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La conquista romana del mediterraneo tra il III -II secolo a.C.

Prof. Giovanni Pellegrino


Dopo la vittoria su Cartagine, la macchina da guerra romana si rimise subito in moto in tre direzioni: a nord verso la pianura padana e la Gallia, a ovest verso la Spagna, a est verso il mondo ellenistico.
La riconquista e la sistemazione della pianura padana portarono il controllo romano fino all’attuale confine orientale dell’Italia.
In Spagna vennero costituite due province: la Spagna Citeriore e la Spagna Ulteriore, rispettivamente al di qua e al di la di una linea di demarcazione, che attraversava da nord a sud la penisola iberica.
Sia nell’Italia settentrionale, sia in Spagna, l’azione romana ebbe caratteri di estrema brutalità, con lo sterminio e la deportazione di intere popolazioni, come i liguri, gli apuani, i celtiberi e i lusitani.
Per garantire i collegamenti militari di terra con la Spagna, i romani sottomisero anche la Gallia meridionale, che si estendeva dalle alpi ai Pirenei e che dal nome della città di Narbona fondata nel 118 a.C. venne chiamata Gallia Narbonese.
Questo territorio fu anche detto Gallia Transalpina, ossia aldilà delle Alpi, mentre al di qua delle Alpi si estendeva la Gallia Cisalpina, diventata provincia romana nel 191 a.C.
La terra grande direttrice dell’espansione romana contemporanea alle precedenti fu l’Oriente, verso i regni ellenistici nati dalla disgregazione dell’impero di Alessandro Magno. Grande vitalità economica e culturale, ma anche notevole debolezza e instabilità politiche, caratterizzavano questi regni impegnati in continui e logoranti conflitti tra loro.
Il progetto di una espansione a Oriente, incontrava il favore degli ambienti militari romani, dei ceti mercantili e finanziari, che rivedevano nuove opportunità economiche, ma anche di una parte dell’aristocrazia, che ammirava profondamente la civiltà greca.
Il primo dei grandi regni ellenistici, il regno di Macedonia, fu sconfitto con una serie di guerre tra il 215-168 a.C.
La risolutiva vittoria nella battaglia di Pidna, presso il monte Olimpo ( 168 a.C.), diede ai romani la possibilità di dominare non solo sulla Macedonia, che nel 148 a.C. fu trasformata in provincia romana, ma anche sulla Grecia.
I romani punirono duramente le città greche che si ribellarono al loro dominio, arrivando alla distruzione di Corinto.
Nel 146 a.C. tutta la Grecia venne sottomessa e accorpata alla provincia romana di Macedonia.
L’altro grande regno ellenistico, quello dei Seleucidi, fu piegato dai romani tra il 191-188 a.C.. Il re di Siria, Antioco III, dovette pagare un ingente somma e dare a Rodi e Pergamo, alleati di Roma, ampi territori in Tracia e nell’ Anatolia occidentale.
Il dominio romano in Oriente si completò nel 133 a.C., quando morì il re di Pergamo Attalo III. Egli, essendo senza eredi, lasciò il suo regno, comprendente buona parte dell’Asia minore occidentale a Roma, che ricostituì la provincia d'Asia.
L’ultimo e più tragico episodio di questa continua sequenza di guerre e di violenza, fu la distruzione di Cartagine.
Benché rispettasse rigorosamente le condizioni di pace imposte da Roma, come il versamento dei tributi, Cartagine si andava riprendendo economicamente, cosa che preoccupava i ceti mercantili e la nobiltà romana.
Di questo stato d’animo si faceva portatore Marco Porcio Catone, il quale era solito ripetere alla fine di ogni suo discorso in Senato, che Cartagine doveva essere distrutta.
Cogliendo un pretesto, nel 150 a.C. Roma dichiarò guerra a Cartagine dando inizio alla III guerra punica. Tale guerra si concluse nel 146 a.C. con la distruzione di Cartagine, che fu conquistata e rasa al suolo, ed il suo territorio fu annesso allo stato romano come provincia d’ Africa.
Nello stesso anno il 146 a.C. si ebbe la distruzione di due grandi gloriose città, Corinto e Cartagine.
Ciò rese chiaro a tutti chi dominava nel Mediterraneo e quanto potesse costare caro opporsi a tale dominio.
Le conquiste realizzate nell'Asia mediterranea a partire dalla I guerra punica, misero i romani di fronte al problema di come organizzare il loro dominio.
In tutti i territori conquistati Roma scelse la forma del dominio diretto, raggruppando questi territori in province e distretti amministrativi dello stato romano.
Questa diversa organizzazione nacque dal fatto che Roma considerava i territori conquistati fuori dalla penisola, come realtà da assoggettare politicamente ed economicamente e non da legare a sé attraverso alleanze, come aveva fatto in Italia.
Per dirla in maniera sintetica, le differenze principali fra gli Italici e i sudditi delle province, riguardavano gli obblighi militari e fiscali. A differenza degli Italici, i provinciali non erano tenuti a fornire truppe a Roma. Tuttavia erano soggetti al versamento di imposte non previste invece per municipi e alleati.
Alla fine del II secolo a.C. ,erano state costituite 10 province.
A capo di ogni provincia vi era un governatore romano, i cui compiti erano molto ampi. Infatti egli esercitava il comando delle truppe stanziate sul territorio, amministrava la giustizia per i reati gravi o nei quali fosse coinvolto un cittadino romano, controllava la riscossione dei tributi e provvedeva alle opere edilizie, come la costruzione di strade ponti, acquedotti.
Il governatore aveva pieni poteri e la facoltà di integrare le leggi del Senato con i suoi editti. Il suo mandato era annuale, ma poteva essere prorogato. I governatori venivano scelti tra gli ex consoli e gli ex pretori. Si trattava di una carica molto ambita, specialmente nelle province più ricche, poiché offriva occasioni di guadagno e di gloria militare.
Per tale ragione essa veniva assegnata dal Senato per sorteggio, anche se nella pratica si trovava spesso il modo di favorire questo o quel potente personaggio.
Lo sfruttamento economico, che Roma impose alle province, fu pesante e fu spesso aggravato da governatori dispotici e vogliosi di arricchirsi, sia con l’imposizione di tasse sempre più gravose, sia con vere e proprie ruberie.
Questo malcostume era così diffuso, che venne istituito nel 149 a.C. un apposito “Tribunale delle malversazioni”, per punire i soprusi dei governatori.
Un altro grave problema era rappresentato dal sistema degli appalti. Infatti, non disponendo di imprese e funzionari propri, Roma appaltava a privati cittadini, il compito di riscuotere i tributi dalle province, di fornire le guarnigioni, di realizzare le opere pubbliche.
L’appalto più remunerativo era quello della riscossione dei tributi affidato ai pubblicani, così chiamati perché gestivano servizi per conto dello stato.
I pubblicani, che spesso si riunivano in società, anticipavano allo stato le somme fissate e poi si preoccupavano di riscuotere direttamente le imposte personali o le tasse sui commerci. Quanto più riuscivano ad ottenere dalle province, tanto maggiore era il loro guadagno, cosa che spesso dava luogo a terribili vessazioni nei confronti delle popolazioni e delle città provinciali.


Nell'immagine, L'espansione di Roma nel secondo secolo a.C..

Documento inserito il: 23/03/2024
  • TAG: Roma antica, terza guerra punica, battaglia di Pidna, Spagna Citeriore, Spagna Ulteriore, Gallia Narbonese, Cartagine, Corinto, governatori, pubblicani

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