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Logistica dell'esercito rivoluzionario Francese [ di Massimo Zanca ]

I rifornimenti dell’esercito costituirono sempre il punto debole dell’organizzazione militare francese: d’altronde, se pensiamo ai grandi travagli politici interni che la Francia stava passando, questa situazione non potrà stupire più di tanto. Insomma, l’incoerenza politica non solo portò ad una incoerenza dei piani strategici – per cui si può dire che esistevano tante strategie quanti erano i generali delle singole armate – ma anche disordine amministrativo ed organizzativo. Addirittura, la situazione nella primavera del 1793 era così critica che il ministro della guerra Bouchotte ebbe a dire che:
L’intera macchina da guerra è, in un modo o nell’altro, disorganizzata sull’intero territorio della Repubblica
I problemi iniziarono nel 1791 quando vennero imprigionati o fuggirono la grandissima parte dei commissaires des guerre dell’esercito regio e quando, più in generale, venne abolito il sistema amministrativo dell’esercito di Antico Regime, imperniato sull’opera di civili responsabili dell’approvvigionamento, giustizia militare, trasporti ed altre funzioni relative al sostentamento di truppe ed animali. Venne anche creato, sempre nel 1791, un comitato militare che vigilasse sull’opera del ministro della guerra e, più in generale, sull’intero corpo burocratico del Ministero, notoriamente di sentimenti filo-monarchici; in nemmeno un anno, venne estromesso oltre il 30% del personale. Nel corso del 1792 l’Assemblea arrivò ad inquisire per tradimento lo stesso ministro ed a corrispondere direttamente con i generali sul campo, evitando così il passaggio – fino ad allora doveroso – del ministro della guerra; di più il 17 giugno venne formata la Commissione dei dodici per vigilare ulteriormente su tutto l’operato del dicastero. Il colpo di grazia all’istituzione avvenne all’indomani del 10 agosto 1792, quando il re Luigi XVI venne sospeso dalle sue funzioni: a questo punto i rimanenti burocrati nobili vennero arrestati o, nel migliore dei casi, allontanati: ma intanto la Francia era in guerra.Il nuovo ministro Pache rimpiazzò il personale nobile con uomini appartenenti alla sinistra montagnarda, che però erano una minoranza in seno all’Assemblea. Questa sterzata a sinistra riguardò anche la politica del nuovo ministro che, in polemica con i Girondini, criticò e attaccò con decisione l’uso di ricorrere a fornitori civili per rifornire le armate, senza tuttavia accorgersi che il nuovo Stato Rivoluzionario non poteva assumersi una così importante incombenza. Il tentativo di nazionalizzare i rifornimenti produsse una moltitudine di proteste da parte degli ufficiali approvvigionatori dell’Armata del Reno e del Midi, nonchè dal generalissimo Dumouriez dell’Armata del Nord. Il conflitto poi si allargò anche alla libertà di poter saccheggiare i nuovi territori, tanto reclamata dallo stesso Dumouriez; per tutta risposta il ministro lo accusò di essere un profittatore ed un truffatore, proprio come lo erano i suoi contrattori civili. Insomma, venne ben presto a configurarsi uno scontro che vedeva da una parte il Ministro della guerra e la Montagna da una parte e il resto della Convenzione ed i generali dall’altra. Risultato: proprio la Convenzione istituisce il 1 gennaio 1793 un Comitato Generale di Difesa, ufficialmente per coordinare il lavoro del ministero, praticamente per bypassare il potere di Pache, che infatti venne destituito il 25 dello stesso mese, mentre il suo direttore degli acquisti venne addirittura arrestato. Ovviamente, si ritornò al vecchi sistema dei contrattori civili. Il nuovo ministro fu il moderato generale de Beurnonville, che rimase in carica fino al 9 marzo, quando una folla inferocita ed aizzata dai giacobini assaltò il Ministero, prendendo a pretesto la recente ritirata delle armate rivoluzionarie dal Belgio.Al suo posto si insediò Bouchotte, altro ministro che cercò di politicizzare il ministero, allineandolo alle posizioni di Hebert e della Comune di Parigi. Questo tentativo di porre il dicastero al di fuori della sfera di controllo della Convenzione, non poteva non produrre un forte scontro con il Comitato di Salute Pubblica, sorto proprio per iniziativa della Convenzione il 6 aprile 1793. Iniziò allora una lunga ed estenuante guerra politica, per così dire a sinistra, fra club giacobini più accesi e Comitato. Al solito, non riuscendo a far cadere Bouchotte, il Comitato di Salute Pubblica – rinforzato nell’agosto 1793 dall’ingresso di Carnot e Prieur de la Cote d’Or – varò il 4 dicembre una legge che metteva l’operato dell’intero ministero sotto la sorveglianza diretta del Comitato: Carnot e Prieur alla supervisione degli armamenti e delle Armate sul campo; Lindet all’approvvigionamento del cibo; a Robespierre toccò la marina. Questa situazione continuò fino al 24 marzo 1794 quando Hebert venne ghigliottinato ed i suoi uomini arrestati o comunque rimossi dai loro incarichi.Il primo, serio, tentativo di riformare la macchina bellica francese venne intrapreso da Carnot, che agì su due assi di intervento.A livello strategico cercò di coordinare le undici Armate francesi operanti sui diversi fronti in un unico disegno offensivo, centralizzando, dunque, il potere militare. Fino ad allora, ogni generale attuava una propria personale strategia, senza curarsi troppo del contesto generale della guerra, spinto in questa condotta da tre fattori:
a)Assenza di direttive chiare da parte di un organismo centrale che avesse l’autorità per imporsi. Abbiamo visto in quali traversie era caduto il Ministero della Guerra che, in teoria, avrebbe proprio dovuto assolvere a questo compito.
