Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia autori: Il diavolo in camice bianco: Josef Mengele

Il diavolo in camice bianco: Josef Mengele [ di Simone Balocco e Paola Maggiora ]

Mengele: pazzo o consapevole?
Nel 1963, la filosofa americana di origine tedesca Hannah Arendt pubblicò un libro di rilevanza storica: “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme”. La scrittrice dovette lasciare il suo Paese di origine nel 1933 perché la sua famiglia era di origine ebraica ed il governo nazista aveva iniziato le persecuzioni contro le persone di quella religiose.
La Arendt, già autrice del celebre “Le origini del totalitarismo”, nel 1962 fu inviata dal “The New Yorker” a seguire il processo a Gerusalemme di Adolf Eichmann, scappato in Argentina ed arrestato dal Mossad per venire processato per crimini di guerra e contro l'umanità durante il nazismo. Il libro, un best seller, raccontò per filo e per segno non solo il processo, ma anche l'imputato che tutto poteva sembrare meno che un nazista. La Arendt mise l'accento sul fatto che per Eichmann non ci fu mai risentimento e neanche un briciolo di pietas verso tutte le persone che aveva mandato a morte nei campi di sterminio. Una persona insignificante, senza arte né parte, che obbediva agli ordini superiori senza neanche capire cosa stesse realmente facendo. La Arendt capì che con Eichmann il male era stato banalizzato, era diventato nulla di importante, un qualcosa di meccanico.
Chi non sarebbe stato banale, se fosse stato processato, fu Josef Mengele. Chiamato l'”angelo della morte”, Mengele è tristemente passato alla storia con quel soprannome che ne caratterizzò il soggiorno ad Auschwitz: un uomo che indossava un camice bianco rassicurante, quindi un medico, ma che si macchiò di crimini indicibili e della morte di migliaia di persone in nome di una pseudo-scienza. Lui, come Eichmann, scampò al processo di Norimberga, ma evitò anche l'arresto ed un processo perché visse fino alla morte in contumacia.
Ma chi era Josef Mengele, il medico nazista ossessionato dalla razza ariana e dallo studio sui gemelli omozigoti?

Premessa: dalla salita al potere di Hitler alla Soluzione finale. Gli eventi storici.
Adolf Hitler fu il deus ex machina di tutta la vicenda che vide il nazismo diventare prima un partito di governo, poi il partito unico e causa scatenante non solo della Seconda guerra mondiale, ma delle persecuzioni degli ebrei.
Hitler divenne cancelliere del Reich il 30 gennaio 1933 con un governo composto da pochi ministri nazisti. Il successivo 27 febbraio sfruttò l'incendio del Reichstag (il parlamento tedesco) per dare la colpa ai comunisti, accusando un ragazzo disagiato vicino al partito socialista olandese del gesto, condannato poi a morte. Ovviamente ad appiccare quell'incendio furono i nazisti stessi.
Grazie a queste false accuse, Hitler ottenne un decreto ad hoc dove furono sospesi tutti i diritti civili, entrò in vigore la incarcerazione preventiva di tutti i dirigenti comunisti e tutti quelli che erano contro lo NSDAP. Da quel momento, tantissime persone iniziarono a scappare dalla Germania e dal suo regime.
Hitler rese poi operativo il “decreto dei pieni poteri”, secondo passo verso la dittatura usando mezzi legali: il cancelliere fece arrestare i primi oppositori ed impedì ai deputati comunisti e socialdemocratici di fare politica, minacciando anche ministri di centro della coalizione. Il partito socialdemocratico tedesco venne sciolto e messo fuori legge e si decise di abolire la separazione dei poteri tra governo e parlamento.
Sin dal 30 gennaio 1933 il partito nazista ebbe il controllo su tutti gli strumenti di informazione, dall'editoria alla pubblicistica, dalla radio al cinema. Come era avvenuto in Italia nel 1925, in Germania si era instaurato un regime dittatoriale.
Nel giugno 1934 ci fu la “notte dei lunghi coltelli”, l'epurazione dei vertici delle Squadre d''assalto (le Sturmabteilung, tra cui il loro capo Ernst Röhm), oppositori politici ed ex compagni di Hitler. Il 14 luglio tutti i partiti politici (anche quelli della coalizione) vennero messi fuori legge, salvo il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi. Fu tutta una strategia ben architettata per eliminare (in tutti i sensi) chi avrebbe potuto creare problemi alla sete di potere di Hitler, bloccandogli la salita solitaria ai vertici politici del Paese.
L'ultimo passo del trionfo hitleriano avvenne il 2 agosto 1934, quando il leader dei nazisti, dopo la morte di Pail Hindenburg, fino ad allora Capo del Reich (la forma di Stato che si ebbe in Germania a partire dal 18 gennaio 1871 al 23 maggio 1945), decise di accorpare a sé tutti i poteri dello Stato, diventando dittatore: Hitler era la Germania, la Germania era Hitler. Aveva inizio quello che fu dichiarato il “millenario Reich tedesco”.
Da dove nasceva l'odio dei nazisti verso il popolo ebraico? Questo è emerso durante l' adolescenza di Hitler e si è sviluppato tra le righe della “bibbia” del partito nazionalsocialista, il “Mein Kampf” (“La mia battaglia”). “Mein Kampf” è il saggio pubblicato nel 1925 attraverso il quale Adolf Hitler espose il suo pensiero politico e delineò il programma del partito nazista. Una prima parte del testo venne dettata dal futuro Führer durante il periodo di reclusione di 9 mesi (la pena iniziale era di cinque anni per cospirazione) nel carcere di Landsberg am Lech in seguito al tentativo fallito del colpo di Stato tra l'8 ed il 9 novembre 1923 nelle birreria di Monaco (il putsch di Monaco).
Hitler rivelò il suo odio per ciò che riteneva fossero i due mali del mondo: il comunismo e l'ebraismo. Un altro suo “pilastro” fu il concetto di arianesimo, parlando di “razza ariana”, un gruppo popolazioni che hanno in comune tra loro alcuni tratti somatici (ad esempio colore degli occhi e dei capelli) e che hanno creato, e portato, la civiltà nel Mondo. Hitler parlò di un tipo di uomo libero, forte, valoroso e che doveva essere da esempio per tutti quelli che non lo rappresentavano. Il “Mein Kampf” è la punta dell'iceberg della politica razziale della Germania nazista: l'Uomo nuovo tedesco doveva essere ariano, nativo del Reich tedesco e puramente tedesco. Questo uomo era considerato “superiore” a tutti gli altri, in particolare all'uomo (e donna) di religione ebraica, che doveva essere prima fatto emigrare oppure ghettizzato e poi deportato lontano dalla Germania.
Gli ebrei divennero un capro espiatorio cui far pagare tutti i mali della Germania, anche perché secondo il loro punto di vista la finanza ebraica aveva sperperato tutti i risparmi della popolazione tedesca, oltre al fatto di aver ucciso Gesù. Hitler non vedeva di cattivo occhio solo gli ebrei, ma anche una serie di persone da lui ritenute “inferiori” come i rom, i sinti e gli omosessuali, tutte “razze” e persone diverse da eliminare.
La “fortuna” di “Mein Kampf” derivò anche dall'aver avuto un''importante spinta editoriale grazie al fanatico nazista (e razzista) Julius Streicher, editore de “Der Stumer”, rivista dove non si risparmiarono attacchi agli ebrei.
