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Le stagioni del ventaglio

di Angela Valenti Durazzo

Amato da regine e principesse – ed anche dalla nobiltà ligure, che si faceva spesso ritrarre con l’elegante accessorio – ed inizialmente prerogativa esclusiva dell’aristocrazia e simbolo delle frivolezze delle dame di corte, il ventaglio, nato per difendersi dal caldo e dagli insetti, diventa col tempo oggetto d’arte, da collezionismo, e persino di propaganda e pubblicità, ma soprattutto espressione di stile, tempra femminile, seduzione e veicolo “ora discreto ora sfacciato” di messaggi segreti fra dame e cavalieri.

Il ventaglio, un altro grazioso ninnolo, è un’arma tanto indispensabile per voi, che non la deponete neppure nei più pungenti rigori della fredda stagione. Tutto splendente di madreperla, ornato di fantastiche e leggere piume, frastagliato di pizzi, il ventaglio è indispensabile alle vostre belle manine nei dolci tepori dei salotti o al teatro” (La Moda Genovese, 1888).

Sostenerlo con la mano destra di fronte al viso, voleva dire: seguimi. Muoverlo con la mano sinistra: ci osservano. Appoggiarlo sulla guancia destra si e sulla sinistra no. Stiamo parlando del ventaglio, dettaglio di stile che nei secoli scorsi nobildonne e cavalieri utilizzavano anche per inviare messaggi silenziosi, grazie ad un vero e proprio linguaggio fatto di gesti codificati. Il ventaglio è complemento di moda ma anche simbolo di fascino, vezzosità, vanità, eccentricità, seduzione, mistero e persino di potere femminile, come attestano i ritratti di regine e dame di alto lignaggio con ventaglio. E un’ arma se non addirittura un’ “armatura” del gentil sesso secondo Sir Richard Steele, giornalista e politico irlandese, che scrive nel 1709 “Potete osservare che in tutte le assemblee pubbliche gli uomini e le donne sembrano separarsi per poi colpirsi l’un l’altro con occhiate: questo è il momento in cui il ventaglio, che è l’armatura delle donne, viene usato per lo più in difesa di se stesse, poiché la nostra mente è costruita dall’ondeggiare di questo piccolo strumento, e i nostri pensieri appaiono calmi o agitati in accordo con il suo movimento”. Destinato inizialmente sia alle donne che agli uomini (avendo lo scopo di difendere dal caldo e dagli insetti) diventa poi simbolo di femminilità, di gioiosità o talvolta di animo inquieto. Nel 32 A.C. la favorita di un imperatore cinese vergò una poesia su un ventaglio di seta rotondo, nella quale si paragonava ad un ventaglio messo da parte al giungere dell’autunno, tanto che il ‘ventaglio d’autunno’ diventerà “un’immagine poetica per indicare una sposa abbandonata”. Durante il XVI secolo “fu introdotto il ventaglio pieghevole, consistente in stecche e pagine pieghettate richiudibili. Questi nuovi esemplari, estremamente più comodi – tanto che sono ancora diffusi – arrivarono in Europa dall’Oriente tramite le relazioni commerciali portoghesi e veneziane. Furono probabilmente inventati in Giappone e in Cina a partire dal IX secolo, traendo ispirazione dalla conformazione delle ali dei pipistrelli” (si veda “Il Ventaglio attraverso i secoli” di Anna Checcoli).

Anche ai nostri tempi, all’approssimarsi di ogni estate gli stilisti ne annunciano il ritorno anche se le rappresentanti di molte dinastie reali europee non vi hanno in pratica mai rinunciato abbinandolo, addirittura al colore della cravatta del consorte, come ci mostra una sorridente Kate Middleton, duchessa di Cambridge, mentre scende con il principe William la scaletta dell’aereo con un ventaglio dall’accesa fantasia scozzese. Stesso copione, restando nella famiglia reale britannica, per Camilla, duchessa di Cornovaglia, che si concede una signorile sventolata nel corso di una cerimonia ufficiale, mentre Sophie moglie di Edoardo d’Inghilterra e contessa del Wessex, espone con naturalezza un piccolo ventaglio di madreperla finemente intarsiato che risalta sull’abito nero. L’obiettivo fotografico ha immortalato anche Letizia di Spagna, moglie del re Felipe col ventaglio ben aperto durante una cerimonia militare e la principessa Carolina di Monaco, che nel 2015 nel corso della cerimonia per i dieci anni di regno del fratello Alberto II, si fa aria con un ventaglio rotondo a strisce bianche e rosse, i colori del Principato. Sempre i colori nazionali caratterizzavano, nel luglio del 2011, il ventaglio bianco con monogramma rosso che i Principi Alberto e Charlène di Monaco avevano fatto trovare agli invitati alle loro nozze religiose nella piazza del Palais Princier. Anche i grandi nomi della moda non hanno rinunciato negli ultimi anni a riproporre questo oggetto, emblema dell’etichetta e dello stile. Valentino e Renato Balestra hanno di recente distribuito un ventaglio al pubblico durante le sfilate estive. Louis Vuitton e Dior li hanno disegnati con il logo della Maison ben visibile (il modello con la scritta “J’adore Dior” è diventato un oggetto da collezione). Karl Lagerfeld, dal canto suo, si mostra spesso nelle occasioni mondane con ventagli di sua creazione (oltre ad avere firmato borsette da sera a forma di ventaglio). Cambiando settore i giornalisti parlamentari italiani consegnano ogni anno, prima dell’interruzione estiva, un ventaglio artistico al Presidente della Repubblica, della Camera dei Deputati e del Senato.


