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Il dibattito sul 'Gesù storico'. La nascita della 'Teologia liberale'. [ di Michele Strazza ]

Continuando a trattare del complesso dibattito sul “Gesù storico”, inaugurato dagli scritti di Hermann Samuel Reimarus (1694-1768), pastore luterano e professore di lingue orientali ad Amburgo, dobbiamo ora occuparci degli studi successivi.
Dopo la pubblicazione dell’opera di Reimarus furono date alle stampe, con diversi intenti, varie “Vite di Gesù”, come quelle di J.J. Hess (1774), F.V. Reinhardt (1781) e J.G. Herder (1797).
Questi autori si sforzarono di spiegare gli elementi soprannaturali dei vangeli in modo razionale, ricorrendo ai principi dell'Illuminismo. La figura di Gesù che ne veniva fuori risultava espressione dei valori dell'amore e dell'umanesimo.
All’interno della “Old Quest”, detta anche “First Quest” vanno collocati numerosi autori protestanti, identificati come appartenenti alla “scuola liberale”. Il loro obiettivo principale era quello di presentare un Gesù maestro morale, ma privo di caratteristiche soprannaturali.
Tra essi va ricordato Heinrich Eberhard Gottlob Paulus (1761-1851), luterano tedesco e propugnatore di un rigido razionalismo teologico, il quale, nella sua Vita di Gesù del 1828, affermò che i miracoli di Gesù erano, in realtà, basati su fenomeni di suggestione ed equivoci.
Nel 1835 venne pubblicata un’altra Vita di Gesù. Ne era autore il luterano tedesco della Scuola di Tubinga David Friedrich Strauss (1808-1874).
Anch’egli negò la realtà dei miracoli evangelici, considerandoli miti e narrazioni fantastiche dei discepoli. Applicando i principi della filosofia di Hegel, di cui fu alunno a Berlino, sostenne la tesi secondo cui le narrazioni dei Vangeli erano, appunto, semplici miti, tendenti a rappresentare in modo fantastico l’identità di finito e infinito, ossia l’immanenza del divino nell’umano.
Tali miti, per Strauss, non facevano altro che esprimere i desideri e le speranze degli uomini, incarnati in una figura particolare, una sorta di “individuo cosmico”, Gesù di Nazareth.
Il mito, dunque, non era un racconto storico, ma rappresentava una verità simbolica. Gesù venne creduto Figlio di Dio dai suoi discepoli che videro in lui la realizzazione delle loro attese e delle speranze degli ebrei nella venuta di un Messia. Per questo Strauss distingueva tra il Cristo della fede e quello della storia. Quello della storia era un uomo eccezionale, quello della fede, invece, era miticamente inteso come Dio fattosi uomo.
L’influenza di Hegel e della sua filosofia è presente nella struttura stessa della Vita di Gesù di Strauss la quale risulta divisa in tre parti, sulla base della tripartizione hegeliana della tesi, dell’antitesi e della sintesi. Nello specifico, nella prima parte Strauss tratta di Gesù come mito; nella seconda, dimostra l’inattendibilità storica delle vicende raccontate dai Vangeli; nella terza parte, infine, tenta una conciliazione tra il Cristo della religione e quello della storia.
Secondo questo studioso, dunque, tutta la vita di Gesù restò lontana da influenze soprannaturali. L’unico elemento soprannaturale va, invece, cercato all’interno della fede. E’ quest’ultima che «interpreta» Gesù come entità divina. I vangeli, in conclusione, rappresenterebbero certamente un avvenimento storico, ma talmente trasformato dalla predicazione della Chiesa, da risultare impossibile raccontare la vita di Gesù basandosi sul loro contenuto.
Ma questa visione scettica avrebbe presto trovato presto una attenuazione. Anni dopo, infatti, due studiosi, Christian Hermann Weisse (1801-1866), discepolo di Strauss, e Christian Gottlob Wilke (1786-1854), affermarono l’esistenza, alla base del contenuto dei Vangeli, di due vere e proprie fonti documentali, Marco e i Loghia, cioè i «detti di Gesù», che sarebbero serviti da riferimento per i Vangeli (la c.d. Fonte Q).
Nasceva, in tal modo, nella seconda metà del XIX secolo, una corrente teologica, detta “teologia liberale”, che si proponeva di conciliare fede e ragione, impegnandosi nella c.d. “ricerca sulla vita di Gesù” (Leben-Jesu Forschung), con l’obiettivo di purificare il messaggio evangelico e la figura di Gesù da tutte le aggiunte successive, dall’epoca della prima comunità cristiana in poi.
Con Weisse e Wilke quella che era stata sino ad allora la ricerca sulla vita di Gesù avrebbe deviato verso la c.d. “questione sinottica”, con l’obiettivo è di individuare i rapporti esistenti tra i tre vangeli sinottici e il loro ordine cronologico.
In tale dibattito intervenne H.J. Holtzmann (1832-1910) il quale nella sua Die sinoptischen Evangelien. Ihr Ursprung und geschichtlicher Charakter (I vangeli sinottici. La loro origine e carattere storico) riaffermò il valore storico del vangelo di Marco, ritenendolo composto per primo.
Nel 1890, poi, il teologo evangelico Johannes Weiss (1863-1914), diede il nome di “Q” (dal tedesco Quelle = fonte) alla collezione di detti (in greco, logìa) di cui avevano parlato Weisse e Wilke.
Per tutti questi autori, in definitiva, il Vangelo di Giovanni non rappresentava una fonte storica, essendo un'opera specificatamente teologica, per cui bisognava concentrare la ricerca sugli altri tre Vangeli, quelli sinottici.
A negare il ruolo di “fonte primaria” del vangelo di Marco ci pensò William Wrede (1859-1906) per il quale esso rappresentava soltanto una elaborazione della comunità. Nel suo Das Messiasgeheimnis in den Evangelien («Il segreto messianico nei vangeli») del 1901 egli sostenne che i vangeli non erano opere con pretese storiche, ma teologiche, con la conseguenza dell'impossibilità a scoprire in essi il Cristo storico.
Quest’ultimo, secondo Wrede, non si proclamò mai Messia. Furono, invece, i discepoli, dopo la sua morte, a riconoscerlo come tale, inserendo tale questione messianica nel Vangelo di Marco, il più antico dei quattro. Fu, dunque, Marco a collegare la tradizione anteriore di un Gesù, maestro e taumaturgo, con la concezione del messia elaborata dalle prime comunità cristiane.
Anche per Adolf von Harnack (1851-1930) i Vangeli sinottici sono semplici testi religiosi, in quanto il loro intento non è quello di documentare gli aspetti storici di Gesù ma quello di annunciare il suo messaggio di fede. Nel suo L'essenza del cristianesimo (1900), egli, tuttavia, riconosce ai Vangeli un suo, seppur limitato, “carattere storico”, riscontrabile nel loro "carattere arcaico" non presente negli scritti posteriori. E ciò grazie ad una narrazione semplice ed efficace, nonché alla presenza, sotto il testo greco, della lingua ebraica o aramaica.


