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Fenomenologia della Prima Repubblica [ di Simone Balocco e Paola Maggiora ]

Capita di sentire in televisione, ascoltare in radio o leggere sui giornali questa espressione: Prima repubblica. I millennials non sanno cosa sia, ma fortunatamente oggi hanno a disposizione tools che permettono loro di conoscerne il significato. Per gli over 30 (ma anche 40, 50 e successivi), invece, l'espressione “Prima repubblica” dovrebbe essere famigliare in quanto...l'hanno vissuta.
Partiamo da un assunto: la Prima repubblica riguarda la storia italiana tra il 1° gennaio 1948 ed il 27 marzo 1994. Parliamo di una fase storica molto importante per il nostro Paese. Dal '94, siamo entrati nella Seconda repubblica e tanti sostengono che con il voto del 24-25 febbraio 2013 siamo entrati addirittura in una Terza Repubblica, ma questo è un altro discorso.
Ventisei anni fa, quindi, l'Italia entrava in una nuova fase che vedeva la nostra politica cambiare radicalmente e lasciarsi alle spalle una stagione che ha visto una serie di scandali che ha fatto andare il nostro Paese sui giornali di tutto il Mondo. Eppure oggi, tra il serio ed il faceto, vista la scena politica nazionale odierna, si rimpiange la Prima repubblica.
Ma vediamo cosa è stata questa Prima Repubblica in tutti i suoi dettagli.


1948, nasce una nuova Italia

C'è da riavvolgere il nastro della storia fino a domenica 18 aprile 1948, giorno in cui si tennero le elezioni del primo parlamento repubblicano.
L'Italia aveva passato gli ultimi tre anni a rifondarsi dopo la fine della guerra e con il referendum del 2 giugno 1946, quasi 25 milioni di italiani (tra cui, per la prima volta, anche le italiane) scelsero la nuova forma di governo del Paese: aveva vinto la repubblica a scapito della monarchia, messa in soffitta per sempre. Quel 2 giugno, gli italiani votarono anche per l'elezione dell'Assemblea costituente, l'organo che avrebbe redatto la nuova Costituzione che sarebbe andata a sostituire lo Statuto albertino, la vecchia Carta costituzionale in vigore dal 1861 con l'Unità d'Italia e di chiara matrice monarchica (concessa da Carlo Alberto di Savoia il 4 marzo 1848). La Costituzione italiana fu promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio successivo.
Quelle elezioni videro la vittoria della Democrazia Cristiana con il 48.5% dei voti e l'elezione di ben 436 parlamentari. Al secondo posto, si piazzò il Fronte Democratico Popolare con il 31% (255 parlamentari). Complessivamente, ottennero parlamentari quindici partiti totali. Il primo governo repubblicano fu il de Gasperi V. Primo presidente del Senato fu il socialdemocratico Ivanoe Bonomi, mentre il capo di Montecitorio (sede della Camera dei Deputati) fu il democristiano Giovanni Gronchi.
La DC è stato il partito che caratterizzò (nel bene e nel male) la scena politica di tutta la Prima repubblica e che indirizzò le scelte del Paese. Il Partito Comunista Italiano, invece, si contraddistinse sempre come il secondo partito più votato e antitesi della stessa DC. Un ruolo importante lo ebbe il PSI, soprattutto negli anni Sessanta e negli anni Ottanta, una sorta di “cuscinetto” elettorale tra la piazza del Gesù e via delle Botteghe oscure (sedi romane dei due partiti).
Partiti minori furono i “compagni” di coalizione della DC, i cosiddetti “partiti laici”, vale a dire il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano e il Partito Socialdemocratico Italiano, nato nel gennaio 1947 da una costola dello stesso PSI.
Un ruolo marginale ebbe il Movimento Sociale Italiano, espressione politica degli eredi della Repubblica Sociale Italiana, nato un anno e mezzo prima del voto del 1948 per la prima legislatura e che, con il PCI, ebbe il ruolo di partito anti-sistema fino al gennaio 1995, quando si sciolse e nacque Alleanza Nazionale.
L'11 maggio 1948 venne eletto il secondo Presidente della Repubblica: al quarto scrutinio fu eletto l'economista e governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, vicino al Partito liberale. Fu il secondo perché tra il 1° gennaio al 11 maggio 1948 Enrico de Nicola era stato il primo, in carica però dal 28 giugno 1946 come “Capo provvisorio dello Stato”.
La Repubblica italiana aveva iniziato a emettere i suoi primi vagiti.


