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La Battaglia dell'isola di Rennell

di Bernard Millot

Il piano che l'Amm. Halsey concepì all'inizio del 1943 era molto semplice: esso consisteva nell'assicurare la protezione ravvicinata al convoglio destinato a trasportare le truppe a Guadalcanal, tramite la Task Force 18 e nell'inviare una forte formazione di copertura con il compito di impegnare il nemico, qualora esso fosse intervenuto.
Le forze americane presero il mare divise in sei gruppi disposti nei pressi del convoglio con le truppe, mentre la forza di copertura navigava più distante. Questo fatto comportò che solo le unità componenti la Task Force 18, comandata dal contrammiraglio Robert C. Giffen, parteciparono allo scontro con i Giapponesi.
Partendo da Efate il 27 gennaio 1943, la Task Force 18 doveva dunque assicurare il sostegno diretto ai trasporti durante la loro navigazione e quindi riunirsi, il 30 gennaio alle ore 21.00 in un punto situato a 15 miglia a sud ovest di Guadalcanal, con la forza CACTUS, costituita dai quattro cacciatorpediniere comandati dal Capt. Briscoe; infine doveva risalire le isole, assieme ai quattro caccia con rotta a nord ovest per prevenire qualsiasi intervento navale nemico.
La task Force 18 iniziò la navigazione, ma il Contrammiraglio Giffen fu contrariato nel constatare che le sue portaerei di scorta potevano sviluppare non più di 18 nodi ed inoltre erano costrette ad invertire spesso la rotta per mettersi al vento e procedere al lancio ed al recupero dei loro aeroplani. Tutto questo rappresentava un invito ai sommergibili giapponesi e lasciava dubitare circa la possibilità di incontrare, all'orario previsto, la forza Cactus.
Il 29 gennaio alle ore 14,00, il Contrammiraglio Giffen prese la decisione di separarsi dalle sue portaerei di scorta, lasciando con loro due cacciatorpediniere, il FRAZIER ed il MEADE. Ossessionato dalla minaccia dei sommergibili giapponesi, Giffen fece assumere alla sua formazione una velocità di 24 nodi che, oltretutto, permetteva di meglio rispettare gli orari prestabiliti. Il Capitano Ben H. Wyatt, comandante degli aerei imbarcati sulle portaerei di scorta CHENANGO e SUWANNEE, promise al contrammiraglio Giffen di assicurargli la copertura aerea durante tutta la giornata del 29 gennaio. Durante il pomeriggio dello stesso giorno, Giffen fu informato che diversi sommergibili giapponesi erano stati osservati, in superficie, tra l'isola di San Cristobal e quella di Guadalcanal. Questa informazione, che confermava i suoi timori, giustificò la sua decisione di separarsi dalle troppo lente portaerei di scorta.
Intanto, l'Amm. Yamamoto era estremamente deluso di non poter far uscire un forte contingente della flotta imperiale per ingaggiare battaglia con gli Americani. Infatti, egli aveva ricevuto ordini tassativi da Tokyo, ai quali aveva dovuto inchinarsi. Yamamoto non si lasciò però scoraggiare e decise di contrastare le forze americane con un'azione aerea; egli, intanto, era stato informato delle mosse americane da diversi sommergibili in agguato nella zona di nord est del Mar dei Coralli e aveva compreso che, presto, le forze americane sarebbero entrate nel raggio di azione dei suoi aerei terrestri. Immediatamente l'ammiraglio giapponese diede ordini alle basi situate nelle isole Salomone, che iniziarono una febbrile attività preparatoria fin dal tardo pomeriggio del 29 gennaio. Dalla base di Munda partirono trentuno bimotori Mitsubishi G4M2 BETTY, dotati di siluri, preceduti da alcuni ricognitori.
Al crepuscolo, i radar degli incrociatori americani rilevarono alcuni aerei in avvicinamento senza poter identificare se si trattava di aerei amici o nemici. Inoltre, lo stretto silenzio radar ordinato dal contrammiraglio Giffen, impedì agli incrociatori di comunicare la notizia ai cacciatorpediniere. Poco dopo, benché i radar continuassero a rilevare la presenza di aerei sospetti, Giffen ordinò la seguente disposizione della forza navale: gli incrociatori su due linee di fila - i pesanti a dritta ed i leggeri a sinistra - con i caccia disposti di prora a semicerchio. Questa formazione sarebbe stata ottima per contrastare eventuali attacchi di sommergibili, ma dev'essere considerata almeno inadeguata per respingere attacchi aerei.