UN TOCCO “GLAM” NEI RITRATTI DELLE NOBILDONNE LIGURI
Tornando ai secoli passati, le esponenti della grandi famiglie aristocratiche “ostentavano” spesso i ventagli nei ritratti come status symbol e come elemento che discretamente, ma del tutto efficacemente, ne accresceva l’autorevolezza ed il carattere. Ed è proprio ad una regina che è legato il successo di questo accessorio della moda, Caterina De’ Medici (1519-1589), che ne portò in Francia una  ricca selezione nel corredo da sposa. La passione dei Medici per il ventaglio compare anche nel ritratto del 1616 di Maria de’ Medici, realizzato da Frans Pourbus nel quale la sovrana tiene fra le mani un ventaglio chiuso, quasi a volere conferire a quell’oggetto il segnale della propria regalità. Maria Luigia d’Asburgo Lorena (1791-1847) seconda moglie di Napoleone, aveva invece ben 116 ventagli (si veda “Maria Luigia e Napoleone, testimonianze. Museo Glauco Lombardi” a cura di Francesca Sandrini, Touring club italiano Editore, Milano 2003). Anche le aristocratiche genovesi non rinunciano a questo dettaglio di stile. Citiamo fra i molti dipinti quello della marchesa Brigida Spinola Doria realizzato da Peter Paul Rubens nel 1606 e conservato alla National Gallery of Art di Washington dove la sontuosità dell’abito e della pettinatura viene accentuata dal ventaglio, appena aperto e sostenuto quasi con studiata noncuranza. Nella Galleria di Palazzo Bianco è invece possibile ammirare fra gli altri il “Ritratto di Dama Genovese” del fiammingo Guilliam van Deynen (1575-1624) nel quale la nobildonna effigiata tiene con la destra, quasi volendolo imporre all’attenzione, un ventaglio chiuso. Al Museo di Palazzo Reale, invece, Caterina Balbi Durazzo viene effigiata da Anton Van Dyck (1599-1641) con un ventaglio che, nuovamente con fare disattento, cade e quasi si mimetizza con il ricchissimo abito intarsiato di ricami d’oro. Con l’avanzare dei secoli però l’aristocratico accessorio della moda femminile non sarà più prerogativa esclusiva della classe nobiliare (si veda AA.VV. “Ventagli italiani. Moda, Costume, Arte” catalogo della mostra: Palazzo Pitti Firenze 1990, Marsilio Editori, Venezia 1990).

Come abbiamo già accennato, i balli ed i salotti vengono attraversati, grazie al ventaglio, da una sorta di telefono senza fili, che permette una comunicazione non verbale, conosciuta appunto come “il linguaggio del ventaglio”, consentendo “di esplicitare sentimenti e messaggi amorosi altrimenti impossibili da comunicare”. Citiamo alcuni tra i “segnali” più utilizzati. Sventagliarsi lentamente significava: sono sposata; velocemente invece: sono fidanzata. Fare scivolare il ventaglio sulla guancia o aprirlo celando lo sguardo: ti amo. Esporlo chiuso e fermo: mi vuoi bene? Battere sulla mano sinistra il ventaglio chiuso: scrivimi. Portare il manico alle labbra: baciami. Chiuderlo a metà sulla destra e sulla sinistra: non posso. Farlo scivolare sulla guancia o aprirlo nascondendo lo sguardo: ti amo. Lanciarlo: ti odio! Aprirlo e chiuderlo più volte lentamente: sei crudele!

E anche la scelta del modello non era affatto facile tra quelli à la Fontanges, à la Pompadour, à la Madame Sans-Gêne, à la Malmaison, à la Beaubarnai e molti altri. Durante il XVIII ed il XIX secolo, infatti, le dame della nobiltà e successivamente dell’alta borghesia ne possedevano (come già accennato in relazione al guardaroba delle regine) molti esemplari da utilizzare nelle diverse occasioni della giornata ed ovviamente con qualsiasi temperatura. “Il ventaglio vuole essere di media grandezza e sempre analogo alla toeletta: E’ perciò necessario averne una gran partita” riportava ancora nel 1884 la rivista “La Moda genovese”. Ve ne erano “per sancire un fidanzamento, nella corbeille de mariage (il corredo), per la presentazione a corte, per festeggiare la nascita dei figli, per gli eventi luttuosi. Nel ‘700 ve ne erano anche da usare in chiesa, oppure con le piantine dei teatri ed i nomi dei proprietari dei palchi, come “carnet de bal”, come mappe geografiche. Sono giunti a noi anche rari esempi di ventagli da bambina e da bambola, alcuni in materiali preziosi” (si veda “Il ventaglio attraverso i secoli” e “Il ventaglio e i suoi segreti” di Anna Checcoli edizioni Tassinari, Firenze 2009).