Cos'è la Prima repubblica. La differenza con la Francia

Cosa si intende per “Prima repubblica”? Innanzitutto è un termine giornalistico creato poco dopo l'esito delle elezioni politiche per la XII legislatura tenutesi il 27 marzo 1994 per evidenziare un netto cambiamento della scena politica nazionale rispetto al passato.
La differenza tra Prima e Seconda repubblica non ha nulla a che vedere con, ad esempio, la differenza fra le (a oggi) cinque Repubbliche francesi: in Francia, ci fu sempre un cambiamento istituzionale che ha riguardato le Costituzioni e l'ordinamento dello Stato, mentre da noi sono solo cambiate la “panoramica partitica” e la legge elettorale, mai l'assetto istituzionale.
Tra il 18 aprile 1948 ed il 5-6 aprile 1992 (data delle ultime elezioni della Prima repubblica) si sono tenute dodici elezioni politiche, di cui cinque anticipate dovute allo scioglimento anticipato delle Camere (entro i cinque anni di legislatura) da parte del Presidente della Repubblica allora in carica.
Il nostro Paese, sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, si era allineato con la maggior parte dei Paesi europei, mandando al potere forze democratico-cristiane. Inoltre, l'Italia fu tra i Paesi fondatori della Ceca e poi della Cee e dell'Euratom ed aderì al Patto atlantico e alla Nato anche grazie ai governi DC del tempo.
I primi anni della storia repubblicana furono anni di ripresa economica, con un grande aumento del PIL e della produzione industriale: il Paese stava cambiando volto diventando una Nazione a vocazione industriale che portò ad una massiccia migrazione di nostri connazionali dalle zone dell'Italia meridionale a quella settentrionale, abbandonando l'agricoltura. Ci fu il boom economico ed un benessere diffuso che durò fino alle fine degli anni Ottanta, anche se nei '70 l'Italia subì un forte contraccolpo economico ed il nostro Paese dovette affrontare le contestazioni, la crisi energetica, il terrorismo e negli anni '80 l'allora nostra moneta andò in affanno rispetto alle altre competitors mondiali.
I primi quindici anni di Repubblica italiana (1948-1963) sono stati anni di centrismo, con la Democrazia Cristiana primo partito sorretta al governo dai partiti laici. Dal dicembre 1963, è stato attivo il “centro-sinistra organico”, con la DC che per governare ha dovuto “chiedere aiuto” al PSI, aprendo al primo governo di centro-sinistra della storia repubblicana.
Nel 1976 si cercò di creare un governo che potesse avere, per la prima volta, la fiducia del PCI (ma senza che entrasse nell'esecutivo), visto il periodo storico ed economico (crisi politica della DC, impennata della Guerra fredda, crisi petrolifera, terrorismo). Ma il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro bloccarono tutto.
Tra il 1981 ed il 1987, ci furono quattro esecutivi guidati da Presidenti del Consiglio non democristiani: lo Spadolini I-II (1981-1983) ed il Craxi I-II, rispettivamente repubblicano e socialista. Nasceva il Pentapartito (Dc+Psi+Pri+Pli+Psdi), con l'alternanza dei cinque partiti alla guida del governo. Per la prima volta dal 1948, un Presidente del Consiglio non era espressione della Democrazia Cristiana.
E gli anni del Pentapartito sono riconosciuti come gli anni della forza politica (crisi di Sigonella), economica (quinta forza del Mondo) e sociale (benessere diffuso) del nostro Paese, ma con una crisi partitica irreversibile.
Il 28 aprile 1992 Francesco Cossiga si dimise dalla carica di Presidente della Repubblica dopo che per diversi mesi aveva mosso pesanti critiche (le cosiddette “picconate”) al sistema politico italiano successivo alla fine del Pentapartito. Per la terza volta, un Presidente della Repubblica non portava a termine il suo settennato dopo Antonio Segni (per motivi di salute) e Giovanni Leone (scandalo Lockheed).
Dopo le elezioni del 1992, nacque il governo Amato, un socialista molto vicino a Bettino Craxi ed il suo esecutivo fu un quadripartito DC-PSI-PSDI-PLI passato alla storia per il prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti degli italiani per superare la grave crisi economica che stava colpendo il Paese: un governo tra i meno amati di sempre. Il governo Amato rimase in carica un anno e gli succedette il governo Ciampi, allora Governatore della Banca d'Italia: per la prima volta nella storia della Repubblica italiana diventava Primo ministro una persona non eletta in parlamento, un tecnico.
Il 18 aprile 1993 (a quarantacinque anni esatti dalle prime elezioni politiche italiane), gli italiani furono chiamati alle urne per votare il referendum sulla nuova legge elettorale, abbandonando il 100% proporzionale (che premiava tutti i partiti) per adottare un altro sistema elettorale (un sistema misto, 75% maggioritario e 25% proporzionale).
