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Chernobyl 26/04/1986 – Chernobyl 26/04/2016

di Alessio De Battisti

Trent’anni dopo: discussioni e riflessioni sulla più grande tragedia nucleare della nostra epocaTrent’anni dopo: discussioni e riflessioni sulla più grande tragedia nucleare della nostra epoca.

Sono trascorsi trent’anni dal disastro nucleare di Chernobyl, la ricorrenza è da poco passata: era la notte fra il 25 ed il 26 aprile del 1986. Quello che doveva essere “un semplice test” si trasformò in quello che i posteri ricorderanno come il più grande incidente nucleare della storia. Un esperimento finito in tragedia, con i sistemi di sicurezza volontariamente disattivati per mettere alla prova l’impianto e sfuggito al controllo umano. Le conseguenze furono drastiche, per gli abitanti del villaggio di Pripyat (oggi Ucraina, all’epoca Urss), per i cosiddetti liquidatori (vigili del fuoco e militari, o meglio eroi, che sacrificarono la loro vita per spegnere il mostro nucleare rappresentato dal reattore 4 della centrale) e per diverse generazioni (anche quelle successive alla sciagura).

Ma oggi, a distanza di 30 anni, il mondo come si rapporta con Chernobyl? Sappiamo che il nucleare è ancora fonte di grandi discussioni e dibattiti. L’Italia ha detto NO per ben due volte a qualsiasi suo utilizzo, esprimendosi fortemente contraria nei due referendum che l’hanno chiamata a dire la sua. Sia dopo Chernobyl che dopo Fukushima (incidente nucleare di portata paragonabile a quello sovietico, avvenuto in Giappone l’11 marzo 2011) infatti, i nostri connazionali hanno, in larga maggioranza, manifestato il proprio dissenso nei confronti di questa fonte energetica ancora oggi così ambigua: ambigua perché se da un lato è vero che potrebbe far abbassare i costi di produzione (il risparmio stimato è del 25-30% circa) e inquinare meno in fase di produzione(1), d’altro canto sappiamo che può essere letale (oltre che molto costosa in fase di costruzione e dismissione di una centrale e molto inquinante nel momento in cui le scorie radioattive si devono in qualche maniera smaltire, così come i singoli componenti dello stabilimento dismesso(2), a loro volta fortemente radioattivi e dannosi).

L’Italia ha però dei vicini che non hanno lo stesso suo pensiero: si pensi alla Francia. I cugini transalpini sono da sempre dei fautori dell’atomo, già in tempi non sospetti per essere indipendenti a livello energetico e per essere in grado di avere una bomba atomica (deterrente molto in voga durante gli anni della guerra fredda). Oggigiorno in Francia ci sono ancora decine di stabilimenti atomici e i Francesi hanno nelle loro case dell’energia che proviene da questi. Di certo quindi se dovessero esserci dei “problemi” l’Italia non sarebbe immune, come insegna anche la storia dei due disastri sopracitati (le radiazioni si propagano facilmente e possono interessare diverse nazioni: dopo le due catastrofi ad esempio le nubi nucleari raggiunsero addirittura l’Italia, creando panico e sgomento fra la popolazione anche se non per tutti gli esperti il passaggio di una nuvola radioattiva rappresentava un problema per la salute degli Italiani(3). La fazione pro-nucleare fa leva proprio su questo punto: tanto i nostri confinanti hanno il nucleare, perché non averlo anche noi? C’è chi sarà d’accordo e chi meno, il discorso sarebbe davvero troppo lungo e in questa sede tratteremo di altro. Ribadiamo perciò il nostro quesito iniziale: ancora oggi come ci si rapporta con Chernobyl?

Prendendo spunto dal 30° anniversario di questo incidente analizziamo brevemente cosa è successo nel mondo in una data così fortemente significativa.

