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La guerra per l'Eurasia [ di Davide Papini ]

Oggi, a settant'anni dalla fine dell'immane conflitto passato alla storia con il nome di Seconda Guerra Mondiale, si può senza alcun dubbio sostenere che gli eventi bellici succedutisi dal 1939 al 1945 sono la diretta conseguenza della strategia elaborata dalle forze atlantiste allo scopo di estendere il loro potere su scala planetaria. Le forze atlantiste costituivano un composito schieramento di élites (dinastie bancarie, magnati industriali, leader politici, personalità culturali), accomunate da ingenti interessi materiali e dalla medesima visione del mondo. Al vertice delle forze atlantiste si trovavano le grandi banche d'affari che imperavano nella City e a Wall Street e il cui obiettivo precipuo era quello di trasformare il pianeta in unico mercato globale, dove qualsiasi transazione economica si sarebbe dovuta effettuare unicamente con la moneta che questi usurocrati avrebbero prestato ai popoli della terra in cambio del loro indebitamento perenne. Facevano parte integrante delle forze atlantiste le varie massonerie e le diverse istituzioni mondialiste, quali, ad esempio, il Council on Foreign Relations o il Royal Institute of International Affairs. Il loro compito era di assoluto rilievo, poiché dovevano diffondere nelle società occidentali il catechismo del nuovo ordine mondiale atlantista, di cui il mercatismo e il cosmopolitismo costituivano gli elementi basilari. Le istituzioni mondialiste non erano altro che una filiazione delle preesistenti massonerie, se si pensa che i membri più in vista delle prime appartenevano sempre anche alle seconde, da cui in realtà provenivano portandone avanti le finalità. Massonerie e istituzioni mondialiste operavano in maniera complementare - meno visibilmente le prime, più apertamente le seconde - ma sempre secondo la volontà della cerchia finanziaria dominante che, attraverso di loro, cercava di guidare i mutamenti politici restando dietro le quinte della vita pubblica. Tutto questo non era poi così difficile da ottenersi, considerando che lorsignori potevano contare su establishment politici ben ammaestrati e pronti a recepire qualunque istanza proveniente dall'alto. Già da alcuni secoli i governi occidentali dipendevano in vario modo dai prestiti dei grandi banchieri, ma fu solo nella seconda decade del Novecento, con la "istituzionalizzazione" del debito, che tale rapporto di subordinazione dei primi ai secondi si trasformò in un vero e proprio sistema di sudditanza delle classi politiche nazionali all'alta finanza anglofona di estrazione giudaica e protestante. Dunque, è a partire da questo momento che si può parlare di atlantismo inteso come progetto ideologico ed economico per l'accaparramento totale delle ricchezze della terra da parte delle summenzionate élites, che, ancora per tutto il diciannovesimo secolo, avevano operato attraverso la vecchia talassocrazia britannica, mentre, nel corso del Novecento, si appoggeranno stabilmente alla superpotenza statunitense per il perseguimento dei propri scopi. Negli anni tra le due guerre si assiste al passaggio dello scettro imperiale dalle mani dell'Inghilterra a quelle degli Stati Uniti. Infatti, agli inizi del ventesimo secolo la produzione industriale americana superava ormai quella di Germania e Gran Bretagna messe insieme. Inoltre, le dimensioni continentali, il costante incremento demografico, la ricchezza del sottosuolo, le grandi disponibilità alimentari ed energetiche e l'assenza di potenziali stati nemici ai confini facevano degli USA la sede ottimale del potere atlantista, il cui atto ufficiale di nascita può essere fatto risalire al 1913, anno in cui fu costituita la Federal Reserve, ossia la banca centrale degli Stati Uniti, con la quale i grandi banchieri internazionali - che ne erano i veri proprietari - s'impossessavano definitivamente del sistema finanziario americano. Con l'asservimento del governo statunitense ai propri voleri, le forze atlantiste ponevano le condizioni per uniformare il mondo al predominio del denaro e del mercato. Tra l'Inghilterra e gli Stati Uniti si era ormai creato un rapporto privilegiato per mezzo del quale si muovevano la