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La formazione dell'esercito rivoluzionario francese 1789-1792 [ di Massimo Zanca ]

Il periodo convulso della rivoluzione vide diversi interventi del potere politico sulle istituzioni militari, interventi che devono essere letti alla luce di almeno quattro costanti:
-La volontà dei nuovi governanti di segnare uno stacco sempre più visibile delle nuove istituzioni rispetto al passato regio.
-La gravità dei pericoli che la Francia doveva affrontare, sia a causa dei nemici esterni che di quelli interni, consistenti questi ultimi nelle rivolte realiste scoppiate in diverse regioni della nazione.
-L’istituzione della leva in massa e il riconoscimento/obbligo di ogni cittadino di difendere la neonata Repubblica.
-La crescente influenza dell’apparato politico sul quello militare.
Le prime riforme vennero approvate dall’Assemblea nazionale nel 1789 quando abolì le punizioni corporali e la necessità di provare le proprie nobili origini per poter diventare ufficiale. Per il resto, si limitò ad aumentare la forza dei vecchi battaglioni regi da cinque ad otto compagnie e conferire un numero ad ogni reggimento e battaglioni al fine di sostituire i loro nomi tradizionali che ricordavano ancora il vecchio potere monarchico. Fra 1789 e 1790, tuttavia, assistiamo allo sfaldamento dell’esercito: a Metz, Caen, Lille, Nancy e nelle provincie meridionali si verificano larghi ammutinamenti, le diserzioni si contano a centinaia, gli ufficiali vengono malmenati, uccisi o allontanati dalle proprie unità, si saccheggiano i fondi reggimentali; la disciplina è sempre più in ricordo e si vedono gli stessi gradi come una forma di tirannia, tanto che l’Assemblea decreta l’elezione di caporali e sergenti. A questo atto che denota il crescente potere politico dei nuovi organi rivoluzionari anche sulle istituzioni di Antico Regime, si aggiunge un provvedimento di estrema importanza: al fine di evitare che tutto l’apparato militare rimanga nelle mani degli uomini del re, si permette alle singole municipalità di reclutare locali unità di combattimento che confluiranno nella “Guardia Nazionale” – a capo della quale viene posto l’eroe dell’indipendenza americana Lafayette – nelle unità di “federati” e nelle “legioni”. Fatto importante, nessuna di queste nuove unitù è comandata da nobili. Si viene così a creare uno strumento che si oppone al vecchio esercito monarchico, creando una sorta di dualismo che verrà risolto solo nel corso del 1794-95. Ma per il momento, l’urgenza è quella di trovare nuovi soldati. Nell’estate del 1791 l’Assemblea Nazionale decreta una leva di 101.000 volontari: di questi, 25.000 sono destinati alla marina, che è praticamente collassata sotto i colpi delle diserzioni; i rimanenti 76.000 uomini andranno invece a formare 169 battaglioni, che dovranno eleggere i loro ufficiali e granatieri. Ogni dipartimento deve fornire quattro battaglioni, ma deve essere il singolo soldato a provvedere all’uniforme e all’equipaggiamento. Quelli troppo poveri per provvedere a queste spese, anche considerevoli, vengono aiutati da amici o da fondi raccolti dalle loro comunità, ma il risultato finale fu quello di vedere un’armata eterogenea e improvvisata: un cappello, una giacca blu, pantaloni, scarpe o zoccoli, sacchi fatti in casa e cinture. I veterani e gli ufficiali poterono tuttavia conservare lo loro vecchie uniformi bianche. L’arruolamento procedette, tuttavia, assai lentamente tanto che per la fine dell’anno vennero formati solo 83 nuovi battaglioni e solo parzialmente equipaggiati ed addestrati, anche se pervasi da una carica ideale forte. Questo è l’esercito che affronterà i primi scontri contro gli eserciti dei sovrani europei all’alba del fatidico 20 aprile 1792. Nulla di cui stupirsi, dunque, se le sconfitte si susseguirono le une alle altre e se un’armata