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La Germania agli inizi del XVI secolo

Agli inizi del Cinquecento, la germania godeva di una grande prosperità economica dovuta la grande sviluppo delle industrie minerarie, metallurgiche, tessili, tipografiche e del commercio internazionale. I banchieri tedeschi, ed in particolare i Fugger di Augusta, erano entrati a pieno diritto tra le potenze finanziarie del continente europeo.
Questo sviluppo, tuttavia, non fu uguale in tutti i territori tedeschi: mentre si sviluppava sempre più il benessere nei territori occidentali e meridionali, le aree orientali e centrali del Paese, si trovavano ancora sottoposte al giogo feudale. Accanto a città operose e piene di vita, le campagne languivano nella maggior parte della Germania, oppresse dai residui del feudalesimo. Soprattutto le condizioni di vita dei contadini peggioravano sempre più: anche se personalmente liberi dalla servitù della Gleba, essi rimanevano dipendenti dai propri signori, che per tenere il passo con lo sviluppo dei rapporti monetario-mercantili, non esitavano, per procurarsi moneta, ad elevare le rendite usurpando boschi e pascoli comuni, tentando di ripristinare tributi e corvée feudali.
Nelle città era forte il malcontento dei lavoratori salariati, il cui numero aumentava vertiginosamente a causa dello sviluppo del precapitalismo: infatti, i grossi mercanti e una parte degli artigiani si trasformavano in imprenditori capitalisti, mentre i lavoratori delle botteghe artigiane, essendo privi di capitale da investire, non potevano divenire proprietari di bottega. Anche i piccoli artigiani erano ormai sempre più soggetti ai grossi mercanti-imprenditori.
La crisi era avvertita anche dalla piccola nobiltà, ossia, i cavalieri, che non ricevendo più redditi sufficienti dai loro feudi, si trasformavano spesso in briganti, assalendo i mercanti che percorrevano le strade di campagna.
La Germania soffriva particolarmente per la mancanza di un potere centrale in grado di assicurare pace e ordine; la debolezza politica del governo non permetteva inoltre la formazione di una Chiesa su base nazionale. Proprio contro la Chiesa, che veniva considerata un'emanazione del Papato di Roma, si rivolgeva il malcontento generale.
L'infiltrazione di elementi temporali all'interno della Chiesa, ossia la sua feudalizzazione, ne aveva danneggiato il prestigio nel corso di tutto il Medioevo alimentando le eresie. I danni più gravi alla sua immagine, la Chiesa li subì durante il periodo della cattività di Avignone, dal successivo lungo scisma d'Occidente e dalla dubbia condotta dei papi del Rinascimento.
Il comportamento dei papi, per la maggior parte appartenenti a grandi famiglie, come principi temporali e le loro continue ingerenze in conflitti, alleanze, manipolazioni politiche di ogni genere, così pure come il lusso sfrenato e in certi casi un'aperta immoralità della corte papale, ebbero nefasti effetti sul prestigio della Chiesa di Roma.
Non meno criticati furono numerosi dignitari ecclesiastici in gran parte dei Paesi cattolici: Molte volte venivano affidate alte cariche ecclesiali a uomini che avevano il solo pregio di appertenere ad una famiglia importante e che quindi godeva del favore del sovrano.
Se queste critiche erano vive in buona parte dell'Europa, maggiormente lo erano in Germania, dove vi erano molti feudatari ecclesiastici, che la potere religioso univano quello politico-territoriale.
Le ricchezze dei vescovati e dei conventi attiravano la bramosia dei cavalieri, dei borghesi e degli stessi principi laici, che meditavano la secolarizzazione dei beni ecclesiastici.
Non meno sentita era l'oppressione dei feudatari ecclesiastici da parte dei contadini, che erano costretti al pagamento di pesanti decime a favore della Chiesa: esisteva infatti "la grande decima" che doveva essere corrisposta in cereali, "la piccola decima" che veniva corrisposta in legumi, e la "decima del sangue" che prevedeva il pagamento in bestiame.
Mentre in latri Paesi l'autorità regia seppe limitare i pagamenti a favore della curia romana, in Germania ciò non accadde, ed ogni anno forti somme di denaro venivano inviate a Roma.
Come nel resto d'Europa, anche in Germania si sviluppo un movimento umanistico, attorno ad importanti personalità di scrittori e studiosi. Erasmo da Rotterdam fu uno dei massimi umanisti europei: come filologo, egli fu l'iniziatore di una ricostruzione critica dei testi sacri; come scrittore, nel suo "Elogio alla pazzia", sottopose ad una satira feroce tutte le istituzioni della società medievale. Il suo ideale era una Chiesa libera da superstizioni.
Altro notevole umanista fu Giovanni Rauchlin, che si oppose a sua volta alle superstizioni del tempo; dalla sua scuola uscì Ulrich von Hutten, il polemista più appassionato nei confronti del papato e maggiormente favorevole all'unificazione nazionale germanica.
Il maggior merito degli umanisti tedeschi fu quello di esprimere in forma letteraria le aspirazioni, già largamente diffuse tra la popolazione, verso una maggiore libertà personale e l'indipendenza del pensiero individuale, contro l'accettazione cieca delle autorità tradizionali.


Nell'immagine, ritratto di Ulrich von Hutten, uno dei massimi esponenti dell'Umanesimo tedesco.
Documento inserito il: 25/12/2014
  • TAG: germania XVI secolo, banchieri fugger, economia, precapitalismo, feudalesimo, decime, erasmo da rotterdam, umanesimo

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