e la memorialistica di poliziotti.
Ho tentato di tratteggiare le varie componenti della Polizia, uomini e saperi, tra la fine ‘800 e il Dopoguerra. Funzionari e agenti di vari gradi, diversissimi per istruzione, cultura, responsabilità, ma uniti nel servizio.
Ho individuato continuità e mutamenti nelle loro memorie, incarichi professionali…, a partire dai rispettivi programmi e manuali per le Scuole, un “termometro” per saggiare trasformazioni, progressi…
Nei primi del ‘900 anche nella macchina della giustizia emerge la fiducia nella scienza e nelle nuove pratiche di polizia scientifica, e la razionalizzazione delle pratiche tradizionali, codificate (verbali, interrogatori, perquisizioni…) e non (travestimenti, pedinamenti, appostamenti...). Il vento rinnovatore della polizia scientifica dilata gli orizzonti professionali del poliziotto, a partire dai servizi investigativi, che descrivo con particolare attenzione partendo “dal basso”, dalle guardie, perché la “squadra Polizia” è si costituita da validi funzionari ma anche da capaci agenti. Quel vento soffia anche sull’Arma dei Carabinieri, a cui rimando in moltissimi punti perché la funzione di polizia giudiziaria accomuna per molti aspetti Polizia – CC.

Come si sviluppa la ricerca?
Lo studio è suddiviso in quattro capitoli. Il primo considera gli anni tra i primi anni ‘80 e il 1897 e i primi tentativi di realizzare in Italia una figura analoga al detective anglosassone: la guardia investigatrice di polizia giudiziaria. Descrivo i metodi di indagine, antiquati e insufficienti, e le prime proposte di migliorare la Polizia e di superare il dualismo CC-PS.
Il secondo si spinge fino al 1915, con la polizia scientifica e le prime forme di professionalizzare del poliziotto.
Il terzo tratteggia l’impegno nella Grande guerra per la tenuta del fronte interno: «Salvaguardare le spalle all’esercito» fu il ruolo assegnato dal presidente del consiglio Orlando alla Polizia. Un severo test per l’Ufficio Centrale d’Investigazione (di Giovanni Gasti) e per l’Ufficio Centrale abigeato (di Augusto Battioni), che indagarono rispettivamente su attentati, sabotaggi, spy stories (fino all’entourage di Papa Benedetto XV), e sul triangolo mafia-diserzione-abigeato, nuova emergenza criminale nel Mezzogiorno. Qui oltre 1.000 tra poliziotti e carabinieri dell’Ufficio abigeato operarono in strettissima sinergia con risultati entusiasmati; in pratica un’Antimafia antelitteram.
Concludo con il Dopoguerra e il governo che riformò la Polizia “riscrivendone” metodi, personale e professionalità. Mi riferisco al Corpo degli agenti di investigazione (assolutamente estromesso dalla storia dei corpi dello stato) e alla Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza….Ma le ricerche sull’UCI e sull’Ufficio abigeato (ricorre nel 2017 il loro centenario) sono veramente interessanti.

Il volume sarà pieno di aneddoti che incuriosiscono i lettori, ce ne vuoi raccontare qualcuno?
Ai primi del ‘900 l’ingegno italiano si affermò anche nella detection: come nella classificazione delle impronte digitali di Gasti, coniata nel 1910 circa e usata da moltissimi paesi fino alla fine degli anni ‘90; o alla trasmissione a distanza delle immagini (teleiconotipia o ellerogramma), straordinaria per l’epoca, dovuta a Umberto Ellero, poliziotto con il pallino della fotografia giudiziaria e delle trasmissioni.

Che riscontro ha avuto il tuo studio, finora, nel mondo della divisa?
Sono autore e coautore di alcuni articoli su «Fiamme d’Oro», «Polizia Moderna», «Il Nastro Azzurro»; mi hanno gratificato con recensioni molto favorevoli. Polizia, Finanza, Arma («Fiamme d’Argento»), Marina «Rivista Marittima», a breve «Italia Contemporanea» e Aeronautica «Rivista Aeronautica», ma anche importanti siti internet di storia mi stanno dando spazio e opportunità: grazie di cuore. Trovo la stesura di testi per quest’ultimo mezzo comunicazione interessante perché richiede un linguaggio scorrevole e attento, e una scrittura particolarmente vigilata. La possibilità di inserire immagini in pratica senza limiti è una grandissima opportunità.
Fatemi ricordare un aneddoto molto gratificante: «Rivista Marittima» recensendo «Da Sbirro a investigatore» si è complimentata per la scientificità del lavoro e i vertici della Polizia di Stato mi hanno gratificato con un segno tangibile di stima e apprezzamento. Non credo di meritarmi tanto.
Spero che il lettore troverà interessante lo studio – dedicato ai colleghi deceduti in servizio -, che arricchisce la conoscenza della storia delle Forze di polizia rinforzandone il senso di appartenenza. Ma lo studio non è rivolto solo a poliziotti e carabinieri; mi riferisco a storici contemporaneisti, del mondo delle armi, della detection, della polizia giudiziaria, dell’intelligence, delle telecomunicazioni, dell’ordine pubblico, della polizia politica.
La prefazione è del direttore dell’Ufficio Storico, Primo dirigente P. di S. dr. Raffaele Camposano, che ringrazio sinceramente. «Da Sbirro a investigatore» è uno studio scritto con cuore e rigore storiografico che odora di bombetta, revolver, catenelle e tesserino, secondo alcuni sinceri e gratificanti complimenti che mi sono giunti…

Come acquistarlo?
Da Aviani & Aviani editori, 2017 (c/o Arti grafiche Fulvio srl), e-mail: avianifulvio@gmail.com, o sul sito www.avianieditori.com È ordinabile anche su IBS e in alcune librerie di storia militare.

E’ un volume di 280 pagine formato A4, con 80 immagini, oltre 900 note, appendice iconografia a colori, indice dei nomi, delle leggi, bibliografia di 500 opere, sitografia. Propongo rare cartoline postali di polizia, particolarmente comunicative, capaci di esprimere contenuti immateriali (cultura del sospetto, spirito censorio…).

Documento inserito il: 23/03/2018

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