Sempre quell'anno, cambiò anche il metodo di voto dei sindaci (delle città superiori ai 15mila abitanti) e dei Presidenti della Provincia: veniva accantonata la nomina successiva alle elezioni con un accordo tra i partiti sulla nomina del sindaco/presidente per fare posto all'elezione diretta di questi da parte dei cittadini. Così prima del voto si potevano creare coalizioni elettorali con la presentazione di un candidato unico: diventava sindaco colui che avrebbe ottenuto il 50%+1 dei voti totali. In caso contrario, i due candidati più votati (quelli che avrebbero ottenuto la maggioranza relativa) si sarebbero sfidati due settimane più tardi in un turno di ballottaggio dove il candidato più votato avrebbe vinto. Una svolta epocale, con il peso dei cittadini ancora più forte di prima.
E le sorprese non mancarono: dall'affermazione di candidati leghisti (Marco Formentini sindaco di Milano) ai tanti voti ai candidati del MSI (Fini e Mussolini al ballottaggio a Roma e Napoli). Per non parlare di ciò che avvenne a Casalecchio di Reno, in Provincia di Bologna, il 23 novembre 1993, quando l'allora Presidente della Fininvest (e del Milan) Silvio Berlusconi, durante un happening di apertura di un centro “Standa” nella cittadina bolognese, alla domanda su come vedeva la scena politica nazionale, disse che se fosse stato un cittadino romano avrebbe votato senza dubbio per Gianfranco Fini: mai per un esponente missino ci fu un endorsement così importante e mai Berlusconi si era esposto così in ambito politico. Il 16 gennaio 1994 il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, sciolse le Camere poiché non vi era più una maggioranza parlamentare a seguito della crisi portata dalle indagini del pool di Milano sulla corruzione dilagante tra politica ed imprenditoria. Le elezioni (anticipate) si sarebbero tenute il 27 ed il 28 marzo 1994.
Tra il 18 ed il 26 gennaio 1994, Berlusconi decise di fare le cose sul serio: nasceva Forza Italia; il discorso televisivo in cui spiegò i motivi della nascita del partito e la sua “discesa in campo” nell'agone politico.
Quelle elezioni furono le prime con il nuovo sistema elettorale, il “Mattarellum” (legge Mattarella, 04/08/1993 n.276-277). Elaborata dall'allora deputato (e già ministro della Repubblica) del Partito Popolare Italiano, Sergio Mattarella (oggi Presidente della Repubblica), questa legge prevedeva che i 915 parlamentari sarebbero stati eletti in modo differente rispetto a prima: il 75% in collegi uninominali, il restante 25% in modo proporzionale in circoscrizioni elettorali.
Se dall'aprile 1948 al 1992 la legge elettorale prevedeva un sistema totalmente proporzionale dove tutti i partiti si presentavano in una sorta di “tutti contro tutti” e poi al termine delle consultazioni nascevano le alleanze politiche (ad esempio, il Pentapartito), ora prima del voto le alleanze venivano stilate prima e cambiava il sistema di elezione. Un fatto epocale.
Per quelle elezioni si sfidarono due coalizioni, il Polo per le Libertà (formato da Forza Italia, Msi-Alleanza Nazionale, Lega Nord e gli eredi “di destra” della Democrazia cristiana, il Centro Cristiano Democratico-Cristiani Democratici Uniti) e l'Alleanza dei Progressisti (composta da PDS, Verdi, Psi, PRC e altri partiti minori di centrosinistra). Nei collegi uninominali (che prevedevano il 75% degli eletti), il candidato (sui tre, di solito, candidati) più votato anche solo di un voto veniva eletto, mentre nelle circoscrizioni veniva eletto i 25% degli eletti. Un candidato al maggioritario poteva candidarsi al proporzionale e venire eletto, ma in caso di “doppia elezione” lasciava libera la sua elezione al proporzionale. Ovviamente se non eletto al maggioritario, poteva essere eletto al proporzionale.
I senatori continuarono ad essere eletti su base regionale (come in base all'art. 57 della Costituzione). Inoltre, per diminuire la frammentazione partitica in parlamento, per la quota proporzionale, solo i partiti che avrebbero preso il 4% dei voti avrebbero concorso alla presa dei seggi.
Il sistema maggioritario è stato considerato valido come sistema perché dava certezza e non comportava crisi di governo o cambiamenti di sorta. Cosa che nella Prima Repubblica portò a diverse crisi di governo e alla nascita dei cosiddetti “governi balneari”, esecutivi nati in estate e che o ebbero vita breve (il tempo della stagione estiva) o nati in quella stagione e durati poi qualche mese. E visto che in quarantacinque anni, ci sono stati quarantasette governi, va da sé che era facile non avere la fiducia parlamentare.
In teoria, il “Mattarellum” avrebbe dovuto trovare applicazione con le elezioni politiche del 1997, termine naturale della legislatura, ma l'allora Presidente Scalfaro, vista la situazione politica di allora, sciolse le Camere e indisse nuove elezioni.
Finiva così, con la vittoria del Polo delle Libertà guidato dal neofita (politico) Silvio Berlusconi accanto agli eredi della DC (CCD-CDU) e alla strana coppia Fini-Bossi, la Prima repubblica.


