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Occidentalisti: i Russi che dicevano 'Go West...' [ di Mario Forgione ]

Pubblichiamo l'ultima parte della relazione del dottor Mario Forgione al convegno di Benevento, Russia ed Europa: una panoramica dei protagonisti e delle idee della corrente "occidentalista".

Una corrente per la quale l'Autore non sembra nutrire molta simpatia...

Noi riteniamo che gli spunti migliori della tendenza occidentalista (riforme, modernizzazione) si possano congiungere agli spunti migliori della corrente panslavista (senso di identità, Tradizione e spiritualità) per creare una sintesi: la Sintesi tra Modernità e Tradizione che oggi rappresenta la Stella Polare per la creazione di una Grande Europa da Lisbona a Vladivostok.

Ma lasciamo la parola al dottor Forgione.


Anche se appare difficile individuare una unità di intenti nel movimento occidentalista, possiamo comunque affermare che esiste un tratto comune che rende la loro visione del mondo diversa da quella propugnata dagli slavofili.

Mentre per questi ultimi la Russia presenta una sua unicità e superiorità rispetto alle altre nazioni, per gli occidentalisti la Russia deve ispirarsi all’Occidente per determinare la sua evoluzione storico – politica e non contrapporsi ad esso.

Mentre gli slavofili condannano gli eccessi di occidentalizzazione di Pietro il Grande, gli occidentalisti affermano che il processo di riforma deve spingersi ancora più a fondo. Del resto, non è un mistero che gli occidentalisti siano accomunati da un forte agnosticismo e, nel caso particolare di Bakunin, da un violento ateismo.

Gli occidentalisti assumono un atteggiamento fortemente critico nei confronti della Tradizione russa e auspicano un radicale rivolgimento politico e sociale.

Belinskij oscilla tra il legame con il proprio paese e la critica corrosiva alla Tradizione.

Aleksandr Herzen assume posizioni sempre più radicali e individualiste che contrappongono l’individuo alla comunità (si veda l’autobiografia Pensieri e parole).

Bakunin può essere considerato “il fondatore del nichilismo e l’apostolo dell’anarchia.” Infatti, quest’ultimo parte dalla riflessione sulle opere di Hegel e approda ad una critica radicale di qualsivoglia apparato di potere in Russia e nel mondo intero. Addirittura, in uno dei primi articoli, Bakunin afferma che la “distruzione è un’aspirazione creativa” (come non riportare alla mente I Demoni di Dostoevskij e le scellerate imprese di Stravoghin e Verchovenskij). Questi due intellettuali, quindi, hanno avuto un rapporto a dir poco conflittuale con la Russia. Infatti, mentre Herzen nel 1847 lascia la Russia e non vi ritorna più, Bakunin viene arrestato a Praga dagli austriaci e consegnato alla Russia per essere esiliato in Siberia.

Un altro gruppo di tendenze radicali e con simpatie progressiste può essere considerato quello che si raccoglie intorno a Michail Petrasevskij nella città di Pietroburgo. Si tratta, nella specie, di un gruppo con tendenze radicali al quale partecipa un giovane Dostoevskij ignaro dei fini sovversivi dell’associazione. Infatti, nella primavera nel 1849 i cospiratori vengono arrestati e ventidue di loro condannati a morte. La condanna viene commutata in pene più miti solo prima dei preparativi per la fucilazione e questo produce un enorme impressione sullo stesso Dostoevskij (che sconterà quattro anni di lavori forzati in Siberia e produrrà una delle opere più interessanti - Memorie dalla casa dei morti – del resto, lo stesso Dostoevskij, a causa dello sconvolgimento emotivo determinato dalla paura di essere fucilato, soffrirà di un perenne squilibrio fisiologico).

Quale lezione possiamo trarre per il futuro da questo affascinante confronto? Innanzitutto, possiamo affermare che, dopo la dissoluzione dell’URSS nel 1991, le relazioni internazionali non possono essere più studiate e analizzate nell’ottica bipolare, ma occorre definire i vari centri di interesse (la c.d. macroregioni) che compongono il globo.

In particolare, secondo Aldo Ferrari, “si assiste alla riaffermazione impetuosa delle identità, regionali ma anche culturali e religiose, almeno in senso lato.” La scissione rispetto all’ottica bipolare è netta: passaggio dalla contrapposizione ideologica al policentrismo basato su una pluralità di attori internazionali (Stati Uniti, Europa, Cina, Giappone, mondo arabo, India, ognuno con le proprie specificità cultuali).

Ovviamente, questo policentrismo non implica la logica della guerra tra identità (come prefigurata da S. Huntington nel noto testo “Lo scontro delle civiltà), ma la logica della complementarietà, del rispetto e del reciproco riconoscimento delle proprie sfere di influenza. La logica multipolare condanna ogni assimilazione forzata, ogni tentativo di estendere il dominio del mercato e del profitto su scala planetaria.

Bene, vi chiedere voi? Quale destino per la Russia?

Vi rispondo con le parole di Aleksandr Dugin, il teorico della Quarta Teoria Politica e dell’Eurasiatismo, che ha compreso a fondo la dinamica multipolare: “La Russia contemporanea non potrà essere salvata, come realtà politica autonoma e indipendente, come elemento di valore nella politica internazionale, che a condizione di un mondo multipolare. Acconsentire ad una mondo unipolare americanocentrico è per la Russia impossibile: in un tal modo la Russia non potrebbe che essere uno degli oggetti della globalizzazione, perdendo in tal modo inevitabilmente la sua indipendenza e la sua originalità.”

Il cerchio si chiude. La Russia, dopo la parentesi ideologica, ritorna al proprio destino naturale ed espunge dal proprio interno il radicalismo degli occidentalisti. Ogni civiltà possiede la sua specificità e questo vale non solo per la Russia, ma anche per le altre genti del globo. Ancora di più, quindi, nel momento presente appare necessario respingere ogni tentativo di assimilazione e dissoluzione della propria specificità culturale in un grande processo planetario di annichilimento della persona e dei suoi valori fondanti.
Documento inserito il: 28/12/2014
  • TAG: occidentalisti, slavofili, tradizione russa, Bakunin, fondatore nichilismo, michail petrasevskij, Aleksandr dugin, quarta teoria politica, eurasiatismo
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