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Il petrolio in Val d'Agri. Ricchezza o irrimediabile condanna?

di Anastasia Strazza

Le estrazioni petrolifere in Val d’Agri sono da parecchio tempo sul banco degli accusati, non solo per i danni ambientali prodotti sul territorio, ma soprattutto per l’aumento di alcune gravi patologie, come evidenziano recenti studi.

In Val D’Agri, una delle valli più belle e caratteristiche della Basilicata, è presente il più grande giacimento di idrocarburi dell’Europa continentale. Nel Centro Oli di Viggiano, il COVA, si effettua il trattamento del petrolio estratto dai pozzi della Concessione “Val d’Agri”. Il greggio viene poi inviato alla Raffineria ENI di Taranto tramite un oleodotto di 136 km, il gas viene immesso nella rete Snam e l’acqua residua iniettata nel pozzo di reiniezione “Costa Molina 2”. Ad oggi le attività di ENI interessano 37 pozzi di cui 24 in produzione e 13 produttivi non eroganti.
Ma tutto questo cosa ha portato alle popolazione dell’area? Sicuramente i comuni della valle hanno usufruito dei flussi di denaro provenienti dalle royalties delle estrazioni, pagate dalle compagnie petrolifere allo Stato e agli enti locali, rifacendo il look urbanistico di quelle contrade. Eppure, oltre al nauseante odore di zolfo che appesta l’aria, sembrano esserci ben altri pericoli.
E’ di solo qualche mese fa la notizia di un nuovo studio sulla mortalità e le malattie nella Val d’Agri correlate con le estrazione petrolifere di questa zona della Basilicata.
La E&P – Epidemiologia & Prevenzione ha, infatti, pubblicato uno “Studio di coorte residenziale” su mortalità e ricoveri nei Comuni di Viggiano e Grumento Nova nell’ambito della VIS in Val d’Agri, Basilicata, realizzato da Fabrizio Minichilli, Fabrizio Bianchi, Michele Santoro ed Elisa Bustaffa (Istituto di fisiologia clinica, Unità di epidemiologia ambientale e registri di patologia, Consiglio nazionale delle ricerche), con la partecipazione anche di ricercatori del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, ASL Roma 1, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR e del Dipartimento di biologia dell’ Università degli Studi di Bari.
Si tratta di un lavoro che, «avvalendosi di una ricostruzione modellistica della diffusione di inquinanti traccianti delle emissioni industriali, ha messo in luce associazioni tra livelli di esposizione e patologie cardiorespiratorie nella popolazione residente, soprattutto tra le donne», nell’area del centro olio Val d’Agri, il Cova Eni di Viggiano, che occupa 180.000 m2 e ha una capacità nominale di trattamento di 104.000 barili di petrolio al giorno e 4.660.000 m3 standard di gas al giorno, dove si sono verificati numerosi incidenti e continue fiammate.
I ricercatori ricordano che già «Dal 2001, anno di avvio del Cova (ampliamento del Centro olio “Monte Alpi”, in funzione dal 1996), al 2014 non erano stati effettuati studi epidemiologici nei due Comuni di Viggiano e Grumento Nova. Uno studio descrittivo della mortalità 2000-2013, condotto nell’ambito della VIS di Viggiano e Grumento Nova, mostrava eccessi di mortalità per tutte le cause, per malattie del sistema circolatorio, per tumori del polmone e dello stomaco».
Il 22 settembre 2017, a Viggiano, oltre 500 persone avevano, infatti, assistito alla presentazione del primo studio epidemiologico sull’area circostante il COVA, realizzato dal gruppo di studio coordinato dal Prof. Fabrizio Bianchi del IFC-CNR di Pisa.
La VIS – Valutazione di Impatto Sanitario sulle popolazioni di Viggiano e Grumento Nova – i due paesi maggiormente esposti ai fumi del Centro Olio Val D’Agri – aveva analizzato i dati di mortalità e ricoveri nel periodo 2000-2014. Era stato dimostrato un peggioramento della qualità della vita dei residenti a causa di molestie olfattive e di malesseri, ma soprattutto, un’importante compromissione dello stato di salute della popolazione, con un aumento dei ricoveri per malattie respiratorie e cardiovascolari e con un aumento del rischio di morte. I risultati della valutazione rendevano inequivocabile la pericolosità, tanto per la tutela ambientale quanto per la salute umana, delle emissioni del COVA, confermando la fondatezza delle preoccupazioni dei cittadini lucani, che da anni chiedevano spiegazioni e soluzioni alle istituzioni locali. In particolare tale studio aveva rilevato che i dati sulla mortalità e sulle malattie delle donne residenti nei due comuni, rispetto al resto della regione Basilicata, nel periodo 2000-2014, erano i seguenti: mortalità +63% per le malattie del sistema circolatorio; ospedalizzazione +80% per le malattie ischemiche; +41% per malattie del sistema circolatorio; +48% per le malattie respiratorie.
