Cookie Consent by Free Privacy Policy website Tutto storia, storia contemporanea: L'anarcofascismo tanto caro ai francesi e sono solo...Parte IV e V
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L'anarcofascismo tanto caro ai francesi e sono solo...Parte IV e V [ di Ereticamente.net ]

Parte IV

Vicolo della Campanella, a ridosso di via dei Coronari, la strada di Roma degli antiquari, fra piazza Navona e il lungotevere. Un portoncino reso nuovo da una pennellata di vernice, le scale ripide a chiocciola e un ampio, unico stanzone con il palco in legno e il pianoforte a parete, il bancone del bar, tavolini e scomode poltroncine. Odore di sugo all’arrabbiata, specialità della casa a mezzanotte. E’ l’anno 1965, il luogo il Bagaglino, il cabaret pronto a divenire famoso, ideato e realizzato da un gruppo di amici autodefinitisi ‘anarchici di destra’. Fra tutti spicca Mario Castellacci con i baffi spioventi e il cranio lucido sotto i riflettori. E’ stato nella Repubblica Sociale, alla scuola di Orvieto per ufficiali della G.N.R.. Una sera, tornando in caserma con in corpo più di un bicchiere di buon vino, ha composto ‘le donne non ci vogliono più bene’. Definita da Giorgio Bocca la più bella canzone della guerra civile. Una canzone ‘strafottente’, che poi è il suo titolo originario. Ne ho scritto in Atmosfere in nero (mi faccio pubblicità,un libro di cinque racconti ove sperimento la narrativa innestando storie raccolte dalla viva voce della testimonianza diretta), ricordando come vi conobbi Mila Bernardini di Gubbio, il padre fucilato a Lecco dai partigiani che volle divenire moglie di Emilio, milite del btg. Leonessa, che aveva assistito alla sua morte.

Molti anni dopo, mi sembra nel 1995, Mario Castellacci venne al liceo dove tenevo un corso, ‘l’un contro l’altro armati’, che mi consentiva di far parlare, forse per la prima volta, dei combattenti ‘repubblichini’ in una scuola della repubblica. Si presentò con un gran barbone sale e pepe, la camicia a quadrettoni bianchi e rossi modello tovaglia da cucina. Si accattivò subito la simpatia degli studenti con: ‘Fatemi delle domande cattive se no non mi diverto…’. E volle invitarmi al salone Margherita alla presentazione del suo libro La memoria bruciata. Parlando dell’8 settembre, ‘su tutte le cose aleggia il colore grigio della vergogna’, che mi ricorda quanto scrive Mishima ne La voce degli spiriti eroici: ‘Il governo dell’Imperatore fu tinto da rosso sangue fino al termine della guerra; successivamente iniziò l’epoca del grigio cenere’…

Nel 1968 esce una raccolta di articoli, più esattamente brevi ed incisivi saggi, di Julius Evola dal titolo L’Arco e la Clava. Dovrei raccontare del mio incontro, tragicomico, con Evola – l’ho già fatto in Ritratti in piedi, in verità -: dell’importanza di Cavalcare la tigre nel contesto di quanto vado scrivendo; del poeta tedesco Gottfried Benn di cui si riporta a conclusione un breve saggio del 1935 in occasione della edizione tedesca di Rivolta contro il mondo moderno… dovrei, ma – ahi, povera Ereticamente! - finirebbe per divenire una sorta di cassonetto differenziato (guarda caso, termine caro ad Evola) dove gettare l’irrefrenabile bla-bla-bla di un Io preda della vanità, atto a trasformare, oltre e comunque, il tutto in un feuilleton fine ‘800… Nel libro c’è un saggio dal titolo La gioventù, i beats e gli anarchici di destra. Non entrerò nel merito, ma mi sembrava indicativo farne cenno. Dimostrazione che vi fu e c’è una cultura, composita e complessa, a cui l’ignavia la malafede l’arroganza hanno tentato di soffocarne la voce ed, oggi, si cerca di estraniarla dal contesto di accadimenti uomini e battaglie di cui fu espressione.

