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Berlino 1936, quando la propaganda politica è diventata 'sportiva' [ di Simone Balocco e Paola Maggiora ]

2016, anno olimpico. Quest'estate, dal 5 al 21 agosto, a Rio de Janeiro, in Brasile, si disputeranno le XXXI Olimpiadi estive. Per la prima volta, l'evento sportivo più visto, celebrato ed atteso nel mondo dello sport farà tappa in Sud America, nel Paese che due anni fa ha ospitato gli scorsi Campionati del Mondo del calcio, il secondo evento sportivo mondiale per antonomasia dopo i Giochi estivi.
Le Olimpiadi sono un evento a cadenza quadriennale che mette di fronte i più forti atleti del Mondo e ha una portata globale per il Paese ospitante, che su di sé ha gli occhi del Mondo e che ha la possibilità di far vedere a tutti il suo grado di preparazione e di organizzazione.
Per la terza volta una Nazione farà il double, ospitando una Olimpiade ed un Mondiale di calcio (o viceversa) consecutivamente: prima del Brasile, fecero l'accoppiata il Messico (1968-1970) e la Germania Ovest (1972-1974). Nella storia, i Giochi sono stati disputati in venti Paesi diversi: hanno fatto (e faranno) la doppietta Atene (1896-2004), Parigi (1900-1924), Los Angeles (1932-1984) e Tokyo (1964-2020), mentre Londra è l'unica a quota tre (1908-1948-2012).
Ma nel 2016 si celebreranno anche gli ottant'anni delle Olimpiadi di Berlino, ospitate nella capitale tedesca dal 1° al 16 agosto 1936. La capitale tedesca si era già assicurata l'organizzazione delle Olimpiadi estive del 1916 ma, a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale e del suo perdurare, si decise di rinviarle. Ed il 13 maggio 1931 il CIO le assegnò alla Germania, anzi alla “Repubblica di Weimar”.
Le Olimpiadi di Berlino hanno fatto la Storia (con la S maiuscola) dei Giochi: vennero staccati oltre 4 milioni di biglietti. L'organizzazione fu impeccabile e le strutture furono costruite in maniera perfetta. Alla fine della manifestazione, la Germania arrivò prima nel medagliere con 33 ori, 26 argenti e 30 bronzi per un totale di 89 medaglie, superando gli Stati Uniti d'America con 56 e l'Ungheria 16, con dieci ori: gli States, per la prima volta dal 1908, non erano i “vincitori” delle Olimpiadi. L'edizione successiva si sarebbe dovuta tenere a Tokyo (1940) e poi a Londra (1944), ma lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la sua prosecuzione, fece decidere al Comitato Olimpio Internazionale, l'organizzazione che presiede lo sport mondiale, di rinviarle al termine del conflitto. Bisognerà aspettare dodici anni ed attendere Londra '48.
Ma le Olimpiadi di Berlino del 1936 sono state molto particolari, in quanto hanno rappresentato il massimo esperimento di politica unita alla propaganda: a Berlino si tennero le prime Olimpiadi in un Paese non democratico e furono il massimo splendore della Germania nazista di Adolf Hitler.

L'assegnazione e le prime idee di boicottaggio
Berlino vinse l'assegnazione dei Giochi olimpici per l'edizione del 1916, sconfiggendo Alessandria d'Egitto e Budapest. Il CIO quando assegnò alla Germania il compito di organizzare le VI Olimpiadi estive, nel 1912, non potendo prevedere che due anni dopo scoppiò la Prima guerra mondiale e che sarebbe finita solo nel 1918. Ergo, le Olimpiadi berlinesi vennero annullate anche se si cercò fino all'ultimo di disputarle pensando che la guerra potesse finire nel mentre. Nel 1920 la città berlinese dovette lasciare l'organizzazione alla belga Anversa in quanto la Germania era stata isolata dal Mondo dopo la fine del conflitto. Nel 1925 la Germania poté rientrare nel panorama politico mondiale, prima entrando nella Società delle Nazioni e poi nel CIO, ma solo nel 1931 il Comitato ridiede alla capitale tedesca l'organizzazione dei Giochi. Nel frattempo, ospitarono l'evento Parigi (1924), Amsterdam (1928) e Los Angeles (1932).
Nel 1930 si dovette decidere la città che avrebbe ospitato l'evento nel 1936: le città allora candidate erano le tedesche Berlino, Colonia e Francoforte sul Meno, Barcellona, Roma, Budapest, Alessandria d'Egitto, Buenos Aires, Dublino e Helsinki.
In short list andarono Berlino, Barcellona, Alessandria d'Egitto e Budapest.
Al “ballottaggio” andarono la capitale tedesca e la cittadina catalana. A Losanna ci fu il voto decisivo: a Berlino andarono quarantatré voti, a Barcellona sedici e gli astenuti furono otto. Finalmente Berlino poté ospitare i Giochi, che tornavano in Europa dopo quattro anni. Su Barcellona, e per via indiretta sulla Spagna, pesò la delicata situazione interna al Paese.