speculazione e il commercio internazionali che venivano gestiti dalle centrali affaristiche della City e di Wall Street, i due poli del potere atlantista, che, dopo la creazione della Federal Reserve, controllavano da est a ovest, senza interferenze di sorta, il vasto spazio oceanico. La regione nord-atlantica era divenuta il baricentro economico e finanziario del mondo. Tutto questo determinò una svolta epocale perchè, pur continuando ad agire sotto traccia, le forze atlantiste - al vertice delle quali si trovavano le grandi dinastie bancarie - avevano assunto nelle loro mani un potere smisurato che gli permetteva di disporre a proprio piacimento dei vari partiti politici. Quest'ultimi potevano essere di destra o di sinistra, poco importava. Qualsiasi programma adottassero, alla fine dovevano comunque introdurre sempre nuove imposte e tassare i redditi dei cittadini per poter pagare la moneta ricevuta in prestito da lorsignori. Ben mimetizzato all'interno degli imperi marittimi anglofoni, l'atlantismo si caratterizzò fin da subito come un sistema che mirava a istituzionalizzare ed eternare il debito, e che per prosperare aveva bisogno di espandersi economicamente, politicamente, militarmente e culturalmente in ogni parte del globo terrestre. La conquista del mondo da parte di esso iniziò nel 1917 con l'intervento statunitense sul continente europeo per decidere le sorti della Prima Guerra Mondiale a favore dello schieramento capeggiato dalla talassocrazia inglese. Proseguì con la Conferenza di Parigi, i trattati di pace e la formazione di nuove entità statali che dovevano servire a isolare e circondare le due potenze continentali uscite sconfitte dalla guerra (Germania e Russia). La nascita della Società delle Nazioni nel 1919 avrebbe dovuto garantire il mantenimento dello statu quo a livello internazionale. Nel progetto di dominio atlantista rientravano anche il Piano Dawes (1924) e il Piano Young (1929), con i quali si mirava all'assoggettamento dell'economia tedesca - e conseguentemente dell'economia europea - alle corporation e ai mercati finanziari di Wall Streeet e della City. Nel corso degli anni Trenta, però, la marcia trionfale dell'atlantismo subì una battuta d'arresto per il progressivo sganciamento dell'Italia fascista dal blocco occidentale, per l'ascesa al potere in Germania del nazionalsocialismo, per il rafforzamento militare della Russia sovietica e per la penetrazione nipponica sul territorio cinese. Si poteva determinare un rimescolamento del quadro geopolitico mondiale nel caso in cui fosse sorta una grande alleanza eurasiatica tra Roma, Berlino, Mosca e Tokyo. La Francia, per non finire schiacciata dalla pressione esercitata dalle potenze di terra, avrebbe dovuto inevitabilmente aderire a questa unione antiatlantista, mentre l'Inghilterra, senza il partner francese, si sarebbe limitata a svolgere il ruolo puramente passivo di antemurale degli Stati Uniti a ridosso delle coste europee. Fu, quindi, per scongiurare uno scenario simile che l'atlantismo pianificò l'aggressione all'Eurasia. Bisognava agire al più presto per impedire che le tellurocrazie potessero saldarsi in una poderosa coalizione continentale in grado di fronteggiare la talassocrazia americana. C'erano sicuramente dei presupposti per una effettiva intesa eurasiatica, ma tale prospettiva si sarebbe rivelata irrealizzabile per l'insanabile contrasto esistente tra le linee espansive della geopolitica tedesca e quelle della geopolitica russa. Lo spazio europeo a disposizione di Germania e Russia era troppo ristretto per consentire loro una soddisfacente espansione e così il patto siglato nell'agosto 1939 tra questi due stati andò in frantumi già nel novembre 1940, quando si manifestò chiaramente l'inconciliabilità delle rispettive geopolitiche. Schematizzando, si potrebbe dire che Berlino guardava verso gli enormi spazi del bassopiano sarmatico, mentre Mosca verso le aree industriali della penisola europea. Era inevitabile che le due potenze entrassero in collisione, nonostante vi fossero da entrambe le parti personalità di un certo rilievo che invece auspicavano il raggiungimento di un accordo strategico tra Germania e Russia. Una comune politica estera antibritannica - e quindi, di