Fino all'ascesa al potere di Hitler furono vendute 241 mila copie di “Mein Kampf”: un successo clamoroso per un saggio controverso e che negli anni successivi alla guerra non fu mai pubblicato, le copie in commercio furono distrutte e la Baviera ne acquistò i diritti vietandone la pubblicazione.
La politica razziale antisemita tedesca all'inizio fu moderata giusto per rendersi amica l'opinione pubblica e solo nel 1935 mostrò i connotati persecutori. Il motivo? Vennero pubblicate le “leggi di Norimberga”. La cittadina bavarese di Norimberga, sin dal 1933, era il luogo delle adunate del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi e fino al 1938 fu teatro della propaganda nazista portata all'ennesima potenza con numerosi ed imponenti elementi scenografici (tipici dei regimi dittatoriali).
Il 15 settembre 1935 vennero promulgate le cosiddette “leggi di Norimberga”, una serie di regolamenti ufficiali dove si stabilirono le privazioni per la popolazione ebraica abitante nel Terzo Reich. Comprendevano la “legge sulla cittadinanza del Reich” (le persone di origine ebrea non erano più cittadini tedeschi, perdendo tutti i loro diritti e doveri di cittadini) e le “leggi sulla protezione del sangue dell'onore tedesco”(divieto di matrimoni tra persone tedesche ed ebree e fra persone ebree): da quel momento, tutte le persone di religione ebraica vennero estromesse da ogni aspetto della vita sociale, politico ed economico della Germania.
Il progetto nazista era di eliminare le persone disabili, inferme di mente, zingari, ebrei, omosessuali. L'eugenetica nel nazismo trasse spunto dalla lettura di Hitler di alcuni trattati di igiene razziale molto in voga all'inizio degli anni Venti del Novecento: la Germania era in fase decadente perché al suo interno vi erano cittadini che non meritavano di “stare al mondo”, perché considerati di una razza inferiore rispetto a quella ariana, l'unica pura sulla Terra.
Il 7 aprile 1933 iniziarono le prime epurazioni nei confronti degli ebrei, dal 25 aprile successivo gli ebrei non poterono più insegnare nelle scuole pubbliche così come i giornalisti di religione ebraica non poterono fare il loro lavoro e si decise che chi non aveva almeno due generazioni tedesche alle spalle non poteva diventare o essere un impiegato statale. Tra luglio e ottobre non poterono più esercitare medici, avvocati e “commercialisti” di origine ebraica. A partire dal 15 settembre 1941 tutti gli ebrei dovettero indossare sui loro abiti la stella di David.
Nel 1936 la Germania organizzò le Olimpiadi estive per mostrare la sua forza organizzatrice e la sede scelta fu, ovviamente, Berlino. Il mondo sportivo entrò in subbuglio, chiedendo al CIO che i Giochi venissero spostati in un'altra Nazione: la Germania non era degna di ospitare un evento come le Olimpiadi, in quanto era contro lo spirito dei Giochi (libertà di accesso alle manifestazioni senza distinzioni di razza, credo religioso e pensiero politico). Si iniziò a parlare di boicottaggio e gli Stati Uniti furono i primi a muoversi in questo senso. Nel Mondo comunque si cercò di boicottare l'evento con altre contro-manifestazioni, ma l'avvenimento olimpico era catalizzatore di molti interessi e queste “contro-Olimpiadi” non ebbero eco.
Il giorno dopo la fine della manifestazione olimpica, in Germania ripresero le politiche razziste ed antisemite verso ebrei, rom ed oppositori politici.
L'episodio più importante dell'attività e repressione contro gli ebrei avvenne nella notte tra 9 e il 10 novembre 1938, con la “notte dei cristalli” (“Kristallnacht”). Voluta da Joseph Goebbels, quella notte le SS distrussero oltre 800 case, oltre 170 negozi e quasi 200 sinagoghe in tutta la Germania. Si contarono 91 vittime e migliaia di feriti. Fortemente criticata, è stato il punto di non ritorno dell'odio nazista verso gli ebrei. Durante le violenze, la polizia non mosse un dito e i vigili del fuoco ebbero il solo compito di spegnere gli incedi: le SS per una notte ebbero il potere assoluto di distruggere tutto ciò che richiamava all'ebraismo.
La causa (falsa) che scatenò il pogrom fu l'attentato compiuto all'ambasciata tedesca di Francia da parte di Herschel Grynszpan, un diciassettenne tedesco di origine polacca di fede ebraica che visse molti anni in Francia, che sparò contro il giovane diplomatico nazista Ernst Eduard von Rath come vendetta per manifestare il suo odio contro la Germania che perseguiva gli ebrei. Grynszpan, venne arrestato subito dopo l'attentato ed imprigionato in Francia ma, della sua sorte non si seppe nulla: si pensa sia morto intorno al 1942 deportato in un campo di concentramento, mentre altre fonti dicono che sia sopravvissuto e scappato ad est dopo la fine della guerra. Durante il processo ad Adolf Eichmann, si scoprì che l'omicidio del diplomatico fu pensato e realizzato dai stessi nazisti in quanti si scoprì che von Rath era amico di alcuni ebrei e omosessuale.
Il pogrom era figlio della ”arianizzazione” che aveva colpito la Germania: a partire dalla primavera 1938, iniziarono le “arianizzazioni economiche”, tutti gli ebrei titolari di attività dovevano cedere in maniera coatta a persone tedesche tutto e chi aveva venduto non poteva più aprire un'altra attività.
Dal 1936 al 1° settembre 1939 fu un susseguirsi di eventi voluti da Hitler per creare lo “spazio vitale” tedesco in Europa: nel marzo 1936, in Germania venne ripristinata la leva obbligatoria, violando una clausola del trattato di Versailles che la vietava;
nel 1937 i nazisti parteciparono in maniera massiccia in favore dei repubblicani di Franco, dando il là alla vittoria falangista nella guerra civile spagnola;
il 12 marzo 1938 la Germania invase l'Austria ed il 10 novembre avvenne, con un referendum farsa, l'anschluss;
dal 28 al 30 settembre 1938 si tenne la conferenza di Monaco moderata da Mussolini con la quale Hitler riuscì ad ottenere, con il beneplacito di Francia e Gran Bretagna, l'annessione dei Sudeti, onde evitare un conflitto a livello europeo;
il 13 marzo 1939 la Germania invase la Cecoslovacchia, nacquero i Protettorati di Boemia e Moravia e lo Stato-fantoccio della Slovacchia;
il 22 maggio 1939 venne firmato il “patto d'acciaio” tra Roma e Berlino che prevedeva, in caso di scoppio di un conflitto, l'intervento italiano al fianco dei nazisti;
il 1° settembre 1939, la Germania invase la Polonia dando via al blitzkrieg.
I fatti successivi sono noti a tutti: la Germania nazista crollò l'8 maggio 1945 con la firma dell'armistizio senza condizioni da parte di Karl Dönitz, Presidente del Reich dopo Hitler. Il fondatore del NSDAP e del “millenario Reich” si era suicidato il 30 aprile precedente sparandosi ed il suo corpo venne bruciato affinché non andasse in mani nemiche. La Germania fu distrutta, ci furono milioni di morti e feriti e molti furono sfollati. Il Paese era in ginocchio e tutti i simboli nazisti vennero distrutti: il Paese negli anni successivi subì una forte de-nazificazione, dove società, cultura, stampa, economia, giustizia e politica della Germania furono investite da attività di eliminazione dello scomodo, e triste, passato.
