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Ai Caduti [ di Dario Petucco ]

Ogni giorno siamo bombardati dai mass-media di notizie tristi, gravi e dolorose che vedono spesso protagoniste persone dalla dubbia onestà e rettitudine, le quali infieriscono su persone indifese e deboli. Per fortuna esistono altresì molte persone, anonime e sconosciute all’opinione pubblica, che si prestano ad aiutare i deboli ed il prossimo, con molti sacrifici e senza chiedere nulla in cambio.
Sarebbe pura demagogia scrivere ora le solite frasi fatte su questi “angeli” quotidiani; credo che in cuor nostro ognuno debba sempre ringraziare qualcuno.
La storia che vi vorrei narrare ora, vede protagonisti persone che non ho mai conosciuto, ma che per una semplice coincidenza sono entrate nella mia sfera personale e per le quali provo un profondo rispetto.
Quando nell’ottobre del 2000 venni trasferito all’Ufficio Allestimento e Costruzione Nuove Navi della Marina Militare a La Spezia quale designato Capo Componente TLC/CN-ME della prima Unità classe Comandanti, desiderai documentarmi sulla biografia e le gesta che determinarono a questi quattro valorosi Capitani di Corvetta (Giuseppe Cigala Fulgosi, Costantino Borsini, Ener Bettica, Adriano Foscari) il conferimento della medaglia d’oro al valore militare, ed oggi l’intitolazione di una nave della Marina Militare.
Recuperati i dati che m’interessavano e leggendo le motivazioni delle medaglie d’oro, giunto a quelle relative ai comandanti Bettica e Foscari, ebbi un sussulto poiché entrambe riportavano una data a me ben nota: 2 dicembre 1942.
Per la mia famiglia, ed in particolare per mia madre, questa data ha aperto una ferita mai chiusa, visto che si tratta dello stesso giorno in cui il giovane diciassettenne Pianezzola Giuseppe di Bassano del Grappa, fratello maggiore di mia madre, cadeva ferito nelle acque del Mediterraneo. Il suo corpo non fu mai ritrovato; fu insignito di croce al merito di guerra “alla memoria” il 29 gennaio 1949.
Giuseppe Pianezzola dopo avere frequentato le Scuole C.R.E.M.M. a Pola con la categoria di cannoniere, fu imbarcato sul Regio Cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, comandato dal C.V. Aldo Cocchia, altra medaglia d’oro al valore militare conseguita a seguito dello stesso combattimento del 2 dicembre 1942, facente parte assieme ai cacciatorpediniere Camicia Nera (comandato dal C.C. Foscari) e Folgore (comandato dal C.C. Bettica), e alle torpediniere Procione e Clio, della scorta al convoglio “H” partito da Palermo per Biserta alle 10.00 del 1 dicembre 1942 e composto dalle navi mercantili Aventino, Puccini, KT 1 (tedesco) e Aspromonte.
Il convoglio “H” era partito da Palermo con un carico complessivo di 1.766 militari, ripartiti a bordo dell’Aventino e della Puccini, di 578 tonnellate di materiale bellico, di 120 tonnellate di munizioni tutti imbarcati sul mezzo tedesco KT 1, di 12 cannoni da 88 mm, di 32 automezzi e di 4 carri armati. Il capo della scorta e responsabile del convoglio era il C.V. Aldo Cocchia sul Da Recco.
Quella notte era oscura, mare calmo, orizzonte fosco, luna coperta da banchi di spesse nubi. Dalle ore 20 circa sino alle 24 del 1 dicembre 1942 il convoglio fu sempre soggetto a sorvoli ed illuminazioni di aerei nemici, senza comunque subire alcun attacco. Continuando nella mia ricerca, trovai l’esposizione dei fatti accaduti quella notte, scritta da Aldo Cocchia nel suo libro di ricordi di guerra “Convogli”, e che ora mi pregio di riportare un breve sunto.