Nella libreria City Lights Bookstore di San Francisco di Lawrence Ferlinghetti, il poeta-editore della beat generation, spicca alla parete una fotografia di Pound giovane con dedica. Ne I Vagabondi del Dharma, che io preferisco al più conosciuto On the Road, Kerouac introduce questo breve dialogo: ‘Alvah: che sono tutti questi libri? Ehm, Pound, ti piace Pound? – Japhy: se si eccettua il fatto che quella vecchia faccia di stronzo ha storpiato il nome di Li Po chiamandolo con il suo nome giapponese e altre simili enormi fesserie, era un buon diavolo, anzi è il mio poeta preferito. – Ray: Pound? Chi è che vuol fare di quel matto presuntuoso il suo poeta preferito?’. E le citazioni potrebbero continuare, accompagnate, che è ben più essenziale, dalle immagini mediate, i concetti raccolti, le proposte implicite… Ed anche qui dovrei aprire uno spazio sulle posizioni, del resto ampiamente note, poetiche ed anti-usurocratiche dell’opera di Ezra Pound ( ulteriore pubblicità, rimando a Inquieto Novecento, scritto con l’amico Rodolfo Sideri).

Ora l’influenza che Evola ha esercitato in più generazioni dal dopo-guerra in poi non può essere denegata, anche se nei primi giorni del ’68 molti di noi fecero una scelta di partecipazione che egli ci contestò. Ricordo il 1 marzo del ’68, scalinata di piazza di Spagna, prima di muoverci in corteo – rossi e neri – per scontrarci con la celere a Valle Giulia. Fino all’ultimo Adriano Romualdi, a cui unico Evola dava del ‘tu’, cercò di dissuaderci, temendo la deriva ‘plebea’ della contestazione. Si potrebbe affermare che le due voci di una rivolta annunciata, Herbert Marcuse e appunto Julius Evola, furono due profeti inascoltati. Inascoltati, ma pur sempre fondamentali…

Bene. Che mi si crocefigga e mi si dia dello spergiuro. Parlare di Céline, però, implica uno spazio che allungherebbe a dismisura questo intervento. Mi ospitate per una quinta volta? Confidenza… dell’autore del Voyage ho già a mente qualcosa di diverso da proporre… sono certo(!?) che non vi deluderò. A prestissimo!


Parte V

Di Louis Ferdinand Destouches, in arte Céline, si conosce tutto o quasi. Nei suoi romanzi, anche quando utilizza il personaggio di Bardemu, altri non è che egli stesso, magari più sprezzante iroso disperato folle. C’è un Io che non può nascondersi; esso trasborda come un bicchiere riempito troppo e troppo in fretta; un Io che vorrebbe essere un revolver pronto a sputare fuoco contro tutto e tutti, ma che si deve accontentare d’essere foglio ed inchiostro e punto esclamativo e, soprattutto, quei tre puntini di sospensione che hanno partecipato alla grande rivoluzione culturale del ‘900. Essi non stanno a risolvere soltanto lo spazio muto tra le parole, quando s’attardano a darsi voce; quando l’arrancare del pensiero fatica ad aprirsi nuove percorrenze e divenire altrui ascolto. Essi scavano oltre ciò che è il dicibile, l’incontrollato oscillare tra il signoreggiare dell’uomo tramite il concetto e le parole stesse che si rendono dominatrici di se stesse e di colui che le pronuncia. Forse per questo Platone si scaglia contro il dio egizio Toth, artefice della scrittura, e dice, nella VII Lettera di non aver scritto nulla… E il non-dicibile è, appunto, quanto si offre al termine della notte, dopo un viaggio che privilegia la condizione del vagabondo più che il darsi una meta sicura.

Lontano, un rimorchiatore ha fischiato; il suo appello ha passato il ponte, lontano, più lontano… Chiamava a sé tutti i barconi del fiume, tutti, e la città intera, e il cielo e le campagne, e noi e tutto trascinava, anche la Senna, tutto, e che non se ne parli più’. Estate 1966, l’edicola di Corrado all’angolo di viale Gramsci, a Riccione. Acquistai Viaggio al termine della notte, edizione dall’Oglio, 450 lire. I Mulazzani, famiglia di anarchici, povera gente che s’era fatta l’edicola di giornali con il contrabbando di sigarette e qualche anno di carcere. Antifascisti al tempo in cui il Duce si mostrava sulla spiaggia della riviera romagnola; contro i comunisti e la gestione ‘allegra’ e onnivora al comune di Riccione. Amici di mio nonno, monarchico liberale interventista; amici di mio padre, avvocato uomo di straordinaria cultura storica legato alla tradizione risorgimentale e alle sue origini piemontesi. Quando venni arrestato, si presentarono dai miei con un pacco di libri… ‘Mario, fascista o meno, sta in galera e chi sta dentro ha sempre la nostra simpatia’ (traduco dal dialetto romagnolo quanto, grosso modo, mia madre mi riferì in uno dei colloqui del martedì mattina)…