“I ventagli del rinascimento furono assai spesso un oggetto di lusso – si legge ancora sulla Enciclopedia Treccani ed. 1949 – anche per la materia e per la lavorazione: non è raro trovare menzione di ventagli apprestati da orafi (inventario di Lucrezia Borgia, 1526: ventaglio di un maestro Alfonso)”. Il lusso sfrenato che talvolta li caratterizzava, indusse il Senato della Repubblica Veneta, ad emanare leggi contro l’uso di materiali eccessivamente preziosi. Erano decorati con miniature o decori d’ispirazione orientale, floreale, letteraria, biblica, o galante e, talvolta “firmati” da artisti famosi.


IL PROGETTO DI VENTAGLIO DI DOMENICO PIOLA
Non mancavano le raffigurazioni che si ispiravano ai classici, con iscrizioni per esempio dalle Metamorfosi di Ovidio. Nel Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Rosso di Genova, è conservato il “Progetto per ventaglio con il mito di Apollo e Dafne” di Domenico Piola (Genova 1627-1703), opera di grande raffinatezza.

Vi erano poi nel periodo della Rivoluzione Francese ventagli controrivoluzionari, ovviamente vietati. Un bellissimo modello in avorio e carta, restando nel tema della propaganda politica, del 1848 circa, possiamo ammirarlo al Museo Civico del Risorgimento di Genova e rappresenta alcuni soldati e dame piemontesi che imbracciano il tricolore. Sempre riservati all’aristocrazia e a coloro che affrontavano viaggi nell’Europa del Sud vi erano i ventagli con vedute urbane, archeologiche e paesaggistiche, chiamati appunto “Grand Tour” dove “la pagina del ventaglio assumeva il ruolo di un vero e proprio pannello pubblicitario miniaturizzato” (si veda Grazia Gobbi Sica “Il ventaglio pubblicitario 1890 – 1940” Cantini & C., Firenze 1991).
Infine l’antica tradizione del ventaglio artistico non è mai tramontata in Spagna e soprattutto in Andalusia, dove le ballerine di flamenco ed altri balli si mostrano ancora oggi con nacchere e ventaglio. Anche nel campo dell’arte è assodato il valore collezionistico di questi oggetti, la cui diffusione è sottolineata in Francia già nel diciassettesimo secolo dalla “corporazione parigina dei ventaglisti” realizzati anche con materiali preziosi: sete, pizzi, raso, merletti, taffetas, o carta,  con inserti di oro filato e di argento. Anche le stecche vengono realizzate di madreperla, avorio, tartaruga, legno pregiato, stecca di balena, canna d’India e possono essere decorate con pietre preziose, piume di struzzo ecc.
Anche nelle Civiche collezioni tessili di Genova, se ne conservano numerosi e preziosi esemplari. Tra le “chicche” possiamo illustrare (citando nuovamente il catalogo della mostra svoltasi a Palazzo Bianco “Dalla Culla all’altare, scene di vita femminile della Belle Époque”, De Ferrari, Genova 2008, a cura di Viviana Troncatti) un ventaglio della fine del XIX secolo “in raso dipinto con stecche di legno dorato e argentato, in raso blu” raffigurante alcuni bambini in slitta sulla neve (inv.T.146), o quello à la Fontanges del 1910 circa: vero capolavoro in “taffetas ricamato con paillettes argentate e stecche di avorio inciso” (inv.T.551), oppure quello di piume nere e stecche di tartaruga di fine XIX secolo (inv.T.965).
Quest’ultimo era particolarmente indicato per gli abiti da sera scuri e spesso veniva realizzato nella versione con piume “brinate” (incrostazioni di lustrini che riproducono appunto la brina). Esistevano poi, fin dai secoli precedenti (ma vengono riscoperti nell’Ottocento) accessori per appendere alla cintura “la fialetta con le essenze, la scatolina della cipria con piumino, lo specchietto chiuso, il lapis, un minuscolo taccuino, e il ventaglio”. Insomma “tutto un arsenale d’inutilità indispensabili” come osserva con una punta di ottocentesco sarcasmo verso il gentil sesso, “La Moda genovese”.

Nella Belle Époque era di moda usare il ventaglio anche “per raccogliere poesie o aneddoti spiritosi scritti a mano dagli amici, oppure da personaggi importanti o utilizzarlo come menu. Un ventaglio con scritto il nome di ciascuna invitata era spesso usato come segnaposto e cortesemente offerto in dono dalla padrona di casa alla fine del ricevimento”.

Siamo oramai quasi giunti alla soglia di un cambiamento della società, della moda e del ruolo femminile che vedrà tuttavia, pur con un uso ridimensionato, il ventaglio sopravvivere. Oggetto fragile eppure durevole, continua a dispensare, come sottolinea il titolo di una mostra: “vento, vanto e vanità”.


Testo di Angela Valenti Durazzo tratto da “Elenco Soci 2016” – Associazione Nobiliare della Liguria. ©Tutti i diritti sono riservati
Documento inserito il: 27/05/2017

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