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Cefalonia: Ricordo di un padre mai avuto [ di Massimo Filippini ]

Da anni conduco una battaglia per l'affermazione della Verità sulla triste vicenda di Cefalonia ed ho scritto un po' di tutto e su tutto meno che su mio Padre di cui -grazie all'infame comportamento del governo badogliano- restai orfano a soli sette anni.
Ho detto e confermo che la responsabilità della Sua morte come di quella dei Suoi sventurati compagni d'arme, ricade per intero sul Comando Supremo di quell'infame governo da cui -dopo l'armistizio- fu inviato l'ORDINE DI RESISTERE al gen. Gandin SENZA AVER DICHIARATO GUERRA ALLA GERMANIA con il risultato di rendere inapplicabile ai nostri Militari catturati la tutela prevista dalla Convenzione di Ginevra per i PRIGIONIERI DI GUERRA: con il risultato di far fucilare gli Ufficiali al termine degli inutili combattimenti come 'capi di franchi tiratori' e 'franchi tiratori essi stessi. E' tutto riportato nel mio sito web (citato a fondo articolo) al quale rimando il lettore.

In questa sede intendo solo e soltanto ricordare un Padre, il mio, che è come se non avessi mai avuto: infatti, il 25 settembre 1943, quando Egli venne assassinato dai tedeschi a Cefalonia, io avevo sette anni, due mesi e 19 giorni: è questo l’unico dato certo che mi lega a Lui tra i pochi che ho ricavato dando un significato - 'a posteriori' - a ricordi sbiaditi e quasi incomprensibili, di discorsi che sentii fare all'epoca dai 'grandi' come mia Madre o mia Nonna o da parenti ed amici di famiglia i quali si riunivanp la sera -quasi sempre al lume di candela- per commentare gli eventi di una guerra che dopo il maledetto 8 settembre '43 erano divenuti l'argomento quasi unico di conversazione.

Cercherò -per quanto possibile- di estrapolarli dalla mente per dar loro un significato logico a cominciare da quello del mattino del 9 settembre 1943 quando, richiamato dal chiasso proveniente dalla strada, mi affacciai alla finestra di casa al quarto piano di viale Carso 9 a Roma con vista su via Monte Pertica dove vidi una marea di soldati e marinai provenienti dalle vicine caserme di Viale delle Milizie e di via Timavo -rispettivamente dell’Esercito e della Marina- che, allegri e vocianti correvano verso una destinazione che solo più tardi compresi quale fosse: la loro casa e i loro affetti lontani così ben rappresentati anni dopo nel famoso film TUTTI A CASA e molto meno o per nulla dalle rievocazioni in chiave resistenziale sviluppatesi -con estremo sprezzo della realtà storica- negli anni successivi segnatamente ad opera dei patiti della 'RESISTENZA' ad ogni costo.

A riprova di ciò quel mattino uno dei soldati fuggitivi, il caro 'Leo' della mia infanzia -di cui non ricordo il cognome- che era stato attendente di mio Padre, salì a casa e dopo aver parlato con mia Madre uscì poco dopo con una valigia dove - seppi poi- era contenuto un vestito borghese di mio Padre che -dietro sua richiesta- mia Madre gli dette per indossarlo in luogo dei panni militari onde dileguarsi più facilmente. Povero Leo ! Chi sa che fine fece con il vestito di Papà mio della cui sorte - durante l'occupazione tedesca di Roma - nulla si seppe all’infuori di alcuni accenni uditi a Radio Londra su Cefalonia in modo oscuro ma non tale da far pensare alla tragedia avvenuta e di cui invece era venuto a conoscenza il futuro suocero del fratello di mia Madre -all’epoca funzionario della Città del Vaticano- che però non ebbe il coraggio di dirglielo come raccontò anni dopo memore di aver esclamato al momento di apprendere la triste notizia: ‘E chi glielo dice adesso a Marcella ?’.

Infatti nessuno glielo disse fino a quando dopo l’entrata a Roma -il 4 giugno 1944- degli Americani, cominciarono a filtrare le prime notizie ed Ella seppe della morte di Papà –o ‘Paparino’ come è rimasto per me- con la visita a casa di due Ufficiali del rinnovato -si fa per dire- Esercito Italiano che ricordo ancora oggi come due fantasmi vestiti di color kaki, i quali Le dettero la ferale notizia di cui Ella non disse nulla a me e a mio fratello Gianfranco - 7 e 11 anni !- pur avendola noi intuita dalla straziante scena della Sua disperazione che si protrasse per giorni in una casa divenuta meta di un mesto pellegrinaggio di vicini e parenti mentre io e mio fratello venimmo presi ‘in custodia’ da una signora del palazzo madre di due nostri amichetti.

Che altro dire, dopo un tale doloroso ricordo, di mio Padre se non che ho ancora vivo negli occhi il Suo viso pensieroso e quasi presago di un crudele destino quando era in casa e all’ora di pranzo egli ci diceva di fare silenzio mentre l’ inconfondibile voce di Titta Arista trasmetteva le notizie del Giornale Radio -che ancora mi risuonano nelle orecchie- iniziando sempre così: "Giornale Radio: il Quartier generale delle FFAA comunica" ecc. ecc. , finendo invariabilmente con le notizie ferali come "un nostro aereo non è rientrato alla base" oppure "nel corso dei combattimenti il nemico ha subito gravi perdite inflitte dai nostri valorosi soldati tra i quali purtroppo si debbono registrare alcuni morti e feriti...".

A Gennaio del 1943, in previsione di un possibile sbarco Alleato in Francia, Papà mio –quale Ufficiale del Genio- fece parte della Commissione mista italo-tedesca che visitò le fortificazioni del Vallo Atlantico e tale evento ripreso dagli operatori LUCE fu proiettato nei cinema dove apparve la Sua immagine nel cinegiornale per vedere il quale io, mio fratello e la Mamma restammo a vedere due volte il film LUCE come si diceva allora che, ho ritrovato nel web provando un'indicibile emozione nel rivedere -dopo quasi settanta anni !- mio PADRE nel filmato dell'epoca (dal sec. 23 al sec. 27): http://www.youtube.com/watch?v=fbJ3dHIbZ1s

Ma il ricordo che preferisco e con il quale chiudo questo triste e forzatamente breve ritorno al passato è di quando un giorno in cui –avrò avuto sei anni- andai con Lui in una Caserma dove probabilmente prestava servizio e quando la sentinella all’ingresso gli fece il saluto di rito accompagnato da una sbattuta di tacchi egli, vedendo la mia curiosità di bambino, mi disse: "Vuoi vedere un’altra volta ?" e al mio assenso riuscimmo e rientrammo nella caserma per due o tre volte con mio grande divertimento di ragazzino….

Ecco chi era mio Padre: un Uomo che, anche in base a quanto poi seppi da Colei che insieme con Lui non dimenticherò mai –mia Madre- aveva un carattere serio ed allegro, giocoso e pensieroso nello stesso tempo.

Sono orgoglioso se qualcosa ho ereditato da Lui.
Documento inserito il: 28/12/2014
  • TAG: cefalonia, armistizio, 8 settembre 1943, divisione acqui, fucilazione ufficiali, maggiore federico filippini, eccidio,
  • http://www.cefalonia.it

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