riflesso, antiatlantista - era il solo e unico fondamento su cui si sarebbe potuta costruire una superba lega di terra russo-tedesca. Soffermandoci su questo aspetto, riteniamo logico considerare che l'iniziativa per la costituzione di un'alleanza tellurocratica sarebbe dovuta partire innanzi tutto dalla Germania, per la posizione centrale che essa occupava nell'Eurasia cisuralica. Compressa tra Francia e Russia, la Germania doveva necessariamente allearsi con uno dei due stati se voleva prevalere sull'altro, non essendo affatto attrezzata per poterli affrontare e sconfiggere contemporaneamente. Prima di qualsiasi altro fattore, era la geografia stessa a suggerire alla Germania la necessità di stabilire un asse politico che corresse in senso latitudinale verso Parigi o verso Mosca. Considerando che la Francia svolgeva ormai il ruolo di gendarme europeo per conto delle talassocrazie atlantiche - le quali, in caso di guerra, avrebbero nuovamente utilizzato il suo territorio come testa di ponte sul continente - per la Germania non rimaneva altra scelta che la collaborazione con la Russia per tenere le forze atlantiste lontano dall'Eurasia. Del resto, le potenzialità insite in un simile connubio si sarebbero manifestate in tutta evidenza nella campagna di Francia del maggio-giugno 1940. Il successo conseguito dalle armate tedesche era stato reso possibile dal fatto che la Germania aveva potuto attaccare il fronte occidentale avendo le spalle coperte dal patto Molotov-Ribbentrop. Sebbene si fosse giunti a esso dopo il sostanziale fallimento delle negoziazioni anglo-francesi con la dirigenza sovietica per arginare il dinamismo della politica estera hitleriana, il trattato di non-aggressione tra la Germania e la Russia avrebbe potuto sicuramente costituire l'incipit di una strategia eurasiatica finalizzata all'affermazione della leadership continentale russo-tedesca. A partire dall'autunno del 1939 essa mosse qualche passo, ma non si concretizzò in un'alleanza operativa contro le potenze talassocratiche. Già nell'autunno successivo - dopo la visita di Molotov a Berlino (12-14 novembre 1940) - si presentava irrimediabilmente incrinata. Il patto tra le due tellurocrazie non ebbe mai un carattere strategico, ma solo la funzione tattica di rinviare/ritardare lo scontro tra la geopolitica russa e quella tedesca. Nel 1939 Hitler si trovò costretto, suo malgrado, a combattere contro le potenze occidentali una guerra che non aveva mai voluto. Infatti, uno dei punti fermi della sua politica estera era quello di riuscire a stabilire un rapporto privilegiato con Londra, senza il quale reputava indubbiamente più difficile perseguire gli obiettivi storici della geopolitica germanica, ovvero la riunione nel Reich della diaspora tedesca e l'espansione verso est. Si può anzi sostenere che Hitler rimase fedele a questo presupposto anche durante il conflitto, guardandosi bene dal colpire gli interessi vitali dell'Inghilterra. Non solo permise al corpo di spedizione britannico di fuggire dalla sacca di Dunkerque, lasciando così intendere che non era sua intenzione proseguire la lotta sul suolo inglese, ma nei mesi immediatamente successivi optò per una sorta di blocco delle ostilità (eccezion fatta per la sterile battaglia aerea sopra i cieli dell'Inghilterra), rinunciando alla possibilità di occupare Gibilterra e di marciare su Suez. Si deve alla ingenua magnanimità hitleriana, e alla inconcludenza militare italiana, se nella critica estate del 1940 gli inglesi poterono mantenere le loro posizioni nel delicato scacchiere mediterraneo. Hitler non era intenzionato a minare le fondamenta del sistema imperiale britannico, dal cui crollo i tedeschi non avrebbero tratto alcun beneficio, ma solo a riequilibrare i rapporti di forza tra Germania e Inghilterra in vista di una loro collaborazione strategica a livello internazionale. Per questo si disinteressò del Nord Africa e del Medio Oriente. I primi contingenti tedeschi arrivarono in Libia solo nel febbraio 1941 per sorreggere il malconcio alleato italiano, che in seguito all'operazione Compass (dicembre1940) era stato sloggiato dalla Cirenaica. Hitler intervenne in Nord Africa per puntellare quel fronte e non con l'intento specifico di "mediterraneizzare" il conflitto. Anche la politica di penetrazione in Medio Oriente fu alquanto timida e incerta e nella primavera-estate del 1941 fallì miseramente, permettendo agli inglesi di riacquisire il totale controllo della regione. Poiché nel Mein Kampf non era contemplata né l'invasione del Medio Oriente né la distruzione dell'impero britannico, bensì la conquista di uno spazio vitale a est e l'alleanza con l'Inghilterra, non ci si deve affatto stupire se le armate tedesche non marciarono su Suez e non acquisirono il controllo - come sarebbe stato loro possibile tra l'estate e l'autunno del 1940 - dei preziosissimi pozzi petroliferi iracheni e persiani. Si può così tranquillamente affermare che la Germania perse lo scontro continentale con la Russia perché Hitler si rifiutò innanzi tutto di estromettere la potenza britannica dall'area mediterranea e mediorientale. Innanzi tutto, il pericolo inglese in Eurasia sarebbe stato neutralizzato. Asserragliati nella loro isola, gli inglesi avrebbero sicuramente continuato la lotta in attesa dell'intervento della talassocrazia americana, ma la contesa si sarebbe svolta ai margini del continente eurasiatico (principalmente sui mari e in Africa). Inoltre, le forze italo-tedesche si sarebbero impossessate delle fonti petrolifere indispensabili per il proseguo della guerra. Infine, si sarebbe ottenuto il coinvolgimento attivo nella politica dell'Asse di nazioni benevolmente neutrali come la Spagna e la Francia di Vichy, oltre al prevedibile sostegno degli stati balcanici e della Turchia. La penisola europea, intesa come parte terminale della massa eurasiatica, si sarebbe davvero presentata come una Festung Europa impenetrabile agli attacchi delle talassocrazie. Solo in questo modo la Germania avrebbe potuto confrontarsi con la Russia da posizioni di forza. Infatti, avendo debellato il nemico inglese e avendo riunificato in una grande coalizione continentale le nazioni dell'Eurasia cisuralica, essa avrebbe potuto stringere la Russia in una sorta di tenaglia i cui bracci sarebbero andati dal Baltico al Caucaso. Sarebbe stato Hitler a dettare le regole del gioco ed egli avrebbe potuto decidere tra le seguenti opzioni: o indurre la dirigenza sovietica alla trattativa per l'ingresso nel Tripartito, indirizzando quindi la spinta espansiva russa verso il golfo Persico e l'India; oppure conquistare lo spazio vitale per il Reich tedesco nel Bassopiano Sarmatico, aggredendo la Russia sia frontalmente che dal fianco sud-orientale, con il vantaggio non indifferente di costringere l'Armata Rossa a disperdere in più settori le proprie forze (senza dimenticare che incombeva pure in Estremo Oriente la minaccia nipponica). Considerato tutto ciò, si potrebbe essere indotti a pensare che Hitler non abbia agito nei termini in cui sarebbe stato più conveniente per la Germania perchè non era in grado di capire gli enormi vantaggi derivanti dal portare la guerra nel Mediterraneo. In altre parole, gli sarebbe sfuggita la visione complessiva del conflitto con le sue varie implicazioni strategiche e geopolitiche. La verità, però, è tutt'altra: Hitler considerava l'Inghilterra come l'alleato naturale della Germania e, dunque, non poteva concepire una guerra di annientamento contro di essa. L'obiettivo principale del Terzo Reich non era quello di mettere in discussione il dominio britannico dei mari o di ingrandirsi a spese dei possedimenti imperiali di Sua Maestà, bensì quello di espandersi nell'immensa pianura russa. Tutto ciò si trova scritto, apertis verbis, nel Mein Kampf. Questa è la ragione per cui Hitler, in pratica, si rifiutò di combattere una guerra che poteva vincere per rischiare tutto in un conflitto dall'esito incerto contro il gigante sovietico. Fu la fortuna di lorsignori che le tellurocrazie eurasiatiche, anzichè saldarsi in un'alleanza continentale antiatlantista, alla fine si fecero una guerra senza quartiere da cui uscirono entrambe dissanguate. Sia a Berlino che a Mosca prevalse l'idea che si dovesse risolvere con la forza la contraddizione di due spinte geopolitiche che si contendevano più o meno lo stesso spazio geografico. Fu così che nel giugno 1941 il Drang nach Osten tedesco venne a cozzare con il Drang nach Westen russo. Dello