La capitale tedesca era pronta da anni, tanto che già nel 1913 venne inaugurato il “Deutsches Stadion”, un impianto avveniristico per il tempo, ribattezzato poi “Stadio olimpico” (Olympiastadion in tedesco). Costruito per ospitare 40 mila spettatori (un record per il 1912), prima dell'inizio dei Giochi del 1936 subì un pesante restyling e poté arrivare ad ospitare fino a 110 mila spettatori.
La Germania che nel 1931 si guadagnò l'organizzazione dei Giochi olimpici era ai più nota come “Repubblica di Weimar”, l'esperienza politico-istituzionale tedesca andata in scena dal 1919 alla salita al potere di Adolf Hitler, ovvero dalla nomina di Friedrich Ebert come primo Presidente della nuova Germania, alla nomina del capo del NSDAP a Cancelliere il 30 gennaio 1933 dopo le elezioni del 6 novembre 1932, le ottave consultazioni elettorali nella breve parentesi di “Weimar”. Il 19 gennaio 1919 si tennero le prime elezioni della nuova forma di Stato per l'Assemblea nazionale, che vide vincere la SPD con 37,9% dei consensi che portarono in parlamento 161 deputati.
Il periodo in questione fu molto critico per il Paese che vide continue lotte tra l'estrema destra e l'estrema sinistra, una crisi economica e politica che mise nel panico i tedeschi, salvo l'esperienza di Gustav Stresemann, che fu prima Cancelliere (13 agosto 1923 – 30 novembre 1923) e, poi, soprattutto, Ministro degli Esteri (1923 al 1926). Ed è grazie al politico centrista se la Germania poté entrare a far parte della Società delle Nazioni dopo sette anni di isolamento con la firma dei patti di Locarno che avvicinarono per la prima volta i vinti ed i vincitori della guerra (che gli valsero, con Aristide Briand, il Nobel per la pace nel 1926) e l'importante ritorno teutonico nel Mondo sportivo mondiale.
Nel 1925 la Germania entrò a far parte del CIO e nel 1928 Theodor Lewald, delegato tedesco al Comitato Olimpico Internazionale, chiese all'allora sindaco di Berlino, il liberale Gustav Böss, di fare domanda al Comitato, presieduto allora dal belga Henri de Baillet-Latour, di poter ospitare i Giochi del 1936, contando sul fatto che la capitale tedesca poteva vantare un “credito” per le mancate Olimpiadi del 1916.
Dal punto di vista politico, “Weimar” iniziò a collassare dopo il “martedì nero di Wall Street” (29 ottobre 1929) che colpì duramente il Paese europeo e la cui incertezza politica porterà, dopo ben nove elezioni in quattordici anni, i nazionalsocialisti al potere in maniera definitiva con le elezioni del marzo 1933. Nel 1934 Hitler si proclamò “Fuhrer” dopo la morte di Paul von Hindenburg, ultimo Presidente di “Weimar”, consolidando in maniera definitiva il percorso dittatoriale.
Nel 1931 Heinrich Brüning era il Cancelliere tedesco dell'epoca e la notizia dell'assegnazione fu presa con felicità dai tedeschi: la Germania, anche se solo per due settimane, avrebbe avuto gli occhi del Mondo su di sé e avrebbe avuto modo di lasciarsi alla spalle il suo passato “ingombrante”.
Ma dal gennaio 1933 qualcosa stava cambiando in Germania: iniziarono le persecuzioni contro le persone di religione ebraica, i rom, gli omosessuali e tutte le opposizioni politiche, calpestando come nulla fosse i più basilari diritti umani. Il mondo sportivo entrò in subbuglio, chiedendo al CIO che i Giochi venissero spostati in un'altra Nazione. Il Mondo iniziò a dire che la Germania non era degna di ospitare un evento come le Olimpiadi, in quanto era contro lo spirito dei Giochi (libertà di accesso alle manifestazioni senza distinzioni di razza, credo religioso e pensiero politico).
Si iniziò a parlare di boicottaggio e gli Stati Uniti furono i primi a muoversi in questo senso. Il Presidente americano in carica, Franklin D. Roosevelt, era intenzionato a non far partecipare la squadra olimpica tanto che nel Paese ci furono alcune associazioni che gli chiesero di non partecipare ai Giochi, come la “Unione degli Atleti Dilettanti” (AUU). Per capire meglio la situazione, Roosevelt inviò nel giugno 1934 in Germania il capo del CIO americano, Avery Brundage. Al suo ritorno, Brundage disse a Roosevelt che in Germania c'erano i presupposti per ospitare i Giochi, in quanto nel Paese i diritti politici e civili non erano calpestati e tutto era in regola. Si scoprì solo dopo che Brundage era un politico ultraconservatore, razzista e che trovò in Germania pane per i suoi denti, anche se i nazisti stessi durante la sua visita lo “accerchiarono” e gli fecero vedere ciò che loro volevano. Alcune università non inviarono alle selezioni olimpiche (trials) atleti afroamericani ed ebrei. Il CIO americano indisse un'elezione nel suo board per stabilire se il Paese a stelle e strisce avesse dovuto prendere parte o meno ai Giochi tedeschi: vinsero i “si” 58 contro i 56 “no”. Gli States partirono per l'Europa nell'estate 1936.