congiunta austro-prussiana, sotto il comando del Duca Ferdinando di Br in dubbio lo stesso prunswick, arrivò a minacciare la stessa Parigi. Per parare questo pericolo imminente, che mettevaocesso rivoluzionario, l’Assemblea dichiarò la “Patria in pericolo” e richiamò al servizio attivo tutta la Guardia Nazionale, reclutò 42 nuovi battaglioni di fanteria, abbassò l’età di leva dai canonici 18 anni a 16 e promise ricompense ai nemici che avessero disertato. È in questo contesto di gravissima crisi che si compie la triste parabola della monarchia francese, che, come abbiamo visto, si conclude il 20 agosto con l’assalto alle Tuileries, alla quale presero parte 20.000 federati, prima parte di quei volontari chiamati alle armi che entro pochi mesi salirono alla fantastica cifra di 600.000, anche se “solo” 450.000 poterono essere armati. Si formarono anche diverse “legioni” e corpi franchi, reclutati da comunità o da individui “di buona volontà” e che ebbero i nomi più fantasiosi: “Ussari della morte”, “Compagnia dei giovani artisti”, “Cacciatori dell’Equità” etc. La qualità di queste reclute, tuttavia, non era pari a quella dei loro predecessori del 1791: sotto lo stimolo della propaganda, tendevano infatti ad essere fanatici, indisciplinati e non proprio affidabili in combattimento, senza contare che praticamente tutti erano privi di esperienza bellica. Sia Lafayette che il suo successore Dumouriez formarono le loro brigate di fanteria utilizzando un battaglioni di regolari e due di volontari, sperando di poter sfruttare la solidità e la professionalità dei primi con l’entusiasmo dei secondi. Sul momento, tuttavia, più che i pregi, si emulavano i difetti: i primi divennero meno solidi e nei secondi sfumò l’entusiasmo iniziale. Anche le relazioni erano difficili e tese e come a sottolineare questa divisione i regolari indossavano ancora la divisa bianca, i volontari quella blu. Fortunatamente, il 1792 si concluse con la vittoria di Kellerman a Valmy contro i Prussiani e poco dopo, il 6 novembre, di Dumouriez a Jemappes, in Belgio, contro gli austriaci. L’inverno fra 1792 e 1793 vide tuttavia l’esercito ridursi drasticamente a causa della convinzione di molti soldati di aver ormai vinto la guerra e perché molti di essi erano stati arruolati solo una campagna. A ciò si aggiunga che il completo collasso della logistica e dei sistemi di rifornimento, ridusse l’armata in condizioni deprecabili, obbligando di fatti i francesi a depredare, saccheggiare il Belgio, col risultato di inimicarsi la popolazione. Il 1793 si apre con la dichiarazione di guerra francese ad Inghilterra e Olanda (1 febbraio), cui segue il ritorno degli austriaci nel Belgio e la sconfitta di Dumouriez che, dopo aver tentato un accordo col nemico, pensò bene di cambiare campo e disertare nelle file austriache. Questo tradimento non poté non scuotere gli animi: al grido di “tradimento” la stragrande maggioranza degli ufficiali nobili vennero allontanati dall’esercito. Bisognava riformare l’esercito, un esercito che ora contava non più di 160.000 uomini dei 450.000 sotto le armi fino al novembre 1792. A questo difficile compito si accinse per prima, il 24 febbraio 1793, la Convenzione Nazionale, che decretò la leva di 300.000 soldati (24 febbraio) di ulteriori 30.000 per la cavalleria. Il 5 aprile si insediò il Comitato di Salute Pubblica, che fin dall’inizio ebbe le idee chiare sulla necessità di eliminare ogni traccia di lealtà regia. Per consolidare l’esercito si decise di fondere regolari, volontari, corpi franchi, federati: così, per iniziare, si crearono le Demi-brigade, unità comprendenti un battaglione di regolari e due di volontari e classificati di linea o leggere a seconda della natura dei primi, più sei cannoni da 4 libbre. Tutti gli uomini, poi, dovevano avere le stesse uniformi e la stessa paga e passò il concetto che era