scontro furibondo tra le due potenze di terra ne approfittò l'atlantismo che, attraverso la forza della talassocrazia americana, riuscì a insediarsi stabilmente sul continente eurasiatico. Pur sconfiggendo la rivale tedesca, la tellurocrazia russa perse la guerra per l'Eurasia perchè l'Armata Rossa si fermò a Berlino. La Russia costituì, a protezione dei propri confini, una cintura di stati satelliti nella parte centro-orientale della penisola europea, ma il resto di essa cadde sotto il controllo politico e militare dell'atlantismo. La guerra tra Berlino e Mosca aveva finito per servire egregiamente gli interessi della plutocrazia occidentale. Quindi, per impedire la formazione di una coalizione eurasiatica che riunisse Germania, Italia, Russia e Giappone, le forze atlantiste mossero al momento opportuno le loro pedine principali che si chiamavano Stati Uniti e Inghilterra. A vent'anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, alla talassocrazia britannica veniva di nuovo assegnato il compito di mobilitare i suoi vassalli europei contro lo stato-fulcro germanico, sapendo di poter contare sulla potenza statunitense qualora l'esito dello scontro si fosse fatto incerto. Per lorsignori - è sempre bene ricordarlo - il pericolo numero uno era la Germania. Infatti, la sua collocazione centrale le permetteva di attaccare sia l'ovest industrializzato che l'est ricco di materie prime e risorse agricole. Se la Germania avesse unificato lo spazio cisuralico eurasiatico, avrebbe avuto a disposizione un potenziale umano, industriale, energetico e alimentare tale da sottrarre il continente a qualsiasi influenza talassocratica. La City e Wall Street, ovvero i centri di comando della denarocrazia che dominava la politica statunitense e quella britannica, non potevano consentire che intorno alla progredita Germania si aggregasse la parte occidentale e quella orientale della penisola europea (oltre a una certa porzione di Bassopiano Sarmatico). Naturalmente, non c'erano solo motivi di carattere geopolitico a consigliare l'annientamento della potenza continentale "mediana", ma anche e soprattutto ragioni di ordine economico-finanziario. Infatti, non dobbiamo dimenticare che il nazionalsocialismo aveva sganciato la Germania dal sistema liberista occidentale. La legge del 15 giugno 1939, con la quale si nazionalizzava la Reichsbank, fu un vero e proprio atto di guerra contro la finanza atlantista. Hitler riaffermava anche in ambito monetario la sovranità tedesca, svincolando il valore del Marco dall'oro e fondandolo sulla forza produttiva della Germania. Nemmeno tre mesi dopo l'atlantismo gli dichiarò guerra. Hitler si ritrovò così coinvolto in un conflitto che non aveva nè desiderato nè direttamente provocato, anche se indirettamente era frutto della sua contraddittoria politica estera. Infatti, conquista di un lebensraum eurasiatico e alleanza anglo-tedesca non potevano stare insieme. La Gran Bretagna aveva sempre operato per impedire che il continente cadesse sotto il controllo di una sola grande potenza, ma Hitler pensava che la situazione storica costringesse ora gli inglesi ad affidarsi a un forte alleato europeo in modo da poter convogliare tutte le sue energie nella difesa dell'impero. Effettivamente, vi erano nella classe dirigente britannica dei settori favorevoli a un'intesa con Berlino, solo che essi erano minoritari. Eppure Hitler coltivò probabilmente anche dopo il 1941 la speranza di ottenere da parte inglese, se non un pieno sostegno, almeno un tacito appoggio alla sua ostpolitik culminata nell'operazione Barbarossa. L'ingenua fiducia riposta da Hitler nell'Inghilterra facilitò il compito delle forze atlantiste che, dopo aver allestito un primo fronte occidentale anti-tedesco imperniato su Gran Bretagna e Francia, procedettero al riarmo degli Stati Uniti, ovvero della più grande potenza industriale del mondo. Era proprio attraverso la talassocrazia a stelle e striscie che l'élite plutocratica mondialista si proponeva di esercitare un controllo totale su due aree strategiche fondamentali quali l'Eurasia occidentale e l'Asia Pacifica. Tale progetto poteva essere scongiurato solo se l'ambiziosissima operazione Barbarossa si fosse conclusa con un completo