Nel Mondo comunque si cercò di boicottare l'evento con altre contro-manifestazioni, ma l'avvenimento olimpico era catalizzatore di molti interessi e queste piccole “contro-Olimpiadi” non ebbero una forte eco.
La principale idea di boicottaggio arrivò dalla Spagna, da Barcellona. Barcellona era arrivata seconda nell'assegnazione ed il comitato organizzatore delle (mancate) Olimpiadi, in contemporanea con i Giochi di Berlino, organizzò l'”Olimpiade del popolo”, una contro-Olimpiade contraria a razzismo, nazismo ed antisemitismo cui parteciparono atleti proveniente da 22 Paesi, quindi un numero nutrito. Usa, Francia e Gran Bretagna parteciparono ai Giochi ufficiali e quindi non poterono partecipare a quelli di Barcellona.
La città catalana avrebbe ospitato il 17 luglio 1936 la prima Olimpiade popolare che si sarebbe conclusa il 26 successivo.
Il 17 luglio 1936 ebbe inizio la guerra civile spagnola tra i nazionalisti (nacionales) del generale Francisco Franco ed repubblicani (republicanos): i primi attuarono un colpo di Stato nella Seconda repubblica, mentre i secondo erano fedeli alla repubblica e vicini a posizioni marxiste. Il conflitto finì con la vittoria dei ribelli franchisti e la proclamazione della dittatura di stampo autoritario e vicina al fascismo, che durò dal 1° aprile 1939, data della vittoria dei falangisti, al 20 novembre 1975, data della morte del Generalissimo. Ci fu quindi un periodo di transizione, che terminò con l'entrata in vigore della Costituzione il 29 dicembre 1978. La vittoria di Franco fu sostenuta ampiamente dagli eserciti tedeschi ed italiani e fu considerata il prodromo di quella che sarà la Seconda guerra civile, che vide la Spagna essere un Paese neutrale.
La Guerra Civil Española portò circa 460 mila morti e le Olimpiadi ufficiali tornarono a Barcellona nel 1992 (dal 25 luglio al 9 agosto), fu la XXV Olimpiade.

E pensare che Hitler non le voleva nemmeno
Organizzare i Giochi significa avere, come detto, gli occhi del Mondo addosso, di essere il centro dello stesso. Hitler all'inizio fu contrario all'organizzazione di quei Giochi, ritenendoli in tempi non sospetti “una cosa da ebrei”. E si sa che durante il periodo nazista l'amore tra il Partito e lo sport non è stato eccezionale, al contrario che in Italia, per fare un esempio a noi vicino. Per il Fuhrer ospitare i Giochi pareva una cosa da fare per forza, giusto perché tempo prima qualcuno prima di lui aveva voluto ciò. Un peso di due settimane, insomma.
Chi invece capì l'importanza dei Giochi fu il ministro hitleriano alla Propaganda, Joseph Goebbels. Ministro dall'11 marzo 1933 e già dal 1929 addetto alla propaganda del NSDAP, il politico nativo dell'attuale Mönchengladbach intuì subito che organizzare i Giochi non significava solo avere il Mondo a Berlino, ma anche far capire al Mondo di che pasta fosse fatta la Germania ed aumentare il consenso nel Paese. Goebbels presentò ad Hitler il suo piano ed il Fuhrer capì che la propaganda nazista ne avrebbe beneficiato, facendo apparire il regime dittatoriale più crudele della Storia dell'umanità come un luogo di pace, amore e prosperità. Così in effetti avvenne.
Sin dal 30 gennaio 1933, con la salita di Hitler a Cancelliere, il partito nazista ebbe il controllo su tutti gli strumenti di informazione, dall'editoria alla pubblicistica, dalla radio al cinema.
La propaganda nazista toccò l'apice con tre elementi: per la prima volta la televisione riprese gli avvenimenti sportivi; venne pubblicato un bollettino informativo, l'”Olympia Zetung”, che usciva in decine di migliaia di copie giornaliere durante le due settimane dei Giochi per informare l'andamento delle gare, il medagliere e gli eventi; il cine-documentario “Olympia” ad opera della regista Leni Riefenstahl, il primo esempio di documentario sulla vita degli atleti e dei tedeschi durante i Giochi, ritenuto ancora oggi un capolavoro.
Oltre a ciò, il governo nazista non badò a spese, costruendo impianti all'ultimo grido, un villaggio olimpico per uomini grande a Döberitz, nell'odierno Brandeburgo, distante però venti minuti da Berlino e simile a villette e cottage, mentre le donne furono fatte stabilire a Friedrich Friesen Hans.