La Democrazia Cristiana, il traino politico (e partitico) della Prima repubblica

La Prima repubblica ha fatto rima con un partito politico, la Democrazia cristiana. La Balena bianca è sempre stato il partito con la maggioranza relativa e quello che ha deciso le sorti del Paese, dandogli un'impronta democratica e filo-occidentale.
La DC traeva origine dal Partito popolare creato nel 1919 E fu “bandita” durante il fascismo, ricostruita nel 1943 e sciogliendosi poi nel gennaio 1994. Fondata su democrazia e vicinanza al cattolicesimo, la Balena bianca fece parte inizialmente di tre governi (Badoglio, Bonomi, Parri) e nel dicembre 1945 fu lanciato il monocolore de Gasperi, il primo dei suoi complessivi sette governi. La Prima repubblica ha avuto, democristianamente, sedici Presidenti del Consiglio, quattro Presidenti della Repubblica, quattro Presidenti della Camera, sette Presidenti del Senato e tutti i ministri degli Interni. La DC ha caratterizzato la scena politica nazionale, nel bene e nel male. Il partito guidò il Paese verso la sua rinascita economica, politica e sociale e ha avuto una serie di esponenti che hanno fatto la storia del Paese, nel bene e nel male.
La Democrazia Cristiana era totalmente di centro, anche se al suo interno ha avuto correnti di stampo progressista, centrista e conservatore, essendo stato un partito da oltre 10 milioni di voti e tanti personaggi, era normale che avesse tante “idee”.
Il partito democratico cristiano si sciolse il 29 gennaio 1994 a seguito dei fatti succeduti dell'inchiesta “Mani pulite”, in quanto i suoi vertici, a livello nazionale e locale, erano stati indagati e/o arrestati e nel partito ci fu una sorta di “questione morale”.
Il suo rivale per antonomasia è stato il Partito Comunista Italiano: i due partiti sono sempre stati i più votati, ma solo nelle Europee del 1984 il PCI prese più voti della DC. Fu l'unica volta.
Come per il PCI, il voto democristiano è stato un voto di appartenenza: votare per la Balena bianca ha sempre significato votare per un partito che non ha mai tradito i suoi ideali, diventando un punto di riferimento non solo per i cattolici, ma anche per i moderati.
La DC ha portato alla nascita del Pentapartito, il patto di cinque partiti che governarono il Paese fino alla primavera 1992, aprendo una particolare fase dell’evoluzione socio-politica italiana, artefice di quello che fu definito come il “nuovo rinascimento italiano”.
La nascita del Pentapartito si ebbe grazie a tre esponenti politici che caratterizzarono la scena politica italiana nell’ultima fase della Prima repubblica: Bettino Craxi, Giulio Andreotti ed Arnaldo Forlani, il “CAF”. Sebbene ci fosse una forte impronta laicista, la DC rimase il partito di maggioranza e quello più influente e per tutti gli anni Ottanta visse un rapporto “amore-odio” con i socialisti, puntando al fatto che questa era l’unica alleanza politica possibile in quel tempo.
Cos’era nel dettaglio il Pentapartito? Era un nuovo tipo di alleanza che portò ad una vera e propria innovazione per l’epoca, dove tutti i partiti membri erano sullo stesso piano d’importanza e avrebbero avuto, a rotazione, un proprio esponente a Palazzo Chigi.
La prima grande alleanza politica nazionale si ebbe però nel 1962, quando per la prima volta i socialisti entrarono nelle “sale dei bottoni”: non esprimere un proprio esponente fu per Piazza del Gesù forte segnale di crisi, anche se è comunque vero che la DC fino al 1992 reggerà le fila dell’alleanza. Il Pentapartito non diede una soluzione alla crisi della politica italiana, anzi invece ne attuò la crisi ed il degrado.
Il periodo del Pentapartito vide la decadenza del sistema dei partiti politici, ma anche il superamento della stagione terroristica e della crisi economica a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Gli anni Ottanta e quelli del Pentapartito sono stati definiti “di fango”, sebbene l’Italia conobbe una fase di sviluppo economico, caratterizzata da un forte incremento della produzione, con una notevole crescita dei servizi e del commercio, anche internazionale: nel 1985, in pieno craxismo l’Italia divenne il quinto Paese più industrializzato del Mondo.
Con lo scioglimento della DC, nacquero una ventina partiti (importanti o meno) che si rifacevano alla sua ideologia.