Alle 18,50, appena calato il sole, la Task Force 18 si trovava a 50 miglia dall'isola di Rennell con rotta a nord e velocità di 24 nodi. Il mare era calmissimo ma il cielo era molto coperto e prometteva una notte molto scura. Queste condizioni rassicurarono Giffen che pensò, che in quelle condizioni, non sarebbe stato né scoperto, né attaccato.
Intanto, sulle navi americane la tensione si era allentata e su parecchie unità era rientrato il posto di combattimento anche perché i radar non rilevavano più alcun bersaglio aereo. In effetti, gli aerei giapponesi partiti da Munda assunsero rotta per sud passando a grande distanza dalla Task Force 18. Quindi eseguirono una virata a est, rilevando la forza americana a nord ovest. Risalirono la formazione navale dirigendo per nord ovest, separandosi, quindi, in due gruppi per attaccare contemporaneamente su due fianchi. Gli aerosiluranti si avvicinarono molto bassi ed il primo di essi sganciò il suo siluro contro il cacciatorpediniere WALLER, mitragliandolo mentre lo sorvolava. La contraerea americana iniziò il fuoco solo quando, poco dopo, l'incrociatore LOUISVILLE accostò violentemente per evitare un altro siluro, che schivò di poco. Fu difficile stabilire se il tiro contraereo era stato efficace per la quantità dei bersagli in rapido movimento e poco visibili. Un aerosilurante, però, precipitò in fiamme cadendo sulla poppa dell'incrociatore pesante CHICAGO. Con questo, l'attacco finì altrettanto improvvisamente come era cominciato ed il contrammiraglio Giffen, constatato che le sue navi non avevano subito danni rilevanti, , decise di proseguire sulla rotta stabilita, mantenendo la formazione precedente all'attacco aereo e smettendo di zigzagare; la sua preoccupazione principale era, ora, quella di non giungere in ritardo all'appuntamento con la Forza CACTUS; erano già le 19,30. I Giapponesi, intanto, stavano preparando loro un'altra sorpresa.
Appena l'oscurità fu perfetta le vedette americane osservarono delle piccole luci bianche scintillare sulla superficie dell'acqua; altre, giallastre, scendere dal cielo; altre ancora, verdi e rosse, tracciare la rotta seguita sin d'allora dalle navi. Il nervosismo si impadronì degli equipaggi americani e, qualche nave, aprì il fuoco su quelle piccole luci.
I Giapponesi si servivano, per la prima volta, di quegli artifizi per segnalare ai bombardieri rotta, velocità e composizione di una forza navale; e Giffen subì l'esperimento che, come si vedrà, riuscì pienamente.
Alle 19.31 un nuovo gruppo di Mitsubishi G4M2 BETTY, dotati di siluri, attaccò improvvisamente. Un siluro passa di prora all'incrociatore CHICAGO ed un altro colpisce, senza esplodere, lo scafo del LOUISVILLE. Gli americani rispondono con il tiro antiaereo impiegando i nuovi proiettili Mk 32 dotati di spolette di prossimità. Diversi aerei giapponesi cadono in fiamme. tra loro il capo formazione. Nonostante questo fuoco micidiale, i Giapponesi persistono nell'attaccare; alle 19.38 concentrano i loro attacchi sulla colonna di dritta formata dagli incrociatori pesanti. Un aereo esplode poso sopra la poppa del caccia WALLER ed un altro si infila in mare proprio di prora al CHICAGO, che viene illuminato a giorno dalla benzina che esce, incendiata, dai serbatoi. Gli altri attaccanti si accaniscono su questo bersaglio, così visibile, e alle 19.45, un siluro va a segno sul suo lato dritto. Due compartimenti sono devastati ed il timone non governa più. Prima che le squadre di sicurezza possano intervenire un secondo siluro colpisce la nave, provocando lo spegnimento delle caldaie. Il CHICAGO è fermo. Il LOUISVILLE, che lo segue nella linea di fila, accosta violentemente e serra le distanze rispetto alla nave ammiraglia WICHITA. Qualche istante dopo un siluro colpisce il WICHITA ma non esplode.
Intanto gli Americani avevano sospeso il fuoco antiaereo perché abbagliati dalle loro stesse vampe; gli apparecchi radar funzionavano si regolarmente, ma gli operatori non erano in grado, dato il numero e la rapidità di spostamento degli echi, di dare alle artiglierie segnalazioni utili.