BIBLIOGRAFIA
Holtzmann H.J., Die sinoptischen Evangelien. Ihr Ursprung und geschichtlicher Charakter , Lipsia, 1863.
Paulus, H., Das Leben Jesu als Grundlage einer reinen Geschichte des Urchristentums (La vita di Gesù come fondamento di una pura storia del cristianesimo primitivo), 2 vol, Heidelberg, 1828.
Regina U., La vita di Gesù e la filosofia moderna. Uno studio su David Friedrich Strauss, Morcelliana, 1979.
Strauss, D.F., Das Leben Jesu, kritisch bearbeitet (La vita di Gesù criticamente elaborata), 2 vol., 1835, trad. it. La vita di Gesù o Esame critico della sua storia, Milano, Sanvito, 1863-1865. Per una edizione recente si veda Strauss D.F., La vita di Gesù o esame critico della sua storia, Milano, La Vita Felice, 2014.
Weisse C.H., Die evangelische Geschichte, kritisch und philosophisch bearbeitet («La storia evangelica, elaborata criticamente e filosoficamente»), 2 volumi, Lipsia, 1838.
Wilke C.G., Der Evangelist, oder exegetische-kritische Untersuchung über das Verwandtsverhältnis der drei ersten Evangelien («L'evangelista, o ricerca critico-esegetico sul rapporto di parentela dei primi tre vangeli»), Dresda-Lipsia, 1838.
Wrede W., Das Messiasgeheimnis in den Evangelien, Gottinga ,1901
Documento inserito il: 07/04/2016
  • TAG: gesù storico, teologia liberale, david friedrich strauss

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