«E’ una pagina triste e dolorosa, questa che qui s’inizia – senza dubbio la più triste e dolorosa della intiera mia vita – e non per le ferite, mutilazioni, la rovina impressa alla mia carne, ma per lo strazio di vite umane che furono distrutte, per il sangue versato, per le giovinezze fiorenti troncate nel combattimento. Un combattimento che si svolse la notte sul 2 dicembre 1942 fra un paio d’unità sottili italiane ed una divisione di incrociatori e caccia britannici, accompagnati da velivoli notturni. Un combattimento ch’ebbe l’epilogo di tanti altri, sostenuti da italiani in condizioni disperate d’inferiorità…
… A mezzanotte e mezza, a circa diecimila metri di distanza da noi, s’accesero sul mare le prime vampate delle artiglierie nemiche. … La divisione navale (la britannica Forza “Q”) che ci attaccava era costituita dagli incrociatori leggeri Aurora, Sirio, Argonaut, scortati dai due cacciatorpediniere Quiberon e Quentin … Comunque se noi e gli inglesi fossimo stati ad armi pari, la sproporzione del numero e del tipo delle unità avrebbe potuto anch’essere compensata dal nostro slancio e dal nostro valore, ma ad armi pari non eravamo e questo significò molto, significò tutto… Reagimmo ugualmente. Per quanto non ce ne fosse bisogno ripetei alle siluranti l’ordine di andare all’attacco del nemico, estendendo l’ordine anche al Folgore… perché era il caccia nella migliore posizione per svolgere un’azione proficua col siluro ed anche perché dalle vampate… capii subito che i nemici erano molti… A Supermarina comunicai che eravamo in contatto con navi di superficie nemiche. Da Recco mise, alla massima forza, la prora sugli inglesi. Camicia Nera, Procione, Folgore non ebbero un attimo di esitazione. Misero anch’essi tutti la prora sul nemico e, alla massima velocità, diressero per silurare… … Il nemico – ormai vicinissimo – concentrava il suo fuoco su qualcuno dei nostri, ma non sul Da Recco. E’ il Folgore – e non poteva essere altrimenti. Aveva fatto all’incirca la mia stessa manovra… ed era arrivato sopra gli inglesi qualche minuto prima del Da Recco ed aveva ingaggiato il combattimento con strenuo valore. … Vedemmo che rispondeva al fuoco avversario… vedemmo che cercava di stringere le distanze… Aveva già lanciato parte dei suoi siluri contro la formazione britannica, ora voleva portarsi più sotto al nemico per lanciare gli altri. Scoperto, fatto segno al fuoco delle artiglierie degli incrociatori, colpito una due volte, non aveva rotto il contatto, aveva proseguito nella azione… Giunse a distanza ravvicinatissima mentre contro di lui si accanivano tutte le armi avversarie: lanciò gli ultimi siluri che aveva ancora a bordo… Vedemmo il Folgore in fiamme con incendi che avvampavano la poppa, con la prora dilaniata dagli scoppi, ma lo vedemmo combattere ancora… crivellato da proiettili di ogni genere. Affondò, ma il suo ultimo cannone smise di sparare solo quando il mare si chiuse sul ponte di coperta dell’unità… … Da Recco giunse in vista della mischia mentre l’azione raggiungeva il suo parossismo. Non volli aprire il fuoco… per conseguire una posizione che mi consentisse di lanciare i siluri con la quasi certezza di colpire… I tubi di lancio erano brandeggiati. La distanza era ormai scesa a circa duemila metri, ma il nemico non s’era accorto del Da Recco, tutto preso com’era a finire il Folgore. E qui la sorte si volse improvvisa contro di noi… L’imponderabile fu … rappresentato da un po’ di nafta raccolta in un fumaiolo… per imperfetta tenuta d’una valvola d’intercettazione. Questa nafta prese d’un tratto improvvisamente fuoco. Dal fumaiolo eruppe un’alta colonna di fiamme. Eravamo a meno di duemila metri dal nemico ed immediatamente fummo centrati… Accostai subito per disorientare il tiro avversario e per mettermi nello stesso tempo sull’angolo di mira e quindi lanciare tutti i siluri… Dopo pochi secondi dalla prima salva, caduta in mare, una ne giunse a bordo. Colpisce con due granate il complesso binato numero uno, con altre due il deposito munizioni di prora che prende fuoco deflagrando spaventosamente. … Sul ponte di comando… s’avventa una enorme lingua di fuoco che investe ustiona uccide tutti coloro che trova sul suo passaggio, che sconquassa le trasmissioni d’ordini, che recide i collegamenti elettrici acustici telefonici col resto della nave… Il nemico non si curò più oltre di noi. Ci lasciò bruciare, convinto che a finirci sarebbe bastato l’incendio, e s’allontanò velocemente ...
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La battaglia navale cominciò alle 00.37 e si concluse alle 01.35 del 2 dicembre 1942. Troppe furono le perdite umane. Di 3.300 marinai delle navi mercantili e militari ne scomparvero 2.200.
Sul Da Recco perirono cinque ufficiali, quindici sottufficiali e novantotto sottocapi e comuni; sul Folgore quattro ufficiali, tredici sottufficiali e centosette sottocapi e comuni; sul Procione due sottufficiali e un comune; sull’Aspromonte, dov’era imbarcato anche personale militare, sei sottufficiali e trentacinque sottocapi e comuni.
Dopo avere raccontato di quanto successe quella tragica notte, delle gesta memorabili di eroi meritevoli di medaglie d’oro e profonda deferenza, vorrei umilmente concludere con la mente rivolta in rispettoso silenzio verso tutti coloro che hanno donato alla Patria la loro vita, ricevendo in cambio onore e gloria soltanto in alcune ricorrenze, ed a coloro che, come mio zio, sono stati dichiarati dispersi e decorati alla memoria, privi di una sepoltura degna del loro martirio.
Degli atti di coraggio, abnegazione e sacrificio compiuti in giorni meno recenti, purtroppo se ne perde la memoria. Gli atti di coraggio, abnegazione e sacrificio compiuti da persone semplici, anonime o di ceti sociali meno fortunati, non sempre vengono onorati e riconosciuti; come se esistesse una graduatoria di merito anche per l’estremo sacrificio. Nella vita di ogni giorno, ognuno di noi dovrebbe tenere sempre a mente quanto hanno dato gli Alpini in Russia; i Fanti nelle trincee; gli Avieri tra cieli e nubi; i Sommergibilisti di tutti i battelli tramutati in sarcofagi; tutti coloro periti per la libertà, per la democrazia, per il nostro futuro, per noi.
Se avessi l’autorità necessaria, battezzerei sempre la nostra Unità più bella e forte in servizio “AI CADUTI IN MARE”, in perituro ricordo di tutti quei marinai che navigando sul mare sono diventati loro stessi mare.


Nell'immagine, il Capitano di Corvetta Ener Bettica, comandante della Regia Nave Folgore, e Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria.
Documento inserito il: 05/01/2015
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