La Seconda guerra mondiale terminò il 2 settembre 1945 con la resa del Giappone che poche settimane prima aveva subito due bombardamenti atomici.

L'infanzia e gli studi universitari di Josef Mengele
Josef Mengele venne al Mondo il 16 marzo 1911 a Günzburg, in Baviera. Mengele era figlio di Karl, un industriale a capo di un'azienda metalmeccanica con circa duecento dipendenti. Una delle tante aziende nel cuore industriale della Germania, la Baviera.
Fu uno studente sempre molto preparato e diligente: in parte perché dotato, in parte perché spinto dai genitori ad eccellere negli studi poiché autorevoli e dotati di spiccata personalità. Nonostante i successi scolastici, il giovane Mengele si mostrerà sempre triste, ma consapevole dei suoi mezzi.
Molto cattolico, dopo gli studi superiori, il giovane Josef si iscrisse alla facoltà di medicina della “Ludwig Maximilian” di Monaco di Baviera. Si laureò brillantemente nel 1935 con una tesi sulla medicina antropologica, incentrando il suo elaborato finale sulle disparità razziali. Il suo obiettivo ora era uno soltanto: diventare un medico di fama mondiale.
Mengele si laureò in pieno regime nazista e, spinto anche dal “vento” che soffiava in Germania, concentrò i suoi studi sull'eugenetica e sugli studi tra persone diverse. Il suo mentore fu il professor Mollison, teorico della disparità tra le razze.
La sua laurea di specializzazione la ottenne a Francoforte, alla “Goethe”. Entrò in contatto con un luminare del periodo come Otmar von Verschuer. Mengele trasse molta ispirazione dai confronti con lui e dalla lettura delle sue pubblicazioni. Mengele capì che si sarebbe “specializzato” nello studio delle razze, esponendo la superiorità della razza ariana e come questa poteva diffondersi nel Mondo.
Nel 1937 Mengele ottenne la specializzazione e poco dopo si iscrisse al Partito. Mengele aveva “già” 26 anni, tardi rispetto a tanti coetanei e ad altri tedeschi.
Dieci anni prima però era diventato membro della Lega Pangermanica della Gioventù, un'organizzazione che propugnava il pangermanesimo e poi aderì agli Elmetti d'acciaio (i “Der Stahlhelm”), un 'organizzazione nata dopo la fine della Grande guerra come organizzazione militare. Questo divenne poi un organo politico e fu assorbito dalle SA nel 1931.
Nel 1938, Mengele divenne un militare iscrivendosi alle SS e nel 1939 Mengele si sposò con Irene Schoenbein.

Scoppia la guerra. Josef Mengele al fronte. La Croce di ferro.
Il 1° settembre 1939, con l'invasione della Polonia da parte della Germania, e della successiva dichiarazione di guerra, due giorni dopo, da parte di Gran Bretagna e Francia, ebbe inizio la Seconda guerra mondiale. Doveva durare poche settimane, terminò tra il maggio ed il settembre 1945.
Fino al 1941, anno di inizio, nel mese di giugno, della campagna di Russia, se il conflitto fosse stato una bilancia, tutto pendeva dalla parte tedesca: invasione della Polonia, della Francia, del Belgio, dei Paesi Bassi unito all'ingresso in guerra dell'alleato italiano (10 giugno 1940). Per non parlare del fatto che erano filo tedeschi la Norvegia, la Boemia-Moravia, la Romania, l'Ungheria. Insomma, tutta l'Europa era sotto il gioco nazista. L'unico fallimento fu la mancata invasione della Gran Bretagna.
Josef Mengele, essendo diventato un membro delle SS, andò al fronte nel 1940. Prima partì come volontario (come molti suoi connazionali) e poi aderì alla 5a SS-Panzer Division “Wiking” sul fronte orientale, quello più caldo per combattimenti e strategia militare. Ebbe sempre ruoli medici a Poznan e poi in Russia. Il suo compito fu sempre di studio nei confronti della razza e dell'igiene.
Rimase al fronte per due anni arrivando fino in Russia, dove rimase ferito. Il fatto di essersi ferito in guerra era una pregiudiziale per un suo ritiro dal fronte per essere spostato ad altro incarico, non essendo più in grado di servire la Patria come soldato.
Mengele nel 1942 tornò in Germania e fu arruolato come medico. Ma tornò con un premio, una decorazione militare: l'anno prima, a giugno, aveva salvato due compagni di reparto da un incendio divampato su un carro armato in territorio ucraino, salvandoli da morte certa. Fu insignito della Croce di ferro di prima classe per questo gesto.
Fu assegnato al RuSHA di Berlino, l'Ufficio Centrale per la Razza e le Colonie. Divenne un medico militare a tutti gli effetti e riprese in contatti con il suo vecchio “maestro” von Verschuer, allora dirigente dell'Istituto per l'antropologia di Berlino. Mengele, con il suo mentore, ebbe un ruolo importante: mettere davvero in pratica ciò che aveva avuto modo di studiare. Con la nomea di eroe e con l'ottenimento della Croce di ferro.
Nel mentre, Mengele fu promosso capitano. Ma la vita di Mengele cambiò il 30 maggio 1943: l'assegnazione a capo medico presso il campo di concentramento di Auschwitz.

I campi di concentramento, il luogo del male e della sofferenza.
I campi di concentramento più noti furono quelli di Birkenau, Mauthausen, Treblinka, Chełmno, Bełżec, Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau, Sobibór ma quello di Auschwitz è stato quello più tristemente conosciuto, anche perché vi morirono, secondo i dati ufficiali, oltre 1,1 milioni di persone tra ebrei, dissidenti politici, zingari ed omosessuali.
Gli storici e, di conseguenza, l'immaginario collettivo, hanno definito la morte sistematica nei campi di sterminio con il nome di Olocausto, mentre il popolo ebraico l'ha definito Shoah, “distruzione”. Nei campi la gente che vi entrava difficilmente usciva viva, morendo o di fatica o di stenti o di morte violenta se non nelle camere a gas: 6 milioni di persone morirono nei campi di concentramento nazista.
La complessa macchina di morte nazista coinvolse quattro apparati burocratici nazisti: i funzionari civili, l'esercito (“Wermacht”), il centro economico e il Partito nazista.
I primi campi di concentramento furono istituiti nel 1933, pochi mesi dopo l'ascesa al potere di Hitler. Il loro scopo era di rinchiudere e controllare gli oppositori politici. Nonostante le condizioni di vita terribili, che andarono via via peggiorando, e le numerose morti, questi campi non erano progettati, a differenza di quelli della ”operazione Reinhard”, per l'omicidio di massa.
Il 24 gennaio 1939 Hermann Göring, Presidente del Reichstag e vice-Cancelliere del Reich, diede l''incarico a Reinhard Heydrich di trovare un modo per liberare la Germania: dal 1933 al 1939 erano emigrati dalla Germania almeno 220 mila ebrei, troppo pochi secondo i vertici nazisti. Dovevano essere di più.
Le prime deportazioni iniziarono già un mese dopo lo scoppio della guerra e molti ebrei vennero trasportati da Katowice, Ostrawa e Vienna verso Lublino, ma la zona scelta non era adeguata e si decise di cambiare location. Nell'ottobre 1939 fu lanciato il programma “Aktion T4”, la soppressione di quelle che erano considerate “vite indegne di essere vissute”, disabili ed infermi.