Il contrammiraglio Giffen aveva ordinato di non riprendere il fuoco antiaereo se non in caso di avvistamento sicuro: ciò al fine di non rivelare la propria posizione agli attaccanti. Allo stesso scopo ordinò di far rotta per 120 gradi e di ridurre la velocità per rendere meno visibili le scie delle navi, data anche la forte fosforescenza. Con ciò egli era sicuro di aver fatto perdere le sue tracce; ed infatti, alle 20.15, gli aerei giapponesi avevano diretto per il ritorno alle basi. I radar americani, però, continuavano a rilevare bersagli aerei nelle vicinanze: si trattava di ricognitori giapponesi che, addirittura, ogni tanto svelavano la loro presenza lanciando bengala al fine di controllare meglio la formazione americana.
Torniamo, adesso, al CHICAGO, che alle 19.45 aveva incassato due siluri. La nave era ferma, con la caldaie spente ed il timone in avaria; l'acqua, che aveva invaso due compartimenti, procurava uno sbandamento sulla dritta di 11 gradi e un progressivo appopparsi dell'unità. Il Cap. Davis, comandante della nave, realizzò ben presto che l'unica speranza di salvezza era rappresentata dal farsi rimorchiare in una zona di mare più calma, dove avrebbe potuto riparare alla meglio i danni subiti. Giffen, informato di questa intenzione, ordinò all'incrociatore LOUISVILLE di eseguire il rimorchio. Mentre le altre navi americane continuavano l'ampia accostata a ovest nell'intento di sottrarsi ad eventuali nuovi attacchi aerei, il LOUISVILLE uscì dalla formazione e, alle 20,30 diresse sul CHICAGO. Il comandante del LOUISVILLE, nonostante l'oscurità, riuscì ad eseguire molto bene l'operazione di avvicinamento all'incrociatore colpito. Fermatosi a 1.000 metri di prora al CHICAGO, distesi i cavi di rimorchio tra non poche difficoltà, dopo non molto, iniziò il rimorchio alla velocità di 4 nodi. A bordo del CHICAGO, l'equipaggio continuava senza soste la lotta contro i due focolai di incendio che si erano sviluppati; intanto era riuscito a riaccendere una caldaia ed a correggere l'inclinazione della nave tramite opportuni bilanciamenti.
Anche l'Amm. Halsey, informato di ciò che era accaduto alla formazione di Giffen, stava prendendo opportune misure: egli ordinò alle portaerei di scorta CHENANGO e SUWANNEE di accingersi a fornire la copertura aerea al CHICAGO, a partire dall'alba; all'Amm. Sherman, imbarcato sulla portaerei ENTERPRISE, ordinò di aumentare l'andatura per essere in grado di lanciare anche i suoi aeroplani allo spuntare del giorno. Intanto, il rimorchiatore NAVAJO ed il cacciatorpediniere SANDS uscirono incontro ai due incrociatori.
I Giapponesi, decisi a continuare lo sforzo del giorno precedente, continuavano a tallonare le navi americane con i ricognitori; infatti, alla mattina del giorno 30 gennaio, i caccia dell'ENTERPRISE intercettarono un aereo giapponese che si aggirava a poca distanza dalla portaerei. Intanto, verso le ore 08.00, il rimorchiatore NAVAJO rimpiazzò l'incrociatore LOUISVILLE nel rimorchio del CHICAGO, permettendo alla prima unità di riunirsi alla TASK FORCE 18. Benché la situazione del CHICAGO non fosse tranquillizzante, nulla doveva considerarsi perduto: l'incrociatore colpito era trainato da un potente rimorchiatore e protetto da sei cacciatorpediniere. Però bisogna considerare che proprio il CHICAGO era dotato di potenti apparecchiature radio destinate a guidare le operazioni aeree; gli impianti non avevano sofferto alcun danno per effetto del siluramento, ma lo stato maggiore della nave, troppo occupato ad assicurare la salvezza dell'unità, non pensò a sfruttare questa importante possibilità.
I Giapponesi non tardarono a farsi vivi. Alle 14.45 una stazione americana di avvistamento costiero, situata a sud dell'isola di Nuova Georgia, lanciò all'aria il segnale di scoperta di dodici Mitsubishi G4M2 BETTY, con rotta sull'isola di Rennell. Qualche minuto dopo, radio CACTUS, situata sull'isola di Guadalcanal, confermò il passaggio di aerei con rotta sud. A bordo della portaerei ENTERPRISE si stimò che il nemico avrebbe dovuto essere avvistato verso le 16.00.