Quando pubblicammo con Rodolfo, anno 2004, Inquieto Novecento, ricevemmo le lodi di Giano Accame che vi riconosceva un libro che si necessitava da sessant’anni. A parte questo, con estrema sintesi: Filippo Tomaso Marinetti con il futurismo rivoluziona le tecniche nelle varie forme espressive, le cui eco si avvertono nelle varie avanguardie; Ezra Pound trasforma la poesia da una inaccessibile torre d’avorio nella capacità di costruire un universo dove possono coabitare antiche tradizioni secolari, teorie economiche contro l’usura e la guerra sua espressione tragica e brutale, il quotidiano esperire di ciascuno di noi; di Céline si sta dicendo; Martin Heidegger nel campo della filosofia getta il sasso di una ridefinizione di tutta la sua storia a partire dalla metafisica quale ottenebramento del problema dell’Essere… pochi nomi, accanto a tanti altri qui omessi, e – sarà casuale? – tutti ‘tentati’ dal fascismo…

C’è una insofferenza che pervade l’esistenza di Céline. Fin dalla fanciullezza in conflitto con il padre e rimproverando la madre di non aver mai preso le sue difese. Solo la figura della nonna si preserva integra – e non è casuale che egli prenda il suo cognome come pseudonimo per comporre le sue opere. Vi è poi l’esperienza della Grande guerra nei corazzieri. Combatte nelle Fiandre e si offre volontario per una operazione rischiosa che lo invaliderà per sempre, facendogli odiare in modo viscerale la guerra e gli ebrei che tramano dietro di essa. Contro lo erano, con motivi certo difformi, ad esempio, Ezra Pound e Brasillach e Drieu la Rochelle, che non nasconde la paura provata e la fuga abbandonando fucile e zaino nella foresta di Charleroi. E’ una vecchia trappola per i creduli che il fascismo sia ‘guerrafondaio’. Esso esprime valori virili, misura le prove che cementano il carattere, trova inevitabile il conflitto, ma questo non vuol dire volere la guerra. Semmai sono le democrazie e il liberismo ad essere aggressive per la conquista di nuovi mercati, per esportare il proprio modello di vita, per favorire il tasso di sconto…

Al termine del conflitto si dedica agli studi di medicina, si sposa con la figlia del direttore della scuola di medicina a Rennes, discute la tesi di laurea su La vita e l’opera di Ignazio Filippo Semmelweis, che secondo Pol Vandromme racchiude in nuce tutto quanto sarà nella vita e nell’opera lo stesso Céline. Una carriera sicura, una vita rispettata e tranquilla, no!, gira per gli Stati Uniti e in Africa, poi nel 1928 apre uno studio a Parigi, in una delle zone più povere tanto da potersi considerare ‘medico dei cadaveri’… Nel 1932 l’imprevisto successo del Viaggio, che fa lanciare gridolini di libidine proletaria dalla critica e dai tanti, troppi circoli culturali. Denaro e fama non bastano ad anestetizzare il ribelle, quell’aristocratico anarchico che veglia in lui. Nel 1936 va in Russia, con Stalin che lo legge con passione, stendendo la sua ombra protettiva su di lui. Torna e… inizia la fase dei pamphlets prima contro l’esperienza sovietica – Mea Culpa – e, successivamente, con Bagatelle per un massacro e La scuola dei cadaveri, attirandosi l’odio insanabile dell’ebraismo internazionale, di ogni benpensante e progressista…

Eppure in Céline c’è una fame di vita autentica, la consapevolezza che ‘solo la gioia ci salverà’, il fascino delle ballerine che sembrano vincere lo spirito di gravità… la danza, come già nel Dioniso di Nietzsche… contro i nemici dell’esistenza, quell’esistenza di cui s’era fatto carico come medico, povero fra i poveri… niente illusioni, niente inganni… E, qui, lascio la tastiera. Dalla finestra aperta vedo un tremolio di stelle… ‘Auf einen Stern zugehen, nur dieses’, aveva scritto Heidegger in L’esperienza del pensiero, ‘in cammino verso una stella, soltanto questo’. Una stella uno spazio del cielo noi che del fascismo abbiamo accolto errori ed orrori, sempre scegliendo quel verso di Rilke ‘e noi viviamo per dire sempre addio’, ereticamente va da sé…

di Mario M. Merlino
Documento inserito il: 30/12/2014
  • TAG: anarcofascismo, mario castellacci, repubblica sociale italiana, repubblichini, arco e clava, juliu evola, céline, ezra pound, filippo tomaso marinetti,
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