L'architetto delle grandi strutture berlinesi fu Werner March, erede di una dinastia di archistar: il padre, Otto, costruì lo stadio olimpico nel 1913 e lui lo modernizzò e lo migliorò. Lo stadio doveva essere il tempio del successo del nazismo sportivo dove arrivò, per la prima volta, l'ultimo tedoforo ad accendere il braciere con la fiaccola proveniente da Olimpia.
Come detto, fu la prima Olimpiade con la presenza della televisione: fu creato un programma incentrato sui Giochi e ci furono molte ore di diretta, una novità nella storia dei Giochi nati quarant'anni prima in forma pionieristica. In Germania, allora, solo poche famiglie potevano permettersi una televisione ed allora furono create delle sale ad hoc dove poter veder le gare, previo pagamento all'ingresso.
Il regime spese miliardi di marchi in strutture, palazzi, ristrutturazioni ed investì anche nella preparazione degli atleti per far vincere loro la maggior parte delle medaglie al grido del “dilettantismo di Stato”, dove al livello amatoriale veniva aggiunto un elevato livello economico: poterono allenarsi senza badare a spese nella preparazione, una cosa che nessuno Stato allora era in grado di fare e poteva permettersi. Potere della propaganda e della retorica: le Olimpiadi berlinesi furono un evento mediatico diventando uno spettacolo di propaganda che mai era stato realizzato fino ad allora e che difficilmente sarebbe stato eguagliato e/o superato.
Goebbels capì fin da subito l'importanza dell'ospitare i Giochi in quanto avrebbe significato per la Germania un prestigio senza eguali, facendo tacere una volta per tutte i (conclamati) eventi razzisti e antisemiti. Per quindici giorni la Germania fu un Paese organizzato, perfetto, tollerante, florido e forte senza nessuna traccia di persecuzione. Ma tutto fu di facciata, in quanto la Germania, dietro, covava mire espansioniste europee e mondiali: per due settimane molti rom furono allontanati con forza da Berlino per “nasconderli”.
Quaranta Paesi si collegarono via radio alle Olimpiadi e fu creato l'”Olympia Zug”, un insieme di dodici camion che girarono per il Paese durante le Olimpiadi con allestimento di mostre, proiezioni di immagini di atleti, foto di propaganda, le immagini delle adunate di Norimberga, le svastiche e le immagini degli impianti.
Ma l'apice di Berlino 1936 fu il cine-documentario “Olympia” uscito due anni dopo e realizzato da Leni Riefenstahl. Dopo un passato da attrice, la Riefenstahl divenne regista e debuttò con La vittoria della fede, nel 1933. Ma è con i film propagandistici che la Riefenstahl si fece conoscere nel Mondo: il primo fu “Il trionfo della volontà” del 1935, incentrato sul raduno di Norimberga dell'anno prima e che vedeva il ritorno della Germania tra i grandi del Mondo. La regista aveva registrato le adunate di Norimberga e le manifestazioni militari ed era naturale che il compito di fare il film dell'evento spettasse a lei.
Il suo film-documentario più famoso è appunto “Olympia”. Diviso in due parti di 123 e 94 minuti, in questo film trasudarono misticismo, eroismo ed il culto della bellezza.
Per la Riefenstahl, il nazismo fu un fenomeno estetico di grandissimo impatto, tanto che la stessa regista fu impressionata dalla verve oratoria di Hitler. “Olympia” fu un capolavoro dove il culto della bellezza e del corpo umano raggiunse livelli mai raggiunti prima. Girato in bianconero, sono presenti primi piani molto intensi, folla che festeggia le vittorie olimpiche, un nuovo modo di girare film e realizzare angolature. Tutto in un tripudio di bandiere tedesche e naziste come sfondo.
Ad Hitler, che in tutto il documentario compare in tutto soli due minuti totali, non piacque lo spazio riservato a Jesse Owens, mentre la regista gli dedicò spazio solo per il fatto che l'atleta afroamericano aveva un fisico tonico e sportivo.

Prima di Berlino, Garmisch-Partenkirchen
A partire dal 1924, alle Olimpiadi estive si sono aggiunte anche le Olimpiadi invernali. Il motivo della creazione di questa manifestazione fu riservare un apposito spazio a quelle attività che si disputano in inverno.
Nel 1921 il CIO assegnò alla Francia, Paese ospitante della VIII edizione delle Olimpiadi estive tre anni dopo, il compito di organizzare un evento speculare a livello di sport invernali. Nel 1924, la cittadina di Chamonix, alle pendici del Monte Bianco “transalpino”, ospitò, dal 25 gennaio al 5 febbraio, la I Olimpiade invernale. Al primo evento (attivo ancora oggi, a cadenza quadriennale, e arrivata all'edizione XXIII), presero parte sedici Nazioni e 258 atleti che si sfidarono in quattordici manifestazioni di cinque discipline diverse. La Norvegia fu la Nazione che vinse più medaglie di tutti, per un totale di diciassette medaglie.