La crisi. Fine di un'era

La mattina di lunedì 17 febbraio 1992, nell'ufficio del presidente del “Pio Albergo Trivulzio” di Milano, ci fu un arresto eccellente: fu arrestato in flagranza di reato proprio il suo Presidente, Mario Chiesa, 47 anni, esponente di spicco del PSI con mire a sindaco della città.
Perché fu arrestato Chiesa? Perché ricevette una “mazzetta” da parte del proprietario di una piccola azienda di pulizie per avere l'appalto nella sua struttura. Il proprietario di questa piccola azienda non riusciva più a coprire le “spese” dovute ai costi impartiti dal presidente della “Baggina” (altro nome del Pio Alberto Trivulzio, altresì detto PAT), portando quasi al fallimento l'azienda, quindi decise di raccontare tutto ai carabinieri. In cosa consisteva questo meccanismo? Come garanzia dell'appalto, ogni azienda (per ogni settore presso la struttura) doveva pagare oltre a quanto di legale, il 10% in più. Ogni volta e non dichiarato da nessuna parte.
Quel 17 febbraio si recò da Chiesa, gli diede una valigetta e nel frattempo entrarono i carabinieri. Chiesa andò in bagno e cercò di gettare i soldi nel water.
Chiesa fu arrestato e la notizia passò in second'ordine tra le notizie di quel giorno sui telegiornali, “liquidato” come una notizia qualsiasi. Peccato che l'arresto di Chiesa scoperchiò un sistema di corruzione che riguardava non solo il PAT, ma tante altre istituzioni meneghine, lombarde e poi italiane. Venne scoperto un sistema che coinvolgeva non solo imprenditori, ma anche politici. Quel 17 febbraio iniziò l'inchiesta “Mani pulite” guidata da un gruppo di magistrati della Procura di Milano guidati da Francesco Saverio Borrelli e che aveva in Antonio di Pietro il magistrato più mediatico.
In poche settimane, l'inchiesta si spostò dalla “Baggina” (altro nome della casa di cura per anziani poveri nel quartiere milanese di Baggio, nella zona ovest della città meneghina) a tutta la Lombardia, colpendo tutti i partiti, nessuno escluso. Non solo i partiti romani, ma quelli locali: per questo motivo, i cittadini si indignarono, manifestando disgusto verso la politica.
Gli stessi italiani seguirono tutti i giorni le dirette davanti al Tribunale di Milano per scoprire chi era stato arrestato o indagato per aver favorito amici e amici di amici, intascando cospicue tangenti. Durante le indagini ci furono arresti eccellenti, così come (purtroppo) omicidi eccellenti.
Quarantasette giorni dopo l'arresto di Chiesa, si tennero le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento: un'elezione importante a ridosso di quella serie di arresti. Gli italiani, non solo i lombardi, ci andarono pesanti alle urne: la DC prese il 29,66% (oltre quattro punti e mezzo in meno rispetto a cinque anni prima) e ottenne il suo minimo elettorale storico di sempre; il PSI tenne ma perse voti, mentre le prime elezioni senza il PCI (sciolto il 3 febbraio 1991 a seguito anche della “svolta della Bolognina” di Occhetto il 12 novembre 1989) videro il Partito Democratico della Sinistra ed il Partito della Rifondazione Comunista ottenere in due solo il 22% circa voti. Ebbe un successo inaspettato la Lega Nord, il partito nordista guidato da Umberto Bossi.
La Lega Nord fu la grande sorpresa elettorale degli ultimi anni, poiché in quelle elezioni prese l'8,65% alla Camera e l'8,2% al Senato, portando a Roma cinquantacinque deputati e venticinque senatori (nel 1987 ebbe un solo deputato ed un solo senatore), molte città del Nord Italia erano guidate da sindaci leghisti (una su tutte, Milano) ed in Lombardia era il terzo partito.
Il biennio 1992-1993 è considerato da tutti con la punta della crisi della Prima repubblica ed una serie di eventi contribuirono alla sua caduta: le stragi di Capaci e via d'Amelio a Palermo (dove morirono, per mano di due attentati mafiosi, i giudici Falcone e Borsellino e i loro uomini della scorta, oltre alla moglie di Falcone), le bombe di Milano, Roma e Firenze del 1993; Andreotti ricevette l'avviso di garanzia per mafia, illecito finanziamento e l'accusa di essere il mandante dell'omicidio Pecorelli del 20 marzo 1979; le monetine lanciate verso Craxi da una folla inferocita di persone assiepate davanti all'hotel romano dove alloggiava alla notizia che il leader socialista era “scampato”, il 29 aprile 1993, all'autorizzazione a procedere da parte della Camera dei Deputati per i suoi procedimenti giudiziari; i politici che sfilarono davanti al pool; il cappio mostrato a Montecitorio da un deputato leghista; politici di spicco davanti ai magistrati che parlavano con la voce incerta e la bava ai lati della bocca. In più, il referendum del 18 aprile 1993 per la riforma della legge elettorale di Camera e Senato.
Il Paese doveva scrollarsi di dosso anni di mala politica, cristi istituzionale e crisi economica. Per fare questo, doveva esserci una “rivoluzione” politica, come in effetti ci fu.