Le continue vittorie tedesche in Europa aprirono un nuovo scenario: nel luglio 1940 si pensò di deportare tutti gli ebrei d'Europa in Madagascar. Isola nell'Africa meridionale e possedimento francese, fu scelta come grandioso progetto di re-insediamento, deportazione di tutti gli ebrei, contando sul fatto che Berlino potesse avere il Madagascar dalla Francia come mandamento, dato che la Francia stava perdendo contro la Germania. Si parlò in totale di una stima di almeno quattro milioni di persone in viaggio verso l'isola malgascia. La resistenza britannica e quella francese fecero tramontare il piano, anche perché era nell'aria l'invasione dell'Unione Sovietica.
L'inizio della guerra e la mancata “brevità” di essa spinse i vertici nazisti a cambiare i loro piani. Ovviamente, ogni Paese invaso dalla Germania veniva annesso al Terzo Reich e di conseguenza aumentarono le persone di religione ebraica: tra Polonia e Governatorato generale (la parte di Polonia non invasa direttamente il 1° settembre 1939) il computo degli ebrei passò ad oltre 3 milioni di unità.
Nacquero allora i ghetti, zone di città abitate solo ed esclusivamente da persone di religione e origine ebraica. La particolarità dei ghetti (il primo aperto fu quello di Łódź, nella Polonia centrale, il 10 dicembre 1939) furono la lontananza dal centro delle città e l'isolamento sociale, territoriale ed economico, favorendo disagi, morte ed emigrazioni.
Dopo l'invasione dell'Unione Sovietica (operazione Barbarossa, giugno-dicembre 1941) entrarono in funzione speciali unità (gli “Einsatzgruppen”) formate da uomini della polizia e delle SS che avevano il compito di seguire le truppe tedesche avanzanti ed eliminare la popolazione ebraica dell'Est attraverso fucilazioni di massa.
I cosiddetti “gas wagen” furono impiegati in Unione Sovietica nel campo di sterminio di Chełmno (entrato in funzione l'8 dicembre 1941), dove trovarono la morte molti ebrei di Lodz.
I campi di concentramento erano tutti collocati ai margini del Reich: Austria (anche se si era unita nel 1938 alla Germania), Polonia, Bielorussia e l'odierna Repubblica ceca erano le Nazioni dove furono costruiti i luoghi di morte di circa sei milioni di persone tra lavori forzati, fame, dolori, esperimenti e camere a gas.
Nell'autunno 1941 si definì la “soluzione finale della questione ebraica”: lo sterminio di tutti gli ebrei che risiedevano sui territori occupati dalle forze naziste. I campi furono mantenuti strettamente segreti e posti sotto la diretta autorità di Heinrich Himmler.
Il 20 gennaio 1942 si tenne a Berlino, nel quartiere di Wannsee, la conferenza di quattordici funzionari nazisti per decidere la sorte di tutti gli ebrei e di tutte le persone presenti nei campi. Presieduta da Heydrich, Eichmann ne fu il verbalizzatore. In questo incontro di alto livello, si progettò la “soluzione finale” della popolazione ebraica d''Europa con la responsabilità di tutto in mano alle SS: la morte sistematica di tutte le persone all'interno del campo, indipendentemente da età, sesso e provenienza.
All'interno dei campi di concentramento, i deportati erano spogliati dei loro averi, vestiti, monili, denti d'oro e dovettero indossare una sorta di pigiama a righe grigie. Sul loro avambraccio fu tatuato un numero. Sul bavero del “pigiama” avevano un segno colorato che elencava la loro “inferiorità”: giallo (ebreo), rosso (oppositore politico), viola (testimone di Geova), marrone (zingaro), rosa (omosessuale), nero (asociali). I prigionieri erano collocati in capanne dette “block”, dove erano presenti più persone rispetto ai letti a disposizione. I prigionieri venivano fatti lavorare anche undici ore al giorno nelle fabbriche presenti nel campo che producevano cose inutili e mai utilizzate con lo scopo solo di sfruttarli e farli morire di fatica o di malattie.
La cosa che ha fatto specie in tutta questa vicenda fu il fatto che, dal punto di vista “civile”, nessuno in Germania, o comunque nel Terzo Reich, sapesse della loro esistenza.
Dentro i campi c'erano due figure di rilievo: i kapo ed i sonderkommando.
I kapo erano di comprovata “razza ariana”, erano criminali arrestati ed internati promossi al rango di controllori dei campi dove riversarono sui deportati le angherie peggiori ed avevano funzioni di responsabilità su una squadra di lavoro, di mantenimento dell'ordine ed, in generale, di sorveglianza sui deportati. Ogni “blocco” aveva un kapo che decideva, di fatto, le sorti dei detenuti suoi sottomessi. Per questo motivo, i dirigenti dei campi sceglievano con cura le persone cui affidare tale compito.
I sonderkommando possono essere considerati ebrei più “fortunati”, in quanto selezionati tra quelli più forti e sani per aiutare le SS nella gestione degli internati: dovettero rasare i capelli di tutti i prigionieri, portarli alle esecuzioni e nelle camere a gas facendo loro credere anche avrebbero fatto una doccia, portando poi i cadaveri nei forni. Era loro proibito accennare con gli altri deportati che sorte spettava loro e cosa accadeva veramente nei lager, pena la morte. Per loro c'era migliore cibo, miglior trattamento e vestiti più puliti.
Gli internati, nei primi tempi, venivano uccisi con colpi di pistola e i loro corpi gettati in fosse comuni. Si intuì che le persone da uccidere sarebbero state parecchie ed era impossibile metterli tutti nelle fosse. I vertici nazisti elaborarono un piano: gassazione e crematura dei corpi in appositi forni, due modalità molto meno costose, ma più efficaci. Il gas usato fu lo “Zyklon B” che garantiva molti morti con una bassa concentrazione. I forni erano alimentati a legna e petrolio.
I deportati arrivarono nei campi di concentramento dentro a treni che impiegavano oltre dieci (se non quindici) giorni di viaggio estenuante per arrivare a destinazione. Arrivati sulle banchine, le SS dovevano eliminare i cadaveri delle persone morte durante il viaggio.
Appena scesi, i militari e i medici dividevano subito chi sarebbe sopravvissuto e chi sarebbe stato ucciso: gli anziani e le persone impossibilitate a lavorare vennero subito eliminate.
Nel campo di concentramento di Theresienstadt, in Cecoslovacchia, però, addirittura, si negò l'evidenza dei fatti: la Croce Rossa Internazionale il 23 giugno 1944 fece una visita al campo per vedere la situazione dei prigionieri. Aveva iniziato a girare la voce che in quel campo (ma non solo) i deportati erano trattati peggio delle bestie, denutriti, sfruttati ed uccisi. Si organizzò la visita in modo che il campo fosse tutto tranne un luogo di morte. Peccato che fu tutta una messinscena: i prigionieri malati, denutriti e inguardabili vennero portati ad Auschwitz ed uccisi, mentre al termine della visita della CRI e della pubblicazione del filmato di propaganda, tutte le persone che vi presero parte vennero uccise.

Auschwitz, la “casa” di Josef Mengele. Gli studi e gli esperimenti sui gemelli
Il nome “Auschwitz” è il nome tedesco della cittadina polacca di Oświęcim, nel sud del Paese. Nel febbraio 1940 Richard Glücks, supervisore di tutti i campi di concentramento nazisti, propose ad Himmler che quella zona paludosa e lontana dal Mondo diventasse il luogo adatto dove costruire un nuovo campo di concentramento. Il 20 maggio 1940 arrivarono i primi prigionieri politici.