Nel 1928, l'evento si tenne ancora in Europa e fu la località sciistica svizzera di Sankt Moritz ad ospitare la seconda edizione dei Giochi. La Norvegia vinse ancora una volta più medaglie delle avversarie.
Nel 1932, come quelle estive, le Olimpiadi si tennero a Lake Placid, nello Stato di New York. Fu un'edizione molto tribolata a causa delle condizione climatiche, per nulla invernali.
E nel 1936 l'onore toccò alla Germania, come per quelle estive. La decisione di assegnare la quarta edizione dei Giochi arrivò con il congresso del CIO del 1933. A differenza di quelle estive, Hitler accettò di buon grado l'organizzazione dei Giochi, conscio del fatto che la propaganda avrebbe fatto bene al Partito ed alla Nazione.
La Germania candidò quattro città: Schreiberhau (ora in Polonia), la bassa sassone Braunlage-Schierke e le bavaresi Garmisch e Partenkirchen. La scelta cadde su Garmisch, che nel 1935 si fuse con Partenkirchen costituendo una singola città, in quanto maggiormente organizzata logisticamente. Il CIO nel giugno 1933 assegnò a Garmisch l'organizzazione delle IV Olimpiadi invernali.
Per la prima volta, lo sci alpino fece il suo debutto ai Giochi, diventando lo sport principe: si disputarono la combinata maschile e femminile, ovvero una doppia gara dove gli sciatori e le sciatrici si sfidarono nella discesa e nello slalom (speciale). In Germania arrivarono 28 Nazioni (erano undici in meno quattro anni prima) e 668 atleti che gareggiarono dal 6 al 16 febbraio 1936. La Norvegia fece il poker: quattro Olimpiadi, quattro volte che la Norvegia vinse più medaglie delle avversarie.
Dal punto di vista della propaganda, i nazisti andarono a nozze: strutture di qualità e costruite ex novo, fanfara e un tripudio di bandiere con la svastica.
Per la quarta Olimpiade consecutiva, l'Italia non conquistò nessuna medaglia ma la truppa italiana si rifece con la pattuglia militare, una gara antesignana dell'odierno biathlon (sci di fondo e tiro a segno). Voluta personalmente da Hitler, fu considerata una disciplina dimostrativa, vale a dire senza assegnazione di medaglia. La gara aveva due distanze differenti (25 km gli uomini, 15 per le donne) e durante il percorso (tra il 16º e il 21º km per gli uomini, tra l'8° e il 12° per le donne), gli atleti dovevano sparare ad un bersaglio mobile, posizionato a 50 metri, in posizione prona. La prova fu vinta dall'Italia davanti alla Finlandia ed alla Svezia. Il fascismo italiano usò questa vittoria per favorire la propaganda interna, anche perché nel frattempo l'esercito stava combattendo in Abissinia contro l'Etiopia. I giornali accolsero con tripudio questo trionfo italico, seppur senza medaglia.
Le successive Olimpiadi si sarebbero dovute tenere a Sapporo, in Giappone, ma a seguito dello scoppio nel 1937 della guerra tra Giappone e Cina (seconda guerra sino-giapponese, che si concluderà solo il 2 settembre 1945 e che pose termine al conflitto mondiale), il CIO tolse l'assegnazione alla cittadina della Prefettura di Hokkaidō e diede l'organizzazione a Sankt Moritz. Per una diatriba tra il CIO internazionale e quello svizzero, il Comitato tolse l'organizzazione alla cittadina elvetica e l'assegnò a Garmisch-Partenkirchen (9 giugno 1939), ma lo scoppio del secondo conflitto mondiale impedì il regolare svolgimento della manifestazione. A causa del protrarsi della guerra, fu annullata anche quella del 1944 (scelta anch'essa nel giugno 1939) assegnata a Cortina d'Ampezzo. La V edizione si tenne nel 1948 e la città ospitante fu Sankt Moritz.

Lo sportivo simbolo di Berlino 1936: Jesse Owens
Ai Giochi parteciparono circa 4 mila atleti (poco più di trecento atlete) in rappresentanza di 49 Paesi. Si tennero 129 gare di diciannove sport diversi. Tornò la pallacanestro e debuttarono pallamano e canottaggio (kajak), mentre il baseball e il volo a vela furono considerati sport dimostrativi, quindi senza nessuna medaglia assegnata.
L'inaugurazione avvenne dinnanzi a 120 mila spettatori nel rinnovato Stadio olimpico. Come quattro anni prima ci fu la torcia olimpica, solo che Hitler andò oltre: fece partire la fiaccola da Olimpia, in Grecia, e la fece arrivare fino a Berlino in un percorso di circa 3075 chilometri dove 3075 teofori diversi portarono la fiaccola per un chilometro ciascuno e l'ultimo di questi, il berlinese Fritz Schilger, entrò nello stadio ed accese il braciere. Un evento che da allora non mancò nella storia dei Giochi. Il discorso “fiamma olimpica” fu già introdotto sempre dalla Germania a Garmisch-Partenkirchen, in Baviera, dove, dal 6 al 16 febbraio 1936, si tennero i IV Giochi olimpici invernali che videro partecipare 28 Nazioni e circa 6 mila atleti che contesero le 51 medaglie in palio in quattro sport e 17 discipline. Come per quelle estive, le Olimpiadi invernali si disputarono dodici anni dopo a Sankt Moritz, in Svizzera.