successo, oppure se l'Armata Rossa, anticipando la Wehrmacht, dopo aver conquistato Parigi e Berlino avesse concluso la sua marcia trionfale a Bordeaux. Invece, dalla lunga e sanguinosissima guerra russo-tedesca le due tellurocrazie uscirono sconfitte. La Germania fu annichilita e la Russia, "ufficialmente" vincitrice, si trovava in condizioni a dir poco pessime: più di venti milioni di morti tra militari e civili, economia in ginocchio e devastazione assoluta nelle regioni teatro delle operazioni belliche. L'Armata Rossa si era fermata a Berlino e le ricchezze industriali della penisola europea continuavano a rimanere un miraggio per Mosca. Presto una nuova alleanza guidata dagli Stati Uniti avrebbe raggruppato gli stati occidentali per impedire alla Russia di giungere sulle sponde atlantiche dell'Eurasia. Naturalmente, come si è già avuto modo di dire, il progetto atlantista consistente nell'assorbimento di buona parte della penisola europea nel sistema imperiale statunitense poteva essere battuto dalle tellurocrazie anche attraverso un'intesa reciproca che riconoscesse le loro rispettive aree d'espansione. Partendo dal presupposto che il nemico comune era la Gran Bretagna, si sarebbero potuti fissare i termini di una grande alleanza eurasiatica. La Germania avrebbe dovuto rinunciare allo spazio vitale a est, mentre la Russia a qualsiasi mira sulle regioni europee. Dopo la sconfitta della Francia, per l'Asse non sarebbe stato difficile estromettere gli inglesi dal Mediterraneo e dal Medio Oriente se solo lo si fosse voluto. Con la Wehrmacht sul Bug e a Mossul la Russia si sarebbe trovata costretta a indirizzare la sua spinta geopolitica verso il Golfo Persico e l'India. Tutto ciò avrebbe determinato la rovina dell'Inghilterra e l'atlantismo sarebbe rimasto confinato all'emisfero americano, non potendo la sua longa manus, ovvero gli Stati Uniti, far altro che impegnarsi in una marginale difesa dell'arcipelago britannico. Hitler, però, compì l'errore strategico di non considerare Londra un nemico da distruggere. Eccezion fatta per la battaglia aerea d'Inghilterra ( il cui scopo principale - non dimentichiamolo - non era certo quello di creare le condizioni propizie per l'invasione dell'isola ma fondamentalmente quello di costringere con la forza la classe dirigente britannica a negoziare la pace con Berlino), nella seconda metà del 1940 la Germania non intraprese alcuna campagna militare né contro Gibilterra né contro le deboli forze inglesi schierate sul territorio egiziano e su quello mediorientale. Questa inazione bellica fu determinata dal credo hitleriano, ben esposto nel Mein Kampf, secondo cui l'Inghilterra era da considerarsi un potenziale alleato e non un nemico. In un certo qual modo Hitler aveva ripudiato la politica estera del Secondo Reich. Nessun conflitto contro l'impero britannico perchè il Terzo Reich avrebbe dovuto combattere nelle steppe russe per il suo spazio vitale. La visione geopolitica hitleriana era strettamente continentale e infatti sfociò nella titanica telluromachia russo-tedesca che, come sappiamo, non ebbe per esito finale la riunificazione politica dell'Eurasia, ma l'integrazione della regione euroatlantica nella sfera imperiale statunitense. In conclusione, le forze atlantiste, che da almeno un paio di decenni avevano negli Stati Uniti il loro principale braccio armato, riuscirono a installarsi nelle regioni marittime che correvano lungo i fianchi dell'Eurasia, ossia nel Rimland, secondo la definizione del geopolitico statunitense Nicholas Spykman. Questi territori, tra i più ricchi del pianeta in termini di popolazione, capacità industriali e risorse naturali, dovevano essere incorporati nel Nuovo Ordine Mondiale al quale le suddette forze si apprestavano a dare vita.

(N.B)
Questo articolo si deve considerare un completamento del precedente La fallimentare strategia continentale di Hitler.
Pertanto, esso si basa sullo stesso materiale bibliografico utilizzato per quest'ultimo.

Nell'immagine stretta di mano tra Molotov e Ribbentrop dopo la firma del "Patto" omonimo a Mosca.
Documento inserito il: 05/04/2015
  • TAG: seconda guerra mondiale, eurasia, adolf hitler, atlantismo

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