La giornata si è aperta con una commemorazione in Ucraina, attuale patria di Chernobyl:

L’Ucraina ha ricordato il disastro nucleare di Chernobyl, nel 30esimo anniversario della catastrofe che avvelenò intere zone esteuropee. Nelle prime ore del 26 aprile 1986, un test fallito nell’impianto dell’Ucraina settentrionale, all’epoca parte dell’Urss, scatenò una esplosione che fece fuoriuscire nubi di materiale radioattivo e costrinse decine di migliaia di persone ad abbandonare le loro case. I familiari di quelli che morirono in conseguenza dell’incidente hanno preso parte a diverse veglie e cerimonie, tra cui in una chiesa di Kiev. "Non credevamo che questo fatto avrebbe cambiato tutte le nostre vite, dividendole tra un ‘prima della guerra’ e ‘dopo la guerra’, come la chiamavamo. Era una silenziosa guerra nucleare, per noi", ha raccontato Lydmila Kamkina, ex dipendente della centrale. Altre persone si sono radunate per una messa a Slavutych, città costruita a circa 50 chilometri da Chernobyl per ospitare chi aveva perso per sempre le proprie case. Vi si trasferì oltre mezzo milione di civili e personale militare, assieme agli addetti alle operazioni di contenimento del disastro, secondo l’organizzazione mondiale della sanità. […] L’anniversario ha destato particolare attenzione a causa dell’imminente completamento dell’arco di contenimento da 1,5 miliardi di euro che chiuderà il sito del reattore 4 per impedire ulteriori perdite per i prossimi 100 anni. Anche con la nuova struttura, la circostante zona di esclusione di 2600 chilometri quadrati al confine tra Ucraina e Bielorussia resterà non abitabile e ad accesso strettamente regolamentato(4).

A 30 anni di distanza il ricordo di quel triste avvenimento è ancora vivo in tutti i cittadini: da chi lo ha vissuto in quanto lavoratore della centrale a chi ha dovuto abbandonare il proprio villaggio e “scappare” lontano dalla centrale che improvvisamente diventò un mostro omicida. Per di più da questa agenzia emerge un fatto che non va assolutamente trascurato: le autorità locali stanno ancora investendo pesantemente per far sì che si normalizzi la situazione, cercando di contenere il reattore 4, quello danneggiato e che potrebbe ancora rilasciare sostanze tossiche. Sta per essere completato l’arco di contenimento (con più di un anno di ritardo come fra poco vedremo), sperando che tenga per i prossimi 100 anni. Non è questo il primo intervento effettuato a posteriori per contenere il reattore, che naturalmente, pur se protetto, può subire dei danni nel corso degli anni. Il 13 febbraio 2013 infatti, causa forte nevicata, il tetto della centrale ucraina ha ceduto nuovamente, risvegliando paure e ansie che ormai sembravano sepolte.

KIEVTorna la tensione a Chernobyl, in Ucraina. Sotto il peso della neve hanno ceduto il tetto e un muro nell’area del quarto reattore della centrale, proprio quello che il 26 aprile del 1986 esplose causando il più grave incidente nucleare della storia. [...] Il tetto crollato era stato costruito nell’ambito della messa in sicurezza dell’impianto dopo l’incidente di 27 anni fa […]. Entro il 2015 dovrebbe essere completata una nuova struttura, un arco d’acciaio alto 100 metri e lungo 150 che dovrebbe racchiudere il sarcofago e tutta l’area circostante(5) […].

Quanto appena letto testimonia in poche righe quanto lunghi siano i tempi necessari per tornare alla normalità, in seguito ad una sventura di portate simili. Il lavoro da fare per mettere tutto in sicurezza è complesso e ancora oggi migliaia di lavoratori si recano quotidianamente sul posto dell’incidente per fronteggiare l’ex centrale, come rende noto il bollettino sottostante:

Trenta anni dopo il più grave incidente nucleare della storia, migliaia di lavoratori continuano a recarsi ogni giorno nella centrale di Chernobyl, protagonista della catastrofe che obbligò a evacuare centinaia di migliaia di persone e contaminò ampie zone dell’Ucraina e dei Paesi Vicini. “Ci sono 1500 lavoratori che si occupano del programma di smantellamento dell’impianto e altri mille o 2mila a contratto che lavorano per il consorzio internazionale che costruisce il nuovo sarcofago per il reattore 4”, spiega a Efe Anton Pobor, del dipartimento di cooperazione internazionale della centrale. […] Tunica e cappuccio bianchi sono l’uniforme obbligatoria per chiunque entri nella centrale, impiegati e visitatori, e all’ingresso bisogna firmare una dichiarazione in cui si garantisce che non si toccherà nessun bottone(6) […].

