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La società romana arcaica

del Prof. Giovanni Pellegrino


In questo articolo cercheremo di descrivere quali erano le basi della società romana arcaica.
Le strutture portanti della società nella Roma arcaica erano la famiglia e la gens.
La famiglia era il nucleo sociale più piccolo che comprendeva tutti coloro che erano soggetti all’autorità del maschio più anziano il paterfamilias vale a dire la moglie, i figli, i nipoti e anche gli schiavi.
Tuttavia dobbiamo mettere in evidenza che gli schiavi erano poco numerosi nei primi secoli della storia di Roma.
Si trattava quindi di una famiglia patriarcale fondata sul dominio della componente maschile. Infatti, le donne al momento del matrimonio passavano sotto l’autorità del marito.
Tale autorità era pressoché assoluta e veniva esercitata non solo sulle persone, ma anche sui beni. Il paterfamilias amministrava tutte le questioni inerenti al gruppo familiare, a cominciare dal fatto che alla nascita di un figlio poteva decidere se riconoscerlo o abbandonarlo. Inoltre il paterfamilias stabiliva l’impiego del patrimonio di famiglia, decideva a chi si dovesse sposare e con chi, assegnava ai figli i beni di cui potevano disporre.
Addirittura sembra che almeno nel periodo più arcaico, avesse perfino potere di vita e di morte sui membri della famiglia.
In definitiva nella Roma arcaica i rapporti familiari erano caratterizzati da un fortissimo autoritarismo.
Ma i romani considerarono tale autoritarismo una virtù fondamentale in grado di assicurare la coesione della società.
A sua volta la gens era costituita da un gruppo di varie famiglie che discendevano da antenati comuni. I componenti della gens portavano lo stesso nome osservavano culti particolari e celebravano feste e cerimonie in comune. Inoltre tutti i suoi membri, i gentili, avevano l’obbligo di aiutarsi reciprocamente.
Non esisteva un capo della gens dal momento che erano i paterfamilias a decidere in maniera vincolante per tutti.
Nell’età monarchica e nei primi secoli della repubblica, i membri della gens avevano in comune anche la proprietà di pascoli e terreni, dal momento che la terra era di proprietà comune. Infatti, solo a partire dal IV secolo a.C. cominciò ad affermarsi a Roma la piena proprietà individuale della terra.
Dobbiamo mettere in evidenza che facevano parte della gens anche i clienti, che erano persone libere quindi non schiavi, che godevano della protezione di uno dei componenti della gens. Tale componente della gens prendeva il nome di patrono. In cambio di tale protezione i clienti gli assicuravano fedeltà e servigi di ordine economico e militare. Infatti, i clienti costituivano la forza militare che la gens utilizzava nelle razzie o nelle guerre.
Dobbiamo mettere in evidenza che le guerre, nella prima fase della storia di Roma, erano spesso condotte dalle gentes più che dallo stato.
L’insieme dei cittadini romani costituiva il popolo romano. Di esso facevano parte sia gli individui appartenenti a una gens, sia quelli che ne erano privi. Questo ci conduce a una distinzione sociale molto importante nella società romana, ovvero quella tra patrizi e plebei.
Col primo termine si indicava l’aristocrazia romana ovvero gli appartenenti alle gentes più antiche. Era il gruppo sociale che deteneva il potere politico e non facevano parte delle funzioni statali. Infatti, solo i patrizi potevano far parte del senato, comandare l’esercito, celebrare i riti religiosi.
Più difficile è dire chi fossero e quale origine avessero i plebei, dal momento che essi venivano di solito identificati in opposizione ai patrizi e per differenza rispetto ad essi.
I plebei, nella definizione che ne diedero gli antichi patrizi, erano coloro che non facevano parte di una gens, cioè individui privi di quel prestigio derivante dall’appartenenza a una gens.
I patrizi costituivano un gruppo sociale molto eterogeneo dal momento che ne facevano parte i contadini, i clienti che avevano perduto il loro patrono, commercianti, artigiani.
I plebei spesso erano poveri, ma non mancavano fra loro i benestanti. Ciò che accomunava i plebei era il fatto di essere esclusi dai diritti politici e dal governo della città.
Vedremo ora qual era il ruolo della religione nella società romana arcaica.
La religione ebbe un ruolo importante nella vita di Roma. Il suo primo carattere fondamentale è infatti il suo valore pubblico e civico.
Per comprendere l’atteggiamento religioso dei romani non bisogna pensare alla parola fede come faremmo oggi, ma la parola latina pietas. La pietas romana non era la pietà come la intendiamo oggi nella parità in senso cristiano, ma bensì un sentimento di dovere e di rispetto dovuto agli dei che si traduceva nell’adempimento di precisi rituali e obblighi. Pertanto a Roma era sempre la comunità a praticare il culto religioso.
Anche all’interno delle mura domestiche era il capofamiglia a praticare il culto religioso per l’intera famiglia, compresi i clienti e gli schiavi.
La pratica religiosa e la sfera politica erano strettamente collegati.
I magistrati celebravano di persona diversi riti ed erano i rappresentanti della cittadinanza anche difronte agli dei. Per questo motivo molti uomini politici importanti cominciarono la loro carriera partendo dalla carica religiosa.
Il secondo carattere specifico della religione romana è il suo formalismo, dal momento che la pratica religiosa era costituita da formule e riti da rispettare alla lettera per ottenere la benevolenza divina, la “pace con gli dei”, condizione essenziale del successo di ogni azione umana.
Il calendario romano prevedeva una rigorosa distinzione tra i giorni lavorativi e quelli festivi dedicati agli dei.
Qualsiasi atto di rilevanza pubblica doveva avere il favore degli dei, interrogati con le tecniche divinatorie apprese dagli etruschi.
Proprio come gli etruschi i romani avevano sacerdoti capaci di leggere le viscere degli animali, ed altri specializzati nell’esame del volo degli uccelli e dei segni celesti. Tale fatto conferiva grande importanza in generale ai sacerdoti.
In particolare rivestivano grande importanza i pontefici, custodi delle norme tradizionali e della loro interpretazione. I pontefici erano guidati dal pontefice massimo, che ereditò le funzioni religiose inizialmente spettanti al re. Poiché gli interpreti della volontà divina erano strettamente legati al patriziato, tale fatto aumentava ulteriormente il potere dei patrizi.
Il terzo carattere fondamentale della religione romana è l’integrazione di dei e culti diversi.
I romani, frutto essi stessi dell’incrocio tra più popoli, non pensavano che fosse necessario venerare un solo dio. Pertanto la religione romana univa elementi di origine molto antica legati a culti agricoli e pastorali, con altri derivati dagli etruschi, dagli italici e soprattutto dai greci.
Grande importanza avevano i culti specifici della religione familiare, ovvero quello dei penati, dei protettori della prosperità domestica e quello dei lari, che vigilavano sulla casa e sulle strade.
Molto importante era il culto di Vesta, patrona del focolare domestico e della purezza, ma anche dello stato. Le vestali, sacerdotesse vergini, avevano il compito di tenere sempre acceso il fuoco sacro simbolo della conservazione della famiglia e dello stato.
A queste divinità se ne unirono altre di carattere agreste e di origine latino laziale.
Infine altre divinità sempre di origine laziale etrusca o greca ebbero invece carattere civico come protettrici della città.


Nell'immagine, I Vestalia, le feste dedicate alla Dea Vesta custode del fuoco sacro di Roma

Documento inserito il: 20/11/2023
  • TAG: gens, plebe, patrizi, antica Roma, pontefici, pontefice massimo, religione, dei, etruschi, latini, greci, italici, lari, penati

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