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Il nuovo nemico [ di Giovanni Caprara ]

Dai primi conflitti arabo israeliani, l’equilibrio nello scacchiere mediorientale non si è affatto stabilizzato. I contrasti fra Israele e le Nazioni circostanti si stanno pericolosamente estendendo, rendendo tutta l’area instabile e fondamentalmente simile ad una bomba ad orologeria. Una dimostrazione è l’aggressione alla Legazione Inglese a Teheran del 30 novembre 2011, con la conseguente espulsione dei diplomatici iraniani da Londra. Negli ultimi mesi del 2011, l’AIEA ha formalmente dichiarato che l’arricchimento dell’uranio in Iran è a scopo militare. Questa possibilità era nota agli israeliani sin dal 1996, quando Amos Gilad, capo dei ricercatori dell’esercito, enunciò tale affermazione. In quell’occasione, la connotarono come il pericolo principale per la Nazione sionista. Era il nuovo nemico.
A sostegno di tale condizione, all’inizio del 2011, lo Stato Maggiore dello Stato Ebraico calcolò che un missile balistico a testata nucleare, avrebbe potuto raggiungere il loro territorio dopo dodici minuti dal lancio dall’Iran.
Sembra un deja vù con quanto accadde nel 1981, quando fu attaccato e distrutto il sito nucleare di Osirak Uno in Iraq. Questa incursione era la risultanza di un nuovo corso politico-militare inaugurato dal Primo Ministro Menachem Begin, il quale era un convinto assertore degli strike preventivi ad evitare che i nemici potessero mettere a punto strategie ed armi letali contro lo Stato Ebraico. Naturalmente non fu scevro da critiche, ma i risultati ottenuti ne magnificarono la figura ed il coraggio, agevolando la prosecuzione di questa tattica. Di fatto, tale atteggiamento venne ripetuto il 6 settembre del 2007, quando la stessa sorte fu riservata all’asset nucleare siriano di al-Kibar.
L’eventuale attacco preventivo, avrebbe sicuramente come modello quello dell’operazione babilonia, benché le condizioni siano diverse, perchè il potenziale difensivo iraniano e ben diverso da quello dell’allora regime iracheno. L’Iran dispone di sistemi di intercettazione Tor-M1 e Peciora-125, già elusi dagli israeliani in Siria, ma hanno ammodernato il sistema di difesa antiaereo con le batterie S300, nome in codice NATO “Grumble”. Sono missili a guida radar semi attiva, capaci di agganciare velivoli a bassa quota a 120 km di distanza. Gli analisti li indicano come un buon ombrello di difesa e con molta probabilità sono schierati nelle vicinanze del sito nucleare. A questo si aggiungerà anche la mancanza del fattore sorpresa, in considerazione che lo Stato iraniano è ben conscio di un simile pericolo se non altro perché riconosce in Israele la capacità di bissare quello del 1981 e soprattutto lo strike in Siria, probabilmente effettuato anche come monito al regime di Teheran.
L’operazione dovrà concludersi in un breve lasso di tempo, in modo da rendere il meno efficace possibile la reazione avversaria. La strategia applicabile potrebbe essere quella di un intervento dall’aria, ma supportato da terra, in quanto non si dovrà escludere la necessità di una incursione atta a recuperare e porre in salvo i piloti abbattuti. E’ probabile che tale incarico possa essere assegnato all’unità 669 di stanza a Tel Nor, le cui capacità sono indubbie e ben dimostrate nel corso degli anni. A completamento dello schieramento di attacco, forse arriverà anche l’appoggio dal mare. Sembra che già da tempo, nel Golfo Persico stia stazionando una unità sommersa, mentre è riscontrato che un’altro sommergibile navighi in stato di allerta nelle acque antistanti Haifa. Non pare possibile un intervento armato con truppe terrestri, per l’identico motivo che le escluse nel 1981, ossia le oggettive difficoltà nell’infiltrazione nella zona operazioni, ben dentro i confini avversari e soprattutto nell’esfiltrazione, con i nemici già in allarme e numericamente superiori. In ogni caso, Israele ha addestrato all’uopo l’unità Shaldag, la quale sarebbe pronta a muovere ad un eventuale ordine in tal senso. Per quanto concerne le armi che potrebbero essere impiegate, oltre agli Harm, non si escludono le GBU-28, dette “Bunker Busting”, con una gittata di 9 km, sono in grado di penetrare nelle profondità del sito bersaglio prima di esplodere la testata al “Tritonal”. Non sono da escludere anche le GBU-39 a guida GPS, la cui impressionante precisione le rende indispensabili per un attacco “chirurgico”. I dati sono inseriti nella memoria della bomba prima ancora di essere agganciata all’alloggiamento subalare dei “Sufa”, ed eventuali correzioni possono essere apportate dal pilota prima di sganciarla dai 74 km di possibile gittata. Infine non mancheranno le AGM-65 Maverick, la cui spoletta di prossimità farà detonare i 135 kg di esplosivo.