Nonostante quanto stiano vivendo le attuali generazioni dell’est Europa in primis, alcune delle quali non erano ancora nate nel 1986, c’è chi vorrebbe costruire una nuova centrale nucleare proprio in quelle zone. Sebbene quando venne costruita la prima centrale della storia, proprio in Unione Sovietica (inaugurata ad Obninsk il 27 giugno 1954), l’evento fosse stato salutato con grande entusiasmo,(7) data anche l’importanza strategica e politica dell’accaduto (i sovietici difatti arrivarono prima del loro nemico giurato statunitense a tagliare questo traguardo), oggigiorno non tutti conservano quello spirito entusiastico. Alcuni politici però provano a riportare in auge l’atomo, scontrandosi con la dura opposizione di una fronda della compagine politica, spalleggiata dei cittadini:

Nel trentesimo anniversario del disastro di Chernobyl, centinaia di persone hanno sfilato per il centro di Minsk, Bielorussia, per manifestare contro la realizzazione di una nuova centrale nucleare, la Ostrovetskaya, nella regione di Grodno. Il corteo, denominato “Viale Chernobyl”, è stato organizzato dall’opposizione(8) […]”

Non è di certo un caso che i cittadini bielorussi abbiano deciso di sfilare per le strade di Minsk in una data così importante quando si parla di nucleare, lo testimonia il nome utilizzato dal corteo, che non poteva non prendere spunto da Chernobyl, data la portata della catastrofe dell’86 e la vicinanza geografica. Fino a quella data difatti non era così diffuso il sentimento antinuclearista fra le popolazioni delle varie nazioni, in quanto l’atomo produttore di energia veniva considerato una buona cosa (l’atomo con scopi militari già era più in discussione in quanto gli effetti provocati erano sotto gli occhi di tutti, basti pensare alle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Il suo paventato utilizzo militare poteva però essere impiegato come “arma di difesa”, in quanto numerosi Paesi si sarebbero ben guardati dall’attaccare un nemico in grado di rispondere con un’arma nucleare. Seguendo questo ragionamento nel ’60 Charles De Gaulle stabilì di testare la prima atomica di produzione transalpina in territorio algerino, arrivando ad affermare l’anno seguente: “Dans dix ans, nous aurons de quoi tuer 80 millions de Russes. Eh bien je crois qu'on n'attaque pas volontiers des gens qui ont de quoi tuer 80 millions de Russes, même si on a soi-même de quoi tuer 800 millions de Français, à supposer qu'il y eût 800 millions de Français(9)”).

Lo scoppio della centrale di Chernobyl fece cambiare idea a numerosi cittadini di molti Paesi, ancora oggi infatti l’incidente al reattore 4 viene considerato come uno dei peggiori eventi della storia contemporanea. Di questa idea è anche una figura di primo piano che all’epoca della sciagura ricopriva un ruolo di estrema importanza in Urss, ovvero Michail Gorbaciov, ex Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

“Chernobyl rimane uno dei più tragici eventi del nostro tempo. […] Come possiamo essere sicuri che le nazioni che possiedono energia nucleare per scopi civili o militari si atterranno alle necessarie misure e norme di protezione?[…] Dal 1952 si sono verificati in tutto il mondo almeno 99 incidenti nucleari(10) […]”.

Insomma Gorbaciov è decisamente scettico sull’attuale utilizzo dell’energia atomica, denuncia diversi (ben 99) misfatti verificatisi in più di sessant’anni e non è molto fiducioso rispetto al corretto adempimento delle buone pratiche preventive. Il suo timore potrebbe essere quello espresso da un qualsiasi cittadino, comune lavoratore, che per questi motivi sceglie di scendere in piazza ed urlare a gran voce NO AL NUCLEARE. Naturalmente un parere simile, quando è reso pubblico da una personalità di rilievo internazionale, ha molta più risonanza, non solo mediatica ma anche politica. Un uomo “di Stato” qualunque, pronunciandosi su determinate questioni, finisce sempre per avere un grande appeal fra le masse, rafforzando le loro convinzioni.