Alle Olimpiadi estive casalinghe, la Germana vinse complessivamente 89 medaglie, superando Usa, Ungheria ed Italia, che si sistemò sotto il podio. La selezione olimpica con più atleti fu quella di casa con 348, seguita da quella americana.
Si tennero anche le “Olimpiadi dell'arte”, retaggio del barone de Courbetain per dare ai Giochi anche un tocco di cultura e di intellettualità. Attive da Stoccolma 1912, l'ultima edizione dei Giochi dell'arte fu a Londra nel 1948, la prima Olimpiade tenutasi dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Ma la Germania sin dal 1933 aveva stabilito che le squadre sportive dovevano essere costituite da soli atleti tedeschi, scartando gli ebrei o quelli che avevano almeno un parente ebreo entro il primo grado. Furono squalificati il pugile Erich Seelig, il tennista Daniel Prenn e la saltatrice in lungo e pesista Margaret Bergmann.
Quest'ultima nel 1933 scappò in Gran Bretagna, per poi tornare in Germania ed essere ancora estromessa dalle gare olimpiche: nel lungo fu sostituita da Dora Ratjen, che in realtà era un uomo, classificandosi al quarto posto.
La squadra olimpica tedesca non aveva atleti di origine ebrea all'inizio, se non la sola schermitrice Helen Mayer, che vinse anche una medaglia d'argento e sul podio salutò romanamente. Classe 1910, la Mayer era una delle schermitrici più forti del Mondo, in quanto si presentò alle Olimpiadi con in bacheca l'oro ad Amsterdam nel fioretto individuale, due campionati internazionali, a Berlino si classificò seconda.
Partecipò, sempre per la Nazione con la svastica, anche un lottatore vicino al comunismo, Werner Seelenbinder, cui la Germania non poté rifiutare la sua partecipazione essendo, ai tempi, uno degli sportivi tedeschi più noti al Mondo. Il lottatore greco-romano, tra i favoriti della vigilia, non vinse nessuna medaglia, con l'inizio della guerra entrò a far parte della Resistenza tedesca e fu ucciso nel 1944. In totale, nove atleti di fede ebraica salirono sul podio nelle gare olimpiche.
Dal punto di vista sportivo, gli atleti più importanti furono: Hendrika Mastenbroek che a 17 anni vinse quattro medaglie (tre ori, un argento) a Berlino, diventando la prima atleta a riuscire nell'impresa; la ranista danese Inge Sørensen che vinse il bronzo a 12 anni e 20 giorni, la più giovane atleta a vincere una medaglia olimpica; Olivér Halassy, pallanuotista della Nazionale ungherese, che vinse l'oro nella gara a squadra senza parte della gamba sinistra; Jack Beresford, canoista britannico, che a Berlino conquistò la medaglia d'oro nel “due di coppia” vincendo la quinta medaglia in cinque Olimpiadi diverse.
Un altro atleta che viene ricordato ancora oggi per la vittoria a Berlino è il maratoneta Son Kitei. Nato in Corea ma giapponese in quanto il Paese nipponico aveva occupato la penisola coreana. Vinse la medaglia d'oro nella maratona, la gara più importante di tutte le olimpiadi, davanti al britannico Ernie Harper e all'altro nipponico Nam Sung-Yong, come il primo, coreano. Visse l'occupazione giapponese come una cosa molto triste e tragica, in quanto a Berlino, l'unica olimpiade cui Son prese parte, rappresentò un Paese non suo. Anzi al momento dell'ascolto dell'inno nazionale si commosse.
Ma il vero eroe e protagonista dei Giochi olimpici di Berlino è stato senza dubbio James Cleveland Owens, meglio conosciuto come “Jesse”. Il motivo: la vittoria di quattro medaglie d'oro fra cento metri, duecento metri, salto in lungo e staffetta 4x100. Ma la cosa che lo contraddistinse fu il fatto che era afroamericano, facendo nascere la leggenda che Adolf Hitler non volle premiarlo “per disprezzo”.
Owens nacque il 12 settembre 1913 in Alabama, a Oakville, ma poco tempo dopo migrò con la famiglia nell'Ohio insieme alla famiglia e ai suoi otto fratelli. Il padre era un contadino e la famiglia viveva in povertà. Nonostante le difficoltà, Owens si diede all'atletica e nel 1933 riuscì ad entrare all'università e poter gareggiare a livello nazionale. Nel 1935, durante i trials, compì una vera impresa: quattro record del Mondo in appena tre quarti d'ora.