I comandanti SS che trasformarono Auschwitz nel campo di sterminio furono il comandante Rudolf Hoess, il tenente colonnello Arthur Liebehenschel ed il maggiore Richard Baer.
Il nome “Auschwitz” può avere due accezioni: il solo campo oppure l'insieme di tre campi (Auschwitz, Birkenau e Monowitz), oltre ad altri 45 sotto-campi in un'area immensa: Birkenau, ad esempio attivato il 7 ottobre 1941, aveva un perimetro di 2.5 kmx2 km e fu un'estensione di Auschwitz.
I primi prigionieri di Auschwitz furono politici polacchi e si costruì anche una sede distaccata dall''azienda chimica I.G. Farben.
Appena davanti all'ingresso del campo, in alto appariva l'insegna “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi): si pensa che l'abbia voluta Rudolf Hoess, il primo comandante del campo.
Il 3 settembre 1941 venne usato per la prima volta lo Zyklon B: questo antiparassitario era a base di acido cianitrico prodotto in cristalli a contatto con l'aria diventava tossico e portava al soffocamento tra i tre e quindici minuti. Questo prodotto, bandito al termine del conflitto, era fabbricato proprio dalla I.G. Farben che aveva degli stabilimenti anche all'interno di Auschwitz: gli ebrei che lavoravano nella fabbrica, lavoravano per portare alla morte altri ebrei o anche loro stessi.
Nel luglio 1942 molti deportati furono spostati nel campo “gemello” di Birkenau.
Nel dicembre 1944 i nazisti sapevano che avrebbero perso a breve la guerra e che l'Armata Rossa avrebbe spinto verso ovest. Per questa ragione, Heinrich Himmler ordinò di distruggere tutti i forni e tutti i documenti all''interno di tutti i campi di sterminio presenti nel Reich.
Il 12 gennaio 1945 iniziò l'operazione militare “Vistola-Oder” che portò l'esercito sovietico nei pressi della Vistola, sconfiggendo l'esercito nazista dirigendosi verso Berlino. Il 17 gennaio ci fu l'evacuazione di Auschwitz e partì la “marcia della morte”, dove oltre 30 mila internati guidati dalle SS uscirono dai campi di concentramento e si diressero verso occidente, anche loro per non farsi trovare dal nemico.
Nel frattempo si distrusse il più possibile Auschwitz, in particolare i forni crematori, quei forni che riuscivano a cancellare fino a 4 mila cadaveri in un giorno. Sino a quel giorno risultavano essere ad Auschwitz almeno 31 mila persone. Dopo poche ore dall'evacuazione perirono circa 200 deportati che vennero lasciati ai bordi delle strade: veniva ucciso chi provava a scappare e chi non sarebbe riuscito ad affrontare l'intero percorso.
Il 27 gennaio 1945 l'Armata Rossa (la 60a armata del generale Kurockin del I° fronte ucraino) arrivò, dopo aver attraversato la Polonia, ad Auschwitz trovando il terrore: corpi ammassati, forni, uomini che ciondolavano magri come chiodi ed un silenzio irreale. Il Mondo quella mattina scoprì l'orrore del nazismo.
Si contò che ad Auschwitz morirono almeno 1,1 milioni di persone, la maggior parte provenienti da Ungheria, Polonia e Francia. Almeno 900 mila morirono nelle camere a gas e successivamente i loro corpi gettati nei forni, mentre altri 200 mila perirono per fame, malattia o fucilazioni o esperimenti.
Nei campi di concentramento nazisti morirono oltre 500 mila persone di etnia rom e oltre 2/3 di tutti gli ebrei presenti allora in Europa.
In questo contesto di morte e disprezzo della vita umana, Josef Mengele fu uno dei principali protagonisti.
Josef Mengele arrivò ad Auschwitz nel maggio 1943, nel pieno della “Soluzione finale”. Vi arrivò con la nomea di dottore preparato, meticoloso e conscio delle proprie capacità. In più, ebbe la fortuna di sostituire un collega.
Mengele era arrivato nel principale campo di concentramento nazista, quello più grande e quindi con più prigionieri. Il medico bavarese capì subito una cosa: avrebbe avuto la possibilità di migliorare i suoi studi direttamente...sul campo, usando come cavie le persone internate.
Mengele indossò sempre il camice bianco e parve una persona dalla doppia personalità: fuori dall'ambulatorio persona simpatica, affabile e cortese, ma nell'ambulatorio o in sala operatoria si trasformava, insultando, pretendendo tutto e facendo del male alle persone che passavano sotto di lui. Non a caso, Mengele passava in poco tempo dall'essere “lo zio Josef” o “l'angelo bianco” ad “angelo della morte”. Motivo? Andava di persona sulla banchina della “stazione” del campo di concentramento scegliendo di persona chi si sarebbe salvato e chi sarebbe stato mandato a morte. Mengele, tanto per capirci, aveva posto un limite di altezza per gli uomini e i ragazzini: se il deportato non era alto più di 150 cm, veniva mandato direttamente nelle camere a gas.
Ovviamente “salvato” dalla morte istantanea ed i prescelti furono mandati ai lavori forzati o a diventare cavie per i suoi esperimenti in nome della scienza. Ma la sua ossessione (medica) erano gli studi sui gemelli omozigoti, di tutte le età. Mengele poté fare tutti gli esperimenti che credeva perché nessuno gli avrebbe contestato e mai raccontato all'esterno le cose che faceva. Non tanto un fattore di omertà, ma rispetto verso un capitano e medico anche perché tutti nei campi erano allineati ad un unico pensiero: l'eliminazione di più persone possibili.
Mengele operò, fece esperimenti, sezionò, studio cadaveri senza che nessuno lo bloccò, ma il suo scopo non era causare la morte del prigioniero, ma capire e fare più ricerche possibili in nome della medicina e della l'eugenetica, diventando il medico più famoso del Mondo.
Non lavorava da solo, ma aveva un team di esperti al suo fianco che lo aiutavano nelle operazioni e nelle analisi. Il core dello studio di Mengele era l'ambiente sociale e la trasmissione dei caratteri, per non parlare dello studio delle persone con anormalità fisiche e mentali capendo cosa avesse portato quelle persone ad avere quelle problematiche per eliminarle nelle generazioni future.
Cosa fece di così malvagio Mengele ad Auschwitz?
Innanzitutto quando arrivavano i treni nella stazione del campo, lui era presente con i suoi collaboratori e le SS a visionare (e valutare) di persona chi scendeva: sceglieva subito, in seduta stante, chi si sarebbe (momentaneamente) salvato dalle camere a gas e chi no. Indistintamente.
Chi veniva salvato, era indirizzato verso le baracche ed avrebbe lavorato forzatamente. Ovviamente chi non ce l'avesse fatta a sopportare fatica, fame e malattie sarebbe stato portato nelle camere a gas a morire.
Sin dai tempi universitari, Mengele rimase molto colpito dalle persone con anomalie fisiche (disabili o persone affette da nanismo/gigantismo) e i gemelli. La sua domanda era: perché nascono questo tipo di persone? Per rispondere a questa domanda c'erano da fare studi e ricerche, ma il medico nazista poté andare oltre: poté fare esperimenti seduta stante senza che nessuno potesse interferire. Si suppone che nel periodo ad Auschwitz (oltre diciotto mesi di attività), Mengele passò in rassegna almeno 800 coppie di gemelli.