Altra personalità di caratura mondiale che ha voluto esprimere delle considerazioni a riguardo è stata Ban Ki-moon., segretario generale dell’Onu:

“Questo giorno offre l’opportunità di fare il punto sulle lezioni che abbiamo ricevuto, riflettere sul processo di ricostruzione, e apprezzare ancora una volta gli sforzi eroici dei soccorritori che hanno sacrificato la loro salute, e in molti casi la loro vita, per salvare gli altri(11)”.

Notiamo che, seppur in maniera molto più velata rispetto a quanto affermato da Gorbaciov, anche Ban Ki-moon coglie l’occasione per ricordare al mondo intero di ragionare su quanto accaduto, riflettere sulla sciagura ucraina e non dimenticare il sacrificio dei Liquidatori, che hanno donato la loro vita per salvare quelle di tanti loro “fratelli”.

Ma in Italia, come è stato vissuto questo giorno? Se ne è parlato? Rispondiamo subito che si, è stato un tema trattato anche a livello istituzionale, e non poteva che essere così. Come sopra accennato, il nostro Paese si è sempre schierato in seguito ai due principali incidenti atomici, i cittadini in primis hanno fatto sentire la loro voce e determinato gli scenari energetici futuri della nostra nazione. Citiamo qui di seguito alcuni interventi italiani. Il primo è quello della senatrice Cristina De Pietro del Gruppo Misto:

“Le vittime dei disastri nucleari e il sacrificio dei tantissimi liquidatori che eroicamente hanno scelto di sacrificare la propria vita per contenere il danno provocato da tali incidenti meritano un adeguato riconoscimento: l’istituzione di una Giornata nazionale per la memoria sarebbe un primo passo importante in questa direzione(12)”.

La senatrice De Pietro mette l’accento sul già citato sacrificio dei soccorritori, militari e vigili del fuoco intervenuti per contenere ed estinguere le fiamme divampate a seguito del misfatto. Così come Ban Ki-moon, la senatrice chiede di commemorare questo supremo sforzo compiuto per il bene dell’umanità e vorrebbe istituire una giornata a loro dedicata, per non dimenticare mai quanto accaduto e lasciare ai posteri questo ricordo vivo, educandoli alla memoria. Per dare seguito a quanto affermato, la De Pietro ha infatti presentato un disegno di legge che propone proprio il 26 aprile come giornata da istituire, dedicandola alla commemorazione di tutte queste vittime. Se riuscirà nel suo intento questo sarà il tempo a dirlo, certo la data è significativa e come per la manifestazione in Bielorussia (Via Chernobyl) la scelta non è di sicuro casuale.

Un altro senatore si è pronunciato in questa particolare giornata, è Stefano Vaccari del Partito Democratico, capogruppo in Commissione Ambiente:

“Sono passati trent’anni da Chernobyl […], sono ancora numerose le famiglie costrette a vivere nelle aree contaminate. Verso Est Onlus, un’associazione italiana nata nel 2003, […], si occupa di accogliere ogni anno in Italia circa mille bambini che vivono ancora nelle zone a rischio. […] Consente di allontanare temporaneamente i bambini dalle zone contaminate consentendo loro di smaltire una buona parte delle radiazioni assorbite(13)”.

Vaccari, come la collega De Pietro, presenta il tutto da un punto di vista “umano” e non ne fa un discorso politico (andando a leggere molti articoli del 1986 si può infatti constatare come diversi partiti, fra loro molto distanti, erano in accordo sulle mozioni antinucleari da adottare in Italia). In effetti un tema come quello nucleare spesso viene trattato secondo “coscienza”, libero da opinioni politiche poiché ha ben poco a che fare con gli orientamenti dei diversi schieramenti. Da destra a sinistra l’energia nucleare è stata più volte criticata in maniera trasversale, anche se col passare del tempo (e finché non si è verificato il gravissimo incidente di Fukushima del 2011) l’attenzione era andata scemando ed il centrodestra aveva provato a riaprire il discorso nucleare. In seguito all’incidente nipponico non se ne è fatto comunque più nulla.