Alle 15.40, quattro dei dieci caccia Grumman F4F-4 WILDCAT che sorvolavano il CHICAGO per proteggerlo, diressero per intercettare un BETTY rilevato per nord ovest, ma l'aereo giapponese, sicuramente senza bombe o siluri, sfuggì molto velocemente dirigendo per sud. I caccia americani, lanciatisi all'inseguimento, riuscirono a raggiungere il BETTY dopo circa 40 miglia, abbattendolo. Sicuramente, però, l'aereo giapponese aveva avuto tutto il tempo di inviare opportuni segnali. Quasi contemporaneamente, alle 15.45, il radar dell'ENTERPRISE rilevò dodici aeroplani avversari a 67 miglia di distanza per 300 gradi, rotta sud est, cioè sulla dritta della nave. La portaerei virò e mise la prora al vento per permettere l'involo di altri dieci caccia; l'operazione di lancio si prolungò un pò troppo ma ciò non impedì ai sei caccia comandati dall'Lt. McGregor Kilpatrik di prendere posizione a 17 miglia dalla portaerei e di ingaggiare subito battaglia con i Giapponesi. Intanto gli altri quattro caccia comandati dal Lt. Flatley diressero per rinforzare la protezione sulle navi di Giffen.
I caccia di Kilpatrik, al primo scontro abbatterono tre dei dodici BETTY, mentre gli altri nove si allontanarono alla velocità di 550 Km/h, dirigendo sul CHICAGO. Gli aerei di Flatley, avvertiti, si disposero a contrastare gli aerei giapponesi superstiti; la manovra non riuscì e i nove BETTY, non contrastati, si avventarono sul CHICAGO. Il rimorchiatore NAVAJO tentò di farlo virare con la prora agli attaccanti; la manovra risultò estremamente lenta e, l'unica difesa della nave in avaria, rimase affidata all'artiglieria contraerea. Sebbene dovese far fuoco su due fronti, in quanto i Giapponesi attaccarono da due lati, il tiro americano sortì ottimi risultati: sette dei nove Betty vennero abbattuti. Alcuni di essi però, riuscirono a sganciare i loro siluri prima di essere colpiti, assieme a quelli lanciati dai due aerei superstiti; quattro armi colpirono tutte il fianco dritto del CHICAGO alle 16.24. Gli ulteriori danni furono fatali all'incrociatore che cominciò ad affondare.
Il comandante Davis ordinò l'abbandono nave che avvenne con ordine e calma; il rimorchiatore NAVAJO mollò il rimorchio ed iniziò a raccogliere i naufraghi. Ben presto, tuttavia, dovette abbandonare quest'opera per prendere a rimorchio il cacciatorpediniere LA VALETTE che aveva ricevuto un siluro durante l'azione appena conclusasi. Alle 16.45 il CHICAGO affondò; tutto l'equipaggio fu tratto in salvo, oltre che dal NAVAJO, anche dai cacciatorpediniere EDWARDS, WALLER e SANDS. La battaglia dell'isola di Rennell era così terminata.

CONCLUSIONE
E' innegabile che sul piano tattico, i Giapponesi ottennero un risultato apprezzabile, con l'affondamento di un incrociatore pesante. Inoltre, la nuova tattica di attacco notturno era stata brillantemente sperimentata; le loro perdite erano state limitate a soli dodici aeroplani. Sul piano strategico invece, gli Americani avevano avuto partita vinta. Infatti, le navi del contrammiraglio Giffen, attirando l'attenzione degli aerei giapponesi, avevano permesso al convoglio trasportante le truppe di giungere indisturbato a destinazione. Non solo, ma quattro giorni più tardi, gli Americani poterono ripetere l'operazione. Le truppe così trasportate a Guadalcanal furono determinanti per la sconfitta definitiva della guarnigione giapponese. Il contrammiraglio Giffen fu molto criticato per la formazione che aveva mantenuto durante gli attacchi aerei e per aver subordinato la sua condotta all'appuntamento, del tutto secondario, che aveva con la forza CACTUS. In sua difesa intervenne l'Amm. Nimitz che attenuò le ire dell'Amm. Halsey.
La battaglia dell'isola di Rennell segnò la fine della campagna di Guadalcanal; quegli scontri permisero alla propaganda giapponese di mascherare la sconfitta subita in terra, vantando l'affondamento di una corazzata, di tre incrociatori e il danneggiamento di molte altre navi. Come abbiamo visto, in effetti, solo il CHICAGO era stato affondato e un cacciatorpediniere danneggiato.

Nell'immagine, il contrammiraglio Robert C. Giffen, comandante della Task Force 18 nel corso della battaglia dell'isola di Rennell.


Articolo apparso sul n°76 del marzo 1971 della rivista Interconair Aviazione e Marina
Documento inserito il: 29/01/2017
  • TAG: seconda guerra mondiale, guerra pacifico, task force 18, isola rennell, mitsubishi betty, contammiraglio giffen, uss chicago, guadalcanal

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