Il 3 agosto 1936 vinse l'oro nei 100 metri, il 4 agosto l'oro nel salto in lungo, il 5 agosto nei duecento metri ed il 9 agosto nella staffetta, gara cui non doveva partecipare ma che invece disputò. Mai nessuno, fino ai Giochi di Los Angeles 1984, seppe fare meglio o eguagliarlo: ci pensò Carl Lewis.
Se non ci fosse stato l'”aiutino” del tedesco Luz Lang, Owens magari non avrebbe vinto l'oro nel salto in lungo. Il suo rivale, ma amico, Long, esempio nazista di “uomo ariano”, gli suggerì di cambiare corsa e spinta onde evitare di essere squalificato per una terza volta: al terzo tentativo saltò più in lungo degli avversari, compreso il tedesco che arrivò secondo.
Il dittatore tedesco si arrabbiò (così narra la vulgata) per il fatto che nessun ariano avesse vinto una medaglia, cosa che invece fece Owens. Al momento della premiazione, che vide Owens salutare militarmente la bandiera americana e Long fare il saluto romano, Hitler si rifiutò di avvicinarsi all'atleta di Oakville.
Owens tempo dopo disse che il Fuhrer invece gli si avvicinò e cercò di salutarlo, solo che lui non poté salutarlo romanamente in quanto militare.
La storia del mancato saluto di Hitler è passata alla storia, mentre, invece, al suo ritorno in Patria Owens non fu mai ricevuto dall'allora Presidente Roosvelt (quello pro-boicottaggio): si vociferò che non volle incontrarlo perché ciò avrebbe potuto intaccare il consenso dei conservatori in vista delle prossime elezioni americane e solo nel 1955, con Eisenhower, il quattro volte olimpico di Berlino ricevette la nomina di “ambasciatore dello sport” e nel 1976, con Gerald Ford alla Casa Bianca, ricevette una medaglia di riconoscimento.
Negli Usa era attiva la segregazione razziale in molti Stati e Owens, prima di partecipare ad un incontro istituzionale, fu rifiutato da sette hotel, solo in uno poté entrare, ma solo dal retro. Nel 1948 la segregazione terminò nelle forze armate, il 17 maggio 1954 la Corte suprema dichiarò incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole pubbliche, il 1° dicembre 1955 ci fu l'arresto di Rosa Parks per non aver ceduto il suo posto sul pullman alle persone bianche, nel 1957 nacque la “Southern Christian Leadership Conference” che promuoveva l'integrazione attraverso la nonviolenza ed il cui leader fu Martin Luther King, il 16 giugno 1963 l'allora governatore democratico democratico dell'Alabama, George Wallace, rimase fermo sulla porta dell'auditorium dell'Università dell'Alabama per cercare di impedire l'ingresso di due studenti neri.
E poi si diceva del nazismo...

Tre anni dopo il Mondo cambiò
Il giorno dopo la fine della manifestazione olimpica, in Germania ripresero le politiche razziste ed antisemite verso ebrei, rom ed oppositori politici. Il capo del Villaggio olimpico, Wolfgang Fuerstner, che era mezzo ebreo, fu sostituito prima che iniziassero i Giochi, fu allontanato dal suo incarico nella Wehrmacht e si suicidò il 3 agosto 1936. La “motivazione ufficiale” era che non aveva fatto del suo meglio, mentre il motivo vero e proprio fu la sua fede religiosa.
Dal 1936 al 1° settembre 1939 fu un susseguirsi di eventi molto importanti voluti da Hitler per creare lo “spazio vitale” tedesco in Europa: il 15 settembre entrarono in vigore le leggi di Norimberga che tolsero agli ebrei tedeschi la cittadinanza e tutti i diritti politici ed il successivo 25 ottobre fu sottoscritto il patto di amicizia Gemania-Italia; nel marzo 1936 in Germania venne ripristinata la leva obbligatoria, violando una clausola del trattato di Versailles che la vietava; nel 1937 i nazisti parteciparono in maniera massiccia in favore dei repubblicani di Franco dando il là alla vittoria falangista nella guerra civile spagnola; il 12 marzo 1938 la Germania invase l'Austria ed il 10 novembre avvenne, con un referendum farsa, l'anschluss; dal 28 al 30 settembre si tenne la conferenza di Monaco moderata da Mussolini con la quale Hitler riuscì ad ottenere, con il beneplacito di Francia e Gran Bretagna, l'annessione dei Sudeti, onde evitare un conflitto a livello europeo; la notte dei cristalli tra il 9 ed il 10 novembre vennero distrutti case e negozi intestati ad ebrei e le sinagoghe furono incendiate, causando oltre duecento vittime; nel 1939, il 13 marzo la Germania invase la Cecoslovacchia, nacquero i Protettorati di Boemia e Moravia e nacque lo Stato-fantoccio della Slovacchia ed il 22 maggio venne firmato il “patto d'acciaio” tra Roma e Berlino che prevedeva, in caso di scoppio di un conflitto, l'intervento italiano al fianco dei nazisti.