Il personaggio più importante ma controverso della Prima repubblica: Bettino Craxi

Nei suoi quarantasei anni di vita, la Prima repubblica è stata caratterizzata da diversi politici passati alla storia (nazionale e non) come statisti: politici che hanno messo al primo posto della loro storia e della loro attività politica lo Stato ed il suo bene. L'elenco è davvero lungo e può comprende personaggi come de Gasperi, Togliatti, Einaudi, Fanfani, Moro, Berlinguer, Andreotti e Andreatta.
Eppure il politico più importante (e che ha oltremodo diviso l'opinione pubblica nazionale) è stato colui che ha portato sulla poltrona più importante di Palazzo Chigi il Partito Socialista Italiano, uno che ha fatto la voce grossa (ma davvero grossa) con gli Stati Uniti d'America, uno che ha contribuito a rendere l'Italia il quinto Paese più ricco al Mondo negli anni Ottanta e a trasformare il senso della politica: Bettino Craxi.
Craxi, cui lo scorso 19 gennaio si sono ricordati i venti anni dalla scomparsa, è stato l'uomo forte della politica nazionale tra la fine dei Settanta e i primi anni Novanta, ma sulla cui figura politica ci sono tante ombre e si sono mosse tante critiche e condanne.
Secondo politico non democristiano a diventare Presidente del Consiglio (e primo socialista, di conseguenza), il governo Craxi (I-II) fu il XLII della Repubblica e durò 1352 giorni (4 agosto 1983-27 giugno 1986, 1 agosto 1986-17 aprile 1987), diventando (fino al “Berlusconi II”, 11 giugno 2001 – 20 aprile 2005) il governo più longevo della storia repubblicana. A dire il vero, Craxi fu il primo socialista a diventare premier durante l'era repubblicana, in quanto l'ultimo socialista a diventare Presidente del Consiglio prima di lui era stato Ivanoe Bonomi, ma c'è da tornare ai tempi della monarchia (“Bonomi I”, dal 4 luglio 1921 al 26 febbraio 1922).
Su Bettino Craxi sono stati scritti libri, articoli, recensioni e, con Gianni Amelio, anche un film (“Hammamet” uscito il 9 gennaio con protagonista Pierfrancesco Favino nelle vesti del politico socialista). La sua parabola politica era iniziata il 16 luglio 1976 con la sua “incoronazione” a segretario socialista ed è terminata con il lancio di monete, il 30 aprile 1993, alla sua uscita dal “Raphael”, il “suo” luogo di soggiorno romano, da parte dei cittadini il giorno dopo che la Camera dei deputati aveva votato “no” all'autorizzazione a procedere nei suoi confronti.
Considerato il politico più colpevole di tutti (da parte dei cittadini) durante le fasi di “Tangentopoli”, le indagini del pool di Milano spinsero l'allora 59enne Craxi a trasferirsi definitivamente ad Hammamet, in Tunisia, già suo luogo di villeggiatura: era il maggio 1994, vi morì cinque anni e mezzo dopo non tornando più in Italia.
Bettino Craxi fin dall'adolescenza rimase folgorato dalla politica (aveva “rischiato” però di prendere i voti), a 17 anni si tesserò per la prima volta al PSI e fu contrario all'invasione sovietica in Ungheria del 1956.
A 26 anni divenne assessore nel Comune di Milano dopo che l'anno prima era entrato a Palazzo Marino e nel 1963 divenne segretario provinciale del partito.
Vicino politicamente a Pietro Nenni, Craxi divenne per la prima volta deputato nel 1968 (V legislatura) e vi rimase fino al marzo 1994 (al termine della XI). Non si ricandidò per le elezioni del 27 marzo 1994 poiché indagato dalla Procura di Milano e i vertici del partito del Garofano gli impedirono la candidatura.
Favorevole al “centrosinistra organico”, Craxi fu vice-Segretario del partito tra il 1970 ed il 1976 sotto le segreterie Mancini e Martino che combaciarono con i peggiori anni “elettorali” del Partito, chiuso dalla DC e dal PCI (nel 1972 ottenne il 14,48%, nel 1976 solo il 9,6%). Ed il 16 luglio 1976, come detto, fu eletto nono segretario del Partito Socialista Italiano dalla fine della guerra: doveva essere una segreteria di transizione la sua, fu una delle più lunghe ed importanti della storia del partito nato nel 1892.
Fin da subito manifestò interesse nel voler unire le forze anche con i partiti socialisti europei dei paesi governati fino a pochi anni prima dalle dittature autoritarie (il cosiddetto “socialismo mediterraneo” con i partiti socialisti spagnoli, portoghesi e greci). Craxi durante la prigionia di Moro fu uno dei più fermi nella decisione di trattare con i brigatisti e fu contrario al “compromesso storico”.