preferibile riempire le file dei vecchi battaglioni, piuttosto che crearne di nuovi. Dal momento, tuttavia, che il numero di volontari era nettamente superiore di quello dei regolari, ben 15 demi-brigade furono create solo con volontari. Le formazioni di legionari e i corpi franchi vennero: i fanti confluirono nella fanteria leggera, i cavalieri negli ussari e nei cacciatori a cavallo. Purtroppo, tutti questi apprezzabili interventi vennero largamente disattesi nella pratica e ci volle oltre un anno perché il processo si potesse dire concluso. D’altronde, si tratta di interventi che partono in uno scenario che vede le unità direttamente impegnate sul campo e un Ministero della Guerra in preda alla più grande confusione. Nell’immediato, tuttavia, il problema era trovare i 330.000 volontari: addirittura, il loro reclutamento divenne ben presto uno scandalo. I dipartimenti, a cui venne demandato il compito di trovare i soldati, fallirono: se ne trovarono solo 150.000 e raschiando la feccia della società; per di più non tutti vennero spediti alle unità sul campo, bensì andarono a formare l’armata rivoluzionaria che combatté contro i ribelli in Vandea e nella Francia occidentale. Tuttavia la situazione in estate non migliorò e questo spinse prima alcuni dipartimenti, poi, il 23 agosto 1793, il governo centrale a dichiarare la levèès en masse, la coscrizione universale, decreto che così inizia:

“Da questo momento finché i nostri nemici non saranno scacciati dal territorio della Repubblica, tutti i francesi sono permanentemente requisiti per il servizio delle armi”.

Non pensiamo tuttavia che tale coscrizione fosse uguale a quella che noi tutti conosciamo, che colpisce indistintamente tutti i cittadini. All’epoca, infatti, già un primo serio problema era quello di sapere esattamente quale fosse l’entità della popolazione: ricordiamo infatti che ancora non esisteva l’anagrafe e che l’unico mezzo era quindi ricorrere ai registri parrocchiali. Tutti gli uomini dai diciotto ai venticinque anni di età erano soggetti al servizio militare: all’interno di questa fascia di età, tutti gli uomini erano poi suddivisi in cinque classi, secondo l’età e lo stato civile. Non tutti però partivano. Infatti, l’autorità centrale comunicava ai diversi dipartimenti il numero di soldati che questo doveva reclutare, adempimento che veniva eseguito dalle diverse comunità attraverso il meccanismo del sorteggio: venivano, cioè, semplicemente estratti da una grande urna i nomi – o più spesso i numeri – di coloro che dovevano partire. Anche a questo punto, tuttavia, esistevano due modi per evitare il servizio militare: quello di trovare un sostituto e quello di fuggire. Il primo era un espediente del tutto legale che tuttavia, come è facile immaginare, favoriva le persone ricche, che potevano permettersi di pagare una persona affinché accettasse di trascorrere cinque anni – perché tanto durava il periodo di ferma – della propria vita sotto le insegne della Repubblica prima e dell’Impero poi. Il secondo, ovviamente, era illegale, ma aveva ugualmente buone probabilità di riuscita, visto che il controllo statale del territorio non è nemmeno comparabile con quello attuale e che, sembrerà una banalità, non esistevano ancora le fotografie né il sistema delle impronte digitali, per cui era piuttosto facile cambiare identità o quantomeno non essere riconosciuti. Come se poi questo non bastasse, l’applicazione del decreto variava da dipartimento a dipartimento. Ad ogni modo la qualità generale delle nuove reclute fu eccellente, dato che vennero arruolati francesi provenienti da tutti gli strati sociali: anche i ricchi non si tirarono indietro, anche perché, ormai in pieno regime di terrore era preferibile combattere in guerra che essere perseguitato dagli agenti di Robespierre e finire i proprio giorni sulla ghigliottina.A sorvegliare la