Già prima di allora diverse associazioni ambientaliste e gli stessi medici di base avevano evidenziato preoccupanti collegamenti tra le estrazioni petrolifere e determinate patologie.
Le cosiddette patologie sentinella (malattie cardiovascolari e respiratorie) rappresentavano fenomeni che evidentemente erano stati sottovalutati o comunque scarsamente indagati. L’incremento di ricoveri specie di bambini all’Ospedale di Villa d’Agri a seguito di malattie all’apparato respiratorio e l’aumento di malattie cardiovascolari non potevano essere considerati fenomeni casuali e tanto meno da tenere in secondo piano. Evidenziata, altresì, l’incompletezza per quanto riguardava la Val d’Agri dei dati contenuti nel Registro Tumori di Basilicata dell’Irccs di Rionero.
Ora, il nuovo studio di quest’anno si è proposto di determinare «Le cause di mortalità e ospedalizzazione dovute a patologie del sistema cardio-respiratorio, a priori riconosciute associabili a inquinamento atmosferico, con induzione-latenza medio-breve, compatibili con il funzionamento del Cova».
I risultati evidenziati non sono per niente incoraggianti e sembrano confermare i timori di associazioni ambientaliste e comitati cittadini: «All’aumento della classe di esposizione è stato stimato un aumento del rischio di mortalità per malattie del sistema circolatorio, più forte considerando le donne. Dai risultati delle ospedalizzazioni emerge tra i residenti un aumentato del rischio per malattie respiratorie e tra le donne per malattie del sistema circolatorio, ischemiche del cuore e patologie respiratorie». Anche la magistratura, pur con molto ritardo, si è occupata, seppur parzialmente, del problema, contestando all’Eni il reato di disastro ambientale per la falsificazione dei codici CER e la manomissione degli sforamenti delle emissioni del COVA.
Del resto, in tutta questa vicenda non sono poche le ombre mai diradate. Pensiamo all’incidente dello scorso anno, con lo sversamento di 400 tonnellate di greggio in falda, prima negato poi ammesso da Eni, che ha contaminato terreno e acque sotterranee. Se da una parte l’ENI dichiarava che la perdita fosse avvenuta da agosto a novembre 2016, l’ex responsabile ENI del COVA, Gianluca Griffa, “suicidatosi” nel 2013, in una lettera testamento aveva dichiarato che i vertici ENI sapevano delle perdite di greggio sin dal 2012, ma che “per ordini superiori” sarebbero state nascoste per non fermare la produzione. La morte sospetta del dirigente è stata archiviata ufficialmente come suicidio ma ha lasciato molte domande senza risposte.
E senza risposte sono anche gli interrogativi rivolti alle istituzioni regionali sulla compatibilità tra le estrazioni petrolifere e la presenza del Parco Nazionale della Val d’Agri- Lagonegrese, anche in vista delle future scelte di sviluppo regionale. Una cosa è, però, sotto gli occhi di tutti. La Basilicata è una terra dove lo sfruttamento del sottosuolo non ha dato quella spinta allo sviluppo economico che ci si aspettava. La regione resta tra le più povere d'Italia e la popolazione non percepisce i benefici dello sfruttamento del greggio. Anzi, le estrazioni sembrano aver arricchito solo le compagnie petrolifere, mentre alle popolazioni sono andate solo le briciole sotto forma di royalties, condannando quei territori ad un destino di subalternità e distruggendo, irrimediabilmente, le vocazioni economiche di una terra ricca di bellezze e prodotti locali. E sono sempre più in molti ad immaginare il futuro delle terre petrolifere, una volta finito lo sfruttamento, come un agghiacciante deserto.

22 ottobre 2018


Bibliografia
Repubblica, 11 aprile 2016; Studi sul territorio e sulla popolazione dei comuni di Viggiano e Grumento Nova in Val d’Agri, Viareggio, Arti Grafiche Pezzini, 2017; Il Quotidiano del Sud, 23 settembre 2017; E&P, Epidemiologia & Prevenzione, “Studio di coorte residenziale su mortalità e ricoveri nei comuni di Viggiano e Grumento Nova nell’ambito della VIS in Val d’Agri”, gennaio-febbraio 2018; La Stampa, 18 agosto 2018, Il Manifesto, 19 ottobre 2018.
Documento inserito il: 24/10/2018
  • TAG: val agri, petrolio, cova, viggiano, basilicata, raffineria

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