Il Partito socialista, sotto la guida di Craxi, risalì nei voti piazzandosi sempre come alternativa a DC e PCI. Craxi fu anche uno dei promotori del Pentapartito e tra il 1989 ed il 1992 insieme ai democristiani Andreotti e Forlani costituì il “CAF”, dalle iniziali dei cognomi dei tre politici più influenti e potenti di quel periodo in Italia.
La segreteria socialista di Craxi spinse affinché il partito diventasse moderno e riformista, nonché dotato di una classe dirigente giovane e capace. Nel 1978 decise di cambiare il simbolo del partito, passando dal libro aperto sul sole che nasce per fare spazio al garofano rosso, simbolo della rivoluzione omonima portoghese che portò i socialisti al potere nel paese lusitano dopo quarantotto anni di dittatura fascista, mentre nel 1985 decise di togliere la falce e martello (già presente fino al 1978).
Gli anni di Craxi a Palazzo Chigi furono anni di puro decisionismo e venne fuori il carisma dello stesso Premier: non a caso il vignettista umoristico Giorgio Forattini, complice anche le fattezze, il suo piglio decisionista ed il “rinnovo” del Concordato, disegnò il politico socialista con le fattezze di Mussolini (e negli anni di Tangentopoli lo disegnò con quelle di Pietro Gambadilegno).
Fra le novità del governo Craxi si ricordano le prime consultazioni di governo invitando il MSI; il pensare ad un'Italia non più parlamentare, ma presidenziale; la firma dei trattati di villa Madama del febbraio 1984 che modificavano i Patti lateranensi (la religione cattolica non era più considerata “di stato”; l'ora di religione nelle scuole superiori divenne facoltativa; i vescovi non dovevano più avere l'approvazione governativa per esercitare; introduzione della donazione dell'otto mille alla Chiesa cattolica); il referendum abrogativo sulla decisione di tagliare i tre punti della “scala mobile”; la lotta agli evasori fiscali nel commercio.
Ma la forza di Craxi fu in politica estera, in particolare con la crisi di Sigonella successiva al sequestro della nave “Achille Lauro” da parte di un commando di terroristi palestinesi (7-12 ottobre 1985) e l'attacco americano a Tripoli del 14 aprile 1986 con il fallito attacco a Gheddafi dove si disse che il leader libico scampò ai bombardamenti poiché informato da Craxi.
Poi arrivò come un ciclone Tangentopoli e tra il 17 febbraio 1992 (arresto di Mario Chiesa) al maggio 1994 (fuga e stazionamento permanente ad Hammamet) la vita (non solo politica) di Craxi prese una piega diversa:
- Craxi definisce Chiesa un “mariuolo”, asserendo che nessun amministratore e politico socialista sarebbe stato coinvolto nell'inchiesta (3 marzo 1992);
- le confessioni di Chiesa e primi nomi dei concussi e apertura di un coperchio su un sistema corruttivo che vide molti socialisti coinvolti (23 marzo 1992);
- il discorso alla Camera di Craxi durante il voto di fiducia al governo socialista di Amato (cui Craxi puntava, ma che per forza di cose non poté presiedere) in cui si dichiarò (praticamente) lontano dal discorso “corruzione”, vivo nel Paese e vero problema sociale, ma parlò dei finanziamenti illeciti ai partiti, cui tutti nell'emiciclo parlamentare avevano fatto più o meno ricorso e se fossero stati chiamati in causa avrebbero dato falsa testimonianza in proposito (3 luglio 1992);
- il primo dei suoi undici avvisi di garanzia (15 dicembre 1992);
- le sue dimissioni da segretario del Partito (11 febbraio 1993, cui gli successe Benvenuto);
- il referendum del 18 aprile 1993 dove gli italiani votarono per la nuova legge elettorale (quando Craxi disse agli stessi di andare al mare quella domenica);
- il voto contrario da parte della Camera alla sua l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti in quanto godeva dell'immunità parlamentar ed il lancio delle monete davanti al “Raphael” (29-30 aprile 1993);
- la perdita dell'immunità parlamentare e la fuga ad Hammamet (maggio 1994);
- lo scioglimento del PSI (13 novembre 1994);
- la sua dichiarazione di latitante (1995).
Craxi rimase in Tunisia e non tornò più in Italia, anche perché il Paese nord-africano si oppose sempre alla sua estradizione e non poté curare il suo forte diabete. Dalle coste tunisine vide proseguire le indagini del pool, che criticava per come aveva gestito le inchieste. Craxì morì ad Hammet il 19 gennaio 2000 a 65 anni per un arresto cardiaco.
Parlare oggi di Bettino Craxi significa dividere (forse meno rispetto a venti anni fa) gli italiani: alcuni lo considerano il miglior politico italiano, altri un “ladro”, chi lo vorrebbe riabilitare (intitolandogli una via), chi lo vorrebbe condannare per sempre (a causa del finanziamento illecito, degli avvisi di garanzia, della latitanza).