fedeltà delle truppe, il Ministero della guerra inviò presso ogni armata almeno tre commissari del consiglio esecutivo, col compito preciso di curare l’indottrinamento politico dei soldati – attraverso la diffusione di giornali, bollettini e canzoni – e di tenere sott’occhio, attraverso un largo impiego di spie o comunque di persone di fiducia provenienti spesse volte dai club giacobini della località ove era stazionata l’unità ispezionata, quegli ufficiali sospetti o che solo non si mostrassero tiepidi verso i valori della rivoluzione. Eguale era il sospetto con il quale si guardavano i generali vittoriosi, per paura dell’ascendente che potevano avere sulle truppe: per questo si distribuivano pubblicazioni che sottolineavano come la lealtà dovesse essere prima di tutto verso il governo centrale, piuttosto che nei confronti del proprio comandante. Fra il maggio 1793 e il giugno 1794 oltre 20 generali verranno ghigliottinati, molti altri verranno arrestati e destituiti dal comando, altri ancora, per paura, rifiuteranno la promozione adducendo a pretesto la giovane età, la scarsa esperienza, la salute malferma o altro.La fine del Terrore e l’istituzione del Direttorio non portò a miglioramenti degni di nota dello stato dell’esercito. Nel 1795 si stima esistessero 209 demi-brigade di linea e 42 leggere, anche se molte di esse non contavano più di 300 soldati sui 2400 teorici. Lo stato dell’equipaggiamento, poi, era sempre assai precario: un esercito sempre affamato, vestito di cenci e male armato e che si sostentava sulle risorse dei territori che occupavano. Semmai, a migliorare fu il clima politico generale, dal momento che lo spettro di finire ghigliottinati venne allontanato.Nel 1796 il Direttorio riduce il numero delle demi-brigade a 110 di linea e 30 leggere, aumentando però il numero degli effettivi di ogni battaglione a 1067 uomini, ufficiali compresi. Il numero di ogni unità venne estratto a sorte, decisione che certo non venne accolta favorevolmente dai soldati, che avevano cominciato, faticosamente, a sviluppare una proprio orgoglio e una propria tradizione di reparto. Infine, tutte le legioni e corpi franchi vennero inglobati nelle truppe regolariNel 1798 Jourdan propose un sistema di reclutamento che andasse oltre il decreto del 1793 e che venne approvato dal Consiglio dei 500 nel settembre. In tempo di pace il reclutamento sarebbe avvenuto utilizzando prima di tutto i volontari: se questi non fossero stati sufficienti si sarebbe ricorso alla coscrizione. Il servizio durava 4 anni in tempo di pace, per tutta la durata della guerra in caso di conflitto. Al di là, però, di questa riorganizzazione dei termini di leva, la qualità dell’esercito non migliorava. Gli ufficiali mantenevano gli stessi vizi, gli stessi costumi e la stessa cupidigia degli ufficiali dell’esercito regio; solo, questi ultimi curavano maggiormente il proprio aspetto. Il fatto che dovessero trovare continuamente soldi, cibo, vestiti e trasporti per le loro truppe attraverso le requisizioni li metteva continuamente a contatto con la tentazione di appropiarsi di parte del “bottino”, senza contare che il loro miserrimo stato in un certo senso legalizzava queste azioni. La loro paga, infatti, consisteva in 500 franchi di assegnati cartacei, una moneta che nel corso del biennio 1795-96 si deprezzò del 99%.

Note:
1 In precedenza, i volontari avevano una paga maggiore.
2 A dar man forte ai commissari vennero poi i Rappresentanti del popolo, ovvero veri e propri politici dai poteri praticamente assoluti e potevano influenzare la stessa condotta bellica dei generali; di positivo vi era però che potevano migliorare l’organizzazione dei rifornimenti e la disciplina dei reparti.

Per gentile concessione dell'Associazione Napoleonica d'Italia
Documento inserito il: 23/12/2014

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