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Cartagine contro Roma: 218 a.C. - la battaglia del Ticino. [ di Andrea Rocchi ]

Lo scontro del Ticino, primo confronto tra Romani e Cartaginesi nel contesto della seconda guerra punica non può propriamente definirsi una battaglia, fu più che altro una scaramuccia tra avanguardie che mise però da subito in risalto i grandi limiti dell'esercito romano dinanzi alle tattiche innovative adottate dal Barcide Annibale; se il buongiorno si vede dal mattino, il Ticino rappresentò l'ideale presagio dei funesti eventi che segnarono l'intera condotta della guerra da parte romana fino all'avvento di Publio Cornelio Scipione Africano nel 209 a.C.
La "battaglia" del Ticino, datata 218 a.C. primo confronto tra Annibale Barca e le legioni romane, fu anticipata da una serie di eventi che fanno quantomeno riflettere su come Roma non fosse totalmente preparata ad affrontare una nuova guerra o forse la considerasse quasi di "routine", non degna dunque di mobilitazioni straordinarie o di strategie ben studiate atte a coordinare in modo efficiente le quattro legioni a disposizione oltre gli alleati. Ma andiamo con ordine, andando a ritroso nel tempo di qualche anno da quel fatidico 218 a.C.
Gli antefatti
Amilcare Barca, padre di Annibale, si era impegnato a partire dal 237 a.C. nella sistematica conquista delle regioni iberiche, ricche di risorse minerarie per poter dare a Cartagine modo di riprendersi economicamente in seguito alla sconfitta patita contro Roma nella prima guerra punica, terminata nel 241 a.C. Infatti la perdita della Sicilia, la terribile rivolta dei mercenari sul suolo africano, stroncata dallo stesso Amilcare dopo tre anni di battaglie, la prepotente annessione romana della Sardegna e della Corsica, i durissimi risarcimenti di guerra a favore dell'Urbe, avevano ridotto l'economia della perla del Mediterraneo a ben poca cosa. L'intuizione del Barcide Padre di trovar nuovi sbocchi commerciali e linfa mineraria nella penisola iberica ebbe del geniale considerando anche il fatto che ben difficilmente le violente ma divise tribù locali avrebbero potuto offrire una gran resistenza dinanzi ad un esercito addestrato e disciplinato come quello che Amilcare si era portato dalla terra natia. Nel 229 o 228 a.C. il grande generale cartaginese morì annegando in un fiume ed il comando dell'esercito passò nella mani del genero Asdrubale il quale continuò nell'opera di conquista suscitando ben presto la crescente preoccupazione del Senato di Roma poco disposto ad assistere impotente alla rinascita dello storico avversario. In questa ottica possiamo interpretare l'accordo raggiunto nel 226 a.C. tra Asdrubale e una delegazione romana, che limitava l'influenza cartaginese in Spagna in tutte le regioni a sud del fiume Ebro. Tale patto di non belligeranza fu rispettato fintanto che Asdrubale rimase in vita ma quando nel 221 a.C. lo stesso fu assassinato e il comando dell'esercito "iberico" passò naturalmente nelle mani del giovane figlio di Amilcare, le cose presero una piega ben diversa. Quel ragazzo di 25 anni, dall'espressione decisa rispondeva al nome di Annibale ed i suoi propositi erano rendere nuovamente Cartagine la maggiore potenza del Mediterraneo e conseguentemente annientare Roma. Egli non si fece sfuggire l'occasione offerta da Sagunto, città stanziata a sud dell'Ebro ma sotto l'influenza romana, per attaccar briga con i nemici di sempre; nel 221 a.C. infatti Roma intervenne negli affari interni di Sagunto favorendo la fazione filo-romana a danno di quella filo-cartaginese, nel 219 a.C. Annibale assediava e conquistava Sagunto, dando di fatto il via alla seconda guerra punica.
Lo scoppio della guerra
Il Senato non accolse benissimo l'eventualità di una nuova guerra con Cartagine, ma forte di averne vinta già una, non sembrò preoccuparsi poi troppo ed infatti si affidò, militarmente parlando, alle classiche quattro legioni più alleati sotto il comando dei due consoli designati per quell'anno, il 218 a.C. ovvero Publio Cornelio Scipione (padre del futuro "Africano") e Tiberio Sempronio Longo. In questo momento esatto iniziarono i "disgraziati" eventi che anticiparono il primo scontro del Ticino tra cartaginesi e romani; mentre Sempronio Longo con due legioni veniva mandato in Sicilia con l'ordine di trasferire il suo esercito in Africa, Cornelio Scipione con le sue legioni doveva procedere all'invasione del suolo iberico, infine un'altra legione veniva assestata in Gallia Cisalpina nei pressi delle nuove colonie di Cremona e Piacenza nate in seguito alla vittoriosa campagna contro i celti locali (225 a.C.). La strategia del Senato era improntata ad un'offensiva su due fronti che tenesse il conflitto fuori dall'Italia ma purtroppo le cose non andarono così in quanto una feroce rivolta dei celti nella valle del Po (218 a.C.) costrinse i romani ad impiegare entrambe le legioni di Scipione in Gallia ed il generale fu invitato ad avviare immediatamente una leva straordinaria che procedette, per non definite ragioni, con preoccupante rilento. Solamente per la fine di agosto di quell'anno, Scipione riuscì ad