I prescelti (anche piccoli) venivano portati in una baracca distante dalle altre dove ebbero dei privilegi, come mangiare bene, avere letti veri ed essere intoccabili. Avevano abiti diversi, non avevano i capelli lunghi, svolgevano mansioni elementari e poco faticose. Addirittura per i più piccoli fu creata una sorta di area divertimenti dove lo stesso Mengele assistette di persona alla loro vita. I genitori pensavano che loro potessero essere salvati, ma si sbagliavano. Il motivo di questa gentilezza aveva un fine: essendo elementi da laboratorio, dovevano stare bene fisicamente e psicologicamente. I gemelli furono tatuati con la scritta “ZW” (“zwilling”, “gemelli” in tedesco) e li studiò nel dettaglio, facendo sempre loro non solo controlli, ma anche particolari attività.
Su queste persone erano stati sempre effettuati studi ad hoc, ma Mengele con la scusa di poter fare tutto senza che nessuno lo disturbasse andò oltre: esami e visite continue, trasfusioni di sangue, pressioni su parti del corpo per vedere la soglia del dolore se era la stessa per entrambi, escoriazioni e bruciature con sostanze chimiche per vedere la reazione della pelle. Per non parlare di continui controlli, al limite dell'esasperazione e della tortura. Se gli scienziati dei laboratori per fare i test usavano animali, Mengele usava i gemelli. Sempre in coppia: si analizzavano insieme, mai separati.
Si disse che una volta prese una coppia di gemelli rom e cercò di unirli tra loro, creando una sorta di gemelli siamesi creati in laboratorio. Ovviamente i bambini morirono poco dopo.
Mengele spinse tutto quanto fino alla morte dell'internato, soprattutto se non era un gemello: se sopravviveva alla fine del ciclo degli esperimenti, ma non era più adoperabile, veniva ucciso personalmente da Mengele o con un colpo di pistola o con una puntura di fenolo, un potente acido derivato dal benzene.
Mengele tenne sempre contatti con il professor von Verschuer, spiegandogli sempre gli esperimenti ed i risultati ottenuti, positivi o negativi che fossero.
Per Mengele, la genetica doveva essere analizzata nel profondo perché questa era la base della razza ariana, la migliore secondo i nazisti e questa doveva essere mantenuta nella sua purezza. Ergo, eliminare tutto ciò che potesse contaminarla: ebrei, rom, omosessuali, persone con disturbi psico-fisici.
Mengele fece esperimenti su oltre 3mila bambini, in particolare sui rom perché secondo lui avevano una predisposizione ad alcune problematiche: nel caso dell'analisi della stomatite gancrenosa (malattia che colpiva i bambini rom del tempo), Mengele non li curava ma aspettava che morissero per studiare poi i motivi delle causa di questa malattia.
I gemelli che non soddisfacevano i suoi esperimenti venivano uccisi nelle camere a gas. I cadaveri non venivano mandati nei forni crematori o seppelliti nelle fosse comuni, ma sezionati e studiati.
Se un gemello moriva, l'altro in vita veniva ucciso anche lui con il fenolo. Scopo: vedere da vicino la morte contemporanea di due gemelli, una cosa difficilissima in natura.
Nell'agosto 1944, il Blocco 10 (quello di cui fece i maggiori esperimenti) fu completamente eliminato e da quel momento si dedicò completamente ai gemelli.
I bambini venivano poi operati senza anestesia per vedere la soglia del dolore e a questi venivano amputati organi e parti del corpo: una cosa al di là di ogni concezione medica e di rispetto della vita umana.
Mengele ed il suo staff redigevano ogni volta rapporti con i risultati e gli esperimenti effettuati e parti dei cadaveri venivano inviati a Berlino all'Istituto di ricerca biologica-razziale dove venivano analizzati maggiormente. Un altro esperimento che compiva Mengele era l'eterocromia: scolorire l'iride con iniezioni di metilene blu. L'iride si scoloriva, ma l'internato non solo iniziava a stare male, ma diveniva anche cieco. Ergo, puntura di fenolo e forno crematorio perché non serviva più.
Va da sé che gli esperimenti compiuti da Mengele erano inutili, crudeli e senza basi scientifiche. Come dire: se va bene ok, sennò niente cambieremo strategia medica. Solo che c'era in gioco la vita di persone innocenti e lui era conscio di quello che faceva, essendo stato sempre lucido e consapevole.
E lui aveva questa nomea: non indossando la divisa da militare, ma sempre il camice bianco, Mengele dava sicurezza e fiducia. E anche lui fuori dal laboratorio non dava segni di “squilibrio”. “Squilibrio” che venne fuori durante gli esperimenti. Mengele fu, nei piani nazisti:
l'uomo giusto → grande esperto di eugenetica e studi sull'eredità dei geni;
al posto giusto → Auschwitz, il campo di concentramento più grande di tutti, quindi con più internati;
al momento giusto → da maggio 1943, Auschwitz si trasformò da luogo di internamento e lavori forzati a campi di vero sterminio.
Durante il suo soggiorno ad Auschwitz, per la sua efficienza e dedizione al lavoro, Mengele fu promosso a responsabile sanitario del campo. Fra le “gesta” che gli valse la promozione, ci fu l'aver risolto in poco tempo un problema di tifo all'interno di una baracca: fece uccidere tutte le persone che vi risiedevano.

La scoperta dei campi di concentramento. La fine della guerra. L'apertura del processo di Norimberga.
Come già detto, l'8 maggio 1945 si concluse la guerra in Europa con la caduta della Germania e la sua resa senza condizioni ed il 2 settembre in Asia con la resa del Giappone dopo i due bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Ma già dal 1943 la vittoria della guerra aveva già preso la via degli Alleati.
Con le conferenze di Teheran, Yalta e Potsdam, le Nazioni vincitrici della Seconda guerra mondiale decisero che al termine del conflitto si sarebbe istituito un tribunale ad hoc per punire i nazisti.
L'8 agosto 1945, con l'accordo di Londra venne istituito il Tribunale Militare Internazionale di Berlino: tutto era pronto per l'apertura del primo processo contro militari per crimini di guerra e contro l'umanità.
Il 20 novembre 1945 a Norimberga si aprì il processo. Venne scelta la città bavarese in quanto aveva un peso specifico maggiore rispetto alla capitale Berlino (seriamente danneggiata dopo l'attacco alleato) e a Monaco di Baviera: Norimberga è stata la città dove si tennero le parate annuali del partito nazista e dove vennero stilate le “leggi di Norimberga”. A differenza della capitale, Norimberga non venne molto danneggiata ed il locale tribunale era praticamente inviolato ed era nella zona di influenza americana, quindi più al sicuro.
Si tennero due tipi di processi: uno contro i gerarchi e altri dodici sotto-processi, per un totale di duecento nazisti coinvolti. Gli imputati erano i vertici del partito nazista: le SchutzStaffel (SS), la SicherheitsDienst (SD), la Gestapo, le SturmAbteilung (SA) e i vertici della Wermacht. Le quattro Nazioni fornirono al processo, per ciascuna, un giudice, un sostituto e vari procuratori.