b)Necessità di agire offensivamente per potersi accaparrare risorse necessarie alla sopravvivenza dell’esercito, in una situazione nella quale i rifornimenti erano praticamente assenti. In effetti, gli eserciti rivoluzionari non potevano permettersi una strategia difensiva, pena la disintegrazione dell’esercito.
c)La neonata ideologia repubblicana domandava un’offensiva costante per poter liberare dal potere tirannico dei re i popoli.
Il primo tentativo di armonizzare i movimenti delle armate per ottenere un unico obiettivo è dell’estate 1793 e sfocerà nelle vittoriose battaglie di Hondschoote del 6-8 Settembre ed in quella di Wattignies del 15 Ottobre, che tuttavia non colsero l’obiettivo di rompere completamente le forze nemiche, che vennero solo respinte. Il secondo tentativo doveva portare ad una grande offensiva nella primavera del 1794, ma anch’essa sostanzialmente fallì, anche per la lentezza di alcuni generali, come Pichegru e Hoche, che tuttavia dovettero fare i conti con un tasso di diserzione altissimo a causa della rigidità dell’inverno. Arriviamo infine al terzo ed ultimo tentativo, che sfocerà nella vittoriosa battaglia di Fleurus A livello organizzativo, Carnot, cercò per così dire di militarizzare la Francia, cioè di fare un modo che le priorità dell’esercito fossero sempre e comunque poste davanti alle altre. Da canto suo, poi, l’Assemblea diede al nuovo sistema amministrativo, pur sempre basato sul ricorso di civili, un carattere semi-indipendente, cosa che procurò non solo grandi disservizi, ma anche non poche frizioni con i generali, specie perchè questi nuovi attori incaricati dei rifornimenti, per quanto ferventi patrioti e convinti rivoluzionari, avevano ben poca esperienza su come bisognasse effettivamente organizzare un servizio in grado di approvvigionare l’esercito. Nel 1795 la Convenzione conferì ai commissaires-ordonnateurs completa indipendenza, nel senso che ora erano responsabili solo verso la Repubblica, cioè verso il potere politico, e non più nei confronti del generale dell’Armata. Fra l’altro, a loro venne demandato l’incarico di raggruppare, conservare e distribuire tutto ciò che veniva requisito dai territori occupati, dal cibo, alla paglia, ai vestiti, al denaro: il risultato, del resto prevedibile, fu una serie immensa di appropriazioni indebite, di furti, tanto che ben poco di ciò che veniva requisito raggiungeva effettivamente i soldati. Nel 1796 a curare praticamente l’approvvigionamento dell’esercito sono dei contrattori solo teoricamente posti sotto il controllo dei commissaires-ordonnateurs e del loro staff. Entrambe queste figure, per lucrare sulle casse statali, erano pronti a consegnare merce di qualità scadente o addirittura meno colli di quelli pattuiti dai contratti. Basti pensare che il generale Lefebvre riteneva i contrattori il peggior nemico che avesse l’esercito.Così, se da un lato le truppe rivoluzionarie erano perennemente in cerca di cibo a causa dei disservizi della sussistenza, dall’altro iniziarono a combattere utilizzando una grande varietà di uniformi, perchè – ancora una volta – il sistema non fu in grado di rifornire con una sola divisa tutti i soldati, il cui numero, tuttavia, crebbe a dismisura, persino oltre le reali capacità del Paese di rifornirle: in effetti, in pochi mesi l’esercito passò dai 150.000 uomini dell’esercito regio a 1.000.000 o poco meno dell' esercito rivoluzionario. Abbiamo già, accennato, in precedenza, al fatto che inizialmente la fanteria regolare indossasse l’uniforme bianca ed i volontari blu. Questa differenza venne superata nel 1793 quando si decise di adottare un’unica divisa blu per tutti, sul modello di quella utilizzata dalla Guardia Nazionale di Parigi. Questa uniforme consisteva in un habit blu scuro a code lunghe con colletto rosso e paramani filettati di bianco, risvolti al petto bianchi, falde