imbarcare il suo nuovo esercito per la Spagna, mentre Annibale che era partito da Cartagena in maggio si era impantanato in duri combattimenti con le tribù galliche alleate di Roma nei pressi di Massilia e a fine agosto era ancora assestato nelle regioni a ovest del fiume Rodano. Con inspiegabile ritardo Cornelio Scipione, che forse riteneva che il Barcide fosse ancora fermo ai Pirenei, imbarcò le sue truppe approdando alla foce del Rodano e saputo che il nemico se ne stava marciando verso nord, gli mandò addosso la cavalleria che in seguito ad un violento scontro con i numidi della retroguardia cartaginese null'altro fece che tornare indietro e riferire. Il generale cercò allora di colmare la distanza tra i due eserciti ma per quando giunse al campo punico, a ridosso delle montagne, Annibale aveva già levato le tende da oltre tre giorni dirigendosi su per le Alpi dalle quali sarebbe in seguito sceso una ventina di giorni più tardi per invadere direttamente il suolo italico; affidate le truppe al fratello Gneo con il compito di guidarle in Spagna, Scipione, tornato alla foce del Rodano, fece vela verso l'Italia senza esercito ma con la consapevolezza di essere forse l'unico condottiero romano in grado di arrestare l'esercito del Barcide prima che lo stesso si riversasse sul suolo italico.
Il Senato, informato della tragica eventualità di un'invasione, richiamò immediatamente Sempronio dalla Sicilia che con uno sforzo straordinario riuscì per dicembre a trasferire il suo esercito attraverso l'Adriatico, nel porto di Ariminum (Rimini); nel frattempo Scipione aveva assunto il comando delle legioni stanziate in Gallia, provate dalla ribellione locale, ma la crescente ostilità delle tribù celtiche gli impose di attendere i cartaginesi in pianura invece di andargli incontro in direzione dei valichi montani. Possiamo giudicarlo a posteriori un altro rilevante errore strategico. In cifre, l'esercito di Sempronio ammontava a circa 26.000 effettivi, mentre quello di Scipione consisteva di 20.000 fanti e 2000 cavalieri in paragone a quello del Barcide che contava, una volta in Italia, secondo Polibio 12.000 fanti africani, 8.000 alleati spagnoli, 6000 cavalieri (un esercito quasi dimezzato rispetto a quello che aveva affrontato la traversata delle Alpi). Annibale, provato dalla traversata e dagli aspri combattimenti con le tribù montane, sperava apertamente di trascinare dalla sua parte i riottosi celti che nelle Gallie erano in aperta ribellione verso Roma ma per conseguire questo scopo bisognava mostrare i muscoli; così si spiega il massacro della popolazione dei Taurini in seguito alla conquista della loro capitale ma quello che serviva in ogni caso era una vittoria contro le legioni romane. Publio Cornelio Scipione in tal senso la offrì ad Annibale su un piatto d'argento.
La battaglia del Ticino
Attraversato il Po all'altezza di Piacenza, il console romano pose il campo sulla riva occidentale del Ticino costruendo un ponte di barche sul fiume suddetto. Decise poco prudentemente di andare in esplorazione guidando la cavalleria ed alcuni reparti di fanteria leggera in avanscoperta ma purtroppo per lui Annibale che era assestato poco lontano, fece lo stesso. Lo scontro, seppur considerato poco più che una scaramuccia, fu violentissimo e venne risolto da una manovra di accerchiamento dei temibili cavalieri numidi che riuscirono ad aver facilmente la meglio sulla controparte romana tanto che lo stesso Scipione gravemente ferito si salvò solamente per l'intervento del figlio diciassettenne, quel Publio Cornelio Scipione che poi sarà conosciuto come l'Africano. Il distaccamento romano ripiegò in fretta e furia verso il campo utilizzando il ponte di barche sul Ticino che poi fu distrutto impedendo ai cartaginesi di fare ulteriori danni ma per decisione del sopravissuto Scipione, le legioni abbandonarono Piacenza per ripiegare a sud e porre il nuovo accampamento oltre la Trebbia a ridosso degli Appennini, in zona collinare; nel frattempo le reclute celtiche abbandonarono l'esercito di Scipione per unirsi ad Annibale. Era necessario a questo punto attendere l'arrivo di Sempronio con i rinforzi ed il console giunse alla Trebbia intorno alla fine di dicembre proprio mentre Annibale poneva il campo ad appena sei miglia dall'altra sponda del fiume. Una battaglia campale era ormai imminente.
Annibale sprona i propri uomini appena le Alpi sono valicate.
"Ora, tutto l'enorme patrimonio che i Romani possiedono, conquistato e accumulato in tantissimi trionfi, sta per diventare vostro assieme a chi lo possiede. Con l'aiuto degli dei, è per questa straordinaria ricompensa che vi esorto a prendere le armi...E' giunto il tempo che otteniate guadagni ricchi ed abbondanti, che siate ricompensati per la vostra fatica dopo che avete percorso una strada tanto lunga, tra tante montagne, tanti fiumi, tante popolazioni ostili".
        (Tito Livio, Storia di Roma, XXI, 43).


Fonti:
"Cannae 216 BC: Hannibal smashes Rome's Army" di Mark Healy
"Le grandi battaglie di Roma Antica" di Andrea Frediani
Documento inserito il: 21/12/2014

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