Cosa rimane oggi. Rancore o rimpianto?

Ricapitolando, l'Italia tra il 1948 ed il 1993 è stata caratterizzata, dal punto di vista politico, partitico ed istituzionale da:
- un partito di centro raccoglitore di voti (la Democrazia Cristiana);
- due forze politiche rilevanti avversarie ma solo una capace di governare per via elettorale (la DC ed il Partito Comunista Italiano);
- due forze politiche anti-sistema e contrarie all'ordine nazionale (PCI ed il Movimento Sociale Italiano);
- una sola opposizione politica e partitica (il Partito Comunista Italiano);
- un partito forte al comando (la Democrazia Cristiana);
- nessuna alternanza di governo (su quarantasette governi, quarantatré guidati da un esponente della DC, tutti consecutivi, e altri quattro da due politici di partiti alleati della stessa Democrazia Cristiana).
Oggi, il governo Conte II è il 65° esecutivo della storia repubblicana, il sedicesimo della Seconda repubblica.
Addirittura molti esperti parlano di Terza Repubblica ed il motivo è legato alle elezioni del 2013, quando, per la prima volta, la competizione politica è stata caratterizzata da una terza forza politica in campo: se fino a quel momento, la “battaglia” era tra centrodestra e centrosinistra, ora con la presenza elettorale del Movimento Cinque Stelle, si parla di sfida triale. I pentastellati oggi sono il primo partito in parlamento, seguito da Partito democratico e Lega.
Rispetto all'ultima elezione della Prima repubblica, oggi sono presenti in parlamento solo tre partiti allora candidati, la Lega, il Südtiroler VolksPartei e l'Union Valdôtaine. Tutti gli altri o sciolti e rinati oppure inglobati in altri.
Cosa è cambiato in Italia, politicamente, dalla fine della Prima repubblica? Tanto, tutto. Anche se molti italiani rimpiangono la Prima repubblica non tanto per come è finita, ma per la caratura di alcuni politici di allora che ora sembra non esserci tra i politici attuali.
Eppure si dice che la Prima repubblica sia meglio della Seconda perché allora la politica era considerata una missione, un fare del bene al popolo (e non solo al proprio elettorato) e l'attività politica era molto attiva, mentre in questi anni si è visto un decadimento della stessa politica italiana non tanto per gli scandali (che non sono mai mancati, ma non della portata di Tangentopoli), ma perché il livello è molto inferiore rispetto al passato.
Si contestano anche le leggi elettorali succedute al “Mattarellum” (il “Porcellum” ed il “Rosatellum”), perché nella Prima repubblica l'elettore nella cabina era chiamato ad esprimere la propria preferenza non solo tracciando una X sul simbolo di un partito, ma scrivendo anche il nome del candidato. Con le ultime leggi elettorali, a livello politico nazionale, non si scrive più il nome del candidato, ma si fa una X su un nome prestampato scelto a priori dalle segreterie politiche. Per non parlare del fatto che è cresciuto l'astensionismo, dovuto ad una disaffezione dei cittadini vero la politica ed i partiti.
Nella Prima repubblica non ci sono mai stati “ribaltoni” come quelli della Lega Nord nel 1994 o partiti che hanno votato contro il governo in cui erano in coalizione (Rifondazione comunista) e dalla cui sfiducia ne ha visti nascere altri (il Partito dei Comunisti Italiani nato dopo la sfiducia a Prodi nel 1998 da un gruppo di fuoriusciti di Rifondazione). Mentre non sono mancate (ovviamente) la sfiducie ai governi in carica e cadute di esecutivi: dal 1994 a oggi si sono tenute solo due elezioni anticipate.
Allora, nella Prima repubblica, i partiti nati da costole di altri scrissero la storia, come il PSDI nato nel 1947 per mano di un gruppo di socialisti fuorusciti dopo il 25° congresso del Partito Socialista di Unità Proletaria guidati da Giuseppe Saragat: tra il 1948 ed il 1993, il partito del “sole che nasce” ebbe un Presidente della Repubblica (lo stesso Saragat), un Presidente del Senato (Ivanoe Bonomi) e diversi ministri, tra cui Matteo Matteotti, figlio di Giacomo Matteotti, mentre nella Seconda repubblica sono durati pochi anni per poi sparire o essere assorbiti in altri partiti.
Alla fine, la vera differenza tra Prima e Seconda repubblica è un cambiamento dentro il sistema politico italiano, non di tutto il sistema: dal 1948 a oggi, la Costituzione non è mai stata cambiata (se non per alcuni “passaggi”) e la forma di governo era, è e sempre sarà la stessa perché, in base all'articolo 139 della Costituzione, “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale ”.
C'è e sempre ci sarà del rancore di molti italiani verso la Prima repubblica che ha coinciso con la scoperta di un sistema corruttivo dilagante ed il declino politico e morale del Paese. Anche se tanti rimpiangono la Prima repubblica per il fatto che allora però si faceva politica per davvero e c'era molta più serietà rispetto a oggi: la politica era vista come una missione, mentre oggi è vista come un modo per ripararsi da alcune beghe giudiziarie o per avere un potere che altrimenti non si avrebbe. Oggi poi sono candidate (ed elette) elette persone che anni fa non si sarebbero mai viste candidate o vedere elette da nessuna parte.
Ma queste “caratteristiche” erano magari presenti nella Prima repubblica, ma non sono mai state così evidenti come nella Seconda repubblica. O Terza, come preferite.


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Articoli pubblicati da Simone Balocco e Paola Maggiora


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