Il 1° settembre 1939, la Germania invase la Polonia dando via al blitzkrieg che durò fino al settembre 1945. Ad appena tre anni dalla fine delle Olimpiadi, il Paese pacifico e ospitale nel quale si erano svolti i Giochi, scatenò la Seconda guerra Mondiale, un conflitto che portò morte e distruzione senza precedenti. Con la conclusione dei Giochi, le politiche espansionistiche della Germania e la persecuzione degli ebrei e di altri “nemici dello Stato” subirono una forte accelerazione, culminando nell’Olocausto.
La Germania nazista crollò l'8 maggio 1945 con la firma dell'armistizio senza condizioni da parte di Karl Dönitz, Presidente del Reich dopo Hitler. Il fondatore del NSDAP e del “millenario Reich” si era suicidato il 30 aprile precedente sparandosi ed il suo corpo venne bruciato affinché non andasse in mani nemiche. La Germania fu distrutta, ci furono milioni di morti e feriti e molti furono sfollati.
Il Paese era in ginocchio e tutti i simboli nazisti vennero distrutti: il Paese negli anni successivi subì una forte denazificazione, dove società, cultura, stampa, economia, giustizia e politica della Germania furono investite da attività di eliminazione dello scomodo, e triste, passato.

Cosa rimane oggi di Berlino '36
Durante il corso delle Olimpiadi in generale si ricordano imprese leggendarie, vittorie all'ultimo secondo e sconfitte impreviste. Sono successi anche alcuni eventi particolari come l'oro di Cassius Clay a Roma 60, le sette vittorie (con altrettanti record del Mondo) del nuotatore Mark Spitz a Monaco '72 (record durato fino a Londra 2012 quando il nuotatore americano Michael Phelps vinse otto ori con sette record mondiali), le tre medaglie d'oro vinte dalla 14enne ginnasta rumena Nadia Comaneci a Montreal '76 (oltre ad un argento ed un bronzo) che per la prima volta ottenne il “10”, le medaglie tolte per doping a Seul '88; la vittoria del “Dream team” di basket a Barcellona '92, l'assegnazione dei Giochi del 1996 ad Atlanta e non ad Atene per festeggiare il centenario per motivi di sponsor, il ritorno a casa delle Olimpiadi del 2004 che costarono caro alla Grecia dal punto di vista degli investimenti, l'ingresso della Cina nei grandi del Mondo con l'edizione 2008 e l'affermazione di Londra come capitale dello sport moderno, con finora tre edizioni (unica) ospitate.
Ma la politica in molti casi ha fatto da padrona: la finale di pallanuoto fra Ungheria e URSS a Melbourne 1956, successiva allo scoppio della rivoluzione ungherese e che vide i giocatori darsi battaglia anche con le maniere forti; la protesta dei duecentometristi afroamericani Tommie Smith e John Carlos (oro e bronzo) che al momento del suono degli inni abbassarono la testa ed alzarono il pugno sinistro dentro un guanto nero come segno di protesta contro la discriminazione razziale allora vigente negli States; gli attentatati dell'organizzazione palestinese “Settembre nero” che, durante il corso dei Giochi di Monaco '72, rapì due atleti israeliani, li uccise e nonostante i negoziati, durante un blitz della polizia tedesca ne scaturì un conflitto a fuoco dove morirono 9 atleti israeliani; i boicottaggi di Usa e URSS a Mosca '80 e Los Angeles '84 in quanto gli americani non parteciparono all'edizione XXII dei Giochi dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan e come loro 65 Nazioni boicottarono, mentre quattro anni dopo diciassette non parteciparono a quella losangelina, di cui due per altri motivi politici. Quindi la storia ultra centenaria dei Giochi ha, nel suo “piccolo”, tante “Berlino 1936”.
A distanza di ottant'anni, dell'edizione berlinese rimangono vive ancora oggi la monumentalità delle opere, la fiaccola olimpica che entra nello stadio e l'agonismo all'ennesima potenza, Sono ricordate anche per la politica nazista che avrebbe visto il tanto celebrato uomo ariano più forte di tutti ed esempio per tutti, ed invece è ricordata per le gesta di Owens, tutt'altro che ariano, ma ricordato ancora oggi per le sue medaglie conquistate nella Germania nazista.
Dopo l'edizione del 1936, nessun altro Paese dittatoriale e repressivo ha mai più ospitato un'Olimpiade estiva.


Bibliografia consigliata
F. Buffa – P. Frasca, L'ultima estate di Berlino: un'Olimpiade passata alla Storia. Un romanzo di sport, passione e ferocia, Rizzoli, Milano, 2009;
D. Clay Large, Le olimpiadi dei nazisti. Berlino 1936, Corbaccio, Milano, 2009;
S. Giuntini, L'olimpiade dimezzata. Storia e politica del boicottaggio nello sport, Sedizioni, Mergozzo, 2009;
U. Tulli, Breve storia delle Olimpiadi. Lo sport, la politica da de Coubertin a oggi, Carocci, Roma, 2012.
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Articoli pubblicati da Simone Balocco e Paola Maggiora


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