Tornando a Vaccari e a quello che afferma, è sotto gli occhi di tutti che, a distanza di 30 anni dalla sciagura, l’incubo non è ancora finito. Quelli che oggi sono bambini, perciò all’epoca non erano nemmeno nati, devono essere sottoposti ai trattamenti citati da Vaccari con la speranza che tutto ciò funzioni, perché continuano ad assimilare quantità spropositate di radiazioni che purtroppo possono provocare effetti deleteri e mortali sul corpo di qualsiasi essere umano. Queste onde nucleari, oltre che sulla salute umana, potrebbero avere effetti anche sulla fauna locale, come possiamo apprendere da uno studio dell’Università americana della Georgia. Grazie alla pubblicazione di questa ricerca sulla rivista Frontiers of Ecology (la primo ad utilizzare telecamere nella cosiddetta “zona di esclusione” di Chernobyl ossia quella compresa nel raggio di 30 km dal luogo in questione) scopriamo chi abita questo luogo. Lo studio rivela la quasi totale assenza di esseri umani nella zona che comprende le aree al confine fra Ucraina e Bielorussia colpite dalla contaminazione. Nonostante ciò, all’interno dell’area appartenente alla vecchia centrale la vita non manca: animali selvatici sono stati filmati mentre si aggiravano liberi nella zona vietata. Di certo non si conoscono gli effetti dei livelli di radiazioni sui tassi di sopravvivenza di questi animali, però sono stati ripresi 14 specie differenti di mammiferi come la volpe rossa, il cinghiale selvatico, il cane procione e il lupo grigio(14).

Per concludere questo breve excursus sul primo grave incidente nucleare della storia, constatiamo quanto ancora sia vivo il ricordo (in parte anche la paura del ripetersi di un simile evento, come testimoniato da Fukushima) in tutti gli strati della società globale. Che sia di prima, di seconda o di ultima generazione, il nucleare nel momento in cui sfugge al controllo umano può diventare letale, in una maniera tale che forse ancora oggi non siamo in grado di fare un bilancio definitivo dei danni provocati (un tentativo è stato fatto, grazie ad una serie di incontri denominati Chernobyl Forum, al termine dei quali è stato redatto un documento che dovrebbe tirare le somme in merito all’incidente sovietico(15). Non tutti gli esperti del settore però concordano con quanto emerso al termine di tale simposio).

Sono passati trent’anni da quel 26 aprile 1986, tanti si, o forse dovremmo dire che sono passati solo trent’anni da quel 26 aprile 1986, perché ancora dobbiamo capire fino in fondo la portata di quanto accaduto. Nel frattempo non si può fare altro che continuare a discuterne e studiare alternative per far sì che una catastrofe simile non si ripeta mai più, augurandoci che non debba esserci bisogno di una nuova sventura per risvegliare le coscienze, che forse in alcuni casi si adagiano quando non vedono più il pericolo dietro l’angolo e rischiano di ricadere in errori già compiuti (si ripensi all’Italia, al possibile ripristino dell’energia atomica ed all’incidente di Fukushima che ha risvegliato gli animi ormai dormienti di molti antinuclearisti).


Note:

1) Federico Rendina, Se il nucleare promette prezzi bassi e tagli alle emissioni, Il Sole 24 ore, 6 settembre 2010.

2) ADNKRONOS, 26 aprile 2016: “Cade oggi la triste ricorrenza del trentennale del disastro di Chernobyl, data che ha anche segnato la fine dell’esperienza italiana di produzione di energia da fonti nucleari. A trent’anni dallo stop delle centrali ancora non ha preso forma e non si hanno scadenze certe per un piano di dismissione dei vecchi impianti […]”. Lo afferma il delegato dell’Anci all’Ambiente, Bruno Valentini. “L’auspicio è che si possa accelerare con l’iter di dismissione dei vecchi impianti e pervenire in tempi certi alla realizzazione del deposito nazionale, come ci chiede anche l’Europa […]”.