e pattine dei paramani filettature delle tasche rosse, bottoni di ottone; la linea avrebbe dovuto poi utilizzare controspalline blu filettate di rosso, ma spesso i soldati indossavano spalline rosse, tradizionalmente assegnate ai granatieri. Completava la divisa un panciotto bianco, culottes con ghette nere lunghe e scarpe.Al collo si portava la cosiddetta cravatta, un lungo pezzo di stoffa di vario colore (blu, rosso, bianco, rosso) che veniva avvolto più volte sia per proteggersi dal freddo, sia per bellezza. Vi era poi il bicorno con coccarda tricolore, spesso con un cappietto giallo, al posto poi del regolare pompon bianco e rosso moltissimi portavano un piumetto rosso. Gli ufficiali continuavano a portare gorgiere e spalline metalliche.Tuttavia, mentre si attendeva, invano, che l’esercito provvedesse ad effettuare le necessarie sostituzioni, i soldati utilizzavano tutto ciò che trovavano per vestirsi e potevano dirsi fortunati se ricevevano dallo Stato la sola giacca, senza riguardo allo stile.Per quanto riguarda panciotti e pantaloni si utilizzavano capi civili; non erano rari panciotti ricavati utilizzando i tessuti trafugati da tende o divani posseduti dagli aristocratici, mentre al posto delle culottes si portavano calzoni lunghi di ogni colore e foggia, anche se molto popolari furono quelli a righe bianche, rosse e blu in omaggio alla rivoluzione: le ghette erano praticamente sconosciute perché la totalità dei soldati non possedeva calzature. Si camminava a piedi scalzi o utilizzando zoccoli in legno, che avevano – si diceva – il vantaggio di mantenere asciutti i piedi, dopo avere avvolto questi ultimi in fasce di tela e grasso e riempito gli zoccoli di paglia. A livello di copricapi basti pensare alla tormentata vicenda del Tarleton, per capire lo stato di grande confusione, anche di idee, nel quale versava la Repubblica. Il Tarleton è, un casco con visiera in cuoio, con una imitazione di pelliccia sulla fascia ed una cresta in pelliccia che si cerc` di far adottare a tutta la fanteria di linea nel 1791. Tuttavia era così scomodo, di cattiva fattura e presto puzzolente che le truppe preferiva centrali si decisero a sospendere l’esperimento. Si aggiunga poi che praticamente nessuno era in grado di permettersi un cambio: questo faceva sì che le uniformi, semplicemente, scomparissero sotto il peso dell’usura e degli agenti atmosferici. Trattandosi di giacche in panno molto pesante, inoltre, una volta inzuppate erano estremamente lunghe ad asciugarsi, cosa che procurava ai soldati in campagna indicibili sofferenze e malanni. Non vi era, ovviamente, una giacca per l’inverno ed una per l’estate: in quest’ultima stagione, solo, era consentito marciare portando la giacca sullo zaino; quando poi, però, si combatteva, tutti i soldati erano costretti ad indossare la marsina sia per fare in modo che i generali non potessero scambiare truppe amiche per nemiche, sia, soprattutto, per un fatto di orgoglio nazionale. Tuttavia, questo provocava una sudorazione così forte che i soldati, dopo solo un’ora di combattimento, soffrivano terribilmente la sete. Fra l’altro, il cappotto non era un capo dato in dotazione alle truppe, le quali in campagna si arrangiavano utilizzando coperte, rubando ai civili: in alcuni casi era il colonnello a provvedere per tutto il reggimento e rimane famoso il caso di un reggimento che durante la campagna del 1809 indossava cappotti rosa perchè il colonnello aveva trovato solo questo tipo di stoffa! Di più, il fatto che solo raramente le truppe potessero essere casermate faceva sì che anche la stessa igiene personale fosse assai trascurata. Una curiosità: per regolamento, le giacche non potevano essere lavate se non a secco, per evitare che si scolorassero. A livello di equipaggiamento era già, molto se la Repubblica forniva ai soldati fucile e cartucciera. La giberna