L’elemento in discussione, è quello della rotta da percorrere fino al sito nucleare iraniano: la prima li porterebbe sullo spazio aereo dei Paesi Arabi, ma potrebbe ingenerare forti tensioni politiche con quelle Nazioni che non concederebbero il sorvolo, al meno di un interessamento e sostegno degli Stati Uniti, ma le implicazioni si potrebbero poi estendere a livello mondiale. La seconda e quella di sorvolare il Mar Rosso, od ancora passare dal Mar Arabico, affrontando un lungo viaggio con la possibile implicazione di essere rilevati da radar ostili non solo iraniani.
L’unico elemento non in discussione è quello a chi affidare la missione. La chiamano “la lunga mano d’Israele”. In gergo semplicemente “lo Squadrone”, in definitiva gli stessi del 1981, od ancora de “operazione insetto”, quando nel 1982, annientarono la contraerea siriana nella valle della Bekaa, quelli dell’attacco al quartier generale dell’OLP a Tunisi nella “operazione wooden legs”, ed infine gli incursori che misero fine al un sito nucleare siriano nella “operazione frutteto”.
Sono caccia F-16 Fighter Falcon, che amano chiamare Sufa, ossia tempesta, di stanza alla Base Aerea di Ramat David, nei pressi di Megiddo. Naturalmente, la loro scorta sarà raccomandata agli F-15 Eagle.
“Lo Squadrone”, nacque cinquanta anni fa, quando Israele volava con i Mosquitos ed i Mustang. Nelle fila di questo reparto, hanno militato personaggi oramai consegnati alla storia dello Stato Ebraico, come Weizmann eroe della guerra del 1967, oppure di Ilan Ramon l’astronauta israeliano deceduto nella tragedia dello Shuttle Columbia nel 2003. La leggenda racconta anche di Arlosor Lev, volontario nella guerra del Kippur, il quale distrusse un numero considerevole di postazioni egiziane prima di essere abbattuto e di Roni Zuckerman, prima donna pilota e nipote del capo della rivolta ebraica nel ghetto di Varsavia.
In questi mesi, si sono esercitati sopra i cieli di alcuni paesi dell’est ed anche su quelli della Sardegna, in missioni simili a quella che dovranno compiere laddove Tel Aviv opti per l’intervento armato. Nel 2008, si sono addestrati attorno all’isola di Creta nell’operazione battezzata “glorious spartan” in cui hanno simulato la distanza di volo verosimilmente vicina a quella che li separa dalla Repubblica Islamica, e si sono allenati a colpire bersagli le cui dimensioni riportavano quelle del ”Kashan”, così hanno ribattezzato il sito iraniano, con bombe intelligenti guidate da sistemi di puntamento laser o tv.
L’esercitazione è poi proseguita simulando manovre evasive anche con virate ad alti numeri di “G”, l’uso di diversivi elettronici ECM, l’emissione di “flare” per disorientare le testate autocercanti dei missili aria-aria e terra-aria ed ancora degli “chaff”, sottili strisce in alluminio per confondere i radar di ricerca ed acquisizione bersaglio. I Sufa erano coadiuvati da velivoli “wild weasel” configurati per missioni SEAD per la soppressione delle difese aeree. Questi, hanno colpito e distrutto i radar ostili lanciando i missili antiradiazione AGM88 “Harm”, guidati dal sistema di acquisizione e puntamento bersaglio HTS. A completare lo schieramento, elicotteri con gli incursori della Sayeret Matkal e dell’unità 669 che si è addestrata al recupero di piloti abbattuti.
Di fatto, “lo Squadrone” composto dai migliori aeromobili e piloti israeliani è pronto alla “luce verde”. Resta da stabilire la rotta di avvicinamento, ma gli israeliani nelle loro incursioni, hanno sempre dimostrato una certa creatività, pertanto è probabile che nell’inauspilcabile decisione di attaccare, sapranno scegliere una rotta adatta alle esigenze.
Documento inserito il: 02/01/2015
  • TAG: conflitti arabo israeliani, nucleare iraniano, scopi militari, osirak uno, attacco chirurgico, operazione wooden legs, strategia attacco

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