Da questa citazione è chiaro che ancora non si è trovata la soluzione per risolvere il caso, e anche quando si arriverà ad un eventuale accordo non è detto che sia poi realizzabile. Quale sarà il comune italiano disposto infatti ad accogliere un deposito simile? Ci si ritroverà con il problema che già tutti conoscono, le popolazione locali insorgeranno (ed avranno anche le loro ragioni), basti pensare a quanto accaduto nel 2003 a Scansano Jonico (Basilicata). Così tutto si azzererà e si ricomincerà a studiare una soluzione alternativa. La storia dei depositi delle scorie ci insegna infatti che nessuno li vuole nel proprio giardino, a prescindere dal colore politico dell’amministrazione. Nel 2010 infatti in periodo di intenso dibattito sul nucleare, su nuove centrali e scorie future, si dichiararono contrari a dare il via ad un simile progetto sia l’allora Governatore lombardo Roberto Formigoni che il suo collega pugliese Nichi Vendola.

3) Questi due esempi:
Redazione romana, Nessun allarme per l’Italia, in La Stampa, 30 aprile 1986, p. 1 (L’incidente di Chernobyl per l’Italia rappresenta un evento remoto […]);
Andrea Bertaglio, Nube radioattiva sull’Italia. “Nessun allarmismo”, tutti d’accordo (o quasi), in Il Fatto quotidiano, 23 marzo 2011 (Una nube carica di iodio radioattivo proveniente dalla centrale di Fukushima è in arrivo stasera sull’Italia. Sembra però escluso ogni rischio per la popolazione […])

4) LaPresse, Chernobyl, a 30 anni dal disastro Ucraina ricorda vittime, 26 aprile 2016.
5) http://www.repubblica.it/ambiente/2013/02/13/news/chernobyl_crolla_tetto-52538214/
6) LaPresse, Chernobyl, 30 anni dopo: migliaia di operai per smantellare sito, 26 aprile 2016.
7) “In Unione Sovietica, grazie allo sforzo congiunto di scienziati e ingegneri è stata effettuata la costruzione del primo impianto al mondo di energia nucleare con una potenza di 5000 kW. La costruzione della centrale è stata completata e ha già prodotto energia elettrica per villaggi lavori agricoli”
(http://englishrussia.com/index.php/2009/07/07/the-worlds-first-nuclear-power-plant/)

8) ANSA, Chernobyl: centinaia in strada a Minsk contro nuova centrale, 26 aprile 2016.

9) Archives de l’Assemblée Nationale – Discussione riguardo delibera parlamentare del 16/12/1961. (traduzione: “In dieci anni noi ne avremo abbastanza per uccidere 80 milioni di Russi. E bene, io penso che non si attaccano volentieri persone che sono in grado di uccidere 80 milioni di Russi, anche se essi stessi sono in grado di uccidere 800 milioni di Francesi, supponendo che vi siano 800 milioni di Francesi”.)

10) ANSA, Chernobyl: Gorbaciov, questioni ancora senza risposte, 26 aprile 2016.

11) ANSA, Chernobyl: Ban, disastro ha portato a nuova consapevolezza, 26 aprile 2016.

12) ANSA, Chernobyl: De Pietro (Misto), giornata in memoria disastri, 26 aprile 2016.
13) LaPresse, Chernobyl, Vaccari (PD): Italia accoglie ogni anno bambini zone a rischio, 26 aprile 2016.

14) ANSA, 19 aprile 2016.

15) Programmato a Vienna dalla IAEA (International Atomic Energy Agency), tenutosi in tre differenti sedute: dal 3 al 5 febbraio 2003, 10-11 marzo 2004 e dal 18 al 20 aprile 2005. Alle tre differenti riunioni hanno preso parte oltre alla IAEA, la Banca Mondiale, le autorità russe, bielorusse ed ucraine, la FAO (Food and Agriculture Organization), la WHO (World Health Organization), la UNDP (United Nations Developed Programme), la UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation) e la UNEP (United Nations Environment Programme). Il Forum è stato presieduto da Burton Bennett (specialista di effetti radiologici).
http://www.iaea.org/Publications/Booklets/Chernobyl/chernobyl.pdf
Documento inserito il: 16/05/2016
  • TAG: chernobyl, disastro nucleare, centrale nucleare, disastro ecologico, contaminazione nucleare

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