consisteva in una scatola in cuoio nero portata dal soldato con una cinghia teoricamente in pelle di bufalo imbiancata con il gesso (biaccatura), praticamente, quasi sempre, data la difficile reperibilità, del bufalo, i contrattori utilizzavano pelli di vacche, che tuttavia non hanno la stessa resistenza e robustezza, specie nei confronti dell’acqua. Per quanto riguarda i fucili, si pensi, ad esempio, che ancora nel 1796 alcuni battaglioni di quell’Armata d’Italia che di lì a poco avrebbe conquistato l’Italia erano armati con la sola picca. Anche lo zaino era molto difficile da ottenere dall’intendenza dell’esercito: questo era fatto in pelle di vacca o cavallino foderato internamente di tela; ancora una volta le cinghie dovevano essere teoricamente in cinghiale. In generale, si tratta di uno zaino piccolo, estremamente scomodo e che fa sudare terribilmente il soldato proprio per il fatto che distribuisce molto male il peso. Al suo posto si utilizzavano ampi tascapani portati da casa. Ultimo oggetto parte dell’equipaggiamento era il briquet, la spada corta da fanteria, che però era, ancora teoricamente, in dotazione solo ai reparti di granatieri e successivamente a quelli di cacciatori. Una volta che il soldato aveva tutto il suo equipaggiamento, portava all’incirca 25 kg di peso, così distribuito: fucile + baionetta: 5 kg; giberna: 1,5 kg; briquet: 3,5 kg; zaino affardellato (coperte, cibo, etc.): 10 kg; giacca: 1,5 kg; cappotto: 2 kg. Un tale peso notevole, che riusciva a rendere difficoltoso il respiro durante le marce, che fiaccava e prostrava uomini poco alimentati e sempre in balia degli agenti atmosferici e soggetti ad ogni tipo di malanno. Nulla di cui stupirsi, dunque, se l’aspetto delle Armate rivoluzionarie assomigliasse molto a quello di una massa di pezzenti cenciosi e puzzolenti, privi di tutto e per questo sempre alla ricerca di bottino, delle vere e proprie locuste che infestavano i territori sui quali passavano, tanto che non era difficile vedere soldati che, in marcia, si portavano dietro forme di formaggio, pezzi di carne, coperte avvolte attorno alla spalla destra o indossare addirittura uniforme nemiche tolte a prigionieri o caduti. D’altronde, che la situazione fosse veramente sull’orlo del tracollo, ci è dimostrato, per quanto in via indiretta, dal proclama diramato da Napoleone dopo aver passato in rivista alcuni reparti dell’Armata d’Italia, dopo averne assunto il comando il 27 marzo 1796, nel quale spicca – accanto agli usuali richiami alla gloria – la consapevolezza che si sarebbero andati ad occupare territori dalle grandi risorse che – implicitamente – avrebbero migliorato le pessime condizioni nelle quali versavano i soldati:
Soldati! Voi siete nudi e malnutriti; la Francia vi deve molto, ma non può darvi nulla. La pazienza ed il coraggio che avete dimostrato tra queste rocce sono ammirevoli, ma non vi hanno dato gloria: nemmeno un’ombra ne ricade su di voi. Io vi condurrò nelle più fertili pianure della terra. Province ricche, città opulente, cadranno in vostro potere; vi troverete ricchezze, onori e gloria.

Note:
1-La Guardia Nazionale venne creata nel 1789 e le prime uniformi erano varie poichè ogni provincia, anche in assenza di direttive, fece a modo suo. I reparti di Brest, ad esempio, indossavano una divisa rossa con mostre nere, quelli di Pont-St-Esprit rosse con mostre bianche.
2-All’epoca, per facilità di fabbricazione e per maggiore praticità, le scarpe non avevano la destra e la sinistra: in tal modo, i soldati portavano nello zaino solo una scarpa di ricambio e non due.

Per gentile concessione dell’Associazione Napoleonica d’Italia
Documento inserito il: 23/12/2014
  • TAG: esercito rivoluzionario, logistica, commissaires des guerre, commissione dei dodici, militarizzazione francia, guardia nazionale
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