Il processo principale fu quello contro i gerarchi. Non vi presero parte Adolf Hitler, Heinrich Himmler e Joseph Goebbels in quanto morirono prima che la guerra finisse: il 30 aprile 1945 il Führer si suicidò con un colpo di pistola alla testa, così come la moglie Eva Braun e i corpi bruciati affinché non venissero dati ai sovietici; il 23 maggio il capo delle SS inghiottì una pastiglia di cianuro dopo essere stato arrestato dagli inglesi; il 1° maggio la moglie di Goebbels, Magda, fece narcotizzare ed avvelenò con una pastiglia di cianuro i loro sei figli e poco dopo venne uccisa dal marito con un colpo di pistola e lo stesso fece lui poco dopo su se stesso e i loro due cadaveri vennero bruciati.
Le imputazioni verso i militari tedeschi erano cospirazione; crimini contro la pace (per aver diretto guerre d’aggressione contro altri Stati, scatenando la guerra e commettendo la violazione di trentaquattro trattati internazionali); crimini di guerra (violazioni del diritto internazionale bellico); crimini contro l’umanità (il genocidio del popolo ebraico europeo). La Corte era presieduta dal giudice britannico Geoffrey Lawrence ed i giudici per definire i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e i crimini contro la pace usarono le convenzioni di diritto internazionali allora vigenti (Convenzione de L'Aia, Convenzioni di Ginevra, patto Briand-Kellogg).
Il processo si chiuse (praticamente) il 1° ottobre 1946 con dieci condanne a morte (il ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop; il comandante delle forze armate Wilhelm Keitel; il comandante dell'Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, Ernst Kaltenbrunner; l'ideologo del partito e padre delle teorie razziste Alfred Rosenberg; il governatore della Polonia occupata Hans Frank; il ministro degli Interni Wilhelm Frick; l'editore del periodico antisemita e razzista Der Stürmer” nonché istigatore all'odio razziale Julius Streicher; il plenipotenziario del programma di sfruttamento del lavoro dei prigionieri nei campi di concentramento Fritz Sauckel; il vicecomandante delle forze armate e firmatario della dichiarazione di resa incondizionata della Germania Alfred Jodl; l'ex cancelliere austriaco nonché autore dell'anschluss, commissario del Reich nei Paesi Bassi e ultimo ministro degli Esteri Arthur Seyss-Inquar). Tre ergastoli furono comminati al vice-Fuhrer e prigioniero politico in Scozia Rudolf Hess; il Ministro dell'Economia Walther Funk ed il comandante della marina Erich Raeder.
Fu condannato a 10 anni il Presidente del Reich (e firmatario dell'armistizio) Karl Donitz; a quindici l'ex Ministro degli Esteri fino al 1938 e successivamente governatore dei protettorati di Boemia e Moravia Konstantin von Neurath; a 20 anni il ministro per gli armamenti Albert Speer ed il leader della Gioventù hitleriana Baldur von Schirac. Ci furono anche tre assoluzioni per l'ex cancelliere della Repubblica di Weimar ed ambasciatore tedesco in Austria e Turchia Franz von Papen; il conduttore radiofonico e capo del notiziario del Ministero della Propaganda nazista Hans Fritzsche; l'economista Presidente della Banca del Reich e per due anni Ministro dell'Economia Hjalmar Schacht.
Altri due imputati si tolsero la vita prima dell'esecuzione capitale: il comandante della Luftwaffe e Presidente del Reichstag Hermann Göring si uccise la sera prima dell'esecuzione con una pasticca di cianuro, mentre il leader del sindacato corporativistico del lavoratori tedeschi, Robert Ley, si uccise il 25 ottobre 1945. Martin Bormann, successore di Hitler alla guida del NSDAP, suo segretario capo della cancelleria, riuscì a scappare dalla Germania prima della fine della guerra e fu condannato a morte in contumacia: non si seppe mai se morì durante la battaglia di Berlino o dopo, ma fu dato per vivo al momento del Processo e quindi era un imputato. Fu accertato che morì in Paraguay nel 1959).
Con i processi secondari (9 dicembre 1946 - 13 aprile 1949) ci furono 24 condanne a morte, venti ergastoli, novantotto condanne da 18 mesi a 25 anni di carcere e trentacinque assoluzioni.
Durante il primo processo, molti degli imputati non si pentirono di ciò che fecero, mentre alcuni sostennero di non avere colpe in quanto eseguirono ordini superiori. Qualcuno si pentì (Hans Frank ed Albert Speer) e chiese perdono per il male compiuto.
I sette gerarchi condannati al carcere furono sistemati, a partire dal 18 luglio 1947, presso il carcere di Spandau, nella zona ovest di Berlino, una struttura nata per punire i reati di carattere militare e, con la nascita della Repubblica di Weimar, anche per reati di stampo civile. Dei sette carcerati, Rudolf Hess fu quello che vi rimase più a lungo (vi morì nel 1987) condannato all'ergastolo; gli altri due ergastolani (Erich Raeder e Walter Funk) vi uscirono per motivi di salute prima della loro morte; Konstantin von Neurath, condannato a 15 anni, ne uscì dopo sette. Tutti gli altri condannati scontarono interamente la loro condanna. Dal 1966 al 1987 il carcere ebbe il solo Hess come “ospite”. Con la morte dell'ex vice Hitler, la struttura carceraria venne rasa al suolo.
Perché Josef Mengele non comparve tra gli imputati del Processo, lui che ebbe gravi colpe? Morì prima del processo? No. E che fine fece? Non fu processato perché era scappato all'estero. Come lui, tanti altri nazisti che se fossero stati processati sarebbero difficilmente scampati all'impiccagione.
La fuga in Sudamerica. La morte misteriosa.
Mengele usufruì della “Rat line”, una via creata per consentire la fuga dei gerarchi nazisti e dei loro vari collaboratori per non essere giudicati al processo di Norimberga. Scopo di tale operazione era quello di nascondere queste persone. La “Rat Line” fa parte di quel progetto passato alla storia con il nome di “Odessa” (acronimo italianizzato de “Organizzazione degli ex-membri delle SS”).
Oltre a lui come beneficiari si ricordano (tristemente) il comandante di Treblinka, Franz Strangl; Erich Priebke, il “boia delle fosse Ardeatine”; Klaus Barbie, il “macellaio di Lione”; Walter Rauff l'inventore del “gas wagen” e un'altra moltitudine di persone che scapparono in Sud America dove trovarono governi in grado di dar loro riparo, in quanto neutrali, cattolici e governativamente vicini al nazifascismo, con la presenza di ampie comunità tedesche nei loro confini, come nel caso di Brasile e Argentina.
Nonostante la guerra si stesse concludendo in sfavore della Germania e l'arrivo verso ovest dell'Armata rossa, il medico nazista chiuse “in bellezza” il suo operato ad Auschwitz prima del 27 gennaio: fece scendere i passeggeri di un treno da poco arrivato ad Auschwitz e si disse mandò a morire nelle camere a gas 480 dei 506 arrivati con quel treno.
Con la fine della guerra, Mengele scappò in Sudamerica. Ma non partì dalla Germania, ma da Genova. La “fortuna” di Mengele fu quella di non essere un ricercato (per il momento), visse nel completo anonimato.
Come tanti nazisti, usufruì di un sistematico scambio di documenti falsi che attestavano false identità, così da non essere perseguiti. Come per Adolf Eichmann, anche Mengele poté beneficiare dei documenti falsi rilasciati a Termeno, in Alto Adige, da persone compiacenti verso il nazismo.
Se Eichmann era diventato “Ricardo Klement”, Josef Mengele divenne “Helmut Gregor”. E quando loro salparono, nessuno conosceva i loro volti.
Marcelo salpò dall'Italia verso il Sud America, arrivando in Paraguay, paese il cui governo (sopratutto sotto la guida di Alfredo Stroessner), molto vicino ai regimi dittatoriali europei degli anni Trenta, accolse davvero a braccia aperta molti tedeschi e personaggi coinvolti in crimini verso l'umanità.
Fino al 1955, “l'angelo della morte” rimase in Paraguay per poi trasferirsi in Argentina: gli arrivò una soffiata che i cercatori di criminali nazisti erano da quelle parti. Rimase in Argentina fino al 1960 per poi andare in Brasile. Nonostante la paura di essere beccato, processato ed ucciso, Mengele seminò molti indizi sulla sua presenza in Sud America, ma riuscì sempre a farla franca.
L'arresto di Eichmann lo aveva scosso e, sentendosi braccato, decise di andare in Brasile: vi rimase fino alla morte, cambiando identità. Fece il meccanico ed altri lavori lontani dalla professione di medico, ma si scoprì che aveva aperto, illegalmente, un ambulatorio dove esercitava aborti clandestini.
Mengele nella sua latitanza Sudamericana non rinnegò ciò che fece, confrontandosi anche con altri nazisti scappati come lui e si pensa, ma non è stato mai accertato, che ci sia il suo zampino dietro al primato del piccolo paese brasiliano di Cândido Godói, nel Rio Grande do Sul, dove dagli anni Sessanta in avanti si ebbero tantissimi parti gemellari. E tutti erano di carnagione chiara con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Praticamente, tutti di “razza ariana”.
Nel 1985 si seppe che Josef Mengele era morto, o meglio era morto Wolfgang Gerhard e nel 1992 il suo cadavere venne riesumato e dall'esame del DNA si ebbe la conferma che quel cadavere era di Josef Mengele, interrato in un cimitero di Embu das Artes.
Si scoprì che il criminale nazista era morto il 7 febbraio 1967 mentre faceva il bagno al largo di Bertioga, nella zona di San Paolo. Aveva 67 anni e morì impunito per i suoi crimini.

Mengele, pazzo e consapevole
Parlare oggi di Josef Mengele significa parlare di ciò che l'umanità non dovrà mai dimenticare: il genocidio degli ebrei, gli esperimenti, l'Olocausto, la Shoah.
Mengele usò i suoi studi e la mancanza di controlli per esercitare il male sugli innocenti: esperimenti indicibili, violenze psicologiche, sezionamenti e altre barbarie in nome di una “presunta” scienza.
La domanda è: Mengele era un pazzo? Si. Sapeva quello che faceva? Assolutamente sì. Perché nessuno lo fermò? Perché il contesto in cui “operò” non prevedeva che si dicesse qualcosa contro di lui. Tutti erano con lui e a nessuno venne in mente di dirgli qualcosa, anche perché Mengele era davvero bipolare: fuori dall'ambulatorio era in un modo, dentro all'esatto opposto, prendendosela non solo con i “pazienti”, ma anche con il suo personale.
Se Eichmann è parso banale, anonimo, frustato e una persona come tante, Mengele è stato l'opposto (e questo lo si sa dalle memorie lasciate da chi ha collaborato con lui): uomo colto, raffinato, studioso fino allo stremo, ambizioso ed assetato di conoscenza. Tutto l'opposto di Eichmann.
Su Mengele sono stati scritti molti libri e girati diversi film: il più noto è “Medico ad Auschwitz” di Miklós Nyiszli, mentre le pellicole più note sono “I ragazzi venuti dal Brasile (tratto dall'omonimo libro di Ira Levin), “Il mai nato” e “Il centipede umano”.
Mengele è stato l'uomo malvagio, folle, crudele ed inquietante di tutto il decennio nazista che nell'idea di Hitler doveva essere millenario, ma che, fortunatamente, durò poco. Ma nonostante questo, rimane sempre un decennio di morte e distruzione.
Mengele non era un militare e non fu uno stratega. Era un medico, una persona che avrebbe dovuto curare e che invece portò alla morte migliaia e migliaia di persone per colpa dei suoi esperimenti. E quei pochi che sopravvissero, raccontarono di aver visto cose che mai avrebbero potuto credere potesse fare un uomo.
Su Mengele, come tanti nazisti, pendono diversi interrogativi: che fine hanno fatto i suoi scritti, chi lo ha aiutato nella sua fuga in Sud America, chi lo ha coperto durante la sua fuga e chi ha fatto in modo che di lui si perdessero le tracce fino a quando, per caso, non si scoprì che era sepolto in un cimitero di un anonimo paese del Brasile?
Mengele è stato crudele, senza cuore, cattivo e perfido. Un uomo da dimenticare, ma allo stesso tempo da non dimenticare perché ciò che lui ha fatto, e i nazisti con lui, venga ricordato per le generazioni future.


Bibliografia
AA.VV.,Hitler. Pro e contro, a cura di P. Bianchi e L. Aleotti, dossier Mondadori, Mondadori, Milano, 1972;
A. Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano, 1964;
J. Camarasa, Mengele. L'angelo della morte in Sudamerica, Garzanti Libri, Milano, 2011;
A. Casazza, La fuga dei nazisti. Mengele, Eichmann, Priebke, Pavelic da Genova all'impunità, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2007;
E. Collotti, La soluzione finale. Lo sterminio degli ebrei, Newton&Compton Editori, Roma, 2005;
E. Davidson, L'ascesa di Adolf Hitler. Come nacque e si affermò il nazismo in Germania nel primo trentennio del Novecento, Newton&Compton Editori, Roma, 2015;
A. Frank, Diario, Mondadori Editore, Milano, 1959;
G. Green, Olocausto, Sperling & Kupfer, Milano, 1979 O. Guez, La scomparsa di Josef Mengele, Neri Pozza, Milano, 2018;
R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi, Torino, 1999;
A. Hitler, Mein Kampf. Le idee che furono alla base di una delle più grandi tragedie dell'umanità, Edizioni Clandestine, Carrara, 2016;
E. Husson, Heydrich e la soluzione finale. La decisione del genocidio, Einaudi, Torino, 2010;
A. Nagorski, Sulle tracce dei criminali nazisti. Da Eichmann a Mengele, la storia vera dei nazisti sfuggiti al processo di Norimberga, Newton Compton, Roma, 2017;
P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino, 1992;
V. Pappalettera, Tu passerai per il camino. Vita e morte a Mauthausen, Mursia, Milano, 1965;
S. Pivnik, L'ultimo sopravvissuto. La testimonianza mai raccontata del bambino che da solo sfuggì agli orrori dell'Olocausto, Newton&Compton Editori, Roma, 2012;
S. Venezia, Sonderkommando Auschwitz, Rizzoli, Milano, 2007;
A. Wieviorka, Auschwitz spiegato a mia figlia, Einaudi, Torino, 1999;
  • TAG: nazismo, olocausto, mengele, soluzione finale, auschwitz

Articoli pubblicati da Simone Balocco e Paola Maggiora


Note legali: il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001.
La responsabilità di quanto pubblicato è esclusivamente dei singoli Autori.

Sito curato e gestito da Paolo Gerolla
Progettazione piattaforma web: ik1yde

www.tuttostoria.net ( 2005 - 2023 )
privacy-policy